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AMILCARE
RICOTTI, CAPOCOMICO
(ovvero: "Serata d'onore")
2 parti e 3 quadri
[Testo tutelato
dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]
Breve sinossi:
Una scalcagnata compagnia di provincia ottiene
finalmente un ingaggio a Milano, ma arriva allo scoppio delle Cinque Giornate,
e deve subirne tutte le relative vicissitudini.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
5 personaggi (3 uomini e 2
donne)
Premio Anticoli Corrado
Rappresentata al Teatro
Filodrammatici di Milano
Rappresentata alla
Casa del Teatro di Montevideo (Uruguay)
Trasmessa dalla
Radiotelevisione della Svizzera Italiana
Pubblicata su “Ridotto”
Pubblicata su Novi Prolog in
serbocroato
PERSONAGGI:
AMILCARE RICOTTI, capocomico
ADELE (sua moglie), prima
attrice
ANNIBALE (suo figlio), primo attor giovane
MARTA, locandiera
CONTE LUIGI BOLZA, commissario di polizia
Due gendarmi
Una camera di locanda: letto matrimoniale e letto singolo, un armadio, un comò, un tavolo al centro. Marta è davanti al tavolo, in piedi, con le spalle al proscenio. Rumori fuori scena. Marta trasale, fa per andare alla porta, ma torna indietro e copre il piano del tavolo con uno scialle, quindi corre a spalancare la porta.
MARTA – Chi c'è laggiù?!
VOCE DI
ANNIBALE –
(dopo altri rumori)... c'è da rompersi il collo, qui...
(Marta corre al comò e apre due o tre cassetti alla
ricerca di qualcosa che non trova; quindi corre al tavolo, estrae dal cassetto
una pistola, poi gira intorno al tavolo e punta l'arma verso la porta)
ANNIBALE – (affacciandosi dalla porta) C'è qualcuno?
MARTA – Fermo là!... chi siete?
ANNIBALE – (entrando e avvicinandosi al tavolo) lo
sono...
MARTA – (impaurita) Indietro, ho detto!... o io...
io...
ANNIBALE – (impaurito) Cos'avete in mano? (Si getta
dall'altro lato del tavolo, rannicchiandosi)... io sono un amico!
MARTA – Amico di chi? gli amici non hanno paura.
ANNIBALE – Siete voi ad avere paura.
MARTA – Io non ho paura. E perché dovrei averne?
(è appoggiata al tavolo, sempre con la pistola
puntata; si sente, per il tremito, il battere ritmico della mano che impugna
l'arma)
ANNIBALE – Via quell'arnese: non voglio farvi del male.
MARTA – Perché siete entrato di soppiatto, allora?
ANNIBALE – Di soppiatto, cosa? sono entrato e basta.
MARTA – ... con una chiave falsa,
magari.
ANNIBALE – Ma se giù c'era la porta
aperta!
MARTA – La porta aperta? non dite stupidaggini.
ANNIBALE – Era aperta, ve lo giuro.
MARTA – (cominciando ad avere un dubbio) Aperta?
forse che?... sì. ora ricordo: l'ho lasciata io aperta... aspettavo delle
persone e...
ANNIBALE – (facendo capolino e accennando alla pistola)...
e avevate preparato il ricevimento... (continuando a sollevarsi)...
posso?
MARTA – Sì, state tranquillo... del resto non saprei come
usarla questa qui, non so neanche se per sparare bisogna premere qui... (parte
un colpo. Annibale torna a rannicchiarsi dietro la tavola)... oh,
scusate... venite su, non abbiate paura... ve l'ho detto che non so usarla.
ANNIBALE – (rialzandosi)... ma state imparando molto
bene... avete della disposizione... ho sentito la palla passare di qui...
(indica
vicino alla testa)
MARTA – Beh, ora non c'è più pericolo: è scarica.
ANNIBALE – Meno male!
(si mette una mano sul cuore e
respira profondamente)
MARTA – Mi dispiace di avervi spaventato, ma una povera
donna sola deve pure essere pronta a difendersi... (Annibale commenta con
qualche gesto le parole di Marta)... e quando mi sono vista davanti uno
sconosciuto...
ANNIBALE – Ma, non è una locanda, questa?
MARTA – Sì.
ANNIBALE – E li accogliete così tutti i clienti?
MARTA – Avreste dovuto chiedere il permesso.
ANNIBALE – Il permesso per entrare in un esercizio pubblico?
MARTA – Pubblico quando è aperto al pubblico, ma quando il
pubblico non c'è, il pubblico che vuole entrare deve chiedere il permesso.
ANNIBALE – E chi lo sapeva che qui il pubblico non c'era.
MARTA – Lo sapete adesso: la locanda è chiusa.
ANNIBALE – Non ci sono più camere?
MARTA – Ho detto che è chiusa, e
basta.
ANNIBALE – Va bene, non arrabbiatevi. Ma lo sapete che avete
un brutto carattere, voi?
MARTA – Bello o brutto, sono fatti miei, e a voi non deve
interessare. (gli volta le spalle)
ANNIBALE – Voi siete la padrona della locanda, vero?
MARTA – Sono la padrona. E allora?
ANNIBALE – Ho un messaggio di Gianni per voi.
MARTA – Gianni chi?
ANNIBALE – Gianni Andreini.
MARTA – ... di Melegnano?
ANNIBALE – Di Melegnano.
MARTA – Perché, voi venite da Melegnano?
ANNIBALE – Eh, già.
MARTA – E perché non me l'avete detto subito che vi
mandava Gianni?
ANNIBALE – Sapete... non è che con voi si possa parlare tanto
facilmente... avete un caratterino.
MARTA – Una povera donna sola, come me, deve imparare a
difendersi.
ANNIBALE – Non ve la cavate mica male, sapete?
MARTA – Con i tempi che corrono, la prudenza non è mai
troppa. Qui entrano soltanto gli amici... così sono sicura di non dare alloggio
alle spie.
ANNIBALE – Ce ne sono molte in giro?
MARTA – Come le mosche sul miele. Qualcuna si riesce a
scoprirla dalla parlata bastarda, ma tante sembrano proprio dei nostri. Così,
per non sbagliare...
ANNIBALE – ... tenete chiusa la
locanda.
MARTA – Allora, che cosa mi manda a dire Gianni?
ANNIBALE – Che se le cose vanno nel modo che sapete, verrà a
Milano con qualche amico. Vi raccomanda di tenere pronta quella roba che
dovevate procurare.
MARTA – Avete fatto bene a ricordarmelo: bisogna che mi
metta a cercarla.
ANNIBALE – Non l'avete ancora?
MARTA – Sì, è arrivata, ma non ricordo più dove l'ho
messa.
ANNIBALE – Non si tratta di un ago!
MARTA – Eh no, sono due... ma sì, è inutile fare misteri,
se siete amico di Gianni... sono due fucili arrivati dalla Svizzera... li ho
nascosti da qualche parte e dovranno pure saltar fuori. Non dovete dirmi altro
da parte di Gianni?
ANNIBALE – Avrei dovuto prendere alloggio qui da voi, ma se la
locanda è chiusa...
MARTA – Per gli amici di Gianni le camere non mancano mai.
Siete arrivato da solo?
ANNIBALE – Ci sono anche mio padre e mia madre: sono giù con
i bagagli.
MARTA – Allora vi occorre una stanza grande... questa, va
bene?
ANNIBALE – Direi di sì. (va alla finestra; a voce alta)...
pa'... potete salire: la stanza è sopra! (a Marta)... arrivano.
MARTA – Hanno bisogno di aiuto?
ANNIBALE – Ci sono già i facchini che hanno scaricato dal
carro. (si avvicina al tavolo)... e queste cartucce le lasciate
qui?
MARTA – Oh, guarda... me n'ero proprio dimenticata! Le
porto via subito (si guarda in giro per cercare qualcosa). Avete
visto una cassetta vuota da qualche parte?
ANNIBALE – Potrebbe essere quella nella quale ho inciampato
lì fuori.
MARTA – Vado a vedere. (Esce. Rumore di chi inciampa ed
esclamazione di dispetto. Rientra con una cassetta) Era proprio quella.
(Raccoglie le cartucce sul piano del tavolo), Devono venire a prenderle fra
poco: per questo avete trovato la porta aperta.
ANNIBALE – Le avete preparate da
sola?
MARTA – No, con due amiche... (mostra le mani)...
queste! Portate qualche novità da Melegnano?
ANNIBALE – Anche lì si preparano, ma le novità proprio le
aspettano da qui, da Milano.
MARTA – (va con la cassetta verso la porta) Ce ne
saranno presto.
ANNIBALE – Voi dite?
MARTA – Non avete visto quante coccarde tricolori ci sono
in giro?
ANNIBALE – E i "tugnitt" non dicono niente?
MARTA – Fanno finta di non vederle. Oggi all'una ci sarà un
corteo, dal Broletto a Monforte.
(esce e rientra subito)
ANNIBALE – Avete bisogno di aiuto?
MARTA – Per che cosa?
ANNIBALE – Non c'è altro da spostare?... (indicando) quella
cassa, per esempio.
MARTA – (toccandosi la fronte) E chi ci pensava
più!... bisogna portarla via, certo... è piena di palle... (sollevando la
cassa) datemi una mano, bravo... pesa un po' eh? ce ne dev'essere un'altra da
qualche parte, piena di polvere da sparo... non ricordo più dove l'ho ficcata.
ANNIBALE – Se posso darvi un consiglio, io cercherei di
tenerle più ordinate, certe cose.
MARTA –Avete proprio ragione.
(sono sulla soglia della
porta)
ANNIBALE – Stanno arrivando. A proposito, con loro, mi
raccomando, silenzio assoluto.
MARTA – Ma come... i vostri genitori, non sono con voi?
ANNIBALE – Non sono al corrente: è meglio tacere.
MARTA – Va bene.
(Escono. Rumori
e
voci fuori della porta. Entrano Amilcare
e Adele. Amilcare avanza zoppicando, mentre Adele si ferma sulla soglia, dalla
quale fa capolino una grossa cesta.)
ADELE – Le ceste è inutile portarle dentro... (rivolta
ad Amilcare)... possono restare qui fuori, no?
AMILCARE – (cercando di raggiungere una sedia) Sì, se
c'è posto.
ADELE – Posto ce n'è.... (ai facchini che non si
vedono)... scaricatele lì: tanto verranno a prenderle fra poco... così,
piano... che c'è, ancora? ah, ho capito... Amilcare! Qui bisogna...
(stropiccia il pollice e l'indice)
AMILCARE – Vieni tu a prenderli: io non ce la faccio a fare
un altro passo. (Adele si avvicina a prendere una moneta che porta ai facchini)...
da Melegnano a piedi, non è uno scherzo.
ADELE – Perché non sei voluto salire sul carro?
AMILCARE – Con quello sballottamento? così i dolori li avrei
dappertutto... ora, invece. ce l'ho soltanto ai piedi.
(Rientrano Marta e Annibale.)
ANNIBALE – Questa è la padrona della locanda.
AMILCARE – Giusto voi! Si potrebbe avere un bacile con un po'
d'acqua?
MARTA – Certamente... il bacile è... (va verso il
portacatino da camera, ma lo trova vuoto; a se stessa)... ma dov'è andato a
finire? (cerca inutilmente per la camera, poi esce)
AMILCARE – lo intanto mi levo le scarpe e le calze... ah!...
neanche fossero stati pestati in un mortaio... (rientra Marta con un bacile
e
una brocca) oh, brava, grazie... (immerge i piedi nell'acqua)... ah,
che delizia! è come se me li avessero riattaccati, ora, i piedi... (a Marta
che sta versando).. piano con l'acqua, piano
MARTA – Vi fa male anche il getto dell'acqua?
AMILCARE – Sissignora, fa male. Avete mai provato a venire a
piedi da Melegnano?
MARTA – A piedi, proprio no.
AMILCARE – Ecco, dovreste fare la prova, prima di parlare. (recitando)
Ahi, Melegnan malvagia / mai più ti rivedrò!
ADELE – (recitando) Oh, Milano agognata,
conquistarti saprò!
MARTA – Voi siete un attore, vero?
AMILCARE – Sono il capocomico Amilcare Ricotti che domani
sera aprirà la stagione di primavera del "Faravelli" di Milano.
Questa è la mia famiglia: il resto della compagnia alloggia nel vicolo qui
accanto.
MARTA – Alla "Locanda della
Pergola?"
AMILCARE – E' sempre bene mantenere una certa distanza: la
promiscuità non mi è mai piaciuta.
MARTA – Ma sì, ora che vi guardo bene, mi ricordo... io vi
ho già visto recitare, sapete?
AMILCARE – E dove?
MARTA – Proprio a Melegnano.
AMILCARE – (un po' contrariato) Ah!
MARTA – Lì ho una sorella sposata e ogni tanto la vado a
trovare,
ANNIBALE – E' la moglie di Gianni Andreini.
AMILCARE – E chi sarebbe costui?
ANNIBALE – Il pasticcere che ha il negozio in piazza a
Melegnano.
AMILCARE – Non ricordo.
ANNIBALE – Ma se l'hai conosciuto anche tu!
AMILCARE – lo non so niente delle tue amicizie... (con
disprezzo) melegnanesi.
MARTA – L'ultima volta che sono andata a trovare mia
sorella, mio cognato ci ha portato a teatro.
AMILCARE – ... dove avete trovato me. Che dramma
rappresentavo?
MARTA – Il titolo non mi viene in mente, ma ricordo bere
quella scena con voi che correte sul palcoscenico con la spada sguainata.
AMILCARE – Ah, è "Il bastardo dei Lancaster"!
MARTA – Proprio quello!
ADELE – E non ricordate altro di quella scena?
MARTA – Mi pare proprio di no.
AMILCARE – Che c'è di strano?
ADELE – (un po' nervosa) C'è tutta la compagnia sul
palcoscenico, in quel momento.
AMILCARE – Che vuoi farci... a volte, nel ricordo resta una
sola immagine che ha bruciato tutte le altre.
MARTA – Deve succedere proprio così: io vedo solo voi su
quel palcoscenico.
AMILCARE – (ad Adele) La
senti?
MARTA – E' per via dell'emozione che mi hanno messo dentro
le vostre parole.
