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I CLASSICI DA RECITARE

 

 

Teatro greco tradotto in endecasillabi

 

 

 

 

 

SOFOCLE - ANTIGONE

 

 

- traduzione in endecasillabi -

 

 

 

 

 

[Traduzione tutelata dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il conservare a opere nate nella poesia, all’atto di volgerle nella nostra lingua, almeno una certa architettura lirica, mi è sembrato un esperimento da fare.

 

 

L’endecasillabo offre alla recitazione una serie di accenti e di cadenze della voce. Accenti e cadenze – è chiaro – che è bene dimenticare, ma che, proprio per questo, bisogna conoscere.

 

 

Non sempre, all’interno del verso, sono state rispettate le regole di accentuazione, così come a volte una sillaba in più o in meno rompe le leggi della metrica. Per queste licenze, usate di solito per non sciupare la scorrevolezza di un verso, chiedo umilmente scusa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE PERSONE

 

 

Antigone

Ismene

Coro di vecchi tebani

Creonte

Una guardia

Emone

Tiresia

Nunzio

Euridice

Secondo nunzio

 

 

 

 

 

 

 

LA SCENA

 

 

Davanti al palazzo reale di Tebe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PROLOGO

 

 

(Sono in scena Antigone e Ismene)

 

ANTIGONE

Lo sai, Ismene, mia cara sorella,

qual male Zeus ci risparmierà

fra quelli che provengono da Edipo

a cui sopravvivemmo? Non c'è nulla

che provochi dolore oppur rovina,

nulla che dia vergogna o disonore

che non esiste fra i nostri mali.

Cos'è mai questo bando proclamato

dal sovrano a tutta la città?

Ne sei al corrente o ignori la trama

ordita dai nemici ai nostri cari?

 

ISMENE

No, Antigone, nessuna notizia

lieta o triste mi è giunta da quando

dei fratelli siamo state private,

caduti l'uno per mano dell'altro,

come nemici nello stesso giorno.

Dopo la fuga delle truppe Argive

di questa notte, io nient'altro so

che mi dia gioia oppure tristezza.

 

ANTIGONE

Lo sapevo, per questo ti mandai

a chiamare al di fuori del palazzo,

perché tu sola dovevi sentirmi.

 

ISMENE

Che c'è? Dai pensieri sei agitata.

 

ANTIGONE

E' così. Per i due nostri fratelli,

Creonte vuole seppellirne uno

e abbandonare l'altro insepolto.

Valendosi, si dice, di una giusta

legge e di un'antica tradizione,

Eteocle ha messo sotto terra

perché onorato presso i trapassati

rimanga, e intimato ai cittadini

di astenersi dal dare sepoltura

a Polinice casualmente morto,

il cui corpo senza rimpianti, senza

cerimonie sia abbandonato al pasto

degli uccelli. Tal'ordine Creonte

ha proclamato anche per te e per me.

Anche per me, ripeto, e di persona

sta per venire qui a riaffermare

il suo divieto a chi ancora l'ignora.

La trasgressione non è cosa da nulla,

ma un grave delitto per il quale

sarà data la morte con pubblica

lapidazione. Questo è l'editto

del buon Creonte. Ora si saprà

se veramente nobile sei nata,

oppur da nobili degenerata.

 

ISMENE

Ma se le cose stanno a questo punto,

quale vantaggio io potrei ottenere

facendo qualche cosa o non facendo?

 

ANTIGONE

Rifletti un po' se vuoi darmi una mano.

 

ISMENE

Dimmi prima che cosa intendi fare.

 

ANTIGONE

Mi aiuterai a dare sepoltura?

 

ISMENE

Vuoi seppellirlo calpestando il bando?

 

ANTIGONE

Sì, andrò a seppellire mio fratello

che è anche il tuo, tu lo voglia o no.

Nessuno potrà dir che l'ho tradito.

 

ISMENE

Lo farai a dispetto di Creonte?

 

ANTIGONE

Separarmi dai miei non ha diritto.

 

ISMENE

Pensa, sorella, in qual modo odiato

e disprezzato è morto nostro padre,

quando delle sue colpe la scoperta

a togliersi la vista lo portò.

Pensa alla madre, insieme madre e sposa,

che con la corda spense la sua vita,

pensa ai fratelli che, lo stesso giorno,

l'uno all'altro si dettero la morte,

e infine pensa a noi rimaste sole,

a come orribilmente avremo fine

se la legge del re trasgrediremo.