AMILCARE – (salta fuori dal bacile e, a piedi nudi,
corre sulla scena agitando un'immaginaria spada) Dovunque ei si nasconda
ritrovarlo saprò: l'odio che in me s'affonda soffocarlo non vo!
ADELE –E i tuoi piedi?
(lo guarda ironicamente)
AMILCARE – ... Cos'hanno i miei
piedi?
ADELE – Non riuscivi più a muoverli... come se fossero
stati pestati in un mortaio... "ahi Melegnan malvagia".
AMILCARE – Dopo il bagno, mi sembra che stiano meglio.
ADELE – Un'acqua miracolosa!
AMILCARE – Beh... forse avevo caricato un tantino il tono.
ADELE – Solo un tantino?
AMILCARE – ... una coloritura un po' vivace per dare più
rilievo, più spessore... come attrice dovresti conoscerle certe astuzie, no?
MARTA – Ah, perché anche voi siete
attrice?
ADELE – (risentita) E per chi mi avevate preso, per
la serva di compagnia?
AMILCARE – Certo che è attrice: la mia prima attrice, Adele
Ricotti... Serpieri in gioventù, quando faceva l'ingenua nella compagnia di suo
padre che batteva... (con un certo disprezzo)... la "bassa
emiliana".
ADELE – Come tuo padre, del resto.
AMILCARE – Sì, ma Asdrubale Ricotti, mio padre, è risalito in
Lombardia... e quando esplose a San Bonaventura al Monte con "Il vendicatore
maledetto"...
MARTA – Con che cosa esplose?
AMILCARE – Con uno dei suoi cavalli di battaglia che poi è
diventato uno dei miei...
ADELE – (stizzita) Tuo e basta? ci sei tu solo a
recitarlo?!
AMILCARE – Nostro,volevo dire.
ADELE – Ma non l'hai detto.
(gli volta le spalle)
AMILCARE – Era sottinteso!... e come si può dimenticare
quella Lucrezia che tu sai far vivere in modo così sublime?... (Si è avvicinato
ad Adele che scrolla le spalle senza voltarsi) In questo petto alberga
la fede che mi desti. Perché volgi le terga? iniquo mi credesti? (aspetta la
risposta che non viene) Iniquo mi credesti?
ANNIBALE – Via, ma', diglielo che non lo credi iniquo.
(Adele scrolla ancora le spalle)
AMILCARE – (ancora alle sue spalle) perché volgi le
terga?
MARTA – E non volgetegli più le
terga!
ADELE – (voltandosi di scatto) E voi cosa
c'entrate?
MARTA – Mi dispiace vederlo così avvilito. In fin dei
conti a voi cosa costa?
ADELE – (guarda Amilcare con un mezzo sorriso) Mi
avevi chiesto qualcosa?
AMILCARE – Perché volgi le terga? iniquo mi credesti?
ADELE – (con slancio) Giammai dolce signore cui la
fede ho donato; giammai del vostro onore ho solo dubitato!
MARTA –
(scoppia in applausi)
Brava!... bravissima!
ADELE – Grazie... grazie
MARTA – Siete stata magnifica.
ADELE – Ma via, per così poco.
(Rumore di voci che viene dall'esterno. Marta,
Annibale e Adele corrono alla finestra)
AMILCARE – Cosa succede giù?
MARTA – Gruppi che passano.
ADELE – Mi sembra un po' strano...
AMILCARE – Che cosa?
ADELE – Tanta animazione così.
MARTA – Non c'è niente di strano, in questi giorni.
AMILCARE – Siamo entrati a Milano da Porta Romana, e anche lì
la strada era piena di sfaccendati.
ADELE – lo continuo a non capire.
AMILCARE – Non c'è qualche festa per aria? che santo è oggi?
ADELE – (va a guardare un lunario appeso alla parete)
San
Cirillo... non credo che... ma domani è San Giuseppe.
AMILCARE – Ecco: si preparano per la festa di San Giuseppe!
ADELE – Veramente, non avevano troppo la faccia da devoti.
AMILCARE – Cosa vuoi che sia, altrimenti... beh, io mi
rimetto le scarpe.
MARTA – Non avete più bisogno
dell'acqua?
AMILCARE – No, vi ringrazio.
(Marta esce con brocca e bacile; Amilcare si rimette
calze e scarpe; Annibale è ancora vicino alla finestra e Adele va per sistemare
la sua roba, ma si arresta vicino al letto.)
ADELE – (sottovoce) Amilcare!
AMILCARE – Cosa c'è?
ADELE – (con un filo di paura nella voce) Questa
camera è già occupata.
AMILCARE – Come, occupata?
ADELE – Sì, c'è qualcuno nel
letto.
AMILCARE – Ma cosa dici... chi vuoi che ci sia?!
ADELE – Vieni a vedere, allora.
(Amilcare si avvicina e Adele gli fa cenno col capo.
Amilcare sposta le coperte del letto fino a scoprire completamente due fucili)
ADELE – Due fucili!
AMILCARE – Strano!
ANNIBALE – (Si avvicina) Eccoli, finalmente!
AMILCARE – Finalmente?
ANNIBALE – La padrona della locanda li stava cercando.
ADELE – E che ci fa con questa
roba?
ANNIBALE – Non è sua... è di... suo fratello... che presta
servizio nella gendarmeria.
AMILCARE – ... e tiene i fucili qui, come se fossero bastoni
da passeggio?! (a Marta che sta rientrando)... avete un fratello
piuttosto bizzarro, voi.
MARTA – (mentre Annibale le fa disperati cenni di
intesa) Fratello... quale fratello?
AMILCARE – Quello che fa il gendarme e che semina i fucili
come il prezzemolo.
MARTA – Ma io non...
AMILCARE – (indicando i fucili) Non sono di vostro
fratello... quello che è arruolato fra i gendarmi?
MARTA – (riesce a capire) Ah, i fucili!... sì...
sono di mio fratello... me li ha dati lui da custodire.
AMILCARE – E voi li conservate alla perfezione: non c'è che
dire!
MARTA – Ma guarda dove s'erano
ficcati!
AMILCARE – Sotto le coperte, caldi,
caldi.
MARTA – Li stavo cercando, ma lì proprio non ci avevo
guardato.
AMILCARE – (ironico) Possibile?! Dove si tengono i
fucili? nel letto, no?
MARTA – Li porto subito via.
(Prende le armi)
AMILCARE – (accende la candela sul comodino e la porge ad
Adele) Sarà bene dare un'occhiata per vedere se nel letto non ci sono altri
inquilini... sotto magari, tra le tavole.
ADELE – (si china con la candela sotto il letto, in
cerca di insetti, e trascina fuori la cassetta della polvere) Sotto non c'è
che questa.
MARTA – (Si precipita con un urlo ad afferrare la
cassetta) Via quella fiamma!... è piena di polvere, capite?
(Amilcare spegne la candela; rimangono per qualche
attimo tutti e tre senza fiato; si ode il loro ansimare)
AMILCARE – (con un filo di voce) Polvere... avete
detto? (Marta fa cenno di sì con la testa)... da sparo?
(Marta
continua ad assentire)
ADELE – (anche lei impaurita) E che ci fa una
cassetta di polvere .. sotto il letto?
MARTA – ... è... di mio fratello anche questa... lui va a
caccia e...
AMILCARE – ... e noi saltiamo in
aria!
MARTA – La porto via subito... (ad Annibale)... mi
date una mano, per piacere?
ANNIBALE – (prende la cassetta) La porto io: voi
prendete i fucili.
AMILCARE – Non avete dimenticato qualcos'altro, per caso?
ADELE – (tirando fuori due o tre sciabole dall'armadio)
Ci sono anche queste.
MARTA – Ah, sì!... che sbadata!
AMILCARE – Niente, niente che vostro fratello ha una
succursale dell'armeria, qui da voi... e questa? (mostra la pistola che è
rimasta sul tavolo)
MARTA – Quella è... un fermacarte... ma è scarica.
AMILCARE – Ah, perché in giro ce ne sono anche di cariche?
MARTA – Datemela qua: porto via anche quella.
(prende
la pistola ed esce con Annibale)
AMILCARE – E' una locanda un po' strana, non ti pare?
ADELE – Dici?
AMILCARE – Perché, a te sembra una delle solite locande che
frequentiamo?
ADELE – Siamo a Milano,
Amilcare!
AMILCARE – E cosa vuoi dire? che qui si tengono i fucili in
camera da letto?
ADELE – Non siamo in provincia, qui, lo vuoi capire? non
hai visto le donne che vita stretta portano?
AMILCARE – Si vede che qui ci sarà anche la moda di dormire
sulla polvere da sparo.
ADELE – In ogni caso, è bene non stupirsi troppo, per non
fare la figura dei provinciali.
AMILCARE – Ma sì, in fondo hai ragione: siamo a Milano, è
questo quello che conta.
ADELE – Una volta, con mio padre, siamo capitati in un
teatro vicino a Bologna, ma così vicino che vedevamo i campanili della città.
AMILCARE – E mio padre? avrebbe dato l'anima per arrivare a
portare la compagnia in una città importante... si sarebbe accontentato anche
di Cremona... di Sondrio... non gli è mai riuscito... (va alla finestra;
rientra Annibale) vieni anche tu, Annibale... venite tutti e due...
(Adele e Annibale si avvicinano; Amilcare li stringe a sé in atteggiamento
protettivo, poi indicando)... ecco: Milano! ce l'abbiamo fatta!... vi
ricordate il giuramento di Vidigulfo?
ANNIBALE – Ma non ce l'abbiamo mica in repertorio!
AMILCARE – Cosa c'entra il repertorio? il giuramento solenne
che feci io a Vidigulfo, ve ne ricordate?
ANNIBALE – Io me ne ricordo: "fra un anno a Milano"
dicesti.
AMILCARE – La promessa l'ho mantenuta.
ADELE – E dopo la stagione al "Faravelli",
troveremo un altro teatro importante?
AMILCARE – Lo troveremo.
ADELE – Non ricascheremo in
provincia?
AMILCARE – Mai più!
ADELE – Sei così sicuro del
successo?
AMILCARE – Sarà un trionfo, vedrai.
ADELE – Come fai a dirlo così
sicuro?
AMILCARE – Tu non sai che cos'ho preparato.
ADELE – Che cosa? parla!
AMILCARE – A suo tempo: è un segreto.
ANNIBALE – Dai, pa', vuota il sacco.
AMILCARE – Ho detto di no.
ADELE – Vuoi tenerci sulle spine?
AMILCARE – E' un'idea formidabile: tutta Milano parlerà di
noi... la nostra compagnia diventerà famosa... ci offriranno i maggiori teatri.
ANNIBALE – E io che pensavo di ritornare a Melegnano.
AMILCARE – Mai più! hai capito? mai più in un paese come
quello, e in un teatro come quello.
ANNIBALE – Ci volevano tutti bene... e ci. riprenderebbero a
braccia aperte.
AMILCARE – Abbiamo fatto un salto in avanti, lo capisci? Per
noi incomincia una vita nuova.
ANNIBALE –Però le abbiamo avute le nostre soddisfazioni al
"Rinnovato" di Melegnano!
AMILCARE – "Rinnovato" che cosa? quando rinnovato?
al tempo degli Assiro–babilonesi?!
ADELE – Il palcoscenico lasciava un po' a desiderare, ma
ne abbiamo avuti di peggiori.
AMILCARE – Le aie dei contadini, i tavoli delle osterie.
ANNIBALE – Non ti arrabbiare, pa'... a me tanto male non
sembrava.
AMILCARE – Ma tu, nella "Furia di Attila", cosa
facevi?
ANNIBALE – Un principe unno.
AMILCARE – Ecco! Dovevi fare Attila sul trono, dovevi fare...
con quella goccia maledetta che scendeva dal tetto e colpiva qui, a metà della
testa, precisa, implacabile!
ADELE – Perché non hai spostato il
trono?
AMILCARE – Ho provato, ma è stato inutile: la goccia mi
seguiva dovunque mi mettessi, senza sbagliare un colpo.
ADELE – Si vede che ce l'aveva con
Attila.
AMILCARE – E come Bonifacio VIII in sedia gestatoria, non era
lo stesso? e come Salomone sulla cattedra di giudice, o Robespierre sui banchi
della Convenzione, non c'era sempre la goccia, inesorabile, a colpire?
ADELE – Avresti dovuto evitare i personaggi seduti.
AMILCARE – Ecco! Lucippo filosofo della scuola peripatetica
mi andava bene sempre sulla scena avanti e indietro... ma dovevamo anche
cambiare, no?
ADELE – (guardando per la strada) Sapete che questi
preparativi per i festeggiamenti sono un po' strani?!
AMILCARE – Cosa vuoi dire?
ADELE – Tutta quella gente per la strada... e poi, quando
c'è una festa, c'è più allegria.
AMILCARE – Sono solo i preparativi.
ADELE – Già... a un funerale, sembra che si preparino.
AMILCARE – Ma qui siamo a Milano, non te lo dimenticare: qui la
gente è più serena, più composta, più educata.
ADELE – E' proprio vero!... guarda quello là con la scure
sulla spalla... chi direbbe che con quelle mani è capace di spaccare la
legna... e quell'altro con la falce da contadino, non sembra appena uscito dallo
studio di un notaio o di un avvocato?
AMILCARE – Siamo a Milano! aria nuova, più pulita, più
frizzante! (indicando) là c'è il Duomo, vedete?... e là in mezzo c'è
Corso Francesco che porta a San Babila... dall'altra parte, invece, si va verso
il Castello... (si sporge dalla finestra)... laggiù... (trasale come
colpito da qualcosa e guarda in alto)... e lassù c'è un maleducato!
ADELE – (guarda anche lei in alto) Sono piccioni
che volano sul tetto.
AMILCARE – (si toglie qualcosa dai capelli)... però
non si accontentano di volare soltanto.
ADELE – Porta fortuna.
AMILCARE – (riprende a indicare)... dall'incrocio qui
in fondo incomincia Via del Mulino... (guarda in alto insospettito)... sccssscc,
via di lì!... proprio dietro la casa che abbiamo di fronte c'è il nostro
teatro, il Faravelli.
ADELE – Dove domani sera... a proposito, che lavoro
reciteremo?