Ricordiamoci che siamo due donne

che contro l'uomo non potran lottare,

e che siamo comandate da forti,

per cui a noi non resta che obbedire.

Agli spiriti che stanno sotterra

una calda preghiera rivolgo:

quella di avere un po' di comprensione

per la violenza cui son sottoposta

da coloro che tengono il potere.

Il superare limiti fissati

da chi comanda non ha senso alcuno.

 

ANTIGONE

Non voglio più supplicarti, neanche

se in seguito tu cambiassi idea.

Insieme avremmo noi potuto fare

un buon lavoro, ma sii pure quale

a te pare opportuno. Andrò da sola

a seppellirlo e sento che bello

sarà morire in questa occupazione:

cara con lui a me caro, giacerò

ad una sacra colpa consacrata.

Più che ai vivi, piacer devo ai morti,

che in eterno con loro rimarrò.

Se lo credi, puoi anche disprezzare

le cose che gli dèi hanno in onore.

 

ISMENE

Io non le disprezzo, ma incapace

sono di agire contro la città.

 

ANTIGONE

Questo pretesto tu lo puoi usare,

ma io me ne andrò a innalzare

il sepolcro all'amato fratello.

 

ISMENE

Per te, sorella, incomincio a tremare.

 

ANTIGONE

Pensar non devi a me, ma alla tua sorte.

 

ISMENE

A nessuno tu devi rivelare

il tuo piano, come anch'io farò.

 

ANTIGONE

Gridalo invece più forte che puoi,

il contrario odioso mi sarà.

 

ISMENE

Il cuore caldo hai tu, sorella,

ma gelide son le tue decisioni.

 

ANTIGONE

Piaccio a coloro a cui devo piacere.

 

ISMENE

L'impossibile non devi cercarlo.

 

ANTIGONE

Accetterò volentieri il consiglio

allorquando le forze mancheranno.

 

ISMENE

L'impossibile non è da cercare.

 

ANTIGONE

Se così mi parli, io posso solo

odiarti, come egualmente odiata

sarai dal fratello che sepoltura

aspetta. Parla pur di insensatezza

per la prova che appare disperata:

non avrò certo una morte ingloriosa.

 

ISMENE

Vai pur se credi, nella tua follia

dei tuoi cari conserverai l'affetto.

(Antigone e Ismene escono. Entra il Coro)

 

 

 

PARODO

 

 

CORO

Raggio di sol che sempre più splendente

ti mostri sulla Tebe-sette porte,

anche oggi sei apparso sfolgorante

come giorno dorato e luminoso

levatosi sulla fonte di Dirce,

dopo avere disperso l'uomo armato

con bianco scudo che venne da Argo,

e che come fuggiasco fu cacciato.

Verso la nostra terra lo condusse

Polinice che da aspri dissidi

era spinto, com'aquila stridente

con l'ala d'immacolata neve

verso il patrio suolo rivolta, piombò

con molte armi ed elmi guarniti

di folte e fiere equine criniere.

Sulle case sostò, avendo intorno

insanguinate lance e sulle sette

porte la bocca spalancò, ma prima

di saziarsi con il sangue Tebano,

ed Efesto con le fiamme di pino

raggiungesse la corona di torri,

il fragore di Ares dilagò

e il cimento col nemico drago

difficile si fece a superarsi.

Zeus non ama i vanti dei superbi

e appena si accorse che avanzavano

a file compatte, baldanzosi

per il loro oro risonante,

alla folgore pronto mise mano

e colpì sulla vetta degli spalti

coloro che cantavano vittoria.

Crollò così a terra fulminato

quel guerriero che, con la torcia in mano,

la strage minacciava gonfio d'odio.

Ad altri, Ares alleato nostro

preparò un avverso destino:

sette porte per sette comandanti,

pari a pari, a Zeus che il nemico

disperde, lasciarono bronzei

tributi, Ma non avvenne così

per gli infelici che lo stesso padre

e la stessa madre avuto avean:

l'un contro l'altro usarono le spade

e l'uno e l'altro la morte trovaron.

Ma poichè la vittoria è arrivata

a Tebe in un tripudio di carri,

ora che guerra attuale scordate,

aprite infine le porte all'oblio:

ai templi degli dèi tutti correte,

danze notturne intrecciate con guida

di Bacco, animatore dei Tebani.