AMILCARE – Non ho ancora deciso. Aspetto una risposta. Ma è
un lavoro del nostro repertorio... basterà una prova di memoria.
ADELE – Ma bisogna saperlo qual'è questo lavoro, per
mettere a posto i costumi. Non vorrai fare una brutta figura proprio qui.
AMILCARE – Ci sarà tempo per tutto.
ADELE – Oh, Amilcare, io ho tanta
paura!
AMILCARE – Ti ho detto che sarà un grande successo.
ADELE – Se almeno sapessi qualcosa della tua idea.
AMILCARE – Lo saprai più tardi...
ADELE – E perché non subito?
AMILCARE – Ho detto di no.
ANNIBALE – E' inutile, ma', lo sai che quando s'impunta.
AMILCARE – Tu pensa a mettere a posto la tua roba... (fruga
nella sua borsa)... e guarda se in mezzo c'è il ritratto dell'imperatore.
ANNIBALE – Nella tua borsa sarà: io del tuo imperatore non so
proprio cosa farmene.
AMILCARE – Tieni a posto la lingua, intesi? (ad Adele) Ha
frequentato qualche testa calda a Melegnano.
ADELE –Lo sai che su certe cose non andiamo d'accordo.
AMILCARE – (tirando fuori un ritratto) Eccolo...(va
ad appenderlo alla parete)... lo mettiamo qui.
ADELE – (ironica) Perché non a capo del letto?
AMILCARE – Meno ironia; ricordati che se siamo qui lo
dobbiamo a lui.
ANNIBALE – A Ferdinando l°?!
AMILCARE – Sissignore, a Ferdinando 1°: imperatore d'Austria
e re del Lombardo–Veneto... (accarezza il ritratto)... che Dio lo
protegga e ce lo conservi a lungo.
ADELE – Amen! E secondo te, sarebbe stato lui a farci
venire a Milano?
AMILCARE – Dobbiamo ringraziare lui.
ANNIBALE – Ma se è stato il signor Faravelli a chiamarci.
AMILCARE – E perché ci ha chiamato il signor Faravelli?
perché ha un teatro.
ANNIBALE – Questo è naturale.
AMILCARE – ... e perché ha un teatro? perché l'ha comperato
con i guadagni ricavati dal suo commercio.
ANNIBALE – E cosa c'entra quello lì?
AMILCARE – Chi ha incoraggiato e protetto il commercio a
Milano e nel Lombardo–Veneto, se non Ferdinando I°, nostro amatissimo sovrano?
ANNIBALE – L'ha incoraggiato e protetto per poterlo mungere
di più con le sue tasse.
AMILCARE – (alza le spalle) Con lui è inutile parlare.
ANNIBALE – Ma se anche tu non fai che lamentarti per le
tasse.
AMILCARE – Lamentarsi per le tasse è una cosa e fare politica
un'altra.
ANNIBALE – E' lo stesso, pa'.
AMILCARE – Ma cosa dici! un attore non fa politica: non può
permettersi un lusso del genere.
ANNIBALE – Vado giù a dare
un'occhiata.
AMILCARE – Passa alla locanda della Pergola, guarda come si
sono sistemati gli altri e digli che si tengano pronti per la prova.
ANNIBALE – Va bene.
(esce)
ADELE – (davanti alla finestra) Tu dici che è per
la festa di San Giuseppe?
AMILCARE – Cosa vuoi che sia, Adele?
ADELE – Non lo so... comincio a preoccuparmi.
AMILCARE – (si avvicina anche lui alla finestra)... A
meno che...
ADELE – A meno che?
AMILCARE – ... l'imperatore abbia avuto un figlio!
ADELE – Ma cosa dici!... alla sua
età!
AMILCARE – A cinquantacinque anni può avere tutti i figli che
vuole.
ADELE – ... e sua moglie ne ha quarantacinque.
AMILCARE – Perché, è obbligato a farlo con la moglie il
figlio?
ADELE – Amilcare, non dire
sconcezze.
AMILCARE – Che cos'ho detto di
sconcio?
ADELE – Ma sì, in fin dei conti parlavi di quello lì...
(indica con la testa il ritratto)... non è mica uno di noi.
AMILCARE – Lo capisci anche tu, vero?
ADELE – Come no. Per loro, anche le cose più semplici
hanno un altro nome. Prendi il compleanno, per esempio, per loro è il
genetliaco, capisci? quand'è che celebri il tuo genetliaco, Amilcare?
AMILCARE – Toh, non ci avevo mai pensato.
ADELE – E quello che per noi sono le nozze, per loro non
sono gli sponsali; e quella che per uno qualsiasi è l'amante, per loro diventa
la favorita: senti che delicatezza! se poi due si mettono insieme senza
sposarsi, per noi fanno una convivenza, per loro, invece, è un matrimonio
morganatico.
(Scoppi di voce all'esterno)
AMILCARE – Ma che succede là fuori?!
ADELE – E se fosse una protesta... una rivolta?
AMILCARE – Una protesta, magari, contro Casati, il podestà di
Milano?
ADELE – E perché non contro
l'imperatore?
AMILCARE – Ma cosa dici?! I milanesi amano il nostro
imperatore: in giro non si sente che parlar bene di lui.
ADELE – Per forza, con le spie che sono dappertutto. Non
ci vuoi niente, sai, ritrovarsi nel fossato del Castello con una palla in
fronte.
AMILCARE – Solo i malviventi vengono giustiziati a Milano:
non hai letto i proclami sui muri?
(Uno scoppio di voci e di rumori al di là della
porta)
ADELE – Questi non vengono di
fuori.
AMILCARE – Che succede?!
VOCE DI
MARTA – Ma
che cosa volete? giù le mani!... che razza di modi!
(La porta si spalanca davanti a due gendarmi con
fucile. Marta viene spinta brutalmente nell'interno)
MARTA – ... entrare così in casa degli altri accidenti a
voi!
ADELE – Oh, mamma mia!
(Le due guardie si schierano ai lati della porta:
entra un signore vestito elegantemente, il conte Bolza che si ferma al centro
della stanza, quindi fa un piccolo cenno per indicare ai gendarmi di uscire e
di far uscire Marta).
MARTA – (mentre i gendarmi eseguono l'ordine ricevuto)
Non
mi toccate! esco da sola.
(I gendarmi escono dopo Marta e chiudono la porta.
Bolza guarda fisso Amilcare).
BOLZA – Il capocomico Amilcare Ricotti?
AMILCARE – Sì, sono io
BOLZA – lo sono il conte Luigi Bolza, commissario di
polizia agli ordini di sua maestà l'imperatore.
AMILCARE – (inchinandosi) Onoratissimo di conoscervi,
signor conte; ho sentito già parlare di voi... questa è mia moglie, la prima
attrice Adele Ricotti. Serpieri in gioventù, quando faceva l'ingenua...
BOLZA – (interrompendolo) Avete già sentito parlare
di me?
AMILCARE – Certo, eccellenza: i vostri meriti, al servizio
dell'imperatore d'Austria Ferdinando l° e di sua altezza imperiale l’arciduca
Ranieri viceré del Lombardo–Veneto, sono ben noti.
BOLZA – (fissa per un attimo Amilcare) Se mi
conoscete, allora, ci intenderemo meglio.
AMILCARE – Non ne dubito affatto, eccellenza.
BOLZA – La polizia ha il còmpito di perseguitare e
reprimere il male, lo sapete, ma ha anche il dovere di prevenirlo. Sono qui per
questo.
AMILCARE – Non volete accomodarvi signor conte?
BOLZA – Siete abile, Ricotti, molto abile: devo
confessarlo onestamente.
AMILCARE – Anche voi mi avete sentito recitare?
BOLZA – Non ancora, purtroppo, ma spero che vogliate farlo
adesso, in privato.
AMILCARE – E' un onore per me, eccellenza. E che cosa vi
piacerebbe sentire?
BOLZA – Lascio a voi la scelta... qualunque cosa va bene,
purché ci siano nomi, molti nomi.
AMILCARE – Nomi?... io non capisco.
BOLZA – Andiamo, Ricotti, mi avete dato l'impressione di
una persona sveglia: siete sorvegliato da quattro giorni, eppure avete sempre
fatto finta di non accorgervene.
AMILCARE – Io sorvegliato, e perché?
BOLZA – Via, la parte la sapete benissimo: non avete
bisogno del suggeritore.
ADELE – Che cos'è successo,
Amilcare?
AMILCARE – lo non so niente.
BOLZA – Ecco un cattivo inizio! Permettetemi questo
giudizio come appassionato di teatro.
AMILCARE – Volete avere la bontà di spiegarmi tutto per bene?
BOLZA – Davvero volete fare questo torto alla vostra
intelligenza?
AMILCARE – Facciamoglielo pure, eccellenza.
BOLZA – Non capisco che cosa vogliate negare, dato che
tutto è partito da voi.
AMILCARE – Da me?!
(fa l'atto di continuare, ma l'altro
l'interrompe)
BOLZA – ... e badate bene che io non voglio andare a fondo
alla faccenda, accertare se voi ci siete capitato per ingenuità o per
malizia... non voglio indagare: sono troppo amico degli attori per farlo.
AMILCARE – ... a quale faccenda voi...
BOLZA – (interrompendolo)... mi basta sapere il
nome di chi vi ha dato il suggerimento, i nomi dei partecipanti al complotto,
il luogo dove sono nascoste le armi.
ADELE – Oh, mamma mia!
AMILCARE – (sconcertato)... nomi... complotto...?!
BOLZA – Andiamo, Ricotti, in fondo non è una cosa grave...
anche se c'era l'intenzione, non è successo nulla. Datemi una mano perché
continui a non succedere nulla.
AMILCARE –
(patetico e drammatico,
tendendo le due mani con gesto teatrale)
Tutte e due le mie mani, eccellenza, tutte e
due sono vostre! ma, in nome di Dio, vi scongiuro, ditemi di che cosa si
tratta.
BOLZA – Bravo, Ricotti! una battuta da grande attore. Ne
avete del talento, voi!
AMILCARE – Troppo buono, eccellenza.
BOLZA – Ma giacché vi siete messo in testa di recitare una
parte, quella di chi casca dalle nuvole, anch'io reciterò la mia, quella del
funzionario pignolo. Incominciamo da capo, allora... (legge un appunto)...
quattro giorni fa, e precisamente il quattordici marzo, voi vi trovavate in un
paese qui vicino, a Melegnano, impegnato in un ciclo di recite al teatro
"Rinnovato".
AMILCARE – (quasi fra sé) Sì,
bella roba.
BOLZA – Come avete detto?
AMILCARE – Mi riferivo al teatro... rinnovato, per modo di
dire.
BOLZA – Insomma, c'eravate o no?
AMILCARE – C'ero, purtroppo, c'ero...
(fa il gesto della
goccia che cade)
BOLZA – ... infatti, proprio di lì era partita una lettera
indirizzata a sua eccellenza Johann Joseph Franz Karl Radetzky, conte di Radetz
e feldmaresciallo dell'esercito imperiale... (sventola un foglio sotto il
naso di Amilcare) la lettera è firmata da voi, ma voi, probabilmente,
direte di non saperne nulla.
AMILCARE – E perché, eccellenza? la lettera è mia.
BOLZA – Così va bene, Ricotti!
AMILCARE – Sono stato proprio io a scriverla... ed è stato
contento sua eccellenza di riceverla?
BOLZA – (gli dà un'occhiata al di sopra del foglio che
sta per leggere) La lettera dice: "Il prossimo diciannove marzo la mia
compagnia debutterà al teatro Faravelli di Milano. Il sottoscritto invita la
signoria vostra illustrissima, insieme con i valorosi ufficiali del vostro
comando, a voler partecipare a questa serata che sarà dedicata in vostro onore.
ADELE – Era questa la sorpresa che volevi farci?!
AMILCARE – E non ti sembra geniale? (a Bolza) C'è
anche un post–scriptum.
BOLZA – E' vero! questo è un vero capolavoro... dice:
"Vi prego di scegliere tra i titoli che seguiranno, il dramma che volete
veder rappresentato."
AMILCARE – Mi è sembrato un atto di cortesia.
BOLZA – (ironico) Ma si capisce! I titoli sono:
"La morte del tiranno" "Un boia in agonia" e "Chi la
fa l'aspetti".
AMILCARE – Ho scelto nel nostro repertorio quello che poteva
andar meglio per sua eccellenza.
BOLZA – (ironico) Non ne dubito affatto, e neppure
sua eccellenza ne dubita tant'è vero che ha mandato me per ringraziarvi.
AMILCARE – Hai sentito, Adele?!... hai visto che avevo
ragione?!... se sua eccellenza verrà al Faravelli con i suoi ufficiali, sarà
una serata memorabile tutta Milano ne parlerà... (a Bolza)... spero,
signor conte, che domani sera ci sarete anche voi.
BOLZA – (irritato) Basta così, Ricotti! Anch'io
apprezzo lo spirito, quando però non passa la misura. Chi vi ha messo in testa
che una trappola così grossolana avrebbe potuto funzionare?
AMILCARE – Quale trappola?
BOLZA – Volete farmi perdere del tempo, eh?! Ma sarà
peggio per voi.
ADELE – (avvicinandosi a Bolza) Dev'esserci un
equivoco, eccellenza guardate bene... mio marito non può aver fatto niente di
male.
BOLZA – (respingendola) Tacete voi! (ad
Amilcare) Siete stato voi a ideare questo capolavoro?... e chi c'è con voi
nel complotto?
AMILCARE – (impaurito) Complotto contro chi, in nome
di Dio?!
BOLZA – Contro il nostro stato, contro il nostro
imperatore.
AMILCARE – Ma come può venirvi in mente, signor conte, che
io... Amilcare Ricotti capocomico, suddito fedele e devoto di sua maestà... come
può venirvi in mente che io possa partecipare a un complotto contro il nostro
grande, caro, amato Ferdinando...
(si avvicina al ritratto alla parete e
l'accarezza)
BOLZA – Non vi sembra di esagerare con questa
pagliacciata?
ADELE – Ma è vero, eccellenza! Mio marito ama il nostro
imperatore.
BOLZA – E come può venire in mente, a voi, che in una
Milano che ribolle sedizione e sovversione, che tesse nell'ombra una ragnatela
di provocazioni, congiure, tradimenti... come può venirvi in mente che io creda
alla serata in onore del feldmaresciallo Radetzky?!