 

CORIFEO

Sta qui arrivando il nuovo sovrano

di Tebe: è il principe Creonte

figlio di Meneceo che gli dèi

ci hanno mandato dopo questi eventi.

Ha certo dei propositi, altrimenti

il consiglio di anziani non avrebbe

convocato con un pubblico bando.

(entra Creonte)

 

 

 

PRIMO EPISODIO

 

 

CREONTE

Gli dèi, Tebani, dopo aver turbato

con tempesta la quiete della nostra

città, hanno di nuovo riportato

la pace. Servendomi dei messi, qui

vi ho convocato poiché sapevo

di come avete voi sempre onorato

l'autorità regale di Laio,

di Edipo poi quando gli è succeduto,

e dopo la sua morte, anche ai figli

fedeli siete stati. Ora che essi

sono caduti, entrambi fratricidi,

per diritto di parentela ho assunto

potere e trono di questa città.

D'ogni uomo conoscer non si può

animo, imtelligenza e pensiero

prima ch'egli non abbia esercitato

i doveri di un'amministrazione.

Chi, governando un'intera città,

non tiene conto dei buoni consigli

ma, ossessionato da qualche timore,

non osa sue ragioni pronunciare,

non è degno di considerazione,

come chi a quel di patria antepone

il plauso che può dare a lui un amico.

Lo sa Zeus che di tutti tutto vede

se mi accorgessi che solo rovina

attende i cittadini e non salvezza,

tacere non potrei e nemmen stimare

come amico, della patria un nemico,

perché ad essa ogni ben dobbiamo.

Chi navigar potrà in un fiorente

stato, non mancherà sicuramente

di amicizie fedeli e sincere.

Su questi principi sarà fondato

il prospero avvenire della città;

in base a questo io ho proclamato

un giusto bando per di Edipo i figli:

Eteocle che è caduto combattendo

con valore della città a difesa,

abbia un degno sepolcro ed onorato

sia con i riti e con le devozioni

che accompagnan sotto terra i migliori,

ma Polinice di costui fratello

che, tornato dall'esilio, bruciare

volle la patria e degli dèi gli altari,

si dissetò con il fraterno sangue

e in schiavitù cercò di assoggettarci,

contro di lui il bando è proclamato:

che nessuno di lui pianga la morte

né onori il corpo, insepolto dovrà

restare, preda di uccelli e di cani.

Così ragiono. Mai avverrà che i probi

riceveran da me onori da giusti,

solo chi ama questa nostra città,

non cambia che sia morto oppure vivo,

riceverà gli onori che merita.

 

CORIFEO

Proprio così, figlio di Meneceo,

hai deciso che sia la ricompensa

per morti e vivi, secondo la legge,

per i nemici e per i nostri amici.

 

CREONTE

Questo è l'ordine: a voi ora spetta

di sorvegliare la sua esecuzione.

 

CORIFEO

Ai giovani tal cura sia affidata.

 

CREONTE

Ci sono guardie a custudire il corpo.

 

CORIFEO

Non bastan loro per questa mansione,

hai forse qualcos'altro da ordinare?

 

CREONTE

Di non schierarvi con tali ribelli.

 

CORIFEO

Chi se la sente di sceglier la morte?

 

CREONTE

Questa sarebbe la sua ricompensa.

Spesso c'è la speranza di un guadagno

a spingere qualcuno alla rovina.

(entra in scena una guardia)

 

GUARDIA

Non posso dire d 'essermi sfiancato

per l'eccessiva fretta di arrivare,

parecchie volte mi sono fermato

pensando che era meglio rinunciare.

Mi dicevo: "dove vai, sciagurato,

non lo sai che dovrai pagare il fio?

Creonte saprà che hai esitato

e ti aspetta una giusta punizione."

In questo modo anche breve strada

lunga diventa, poi l'indecisione

perse vigore e vinse il venire.

Senza dir nulla parlerò lo stesso:

la mia speranza è dover soffrire

soltanto ciò che entro il mio destino

era già stato tutto stabilito.

 

CREONTE

Da dove viene il tuo scoraggiamento?

 

GUARDIA

Dirò subito quel che mi riguarda:

non sono stato io, né so chi è stato,

e non dovrei per questo avere guai.

 

CREONTE

Hai scelto argomenti a tua difesa,

ma dimostri che hai qualcosa da dire.

 

GUARDIA

Le sciagure son fonte di timori.

 

CREONTE

Parla, insomma, e poi vattene pure.

 

GUARDIA

Te lo dico: è venuto qualcuno

a seppellire il morto, dopo averlo

ricoperto, il rito ha pronunciato

secondo l'uso.

 

CREONTE

Cosa dici mai?!

Chi è stato colui che tanto ha osato?

 

GUARDIA

Non so che dire. In terra non c'era

colpo di vanga o di marra scavo,

il suolo era compatto e non segnato

da tracce di ruote, né altri segni

il colpevole aveva lasciato.

Quando la prima guardia in pieno giorno

ci mostrò questo fatto, gran stupore

ci colse: il corpo nascosto era

sotto di polvere uno strato, come

chi vuol sfuggire a un sacrilegio deve

fare: Non c'erano intorno le tracce

di fiere o di cani sopraggiunti

per dilaniarlo. Parole agitate

si levarono in fretta fra i presenti:

erano gli uni che accusavan gli altri,

una rissa stava per scoppiare fra

noi, e non esisteva nessuno

che avrebbe potuto separarci.

Il colpevole, ciascuno di noi,

poteva essere stato, ma nessuno

era disposto a fare confessioni;

di non sapere nulla protestava

ognuno di noi, pronto a sollevare

ferri roventi, il fuoco attraversare,

a giurar per gli dèi che questo fatto

non avevan commesso, né sapevan

di color che l'avevan realizzato,

oppure solamente progettato.

Alla fine, quando fu abbandonata

la speranza di quella soluzione

da scoprire, all'improvviso uno

disse ciò che ci fece trasalire:

non avevamo nulla da ribatter,

e nulla da sperar se il suo consiglio

avessimo alla lettera seguito.

Disse che tutto quanto l'accaduto

dovevamo in dettaglio riferirti.

Da tutti questo impegno fu approvato,

fu eseguito un sorteggio e il sottoscritto

di riferire venne incaricato.

Questo ruolo ho dovuto accettare

malvolentieri e a mio malgrado

prender parola, essendo cosciente

che un messo di sciagura è sempre odiato.

 

CORIFEO

O mio sovrano, riflettendo bene

debbo pensare che a quanto è accaduto

manchi l'approvazione degli dèi.

 

CREONTE

Taci e l'ira mia non scatenare!

Sei stolto e vecchio e nel contempo dici

assurdità parlando degli dèi

che a cuore questo cadavere hanno.

Voglion sepolto con particolari

onori come pei benefattori

colui che venne un dì per incendiare

templi, colonne e offerte votive,

la nostra terra con le loro leggi?

Oppure sei convinto che gli dèi

onorano i malvagi? Non ci credo,

ma da qualche tempo i cittadini

contro di me mostrano insofferenza

mormorando, scuotendo il loro capo

e rifiutando il giogo che pretendo.

So bene che costoro con denaro

han corrotto di certo la mia guardia:

nessuna istituzion così perversa

come il denaro è nociva ai mortali.

L'oro distrugge anche le città,

l'uomo allontana dal suo focolare,

è maestro di male travolgendo

la mente degli onesti, favorendo

la diffusione delle azioni turpi.

Per l'uomo l'oro è scuola di delitti

ed empietà, ma la lezione appresa

a caro prezzo sarà poi pagata.

Ascolta bene adesso, se Zeus

da me riceve onori e sacrifici,

a voi davanti faccio giuramento:

chi ha compiuto questa sepoltura

porterete davanti ai miei occhi,

oppur la morte non vi basterà

perché da vivi voi sarete appesi

finché il delitto sarà confessato.

Imparerete anche pel futuro

in che modo effettuare guadagno

onesto, e che non bisogna amare

troppo il denaro che alla rovina

conduce assai più di quel che salva.

 

GUARDIA

Posso parlare oppur devo andar via?

 

CREONTE

Non hai capito che mi innervosisci?

 

GUARDIA

Un fastidio all'orecchio o al cuore?

 

CREONTE

Che ti interessa di sapere dove?

 

GUARDIA

Perché il reo l'anima tormenta

a me,invece, solo nelle orecchie.

 

CREONTE

Ma che razza di parolaio sei?

 

GUARDIA

Sarò quello, ma non sono il colpevole.

 

CREONTE

Sì, invece, per denaro l'hai fatto.