AMILCARE – Ma è così eccellenza!
(Bolza ha un gesto di
fastidio)
ADELE – Oh, Dio, Amilcare!... ma allora, è proprio come
nel "L'ombra del sospetto"
AMILCARE – Dici?
ADELE – Ma certo! (recitando) Sorte avversa,
matrigna fortuna, il mio nome nel fango hai gettato.
AMILCARE – (recitando) Ma innocente tu sei: mai
nessuna picciol colpa il tuo onore ha macchiato.
ADELE – (recitando) Grazie, o amico del tempo
giocondo.
AMILCARE – (recitando) Che la speme non lasci il tuo
cuore.
ADELE – (recitando)
Verità vo cercando nel mondo.
AMILCARE e ADELE – (in coro, recitando) verità noi
cerchiamo con ardore!
(La porta si spalanca ed entrano i due gendarmi con
due o tre fucili ed altre armi che gettano sul pavimento. Uno dei gendarmi dice
qualcosa all'orecchio di Bolza.)
BOLZA – Eccola la verità!... non so se è proprio quella
che cercate voi, però. Volete negare ancora, Ricotti?
AMILCARE – Quelle armi non sono mie.
BOLZA – Sono piovute dal cielo?
AMILCARE – Io le ho solo viste di sfuggita, quando
dovevano... (Si accorge di Adele che, alle spalle di Bolza, gli fa cenno di
tacere)
BOLZA – Avanti, coraggio.
AMILCARE – Io non ho niente da dire.
BOLZA – Se non sono vostre, a chi appartengono?
AMILCARE – A me lo domandate? non sono mica il fratello... (Adele
continua con i cenni)... che fra l'altro è uno dei vostri.
BOLZA – Cosa state borbottando,
Ricotti?
AMILCARE – (s'è avvicinato alle armi) Ma dove sono
state trovate?
BOLZA – Nelle ceste qua fuori, fra i vostri costumi di
scena.
AMILCARE – Ma non sono mica armi vere, queste!... fucili di
legno, spade di cartone... guardate... (raccoglie un pugnale)... muori o
rinnegato! (Si colpisce al petto col pugnale a lama rientrante)... oggetti
della nostra finzione, signor conte, per combattere rivoluzioni di
palcoscenico.
BOLZA – (anche lui si avvicina) E' vero! Solo
imitazioni... (rivolge ai due gendarmi qualche parola sottovoce, ma
concitata. I gendarmi battono i tacchi ed escono)... un falso allarme,
scusate... questi trucchi di scena hanno tratto in inganno anche me... solo
imitazioni... queste... e le altre?
AMILCARE – Quali altre?
BOLZA – Quelle che avete visto di sfuggita... delle quali
dovrebbe sapere qualcosa un certo fratello.
AMILCARE – Parole senza senso, eccellenza... lì per lì ho
avuto paura e ho detto le prime cose che mi passavano per la testa.
BOLZA – Continuate a dirle, Ricotti, continuate ad avere
paura... ne avete il motivo, perché quello che sapete, ve lo tirerò fuori, in
un modo o nell'altro, state certo.
AMILCARE – lo non so niente,
eccellenza.
BOLZA – La situazione è gravissima e non posso fare
complimenti. Date uno sguardo fuori della finestra...
(si sporge dalla
finestra)
AMILCARE – (cercando di trattenerlo) No, signor conte
(Bolza
volta la testa verso Amilcare, ma subito dopo guarda verso l'alto, quindi si
toglie qualcosa dai capelli)... troppo tardi, eccellenza (fa cenno verso
l'alto e muove le mani per indicare uno sbattere d'ali)
ADELE – Dicono che porti fortuna.
BOLZA – (pulendosi le mani con un fazzoletto) Però
siete voi ad averne bisogno di fortuna, credetemi... non è tempo di indulgenze,
questo: lo stato va difeso con tutti i mezzi... (torna alla finestra, ma si
tiene prudentemente all'interno)... guardate per la strada che cosa
succede... guardate quella gente che si sta radunando.
AMILCARE – E' per la festa di San Giuseppe.
BOLZA – (gridando) Tacete! Ne ho abbastanza delle
vostre buffonerie da saltimbanco! (muove qualche passo nervoso, poi si
pianta davanti ad Amilcare; con voce alterata dalla collera) Allora, avete
deciso di parlare?
AMILCARE – (impaurito) Parlare di che, eccellenza?
(Bolza va deciso verso la porta e la spalanca.
Appaiono i due gendarmi).
BOLZA (indicando Amilcare con un cenno della testa) Al
Castello!
(I due gendarmi si precipitano su Amilcare e lo
trascinano via.)
AMILCARE – Dove mi portate?...
perché?
ADELE – (cerca di strappare il marito ai gendarmi) Lasciatelo stare... è innocente...
(corre a gettarsi ai piedi di Bolza)... vi
supplico, eccellenza!
BOLZA – (allontanandola) Via di qui!...
(segue i
gendarmi ed Amilcare che, prima di uscire, s'infila il berretto)
ADELE
– (si attacca al braccio di Bolza) Vi
scongiuro!... (Bolza se la scrolla dal braccio ed esce. Adele è rimasta in
ginocchio sul pavimento; si alza e va sulla soglia)...
Amilcare!
MARTA – (appare sulla soglia e abbraccia Adele)
L'hanno
portato via quei maledetti!
ADELE – Sì... al Castello.
MARTA – Non ci arriveranno al Castello con quel che c'è per
la strada.
ADELE – (piangendo) Per.
lui è finita!
MARTA – Non dite cosi... non è finito nulla... venite alla
finestra (tenendola abbracciata, aiuta Adele ad avvicinarsi alla finestra)
ADELE – (indicando) Ecco... eccolo lì, in mezzo ai
gendarmi!... Amilcare!
MARTA – Non può sentirvi con la confusione che c'è.
ADELE – Vanno verso la vettura.
MARTA – Vedete che fatica fanno a passare... sì, così...
non dategli il passo non fateli avvicinare alla carrozza ora li hanno presi in
mezzo
ADELE – ... il Bolza s'è staccato dagli altri... se ne sta
andando per conto suo.
MARTA – Guarda come se la squaglia, il farabutto
corretegli dietro dategli una lezione!
ADELE – Dov'è Amilcare, adesso?
MARTA – E' sempre con i gendarmi, in mezzo a quel
gruppo... ma non riescono a passare... ne hanno più di cento intorno... (sporgendosi
dalla finestra e gridando)... è un onest'uomo!... lo lascerete portare al
Castello?! non ha fatto niente di male!... così, bravi, così (ad Adele)...
glielo
strappano di mano!
ADELE – Non vedo
MARTA – Là in mezzo... ora stanno disarmando i gendarmi...
ADELE – Sì... le guardie cercano di difendersi... non ce la
fanno... scappano...
MARTA – Cosa vi dicevo io?!
ADELE – E' libero!
MARTA – ... libero!
(Le due donne si abbracciano e saltano per la gioia)
MARTA – Asciugatevi le lacrime ora... non fatevi trovare
cosi... aspettate che vi dò il fazzoletto... (se lo cerca addosso
inutilmente) –. ma dove l'ho ficcato?!
ADELE – Ne ho uno io...
(si asciuga le lacrime)
MARTA – (sulla porta) Sta salendo le scale...
(Adele va verso la porta; entra Amilcare; abbraccio
fra i due)
ADELE – Amilcare... sei salvo!
AMILCARE – Come Renzo Tramaglino.
ADELE –Che?...
AMILCARE – Alessandro Manzoni mi ha salvato.
ADELE – Ma che dici?
AMILCARE – Nei "Promessi Sposi", come scappa Renzo
dagli sbirri, te ne ricordi? la strada piena di gente e Renzo che viene portato
via, in mezzo alle guardie... e allora m'è venuto in mente di fare come lui,
capisci? anch'io mi sono messo a parlare con la gente d'intorno... a dire:
"non ho fatto nulla... son galantuomo... aiutatemi... E tutto è andato nello
stesso, preciso modo... vedi cosa vuoI dire la cultura!
ADELE – Hai visto tu, invece, come ti ha tatto trattare il
tuo imperatore, quello che ami così tanto?
AMILCARE – (si avvicina al ritratto alla parete) Quanti
malvagi operano in tuo nome... povero Ferdinando... eh, se lui lo venisse a sapere!
ADELE – Non guarirai mai, tu. Adesso devi fuggire, però:
torneranno in forze a riprenderti.
MARTA – Siamo tutti in pericolo. E' meglio chiudere la
locanda e andarcene.
AMILCARE – Andarmene e rinunciare alla recita di domani?
ADELE – La nostra pelle conta di
più.
AMILCARE – E sei proprio tu a dirlo? Che cos'hai imparato
nella tua vita di attrice? Per noi, prima viene lo spettacolo di domani, poi il
resto.
MARTA – Lo farete davanti al boia, domani, lo spettacolo,
se non ve ne andate in fretta.
AMILCARE – ... e rinunciare al mio pubblico, qui a Milano?
mai!
ADELE – Cosa vuoi fare, allora?
AMILCARE – Scriverò un'altra lettera a Radetzky.
ADELE – (pronta) No, per carità! tutto, ma quello
no!
(La porta si spalanca e Annibale entra in corsa)
ANNIBALE – (gridando) E' scoppiata la rivoluzione a
Milano!
MARTA – Finalmente!
ANNIBALE – (indica la finestra da dove vengono rumori di
spari) Sentite?
AMILCARE – Una rivoluzione contro il Bolza e i tipi come lui,
vero?
ANNIBALE – Contro gli austriaci, contro l'imperatore!
AMILCARE – Non è possibile: i milanesi amano il loro
imperatore.
ANNIBALE – (indicando ancora la finestra) Senti come
lo amano, pa', senti...in tutte le strade si spara: dai tetti, dalle finestre...
è incominciato quando i dragoni a cavallo hanno caricato il nostro corteo in
Manforte.
MARTA – Il corteo con Casati?
ANNIBALE – ... appunto. Allora il corteo è ripiegato in San
Babila... qui hanno incominciato a rovesciare le carrozze e a fare una
barricata.
MARTA – Barricata?!
ANNIBALE – Sì, in tutta Milano si costruiscono barricate: i
"tugnitt" non possono più circolare.
ADELE – (ad Amilcare) Allora, non potranno neanche
venir qui a riprenderti.
AMILCARE – Le barricate?! E come farà domani sera la gente a
venire a teatro?
ANNIBALE – Ma quale teatro, Pa'?!... c'è la rivoluzione non
hai ancora capito?
AMILCARE – Che cosa capito, che per tutta la vita ho sognato
un teatro a Milano...
ADELE – Ma non è colpa di nessuno se...
AMILCARE – ... e vuoi che ci rinunci per uno straccio di
rivoluzione qualsiasi? (ad Annibale)... vai a chiamare gli altri: tra
mezz'ora tutti a teatro per le prove.
MARTA – (alla finestra) Non si può andare da
nessuna parte: stanno costruendo anche qui una barricata.
(tutti corrono
alla finestra)
ADELE – Hanno rovesciato la vettura del Bolza.
MARTA – ... e dalle case portano fuori di tutto... tavoli,
panche, materassi...
AMILCARE – ... e quelle due ceste
lassù?!
ADELE – Dove?
AMILCARE – ... là, accanto al muro... non sono...? (preso
dal sospetto, corre fuori dalla porta e rientra immediatamente gridando
terrorizzato) sono le nostre ceste... le ceste dei costumi...
(si
precipita fuori dalla porta)
ADELE – Dove vai, Amilcare?!... (fa qualche
passo come per seguirlo, ma torna alla finestra)
ANNIBALE – Dov'è andato, ma'?
ADELE – E chi lo sa cosa s'è messo
in testa!
ANNIBALE – (vedendolo per strada) Eccolo!... dove vuoi
andare, pa'?
ADELE – Attento,
Amilcare!
ANNIBALE – Piano, pa'... piano!... (ad Adele e a Marta)...
s'è buttato sulla barricata come se la volesse demolire...
(colpi di
fucile)
MARTA – L'hanno preso per un
"tugnitt"!
ADELE – (gridando) Non sparate!... non è un
austriaco... è un milanese! (altri colpi)... oh, mamma mia!
ANNIBALE – Buttati a terra, pa'... a
terra!
ADELE – Amilcare!
ANNIBALE – Ce l'ha fatta, ma'... ce l'ha fatta!... (corre
alla porta e rientra subito dopo, aiutando il padre a portare nella stanza le
due ceste)
ADELE – Sei salvo!
ANNIBALE – E' stata una pazzia, pa'... poteva andarti male.
AMILCARE – I nostri costumi... era finita per noi, lo
capisci?
ADELE – E se ti avessero colpito?
AMILCARE – E se... e se... cosa vai a tirar fuori.
ADELE – Ma è stato un miracolo se... guardati il berretto.
AMILCARE – Il berretto... cos'ha il mio berretto?
(se lo toglie, l'osserva sconcertato e passa le dita
nei fori provocati dai proiettili; traballa e, sorretto da Annibale, si
accascia su una sedia).
La stessa scena. Sono passati cinque giorni. E'
l'alba: Amilcare e Adele sono nel letto matrimoniale. Amilcare salta in piedi e
va a socchiudere la finestra: la scena si rischiara.
AMILCARE – Adele, Adele!... (gli risponde un gemito
sonnacchioso)... sei sveglia?
ADELE – Cosa vuoi?
AMILCARE – Sei sveglia?
ADELE – Sì... (sbadiglia)... e poi, anche se fossi
stata addormentata, adesso...
AMILCARE Non hai sentito?
ADELE – Che cosa avrei dovuto
sentire?
AMILCARE – Non suonano più.
ADELE – Chi è che non suona più?
AMILCARE – Le campane... non te ne
sei accorta?
ADELE – Ah, sì, le campane... si riposeranno un
momentino... saranno stufi di tirare la corda.
AMILCARE – Dopo cinque giorni di scampanio, senza
interruzione, da tutte le chiese di Milano?
ADELE – Proprio per quello, mi
pare.
AMILCARE – E hanno deciso adesso,
tutti insieme?
ADELE – Un bel momento doveva venire, no? o, secondo
te...?