 

GUARDIA

Tremendo per chi ancora può pensare

di fissare il pensiero sopra un falso.

 

CREONTE

L'arguzia apprezzo, ma il seppellitore

del morto voglio conoscere anch'io,

e avrete ben ragion di proclamare

che i cattivi guadagni portan guai.

 

GUARDIA

Io spero che costui venga trovato,

ma che catturato venga oppure no,

sarà solo la sorte a giudicarlo,

di certo qui non mi vedrai tornare:

son salvo da speranze e previsioni

e posso rendere grazia agli dèi.

(Creonte e la guardia escono)

 

 

 

PRIMO STASIMO

 

 

CORO

Molte cose di rilievo ci sono

nel mondo, fra queste, quelle compiute

dall'uomo, quando il mare è agitato

e sollevano i venti di tempesta

le onde mugghianti a lui d'intorno.

O quando la maggiore fra gli dèi,

la madre terra, egli con fatica

e con l'aratro e i cavalli rivolta.

Liberi uccelli, selvatiche fiere,

gli abitatori guizzanti del mare

sono prede catturate dall'uomo,

dominator di animali silvestri,

del cavallo il cui collo inclina al giogo,

del furioso toro sui monti nato.

L'uomo che apprese il vivere civile,

che ha sconfitto il gelo mortale,

trionfato sugli scrosci di pioggia,

armato di esperienze e di espedienti

al futuro procede indisturbato.

Solo dai mali gravi e dalla morte

non ha trovato, né troverà scampo,

anche se dei rimedi ha scoperto

per mali che incurabili sembravan.

Esecutore accorto ed ingegnoso,

creator d'invenzioni, ora al male

si dedica e ora invece al bene,

e rispettando leggi della terra

e la giustizia degli dèi, rende

più bella e più forte la sua patria,

senza la quale non esiste vita.

(entra la guardia che trascina Antigone)

... Ma che succede?! Sbalordito sono!

... questa non è la fanciulla Antigone,

figlia d'Edipo?... sì, è proprio lei!

Perché qui ti coducono, per caso

hai disobbedito a qualche legge?...

... quella del re?... un lampo di follia?

 

GUARDIA

Ecco colei che ha compiuto il fatto,

lei abbiamo sorpreso a seppellire.

Ma dov'è Creonte?... sta arrivando,

e viene proprio al momento opportuno.

 

CREONTE

Perché dici che il momento è opportuno?

 

GUARDIA

Su nulla si può giurare, sovrano.

A ripensarci, la prima impressione

svanisce. Di tornare qui non avrei

certo pensato, dopo le minacce

che m'hanno assai turbato, ma poiché

una gioia inaspettata maggiore

piacer procura, son di nuovo qui.

Questa fanciulla reco che sorpresa

è stata mentre tributava onori

al corpo che insepolto doveva

restare. Questa volta non abbiamo

tirato a sorte, perché la scoperta

è stata solo mia e non di un altro.

Ora, sire, ti prego interrogarla

e giudicarla perché voglio stare

al di fuori dai guai successivi.

 

CREONTE

Dove l'hai catturata e in quale modo?

 

GUARDIA

Era occupata a seppellire il morto.

 

CREONTE

Hai ben presente quel che stai dicendo?

 

GUARDIA

Certo.L'ho vista seppellire il morto

di cui vietata era sepoltura:

credo di aver parlato chiaramente.

 

CREONTE

L'avete catturata in pieno fatto?

 

GUARDIA

Arrivammo sul posto ancor sconvolti

dopo le tue terribili minacce,

e dovemmo spazzare la polvere

che ricopriva il corpo putrescente.

Eravamo su un colle sottovento

per sfuggire il fetore che emanava,

incitando con cattive parole

chi a sorvegliare aveva rinunciato.

Nel frattempo in cielo dominava

l'ardente disco del sole, e ad un tratto

un uragano si abbatté violento

intorno a noi, strappando il fogliame

degli alberi e impedendo il vedere.

Quando il flagello si fu allontanato

e tutti noi riacquistammo la vista,

questa fanciulla stava accanto al morto

ed emetteva i lamenti più acuti

come un uccello presso il nido vuoto

degli implumi, poi nel vedere il corpo,

scoppiò in lacrime e maledisse

coloro che il sacrilegio avean

consumato. Poi la polvere sparse

intorno al morto e con la bronzea brocca

versò tre libagioni. A quel punto

ci precipitammo a catturarla.