AMILCARE – ... e non si sente più
neanche uno sparo.
ADELE – Dormiranno tutti a
quest'ora.
AMILCARE – Oppure...
ADELE – Oppure?
AMILCARE – ... non c'è più nessuno
contro cui sparare.
ADELE – (allarmata) Vuoi dire che sono tutti morti?
e Annibale che è in giro da cinque giorni...
AMILCARE – Calma... come corri!... non c'è più nessuno contro
cui sparare perché, probabilmente, se ne sono andati.
ADELE – Gli austriaci o i
milanesi?
AMILCARE – I milanesi, naturale. Vuoi che l'esercito
imperiale, comandato da Radetzky, abbia lasciato il campo a quattro scalmanati?
ADELE – Quattro?!... ma se erano
tutti i cittadini
AMILCARE – Si fa per dire.
ADELE – Ma allora, bisogna scappare anche noi: i gendarmi
verranno a cercarti.
(si alza e incomincia a vestirsi)
AMILCARE – Hanno altro per la testa, in questo momento.
ADELE – Se sei il solo rimasto a Milano, verranno subito
da te.
AMILCARE – Ma se gli altri se ne sono andati e io sono
rimasto, non è la dimostrazione che io non ho nulla da temere?
ADELE – E tu vuoi fidarti di loro, di quel Bolza che è
venuto qui?
AMILCARE – Anche lui dovrà arrendersi all'evidenza dei fatti.
ADELE – E se non si arrendesse?... oh, mamma mia, questo
vuoI farsi portare davvero al Castello!... c'è ancora la barricata, giù?
AMILCARE – (va alla finestra) C'è ancora... ma non
vedo nessuno intorno.
ADELE – Allora hai ragione tu: se
ne sono andati.
AMILCARE – Non è detta: magari stanno dormendo da qualche
parte.
ADELE – Se ne sono andati... altrimenti non avrebbero
smesso di suonare dobbiamo sgombrare anche noi, prima che arrivino i
"tugnitt"... rumori fuori della porta) eccoli! (la porta si
spalanca ed entra Marta con un fucile a tracolla)... siete voi!... ah, che
paura ho avuto!
MARTA – Paura di che? solo Radetzky oggi può avere paura.
AMILCARE – Come sarebbe?
MARTA – Sì, il feldmaresciallo con i suoi ufficiali e
i
suoi soldati... stanno
scappando verso l'Austria
AMILCARE – Possibile?!
MARTA – Fanno a gara a chi arriva primo... dovreste
vedere!
AMILCARE –Sarà un ripiegamento
tattico.
MARTA – Lasciandosi dietro armi e bagagli... gli ammalati
e i feriti, persino.
AMILCARE – Ho capito: è venuto l'ordine da Vienna. L'imperatore
non ha voluto che le truppe intervenissero a fondo.
MARTA – E questo chi ve l'ha
raccontato?
AMILCARE – Ma è chiaro: l'imperatore non ha voluto far
massacrare i milanesi. Capite la generosità di quell'uomo, la nobiltà dei suoi
sentimenti?
MARTA – lo capisco che è meglio non andiate in giro a fare
certi discorsi, oggi.
ADELE – Vuoi andarti a cercare
altri guai?
AMILCARE – Non apro più bocca.
ADELE –Finalmente! ho già da preoccuparmi per Annibale che
non sappiamo dov'è andato a finire.
MARTA – In quanto ad Annibale, se mi promettete di star
calmi...
ADELE – Avete sue notizie?
MARTA – No... cioè... notizie no,
ma c'è lui che...
ADELE – E dov'è?!
MARTA – Promettete di non
strapazzarlo?
ADELE – Ma no, certo... dov'è?!
MARTA – ... fuori della porta.
ADELE – (si precipita alla
porta) Non c'è nessuno...
MARTA –Possibile? (va anche lei alla porta)... eppure era...
(ricordandosi) .. che sbadata!... era per strada che l'ho lasciato...
un momento... (va alla finestra e fa cenno di salire)... arriva subito.
ADELE – (che s'era spostata verso la finestra, ritorna
alla porta e, appena Annibale entra, l'abbraccia) Tutti questi giorni...
senza darci notizie!
AMILCARE – (indicando il fucile che Annibale ha a
tracolla) E quello che cos'è?
ANNIBALE – Questo... beh... è un
fucile...
AMILCARE – Grazie dell'informazione. Un fucile per fare che
cosa? Guiscardo nell' "L'astuto cacciatore" o Rodolfo in "Orme
insanguinate"?
ANNIBALE – Per mandar via gli austriaci... ho fatto anch'io
la rivoluzione.
ADELE – E noi che non sapevamo nulla... e dove l'hai fatta
questa rivoluzione?... e poi, se proprio volevi farla, c'era una barricata
anche qui sotto.
ANNIBALE – Mi trovavo a Porta Romana e mi sono unito a un
gruppo che veniva da Melegnano.
AMILCARE – Proprio quelli di
Melegnano ha scelto!
ANNIBALE – Li conoscevo quasi tutti... c'era Giovanni
Secondi, Giuseppe Dezza...
AMILCARE – ... perché quelli di Melegnano, invece di starsene
a casa... a riparare il tetto del loro teatro... pensano bene di venire a fare
la rivoluzione a Milano!... capisci che cosa succede?
ANNIBALE – ... ma poi ci siamo uniti a un altro gruppo che
veniva da Lecco.. e insieme siamo andati a Lambrate... a dare l'assalto alla
polveriera.
AMILCARE – A rischio di saltare tutti
per aria!
ADELE – Oh, mamma mia!
ANNIBALE – Beh, adesso è finito
tutto.
AMILCARE – Adesso tutto va a posto, vero... anche la tua
coscienza?
ANNIBALE – Beh, quella...
AMILCARE – ... la tua coscienza di attore di fronte a una
parte che non era tua.
ANNIBALE – Io fatto quello che mi
sembrava giusto.
AMILCARE – No: il tuo fucile è quello... (indica le armi
di scena in un angolo) questo appartiene alla realtà e a noi spetta
soltanto la finzione.
MARTA – Doveva soffocare i suoi
sentimenti?
AMILCARE – Tacete voi che non siete un'attrice. Lui mi
capisce, vedete? (indica Annibale che ascolta a capo chino)... e i
nostri sentimenti noi non li soffochiamo... anzi, li presentiamo davanti a
tutti, bene in evidenza, perché tutti possono vederli, anche quelli che siedono
in ultima fila.
ANNIBALE –Hai ragione, pa'.
AMILCARE – Come hai fatto a dimenticare queste cose, a
lasciarti invischiare in una vicenda così spudoratamente vera?
ADELE – Via, Amilcare, non
esagerare, adesso.
AMILCARE – Perché, tu gli dài
ragione?
ADELE – No, ma... è giovane...
deve ancora imparare.
AMILCARE – Avrebbe dovuto capirlo da sé. Solo a un tipo come
il Bolza può venire in mente che un attore si mescoli con la politica.
ANNIBALE – Ma allora, pa', come lo spieghi che un grande
attore come Gustavo Modena sia anche un politico e un patriota?
AMILCARE – Lo vedi che non hai capito nulla? Non è Modena che
va verso la politica, ma la politica che va verso di lui.
ANNIBALE – Come sarebbe?
AMILCARE – Lui sta recitando la sua illusione di un'Italia
unita e indipendente ed ecco che alcuni politici s'innamorano dell'idea e se ne
impadroniscono: un paio di scarpe già pronte, adatte per il loro piede.
MARTA – Intanto, l'idea di un'Italia unita e indipendente
non è un'illusione.
AMILCARE – Non siete un'attrice, voi:
tacete!
ADELE – Ci mettiamo a discutere di politica, adesso giù
stanno smontando la barricata.
AMILCARE – (correndo alla finestra) Allora è finita
sul serio!
MARTA – Non ne eravate ancora
convinto?
AMILCARE – Allora tutto ritorna normale!... si riprende a
circolare per la città si riaprono i teatri!... magari possiamo debuttare anche
stasera Annibale! vai alla "Pergola" e riunisci la compagnia... che
tutti si tengano pronti per le prove.
ANNIBALE – Bene, pa'.
(esce)
AMILCARE – ... io vado a parlare con Faravelli...
(va
verso la porta)
ADELE – E con che lavoro debutteremo? bisogna preparare i
costumi.
AMILCARE – Metteremo in scena "Giove soffre il
solletico".
ADELE – Una farsa?!
AMILCARE – Dopo le tristezze di questi giorni, la gente avrà
voglia di fare quattro risate, no?
ADELE – Se hai deciso tu... (mentre Amilcare esce, va
ad aprire le ceste dei costumi)... abito di Giunone, allora... signora
Marta, avete un ferro da stiro da
prestarmi?
MARTA – Certo... in qualche posto deve pur esserci...
(sta
per uscire)
ADELE – ... con dentro un po' di
fuoco, naturalmente
MARTA – Si capisce.
(esce)
ADELE – (rovistando nelle ceste)... no, cappelli
Giunone non ne porta... e scarpe neanche... ecco, sandali... questi vanno
bene... il peplo, ora... dov'è il peplo? dovrebbe esser qui... ah, eccolo!...
in che stato, però... e qui è anche rotto... va bene che ci va sopra la
fibula... fibula, fibula... dove s'è ficcata? qua sotto... no, non c'è... di
qua, allora... questa no quest'altra... no... ah, eccola qui meno male... non
ci vuoi niente a perderla qui in mezzo... il mio costume è al completo... poi
penseremo anche a Giove e a Marte... (gridando oltre la porta)...
allora, signora Marta, avete trovato il ferro? Sì? bene... come? è il fuoco
che... possibile che non sappiate dove avete messo il fuoco?!
(prende una
coperta dal letto e la distende sulla tavola, sulla quale pone il peplo da
stirare; entra Marta con il ferro)
MARTA – Non trovavo la
brace da mettere dentro.
ADELE –
La rivoluzione le è piaciuta
tanto che, niente, niente, ne ha portato un pochino anche a casa sua.
MARTA – Se è per quello, a casa mia la rivoluzione c’è sempre stata. Sa, la sprecisione è sempre stata la mia virtù principale.
ADELE – Ah, una virtù?!
MARTA – Uh, cos’ho detto! non mi faccia far confusione.
ADELE – No, per carità! non ce n’è
proprio bisogno.
MARTA – Volevo dire difetto, ma lei ha capito lo stesso,
vero?
ADELE – Sì che ho capito... e sa cosa le dico?
se anche lei se n’è accorta
di avere questo difetto, è un buon segno.
MARTA – Proprio quello che diceva
anche mio marito.
ADELE – Non sapevo che avesse il
marito.
MARTA – Una volta, ce l’avevo
ADELE – Morto?
MARTA – No,
scomparso...
ADELE – Scomparso come?
MARTA – Scomparso, scomparso... così, all’improvviso... ero
andata a fare la spesa, e quando sono tornata non l’ho più trovato.
ADELE – Oh, bella! E allora
cos’ha fatto?
MARTA – Sono andata a guardare in
tutti i cassetti...
ADELE – Ma come!... suo marito nei
cassetti?!
MARTA – Non mio marito... l’oro!... la collana, il
braccialetto... Tutto quello che mi aveva lasciato la mia povera mamma.
ADELE – Ma era scomparso l’oro o
suo marito?
MARTA – Tutti e due... anzi, tre... perché con loro c’era
anche una straniera che alloggiava qui alla locanda
ADELE – Una straniera?
MARTA – Sì, una che veniva dalle parti di Bergamo... o giù
di lì.
ADELE – Oh, povera signora Marta: gliene sono capitate di
tutti i colori!
MARTA – Se non ha più bisogno di me, io vado un po’ a
riposarmi.
ADELE – Vada pure, grazie... ah, il
ferro...
MARTA – Il ferro, giusto!... se lo
trovo glielo porto.
ADELE – Quello me lo ha già portato... può riprenderlo
perché ho finito.
MARTA – E’ vero!... non mi ricordavo più di averglielo già
portato.
ADELE – Con tutto quello che è successo, può capitare di
perdere la testa.
MARTA – In quanto a quella, finché resta attaccata qui,
sono sicura di trovarla sempre.
(esce; appare Amilcare: è sconvolto.)
ADELE – Amilcare!... (gli corre incontro. Amilcare,
barcollando, fa qualche passo nella stanza)... cos'è successo, Amilcare...
ti senti male?!
(Amilcare guarda fisso davanti a sé e crolla su una
sedia. Entra Annibale, anche lui molto turbato.)
ANNIBALE – Hai già saputo, pa'?
(Amilcare fa cenno di sì
con la testa)
ADELE – Saputo che cosa, in nome
di Dio?!
AMILCARE – (sussurrando) Non
c'è più...
ADELE –Chi non c'è più?!
ANNIBALE – Il teatro Faravelli, ma'.
ADELE – E chi l'ha portato via?
ANNIBALE – Distrutto... una cannonata... proprio nel
centro... è crollato tutto.
ADELE – Oh, mamma mia!
AMILCARE – ... il nostro teatro!.... il tetto a pezzi sulla
platea... tutto sbriciolato... il palcoscenico, i palchi...
ADELE – (inorridita) E chi
è stato?
ANNIBALE – Gli austriaci dai bastioni hanno sparato, prima di
ritirarsi.
AMILCARE – (balza in piedi infuriato) Maledetti!... il
mio teatro hanno ucciso! infami... carogne!...
(afferra un fucile in un
angolo e fa per slanciarsi fuori).
ANNIBALE – (fermandolo) Dove vuoi andare con quello? è
un fucile di scena... (Amilcare esamina l'arma e si rende conto che è finta,
allora la impugna come randello e fa per slanciarsi ancora avanti)... è
inutile pa': sono scappati tutti...
(Amilcare si rende conto dell'inutilità
del gesto e getta via il fucile. Ad un tratto ricorda qualcosa: corre alla
parete, stacca il ritratto dell'imperatore e lo fa a pezzi)
ADELE – Questo, sì!
ANNIBALE – Bravo pa': ce
l'aspettavamo da tanto.
AMILCARE – (getta i pezzi per terra e li calpesta)
Brutta
razza dannata! tutta la vita ho sognato un teatro a Milano!. e loro me lo
prendono a cannonate... (singhiozza)... il mio teatro... vigliacchi!
ADELE – Che sciagura!
AMILCARE – Hanno distrutto anche me... e anche voi... tutta
la compagnia hanno sterminato, con un colpo solo... e con la nostra, tutte le
altre che sarebbero venute in futuro al Faravelli... non è fatto soltanto di
muri un teatro: è vita, è sangue!... maledetti!...
(singhiozza)
ADELE – Cosa faremo, ora?
AMILCARE – E' finita,
Adele, finita.
ANNIBALE – Non fare così, pa'... vedi, io avrei qualcosa da
dirti, ma...
AMILCARE – Cosa c'è, figlio mio?
ANNIBALE – ... ho paura di farti
arrabbiare...
AMILCARE – Non c'è più niente, ormai, che possa toccarmi.
ANNIBALE – ... se tu volessi, potremmo riprendere subito a
recitare domani stesso.
AMILCARE – A recitare dove?
ANNIBALE – ... è un luogo che forse non consideri alla nostra
altezza...
AMILCARE – Al punto in cui siamo? Ormai, davanti a noi, ci
sono le piazze dei mercati, le fiere dei paesi... dove sarebbe?
AMILCARE – ... a Melegnano.
AMILCARE – (con uno scatto) Melegnano?!
ANNIBALE – ... sì, pa'... alla polveriera, con noi c'era
anche Lorenzi, il proprietario del "Rinnovato".
AMILCARE – Quel villano rifatto!
ANNIBALE – ... ha detto che, se vogliamo tornare a fare
un'altra stagione, lui è d'accordo.
ADELE – (dopo un breve silenzio)... è già
qualcosa... mi pare.
ANNIBALE – Certo che è qualcosa... mi
sembra.
AMILCARE – (dopo un altro silenzio) E io che avevo
giurato che mai... mai...
ADELE – Eh, i giuramenti, a quale fine sono mai destinati!
AMILCARE – ... ma non prevedevo che il destino mi avesse
riservato questa prova umiliante... questa nuova, sottile, crudele, raffinata
offesa...
ANNIBALE – Puoi anche rifiutare,
puoi.
AMILCARE – Non temere: sono pronto a berlo il mio calice:
fino alla feccia.
(Si apre la porta ed entra Marta sventolando una lettera.)
MARTA – Signor Amilcare: hanno
portato una lettera per voi.
AMILCARE – (prende la lettera e la
rigira fra le mani)... compagnia Amilcare Ricotti... viene dal Teatro
Lentasio di Milano.
ANNIBALE –
.... dove c'è Gustavo Modena
che recita la "Divina Commedia"...
AMILCARE – (che intanto ha aperto la busta)... è
proprio lui che mi scrive!
ADELE – Gustavo Modena?
AMILCARE – (leggendo)... "Fratelli d'arte"...
capisci il grande Modena come mi chiama: fratello d'arte!
ADELE – (che ha sbirciato alle sue spalle) Veramente
ha scritto: "Fratelli".
AMILCARE –(leggendo, emozionato) "Fratelli
d'arte... in questa meravigliosa giornata di gioia e di gloria, vi stringo
tutti al petto gridando: viva Milano, viva l'Italia unita!"
ANNIBALE – Questa sì che è una
soddisfazione, pa'!
AMILCARE – (emozionato)... il più grande attore che
esista... "Fratelli d'arte" ci ha chiamato... allora, significa
qualcosa questo nostro mestiere?
ADELE – Certo che significa.
AMILCARE – (improvvisamente brusco)... e dobbiamo
portarlo a Melegnano?!
ANNIBALE – (timidamente) Dove,
se no?
ADELE – Se il grande Gustavo Modena ci ha scritto e ci ha
chiamato "fratelli d'arte", vuoi dire che ha sentito parlare di noi,
che ci conosce, che ci stima e allora, perché non potrebbe darci una mano?
AMILCARE – Tu dici che...?
ADELE – Una parola di Modena potrebbe essere decisiva,
magari proprio per il Lentasio dove lui sta recitando ora... e il Lentasio sì
che è importante!
AMILCARE – Bisogna andare immediatamente a parlare con
Modena: non c'è un minuto da perdere.
ADELE – Io sono pronta. Lasciamo
qui tutto?
AMILCARE – Il bagaglio personale portiamo, il resto lo
manderemo a prendere dopo... voi, signora Marta, vorrete custodircelo, spero.
MARTA – Lo metto io in un posto
sicuro.
ADELE – (pronta) No: è meglio lasciarlo dove si
trova... per essere sicuri di ritrovarlo subito.
(Impugnano
i bagagli a mano ed escono in fila indiana: Amilcare, Adele e Annibale. La luce
si spegne nella camera e si accende al proscenio. I tre riappaiono da destra,
in marcia verso sinistra.)
ADELE – Ma, scusa, Amilcare: Modena non ha compagnia in
questo momento.
AMILCARE – Credo proprio di no: Dante lo recita da solo.
ADELE – E se per caso ti
chiedesse...?
AMILCARE – ... di entrare nella nostra? vuoi
che...? via, non correre con la fantasia.
ADELE – E perché no, scusa...?
AMILCARE – Cosa ti metti in mente,
Adele!
ADELE – Però, se...
AMILCARE – ... Compagnia Ricotti–Modena... anzi:
Modena–Ricotti, per rispettare l'ordine alfabetico... suonerebbe bene, eh?
ADELE – Altroché!
AMILCARE – Stiamo con i piedi per terra...
(fa un passo
falso)
ADELE – Senza inciampare, però.
(Amilcare e Adele escono, ma rientrano subito
dopo. Adele segue il marito)
ANNIBALE – Non dovevate andare da Modena?
ADELE – Nossignore: il capocomico Amilcare Ricotti,
all'ultimo momento ha pensato bene di ritirarsi.
ANNIBALE – E perché?
ADELE – Vaglielo un po' a domandare... eh, Amilcare, è con
te che parliamo vuoi darci qualche spiegazione?
AMILCARE – Scusami... ma l'ho capito all'ultimo momento.
ADELE – Che cosa hai capito?
AMILCARE – Come una folgorazione improvvisa... un'idea che ti
entra dentro a rischiarare tutto... la stanza che prima era buia, ora appare
piena di stracci... e incominci a vergognarti.
ADELE – Ma vergognare di che cosa,
vuoi dirmelo?
AMILCARE – Hai mai pensato al repertorio di Gustavo Modena?
Alfieri, Schiller, Goldoni... Dumas, Voltaire... e che cosa presentiamo noi?...
"Giove soffre il solletico"... oppure:" Il figlio della serva”.
ADELE – E' roba che è sempre
andata bene
AMILCARE – Nella provincia che abbiamo sempre battuto .. a
Melegnano! ma qui siamo a Milano, capisci? qui il pubblico è raffinato,
esigente: compagnia Modena–Ricotti .. che cosa dànno stasera? "Il gobbo
dei bassifondi”... andiamo, è mai possibile?
ADELE – Allora, dobbiamo buttar via tutto il nostro
repertorio?
AMILCARE – E perché no? Se quest'Italia dev'essere tutta
unita, dovremmo pur trovarlo il modo di parlarci fra una regione e l'altra, no?
un filo che unisce tutto il paese... e perché questo filo non potrebbe essere
il teatro?
ANNIBALE – (emozionato) Oh, pa'... hai detto una cosa
magnifica, meravigliosa!
ADELE – E dopo aver buttato via il repertorio. che si fa
adesso?
AMILCARE – Si va a Melegnano, no?
ADELE – Con "Giove soffre il
solletico"?
AMILCARE – Beh, un repertorio non si può cambiare in un
giorno... però, a pensarci bene, ce l'abbiamo anche noi un lavoro adatto per
questo momento particolare.
ADELE – E quale sarebbe?
AMILCARE – "Arduino, marchese
d'Ivrea, re d'Italia".
ADELE – E' tanto di quel tempo che non lo tiriamo fuori...
sarà pieno di polvere.
AMILCARE – (impugnando i suoi due bagagli) E' il
momento di spolverarlo. Adesso andiamo alla "Pergola", raccogliamo
gli altri e li portiamo a Melegnano: domani sera, o al più tardi dopodomani,
debuttiamo con "Arduino" al "Rinnovato".
ANNIBALE – (prende i suoi bagagli)
Bene, pa'.
ADELE – (anche lei prende i
suoi) Sarà una faticaccia.
AMILCARE – (incominciando a camminare) Non c'è
tempo da perdere: prova di memoria. Avanti dal prologo.
ANNIBALE – (recitando) Strepito d'armi è il suono che
addensando si va intorno a questo trono
AMILCARE – (pronto) Questo lo tagliamo! io sul trono
al "Rinnovato" non ci salgo!
ADELE – (recitando) Arduino, marchese d'Ivrea, in
Italia sta come rege cortese, simbolo d'amistà.
TUTTI – (in coro, canterellando
sottovoce) Vi... va... la... li... ber... tà!
ANNIBALE – (recitando) Dell'alemanno Ottone il gioco
scrollerà: la barbara invasione con l'armi osteggerà.
TUTTI – (in coro, canterellando
sottovoce) Vi... va... la li... ber... tà!
AMILCARE – (recitando) Tradito infin dai suoi, il saio
indosserà, dando un esempio a noi di fede e di umiltà. (canterellando
sottovoce) Vi... va... la li... ber... tà!
TUTTI – (in coro, in chiusura)
Vi... va... la li... ber... tà!
La stessa scena in ombra. Sono passati cinque mesi: è
l'agosto del 1848. Rumori di colpi battuti a una porta, poi di legno che si
schianta; passi che salgono la scala, poi gli stessi rumori alla porta della
camera. Entra un gendarme che va ad aprire la finestra: la camera si rischiara.
lì gendarme torna alla porta dalla quale entrano Amilcare, Adele e Annibale,
con il loro bagaglio a mano, spinti nell'interno dall'altro gendarme.
ADELE – Piano! che bisogno c'è di
spingere?
AMILCARE – L'abbiamo capito che dobbiamo entrar qui.
ANNIBALE – (accenna a una mossa di ribellione) Ma,
insomma!
ADELE – (corre a calmarlo) Per amor di Dio,
Annibale!... (Annibale si lascia trascinar via dalla madre)... ne
abbiamo già abbastanza di guai.
AMILCARE –Stessa locanda, stessa
camera.
ADELE – La fantasia non è il loro
torte, lo sai.
AMILCARE – Chissà dove si sarà cacciata la padrona, la
signora Marta.
ADELE – Sarà scappata come la maggior parte dei
milanesi... (si avvicina alla finestra)... guarda, per strada non c'è
proprio nessuno. Oggi Radetzky fa il suo ritorno trionfale, e a riceverlo non
troverà che i gendarmi e le spie.
ANNIBALE – Ma, insomma, si può sapere perché ci hanno portato
qui?!
ADELE – Càlmati, Annibale: non c'è nulla da guadagnare a
prendersela con quelli lì...
(indica i due gendarmi ai lati della porta)
AMILCARE – E, soprattutto, attenti a come parlate. Forse
capiscono la nostra lingua meglio di noi... (va verso la finestra)...
che caldo fa oggi!... (si sporge e si guarda intorno)... qui è tutto
eguale... (guarda in alto e si pulisce) compresi i piccioni.
ADELE – Cosa succederà, Amilcare?
AMILCARE – Prima o poi lo verremo a
sapere.
ADELE – E se fosse per quella
vecchia faccenda?
AMILCARE – Mi avrebbero portato qui da solo, non ti pare?
ADELE – Una ragione importante deve pur esserci, se hanno
mandato una carrozza e due gendarmi a prelevarci a Melegnano... e, se lo
domandassimo...?
(indica con la testa i due gendarmi)
AMILCARE – Cosa vuoi che sappiano loro! (si avvicina ai
due)... ich freund Oesterreich... io amico Austria... (indica i
familiari)... alles freund Oesterreich... ich lieben volk Oesterreicher...
io amare popolo austriaco... io attore... shauspieler... (guarda i gendarmi
impassibili e si allontana irritato) neanche il tedesco capiscono quelli
lì!
ADELE – (alla finestra) E' arrivata la carrozza del
Bolza.
AMILCARE – Finalmente sapremo
qualcosa!
ADELE – Ho paura, Amilcare.
AMILCARE – E di che cosa?
ADELE – Della faccenda dell'altra
volta.
AMILCARE – Quella è morta e sepolta (ad Annibale)...
Tieni la bocca ben chiusa: adesso sta per venir qui una persona molto
pericolosa.
ANNIBALE – Cercherò di fare
attenzione, pa'.
(Entra il Bolza: le guardie scattano sull'attenti.)
BOLZA – (Si avvicina ad Adele e le bacia la mano) – Cari
amici, che gioia rivedervi!... come state, Ricotti?
(gli dà la mano)
AMILCARE – (un po' imbarazzato) –
Bene, eccellenza.
BOLZA – (indicando Annibale) E questo è vostro
figlio, immagino?
AMILCARE – Infatti, signor conte... l'amoroso di compagnia, o
primo attor giovane, come preferisce.
BOLZA – Bene... bene... sono circa cinque mesi che non ci
vedevamo, vero?
AMILCARE – Cinque mesi, o giù di lì.
BOLZA – Come va il vostro lavoro?
AMILCARE – Stiamo preparando un nuovo repertorio:
Shakespeare, Alfieri, Goethe.
BOLZA – Molto interessante.
AMILCARE – (ad Adele) – Sei più tranquilla, ora?.. (a
Bolza)... sapete, mia moglie era un po' preoccupata del vostro arrivo, e
invece... (di nuovo ad Adele) come hai sentito, il signor conte si
interessa di teatro.
BOLZA – Ma perché preoccupata,
scusate?
AMILCARE – Sciocchezze... pensate un po', s'era messa in
mente che voi voleste riaprire la faccenda della volta scorsa.
BOLZA – Quale faccenda?... ah, sì, ricordo... no, per
carità, che cosa andate a pensare!... quello fu un incidente originato da un
equivoco... come è risultato dai fatti che sono seguiti.
ADELE – Oh, che peso mi levate, eccellenza! Mi sembra di
ritornare a respirare.
BOLZA – Sarà un bel sollievo con il caldo che fa, no? (accenna
a una breve risata)... ma veniamo al motivo della mia visita. Prima di
tutto, però, voglio ringraziarvi per avere accettato il mio invito di tornare a
Milano.