Lei non mostrò paura, né sorpresa,

senza cercare di negar le azioni

che avea compiute. Piacere e dolore

provai alle sue parole: piacere

perché m'ero liberato dai guai,

e dolore nel veder chi cade

nella sventura, il che preme di più

della stessa salvezza personale.

 

CREONTE

(ad Antigone)

Tu che a terra pieghi il capo, affermi

o neghi quello di cui ti si accusa?

 

ANTIGONE

Non lo nego, proprio io son stata.

 

CREONTE

(alla guardia)

Vattene pure che libero sei:

contro te non ci sono imputazioni.

(ad Antigone)

Dimmi brevemente se conoscevi

il divieto che avevo promulgato.

 

ANTIGONE

Lo conoscevo. Come avrei potuto

ignorarlo?

 

CREONTE

E tu, dunque, osato

di trasgredire questa legge, hai?

 

ANTIGONE

L'ordine di Zeus certo non era,

e nemmeno di Dike che con dèi

sotto terra dimora. Queste leggi

non provenivano certo da loro;

potevo io pensar che un mortale

avesse nei suoi ordini la forza

di trascurar prescrizioni divine

non scritte, ma incrollabili per sempre?

Potevo io sfidare degli dèi

la punizione per avere avuto

paura di un uom che nulla vale?

Sapevo che a morir io destinata

ero, senza che fossero emanati

i tuoi editti. Io dico che morte

avanti tempo è vantaggio certo

per chi vive simile a me nei guai.

Non c'è per me guadagno a morire?

Ma neppure dolore ad affrontare

la fine. Un dolore avrei provato

se il figlio di mia madre insepolto

fosse rimasto. Nessuna amarezza

per la condanna che mi hai inflitto.

E se ciò folle appare, mi ritengo

condannata da un folle per follia.

 

CORIFEO

Questa ragazza, figlia di suo padre

risponde con fierezza alla sventura.

 

CREONTE

Sappi però che le indoli forti

cedono facilmente, come il ferro

indurito dal fuoco va in frantumi.

Con un piccolo morso si domano

i cavalli focosi, non s'addice

la superbia a chi vive con gli altri.

Costei, cosciente di trasgredir leggi

in vigore, si era anche vantata

d'averlo fatto. Se l'impunità

sua vincer dovesse, lei in un uomo,

al posto mio, sarebbe trasformata.

Figlia di mia sorella e una stretta

parentela ci lega e per quanti

onorano lo Zeus della mia casa,

lei con la sorella non sfuggiranno

alla sorte, poiché anche quella

accuso di aver meditato questo

delitto. Chiamatela! Non è molto,

come alterata al senno, l'ho veduta

aggirarsi. Chi nel buio a ordir trame

s'accinge, è solito tradirsi.

Fortemente detesto chi, sorpreso

a far del male, cerca di abbellire

la propria azione disonesta e grama.

 

ANTIGONE

Sono in tue mani, uccidermi vuoi?

 

CREONTE

Non ho niente ed ho tutto. Lo sai?

 

ANTIGONE

Che aspetti, allora? Non una parola

che dici io l'ascolto con piacere

e giammai sopportabile sarai.

Anche le mie azioni assai sgradite

ti sono, ma quale fama maggiore

avrei io potuto guadagnare

che dando sepoltura a mio fratello?

Da tutti un gesto come il mio verrebbe

gradito se paura non chiudesse

in gola di ciascuno le parole,

ma il potere, fra molti privilegi,

ha anche quello di dir ciò che vuole.

 

CREONTE

Tu sola fra i Tebani così pensi.

 

ANTIGONE

Tutti lo pensan ma chiudon la bocca.

 

CREONTE

Non ti vergogni a scostarti da loro?

 

ANTIGONE

Non c'è vergogna a onorare i parenti.

 

CREONTE

Non ti era fratello anche colui

che cadde in campo avverso da nemico?

 

ANTIGONE

Fratello nato dalla stessa madre

che ha avuto anche lo stesso padre.

 

CREONTE

Perché tributi all'altro un empio onore?

 

ANTIGONE

Il morto non si preoccupa di ciò.

 

CREONTE

Se lo onori al pari dell'empio.

 

ANTIGONE

E' morto suo fratello, non lo schiavo.

 

CREONTE

Ha devastato tutta questa terra

mentre l'altro è arrivato in sua difesa.

 

ANTIGONE

E' l'Ade che pretende queste leggi.

 

CREONTE

L'onesto non è eguale al disonesto.

 

ANTIGONE

Chi può dir se laggiù è una legge santa?

 

CREONTE

Neanche da morto il nemico è amico.

 

ANTIGONE

Son nata per amar, non per odiare.

 

CREONTE

Scendi sotterra se vuoi amare i morti.

Finché io vivo non sarà una donna

a dirigere certo le mie azioni.

(Ismene esce dal palazzo)

 

CORIFEO

Ecco che Ismene esce dal palazzo:

versa abbondanti lacrime fraterne,

altera una nube sulle ciglia

il suo volto arrossato, inumidendo

il profilo delle guance graziose.

 

CREONTE

Vipere nella mia casa strisciate

a succhiare il mio sangue di nascosto;

io non sapevo di stare allevando

due vili attentatrici del mio trono!

Orsù, dimmi di non avere parte

nel complotto, oppure giurerai

di non averlo neanche saputo.

 

ISMENE

Se Antigone è d'accordo, io ho commesso

 questo fatto, assumendone in pieno

la mia parte di responsabilità.

 

ANTIGONE

La Giustizia non lo permetterà:

partecipato tu non hai. Nemmeno

ti ho messo al corrente dell'azione.

 

ISMENE

Tu stai soffrendo e partecipare

voglio anch'io alle tue condizioni.

 

ANTIGONE

I morti giù nell'Ade sanno bene

chi operò. Io non amo un'amica

che m'è amica soltanto a parole.

 

ISMENE

Non mi respingere, sorella, con te

voglio morire e rendere con te

i sacrifici pel fratello morto.

 

ANTIGONE

Non devi morir con me, e nemmeno

impossessarti di ciò che non hai

neppure sfiorato con la mano.

La mia morte è del tutto sufficiente.

 

ISMENE

E quale vita sarà mai la mia

se mi abbandoni da sola, sorella?

 

ANTIGONE

Chiedilo a Creonte, nostro congiunto.

 

ISMENE

Perché mi tormenti inutilmente?

 

ANTIGONE

Mi addolora, certo, ridere di te.

 

ISMENE

Come potrei esserti d'aiuto?

 

ANTIGONE

Sarei felice di saperti in salvo.

 

ISMENE

Io non potrò morire con te, dunque?

 

ANTIGONE

Tu di vivere hai scelto, io di morire.

 

ISMENE

Di quello io ti ho sempre sconsigliata.

 

ANTIGONE

Certi la tua prudenza hanno apprezzato,

altri, invece, la mia decisione.

 

ISMENE

Eppure la nostra colpa è stata eguale.

 

ANTIGONE

Tu vivi ancora, mentre la mia vita

agli onori dei morti è destinata.

 

CREONTE

Delle due, una è pazza da poco,

l'altra invece con la pazzia è nata.

 

ISMENE

Mai è accaduto, o sire, che il senno

nato di dentro sia rimasto in quelli

che hanno agito con malvagità.

 

CREONTE

A te è accaduto da quando scegliesti

di compiere il male coi malvagi.

 

ISMENE

Infatti viver com'è possibile

a me, ora da sola, senza lei?

 

CREONTE

Non dir più "lei" che non esiste più.

 

ISMENE

Ucciderai la sposa di tuo figlio?

 

CREONTE

Ci sono altri campi da arare.

 

ISMENE

Non c'è la stessa unione che c'è in loro.

 

CREONTE

Mio figlio non avrà cattiva sposa.

 

ANTIGONE

Caro Emone, il padre ti disprezza.

 

CREONTE

Ne ho abbastanza di te e delle nozze!

 

ISMENE

Vuoi davvero strapparla a tuo figlio?

 

CREONTE

E' l'Ade a porre fine a queste nozze.

 

CORIFEO

E' dunque stabilita qusta morte?

 

CREONTE

Non dobbiamo indugiar...

(a un servo)

... portale dentro!

E che libere non vengan lasciate:

anche gli audaci pensano a fuggire

quando scorgon la fine di lor vita.