AMILCARE – Ah!... era un invito?!...
BOLZA – Sì, e grazie di essere
venuti.
AMILCARE – ... un invito... un pochino insistente...
(guarda
verso i gendarmi.)
BOLZA – Volete dire che quei due non sono stati abbastanza
corretti?... (si avvicina ai gendarmi e rivolge loro qualche parola
sottovoce. I due sbattono i tacchi ed escono. Bolza torna da Amilcare.) Vi
prego di perdonarli: vengono dalle montagne della Croazia... poveri ignoranti
che non conoscono le buone maniere... avevano ricevuto l'incarico di pregarvi
di venire qui, e di proteggere... ecco, proteggere, il vostro viaggio. Nessuna
costrizione, per carità: voi qui siete liberi, completamente liberi.
AMILCARE – Ah, noi siamo...?
BOLZA – Liberissimi. Ho perfino rispettato le vostre
abitudini e ho voluto che foste alloggiati nella stessa locanda.
AMILCARE – Avete fatto la prenotazione...
(fa l'atto di
far leva con un fucile)
BOLZA – Eccoci di nuovo qui, dunque. A proposito! ho un
messaggio per voi, Ricotti.
AMILCARE – Per me?
BOLZA – E sapete da parte di chi? Niente di meno che il
feldmaresciallo Radetzky.
AMILCARE – Radetzky?! e che cosa può volere da me?
BOLZA – Volere, volere... sarebbe anche l'ora di smetterla
di pensare che i rappresentanti del potere, quando si rivolgono a voi, lo
facciano soltanto per prendere qualcosa, e non per dare.
AMILCARE – E che cosa vorrebbe... darmi, allora, il
maresciallo?
BOLZA – Ricordate il vostro invito di qualche mese fa? Il
conte Radetzky lo apprezzò moltissimo, ma purtroppo, per le note ragioni,
allora non poté accettarlo.
AMILCARE – (ironico) Voi non potete immaginare il
dispiacere che provai.
BOLZA – (ironico) Immagino benissimo, invece. Ma le
cose sono cambiate, e oggi il conte Radetzky è in grado di darvi quella gioia
che allora vi mancò. Sono qui per dirvi che il maresciallo interverrà, con gli
ufficiali del suo comando, alla serata che voi organizzerete in suo onore,
stasera, al teatro Faravelli.
ADELE – (sbigottita) Ma come... Amilcare... noi
dovremmo...?
ANNIBALE – Che è questa roba, pa'?!
AMILCARE – (a voce alta) Calma... cos'è questa
confusione?... (a Bolza)... sono onorato e lusingato, signor conte,
della vostra proposta, ma purtroppo non mi è possibile accettarla.
BOLZA – E perché no? Con il ritorno delle truppe
austriache, a Milano è tornata la calma.
AMILCARE – Non lo metto in dubbio, eccellenza, ma vedete, si
dà il caso che il teatro Faravelli sia stato, per così dire, un po'...
bombardato, sbriciolato, cancellato dal numero dei teatri milanesi.
BOLZA – Vi riferite al deplorevole incidente del marzo
scorso? a quel colpo che un cannoniere, probabilmente per
distrazione, lasciò partire e che...?
AMILCARE – Eh, già!
BOLZA – Ma in questi cinque mesi il teatro è stato
ricostruito. Non ne sapevate nulla?
AMILCARE – No.
BOLZA – Il signor Faravelli ha provveduto subito alle
riparazioni e alle ricostruzioni necessarie. Oggi il suo teatro è rinato più
bello di prima.
AMILCARE – E il signor Faravelli è d'accordo che noi,
stasera...?
BOLZA – Il signor Faravelli, purtroppo, non è stato
interpellato perché attualmente è assente da Milano, ma il suo teatro è
disponibile lo stesso.
AMILCARE – Vi ha lasciato le chiavi?
BOLZA – No, ma...
AMILCARE Ho capito... avete il "passe–partout" (fa
l'atto di far leva con un fucile) Che peccato, eccellenza, che nonostante
questo, lo spettacolo non si possa fare.
BOLZA – Come sarebbe?
AMILCARE – Che spettacolo si può fare noi tre? il resto della
compagnia a Melegnano se l'è squagliata, quando ha visto che venivano a
prelevarci pardon volevo dire, invitarci... loro non sapevano mica quale onore
ci sarebbe stato riservato a Milano... e adesso, chi li pesca più?
BOLZA – E proprio vero: siete solo in tre. Che peccato!
avremmo potuto applaudirvi in qualcuno dei lavori del vostro repertorio...
magari nel "La morte del tiranno"... o in "Chi la fa
l'aspetti".
AMILCARE – Purtroppo non si può.
BOLZA – ... dovremo accontentarci di sentir recitare solo
voi tre.
AMILCARE – E che spettacolo sarebbe?
BOLZA – Ve la caverete benissimo. Anche il maresciallo
Radetzky saprà adattarsi alla causa di forza maggiore... anzi, saprà apprezzare
maggiormente la vostra buona volontà.
AMILCARE – Ma se non abbiamo neanche
i costumi!
BOLZA – Li manderemo subito a prendere a Melegnano: fra
qualche ora saranno qui.
ADELE – Ma... recitare che cosa,
Amilcare?
ANNIBALE – Noi non conosciamo lavori a tre personaggi.
AMILCARE – Non so proprio che cosa si potrebbe recitare da
soli.
BOLZA – Scene staccate di drammi del vostro repertorio.
AMILCARE – Già, ma quali drammi?
BOLZA – (cominciando a innervosirsi) – Scegliete
voi, Ricotti.
AMILCARE – Ah, è su un poveraccio come me che volete gettare
questa responsabilità?!
BOLZA – Ma che cosa state dicendo?
AMILCARE – La scelta, signor conte, vi sembra cosa da niente?
Se, per esempio, ci venisse in mente, a me e a mia moglie, di recitare la scena
di Otello che strozza Desdemona...
BOLZA – Andrebbe benissimo.
AMILCARE – E se qualcuno, che Dio ci scampi, in Desdemona
vedesse la povera Milano... per così dire... strangolata dall'esercito
austriaco...
BOLZA – Nessuno ci vedrà niente.
AMILCARE –Oppure, mettiamo il caso, mi salta il grillo di
tirar fuori una scena del Don Giovanni... ed ecco arrivare uno a dire che io ho
voluto alludere al passato libertino dell'imperatore.
BOLZA – (risentito) – Ma
quale passato libertino?!
AMILCARE – Ecco, lo vedete... incominciate già voi, solo a
parlarne... lasciatemi rappresentare una scena del Don Giovanni, e sono già al
Castello nelle mani del boia.
BOLZA – (annoiato) Smettetela,
Ricotti.
AMILCARE – Credete che tutti siano generosi e tolleranti come
voi? non sapete che Milano è piena di gente che desidera il male degli
altri?... chissà quanti ce ne sono che vorrebbero vedermi impiccato... e con me
voi, l'imperatore e tutta la sua corte.
BOLZA – (gridando) Basta così!... vi ho già detto
quello che volevo... a stasera!
(esce)
ADELE – Che sciagura, Amilcare,
che sciagura!
ANNIBALE – E noi dovremmo dare spettacolo per Radetzky e i
suoi complici?!
ADELE – Eccola la stagione a Milano che ho sempre sognato!
ANNIBALE – Pa'... non credo che
vorrai...
AMILCARE – Tacete un momento!
ADELE – Che vuoi fare,
Amilcare?
AMILCARE – Riflettere!
(Si avvia
verso la porta)
ADELE – Dove vai adesso?
AMILCARE – Dove possa stare un po' in pace, senza le vostre
chiacchiere. (esce)
ANNIBALE – Ma', io stasera sul palcoscenico, davanti a quei
ceffi, non ci vado.
ADELE – E credi che io ne abbia
voglia?
ANNIBALE – E se cercassimo di
fuggire?
ADELE – Per lasciare tuo padre nei guai? se la rifarebbero
su lui.
ANNIBALE – Tutti insieme, dico.
ADELE – E cosa credi che faccia
tuo padre in giro?
ANNIBALE – Dici che...?
ADELE – Prima di tutto. vorrà vedere se ci stanno
sorvegliando.
ANNIBALE – E difficile accorgersi se c'è una spia che ti
segue.
ADELE – E facile, invece: le strade sono vuote; tutti
quelli che vedi sono dei loro. Chissà per chi vogliono farlo lo spettacolo,
poi: i milanesi se ne sono andati, e quei pochi che sono rimasti, se ne stanno
tappati in casa.
ANNIBALE – Ne hanno di soldati e gendarmi per riempire una
platea!
ADELE – ... e poi, possono sempre... invitare... un po' di
pubblico vero, no?
ANNIBALE – Così possono raccontare a Vienna che a Milano la
vita è ripresa tranquillamente... perfino i teatri sono affollati... Ma dove
sarà andato pa'? per vedere chi c'è a sorvegliare, bastava che facesse il giro
del fabbricato.
ADELE – Tuo padre sta cercando un'idea e riuscirà a
trovarla.
ANNIBALE – Dici? A me, più che scappare, non mi viene in
mente altro.
ADELE – Tu non sai che situazioni è stato capace di sbrogliare,
tuo padre. Mi ricordo che una volta, per un incidente di viaggio, ne mancavano
otto alla compagnia, al momento di andare in scena. Beh, tuo padre riuscì a
cavarsela lo stesso.
ANNIBALE – Mise in scena un altro
lavoro?
ADELE – No: gli bastò modificare il titolo di quello
programmato. Dovevamo rappresentare "Il bandito idealista", e lui lo
fece diventare "Il bandito trasformista", cosi da solo rimpiazzò le
otto parti.
ANNIBALE – Ma’, questa volta il
rischio è più grosso.
ADELE – Ce la farà, vedrai.
(La porta si apre ed entra Amilcare: è scuro in viso
ed ha gli occhi bassi.)
ANNIBALE – Oh, pa'... sei tornato!
AMILCARE – (brusco) Che scoperta! non lo vedi che sono
tornato?
ANNIBALE – E’ un modo di dire... noi qui non vedevamo l'ora
che tu tornassi.
(Amilcare è
agitato: va alla finestra, fa alcuni passi per la
stanza, ritorna alla finestra.)
ADELE – Che cos'hai? mi sembri
inquieto.
AMILCARE – Che cosa strana, vero? Chissà da dove viene questa
inquietudine?!
ADELE – Non volevo mica
offenderti.
AMILCARE – Ma sono domande da farsi?
ADELE – Scusa... non parlo più.
(Un silenzio. Amilcare riprende a passeggiare e a
guardare fuori dalla
finestra.)
ADELE – (ha una gran voglia di
domandare qualcosa) Eeee...?
AMILCARE – Hai cambiato idea?
ADELE – Perché?
AMILCARE – Avevi promesso di non
parlare più.
ADELE – Ma qui siamo sulle spine,
renditi conto.
ANNIBALE – Si, pa', non possiamo
continuare così.
ADELE – Dobbiamo sapere che cosa
hai deciso.
ANNIBALE – ... in che modo possiamo
cavarcela.
AMILCARE – (con un gesto drammatico) Ma lasciatemi in
pace!
(si allontana; Adele trattiene Annibale che vorrebbe
dire qualcosa)
ADELE – Lasciamolo in pace: è meglio. (un altro
silenzio; Adele si avvicina alla finestra) Com'è curioso il clima di
Milano! Siamo in piena estate, eppure si sta alzando la nebbia.
AMILCARE – Nebbia?
ADELE – Ma sì, come un fumo... (indicando)... là...
(Amilcare si precipita alla finestra)... sembra quasi che stia bruciando
qualcosa... un incendio sembra... (Si avvicina anche Annibale)... dietro
la casa di fronte... proprio dove c'è il Faravelli... (spaventata)... oh, mamma
mia!... e se fosse scoppiato un incendio al Faravelli?! (è assalita da un
sospetto e si volta verso il marito) Amilcare!
(Amilcare corre al tavolo, abbandona la testa sul
piano e
scoppia
in singhiozzi.)
ANNIBALE – (al padre; con un filo di voce) ... il Faravelli sta bruciando!...
ADELE – (al marito) Forse
che...?
AMILCARE – (fra i singhiozzi) Sì, sono stato io!... io
l'incendiario, io Nerone, io Giuda Iscariota con queste mani sacrileghe ho
bruciato un teatro!... ho tradito i nostri compagni... ho bruciato il loro
pane, il pane dei loro figli!...
ADELE – ... ma stasera non faremo
lo spettacolo!
ANNIBALE – Pa', sei stato grandioso!
AMILCARE – ... mi sono macchiato del delitto più atroce...
del più orrendo che uno di noi possa compiere!... ho bruciato un teatro che è
la nostra casa, il nostro tempio... la culla dove siamo nati, il sepolcro dove
finiremo... chi potrà mai perdonarmi?
ADELE – Non avevi altra scelta... hai fatto ciò che dovevi.
ANNIBALE – ... un'azione
meravigliosa!...
AMILCARE – Non sai quello che dici... mi sento addosso la
maledizione dei miei
antenati... un macigno che mi schiaccia!... ah, che cos'ho fatto!... avrei
dovuto soffocare l'orgoglio e recitare per gli austriaci.
ANNIBALE – Questo, mai!
AMILCARE – Taci, tu, che non puoi giudicare! gli austriaci
passano, ma il teatro resta... e si fosse trattato, almeno, del
"Rinnovato" di Melegnano!...
ADELE – ... e continua a bruciare... ora si vede persino
il riverbero delle fiamme.
AMILCARE – Non affondare più il coltello nella piaga... non
hai cuore, dunque?...
ANNIBALE – (Si avvicina alla madre alla finestra) Un
incendio a regola d'arte!
AMILCARE – Chi potrà mai assolvermi per questo peccato?...
(Si
alza e muove qualche passo vacillante
per la camera)... nessuno!... sarà un rimorso che mi torturerà per tutta la vita... una
pesante catena da trascinarmi dietro. (Si apre la porta e Bolza entra
silenziosamente nella camera e ascolta Amilcare che, accortosi della sua
presenza, incomincia a recitare) "... la tempesta che è dentro di me
confonde nei miei sensi ogni affetto. Oh, ingratitudine dei figli!...
ANNIBALE – (che non s'è accorto della presenza di Bolza)
Che
ti ho fatto, pa'?...(vede il Bolza e tocca col gomito la madre)
AMILCARE – E' re Lear nella tempesta. No?... o, non voglio
piangere più!... scroscia pure, o pioggia: non mi fai paura! Oh, Regana, oh,
Gonerilla. il vostro vecchio padre affettuoso che, generosamente, vi ha dato
tutto quello che aveva..." (a Bolza)... una prova per la recita di
stasera.
BOLZA – Capisco... ci sono dei cambiamenti, però, per la
recita di stasera.
AMILCARE – Dei cambiamenti, e quali?
BOLZA – Dato che il Faravelli non è
più disponibile...
AMILCARE – (con finto stupore) Non è più disponibile,
e perché?
BOLZA – Andiamo, Ricotti, lo sapete meglio di me il
perché.
AMILCARE – lo non so assolutamente nulla, eccellenza.
BOLZA – (con un sospiro di rassegnazione) E va
bene! Con gli attori ci vuole pazienza: bisogna lasciarli recitare finché ne
hanno voglia. Date un'occhiata fuori dalla finestra, Ricotti: è il Faravelli
che sta bruciando.
ADELE – Ma come... quel fumo
laggiù?!...
AMILCARE – Il Faravelli!... oh, che sciagura!... e com'è
successo?
BOLZA – Chissà...
ADELE – Ci vuole così poco con
questo caldo.
AMILCARE – ... magari basta il mozzicone di un sigaro buttato
via sbadatamente.
BOLZA – Magari.
AMILCARE – E adesso?
BOLZA – Lo spettacolo al Faravelli, ovviamente, non si può
più fare.
AMILCARE – Come mi dispiace!... avevamo già incominciato le
prove.
BOLZA – Continuatele pure, perché lo spettacolo lo faremo
lo stesso.
AMILCARE – E dove?
BOLZA – Non ci sarebbe che da scegliere tutti i teatri
milanesi sono disponibili.
AMILCARE – (con un piccolo scatto) A questo non avevo
pensato!
BOLZA – Che cosa avete detto?
AMILCARE – (riprendendosi) Non avevo pensato che, per
fortuna, lo spettacolo si può fare in un altro teatro.
BOLZA – Naturalmente... Ma, avete visto come sono poco
sicuri i teatri a Milano?
AMILCARE – E proprio vero!
BOLZA – Così, per evitare qualche altra disgrazia, abbiamo
deciso che lo spettacolo... lo faremo al Castello.
AMILCARE – Ma... esiste laggiù un palcoscenico adatto?
BOLZA – Lo stanno preparando: per
stasera sarà pronto.
AMILCARE – Eeee...? ...
(vorrebbe opporre qualche
eccezione, ma non sa bene quale)
BOLZA – E?...
AMILCARE – Nulla, signor conte.
BOLZA – D'accordo così, allora.... arrivederci a stasera.
(esce)
(Adele ed Annibale corrono incontro ad Amilcare)
ADELE – E la fine.
ANNIBALE – Non possiamo ,.. non
dobbiamo
ADELE – Non usciremo più dal castello!
ANNIBALE – Occorre un piano preciso,
pa'!
AMILCARE – (con un ampio gesto della mano chiede silenzio)
Stssss! calma: non perdiamo la testa... (alla moglie)... guarda se
quel tanghero se n'è andato.
ADELE – (corre alla finestra e ritorna) E partito adesso
con la sua vettura.
AMILCARE – Venite qui, allora... (li raccoglie intorno al
tavolo, sul piano del quale traccia segni col dito)... qui è la locanda...
e qui, in fondo alla strada, c'è la spia che sorveglia... ora, se noi anziché
prendere a sinistra , svoltiamo a destra nel primo vicolo, possiamo andarcene
senza essere visti da nessuno. Una volta usciti dai bastioni, c'è l'Osteria del
Canale... lì prendiamo una carrozza con due buoni cavalli e stanotte passiamo
il Ticino.
ANNIBALE – Andiamo in Piemonte?
AMILCARE – Per salvare la pelle, non
c'è altro da fare.
ADELE – Non perdiamo tempo,
allora.
AMILCARE – Neanche un minuto... i
bagagli.
(Ognuno afferra i propri bagagli e, in fila indiana,
si presentano alla porta. Apre Amilcare e varca la soglia, ma un gendarme lo
ricaccia brutalmente indietro col fucile. Amilcare richiude la porta e vi si
appoggia contro.)
AMILCARE – (disperato) Questi
non c'erano, prima!
ANNIBALE – Ora è proprio finita!
ADELE – Dobbiamo arrenderci, ormai... ma potremo sempre
dire di aver recitato con le baionette alla schiena.
AMILCARE – (risollevando a poco a poco la testa) C'è
un'ultima carta da giocare...
(va verso la finestra, ritorna al centro)
ANNIBALE – Quale, pa'?
AMILCARE – (con voce sicura) Locanda della Posta di
San Martino Cremonese!
ADELE – (solleva anche lei la testa, colpita da un
ricordo) Dici che sarebbe possibile?!
AMILCARE – Perché no... anche se sono passati tanti anni.
ADELE – (va alla finestra, getta fuori un'occhiata e
torna al centro) E perché no?
AMILCARE – (con allegria e sicurezza) C'è anche questo
nel nostro repertorio, signor conte!
ADELE – (anche lei allegramente) Questo non ve
l'aspettavate di certo, eccellenza!
AMILCARE – Al lavoro, adesso!
ANNIBALE – Cosa c'è da fare, pa'?
AMILCARE – Ma come, non hai ancora
capito?
ADELE – E come può saperlo, poverino: era appena nato,
lui.
AMILCARE – E vero! Non può ricordare.
ANNIBALE – Che cos'è successo a
questo San Martino?
ADELE – (tirando fuori le lenzuola da letto) Ci
siamo calati in strada dalla finestra della locanda... con queste...
(incomincia
ad annodarle)
AMILCARE – Eravamo senza un soldo e non mangiavamo da due
giorni.
ADELE – ... e quella sera non ce l'abbiamo fatta a
resistere... e ci siamo mangiati i soldi dell'alloggio... era un solo
pernottamento... non l'abbiamo poi messo sul lastrico quell'oste... è come se
avesse pagato una tassa all'arte.
AMILCARE – (annodando anche lui)... e che le tasse
devono servire soltanto a mantenere soldati e spie?!...
ANNIBALE – (ridacchiando) Questa, poi!... calarsi
dalla finestra con le lenzuola!...
(anche lui comincia ad annodare)
AMILCARE – ... come Manfredi nella "Torre dei
fantasmi"
ADELE – Lo vedi com'è utile il
teatro?
AMILCARE – (disfacendo il lavoro di Annibale) Ma
no!... il nodo non si fa così il lembo deve passare di qui per non
sciogliersi... (alla moglie)... ma non gliel'ha insegnata nessuno la
storia del teatro a questo ragazzo?... (aiutandolo)... ecco, così...
bravo... non si finisce mai di imparare nel nostro mestiere.
ANNIBALE – Cosa vecchia, pa': quando occorre, bisogna anche
saper riparare un costume o dipingere una scena.
AMILCARE – Cosa vuoi che sia quello? Allora, se tosse così
facile, tutti potrebbero farlo, l'attore.
ANNIBALE – Facile saper far tutto, e saper tare a meno di
tutto... anche del cibo, qualche volta?
AMILCARE – Non è difficile digiunare: è più difficile avere
un pezzetto di pane piccolo così e doverlo dividere in due o tre parti.
ANNIBALE – Dimmelo tu, allora, che cosa c'è di difficile.
AMILCARE – Cosa c'è di difficile? lo senti,
Adele, che cosa mi chiede nostro
figlio?
ADELE – Lo sai che mi sento dentro una cosa strana... mi
sembra d'essere ringiovanita
AMILCARE – E per me no?... è come se gli anni mi fossero
caduti di dosso.
ADELE – ... avrei voglia di rifare le parti che facevo da
giovane.
AMILCARE – ... e io?... sai cosa vorrei rimettere su? Il
"Don Giovanni"!... ecco, Annibale: forse questa è una delle cose
difficili.
ADELE – E perché?... saresti un Don Giovanni un po' maturo,
ma ancora affascinante .. io, invece, come Donna Anna...
AMILCARE – Perfetta!... ancora perfetta...
(si abbracciano)
ADELE – Ed ecco, Annibale, un'altra cosa difficile:
riuscire a crederci.
AMILCARE – Del resto, non è poi tanto tempo fa che l'abbiamo
recitato il Don Giovanni.
ADELE – Vent'anni fa, almeno... eravamo in Valtellina... mi
ricordo di quell'inverno così gelido...
AMILCARE – ... per scaldarci, nel letto ci mettevamo addosso
anche i costumi di scena
ADELE – Che bei tempi!
ANNIBALE – Come "bei
tempi"?!
AMILCARE – Ecco un'altra cosa difficile... vedi, neanche tu
l'hai capita.
ANNIBALE – Ma come "belli"?... vi guardate indietro
e non vedete che fame, freddo, miseria...?
AMILCARE – Davvero, Adele, a questo figliolo bisogna fargli
fare un altro po' di scuola di recitazione.
ADELE – Intanto ha imparato ad annodare le lenzuola: è già
qualcosa.
ANNIBALE – Ma tu, mamma, ce la farai a scendere con queste?
ADELE – Cosa vuoi che sia! A San Martino avevo anche te da
portar giù.
ANNIBALE – E come hai fatto?
ADELE – Ti avevo avvolto nelle fasce e ti tenevo con i
denti.
AMILCARE – Eri degna di una statua in
quel momento.
ADELE – E bello, Amilcare,
ritornare giovani, ogni tanto.
ANNIBALE – Certo che, con quello che mi avete raccontato, mi
avete dato poche speranze per il futuro.
AMILCARE – Cosa vorresti dire?
ANNIBALE – Anche a me toccherà la vita che avete fatto voi?
la miseria, i sacrifici?
AMILCARE – Ma no, cosa dici!... sei nato in un'epoca
fortunata, tu... le cose stanno per cambiare nel nostro mestiere.
ANNIBALE – Sei sicuro che
cambieranno?
AMILCARE – Non c'è il minimo dubbio. L’Italia sarà tutta
libera e unita, e al teatro verrà data la massima importanza.
ADELE – ... le autorità non penseranno altro che a istruire
e a far divertire la popolazione.
ANNIBALE – Ma siete proprio sicuri?
AMILCARE – ... e non ci sono musei dove tutti possono
imparare, o i giardini aperti al pubblico, dove chiunque può svagarsi?... e
cosa c'è se non il teatro, che possa fare le due cose insieme?
ANNIBALE – Certo che se fosse vero
AMILCARE – Sarà così ti dico: non può accadere che questo.
ADELE – Che mestiere meraviglioso sarà quello dell'attore
nei prossimi anni!
AMILCARE – ... io vedo tanti teatri moltiplicarsi nelle città,
nelle province, teatri grandi, splendidi, tutti scintillanti di luci, pieni
zeppi di gente felice che applaude entusiasta...
ADELE – ... sì, applausi scroscianti, applausi che non
finiscono mai... dalla platea, dai palchi, dalle balconate... un delirio di
applausi...
AMILCARE – ... torrenti, cascate di applausi... fiumi
travolgenti di applausi...
ADELE – ... applausi...
AMILCARE – ... applausi...
(Amilcare e Adele, immersi nel sogno, guardano in
alto sorridenti. Una breve pausa)
ANNIBALE – Pa'... mamma... tornate a terra: c'è la corda da
finire.
AMILCARE (trasale) – Cosa? ah, già la corda... sotto,
che ci manca poco.
ADELE – Ci perdiamo a sognare gli applausi... e invece,
chissà cosa ci capiterà al di là del Ticino.
AMILCARE – Cosa vuoi che capiti... cercheremo di rimetter
insieme la compagnia e ricominceremo a recitare.
ADELE – A recitare chissà dove,
però. Addio Milano!
AMILCARE – Ma non i milanesi: quelli li troveremo tutti dove
andremo... a Novara, a Vercelli... e, perché no... forse anche a Torino.
Verranno tutti a sentirci, quando sapranno che veniamo da Milano... (riprendono
a sognare) vedrai che accoglienze ci faranno!... i teatri dove andremo
saranno sempre esauriti.
ANNIBALE – (toccando gli il
braccio) Pa'... siamo qui.
AMILCARE – (trasale) Eh... che
c'è?
ANNIBALE – La corda è pronta.
AMILCARE – (controlla i nodi ) Sì...
sì... va bene.
ADELE – Hai detto Novara, Vercelli... e forse anche Torino?
AMILCARE – Naturale. E’ ai teatri di quelle città che bisogna
puntare. (trascina le lenzuola annodate fino ad un ferro accanto alla
finestra)... la fisseremo qui.
ADELE – E con che cosa ci
presenteremo?
AMILCARE – Incominceremo con l'ultimo lavoro che abbiamo messo in repertorio: l'«Amleto».
ADELE – Oh, mamma mia! l'abbiamo provato così poco.
AMILCARE – Giusto! prova di memoria,
allora.
(la corda è fissata)
ANNIBALE – Vado giù io per primo,
pa'.
AMILCARE – Occhi aperti, mi raccomando. (A voce alta) Atto
primo, scena seconda... re, regina e Amleto in scena... (al figlio che ha
scavalcato il davanzale)... aspetta la battuta...
ADELE – "Non lasciare che tua madre ti preghi invano,
Amleto: resta con noi, ti supplico, non andare a Vittemberga."
ANNIBALE – "Vi obbedirò come meglio posso,
signora".
(scompare al di là del davanzale)
AMILCARE – (che ha seguito la sua discesa, piano ad Adele)
E arrivato. (recitando) "Bene! questa sì che è una risposta
bella e affettuosa! Resta con noi ed eguale a noi in Danimarca. (Adele
intanto s'è avvicinata al davanzale) Venite, mia regina... (Adele
scavalca il davanzale e scompare. Annibale segue la sua discesa)... il
gentile e spontaneo consenso di Amleto si stende come un sorriso sul mio
cuore" (scavalca il davanzale e scompare).
Estratti da opere storico – letterarie