(i servi conducono via Antigone e Ismene)

 

 

 

SECONDO STASIMO

 

 

CORO

Felice è chi la sua vita trascorre

lontan dai mali, se invece la casa

è sconvolta da un dio, la sventura

prende a infierire sull'intera stirpe

così come un'ondata marina

trascinata dalla furia del vento,

il fondo dell'oceano sconvolge

e si avventa sonora sulle spiagge.

Io vedo che le antiche ferite

che hanno straziato dei Labdacidi

la stirpe, una generazione

sono durate, ma interviene un dio

e la persecuzione si riaccende.

Una timida luce risplendeva

sull'ultima progenie di Edipo,

ma ancora l'insanguinata polvere

degli dèi dell'Ade quel chiarore

soffocò. Ora soltanto rimane

stoltezza di parole e furia cieca.

Quale insulto degli uomini potrebbe,

o Zeus, smorzar la tua potenza

che il sonno non riesce a piegare?

Tu, signore che non invecchia mai,

in eterno governi lo splendore

dell'Olimpo. Oggi, come ieri

e come domani, avrà vigore

questa legge: che nulla di importante

venir potrà alla vita dei mortali

se non dalla sciagura accompagnata.

Per molti di conforto è la speranza

che le menti fa vagabondare,

per altri invece è solo l'illusione

di soddisfare desideri vani,

prima che al fuoco ardente il piede accosti.

Una saggia sentenza ci ricorda

che il male può essere anche un bene

quando c'è un dio che porta alla rovina

il nosto senno senza scampo alcuno.

 

CORIFEO

Ecco qui Emone, l'ultimo che è nato

fra i tuoi figli, forse è angosciato

per Antigone, la promessa sposa,

deluso per le nozze mancate.

(entra Emone che va verso il padre)

 

 

 

TERZO EPISODIO

 

 

CREONTE

Verremo presto a saperlo, figlio,

senza bisogno d'essere indovini.

Forse tu con il padre sei adirato

sentendo della grave decisione

presa contro la tua fidanzata,

oppur, qualunque cosa io faccia

tuo amico per sempre resterò?

 

EMONE

O padre mio, sono parte di te;

i tuoi buoni consigli sono guida

per me sicura sulla retta via.

Qual matrimonio sarà mai migliore

di quello che da te fu consigliato?

 

CREONTE

Questa, o figlio, è la cosa da fare:

stare dietro ai consigli paterni.

I padri, com'è noto, voti fanno

perché i figli siano obbedienti,

pronto a respingere il loro nemico,

a ricambiare il male ricevuto,

ad onorar l'amico come il padre.

Che cosa dir dei figli disutili,

se non che la prole generata

raccoglier può lo scherno dei nemici?

Non perder mai la testa, figlio mio

per il piacer che una donna può dar,

però sappi che è gelido l'abbraccio

di un'indegna compagna e che una donna

sbagliata in casa fa danno maggiore

di un amico cattivo. Sputa su lei

come fosse nemica e lascia che

vada nell'Ade a cercarsi un marito.

Io l'ho infatti sorpresa, lei sola

nella cittadinanza, trasgredire

un ordine preciso promulgato.

Io menzognero non apparirò

di fronte alla città e alla sua vita

porrò fine. La sua invocazione

a Zeus che dei parenti è il protettore,

non mi farà cambiare decisione:

se userò tolleranza pei parenti,

che cosa con gli estranei farò?

Chi è giusto nelle cose di famiglia

tale rimane nei pubblici affari,

ma colui che viola le leggi,

il mio consenso mai non otterrà.

Chi in città esercita il potere

in tutto deve essere obbedito:

nelle piccole cose e nelle grandi,

nelle giuste occasioni e in quelle ingiuste.

Comanda bene chi ha bene obbedito,

ed anche nella furia di battaglia

al suo posto rimaner saprà

come amico fidato e valoroso.

Il peggiore dei mali è l'anarchia

che devasta le case e le città,

che mette in fuga i propri alleati,

la disciplina invece è la salvezza

di coloro che sono ben guidati:

obbedire a chi esercita il potere

e non lasciarsi vincer da una donna;

meglio cedere a un uomo se il bisogno

sopravviene, ma alla donna, mai!

 

CORIFEO

Se l'età nostra non ci ha ingannati,

il tuo dire m'è parso assennato.

 

EMONE

Sì, padre, gli dèi tutti son stati

a regalare all'uomo la ragione,

il maggiore dei beni conosciuti.

Io con certezza non potrei mai dire

che tu senza efficacia abbia parlato,

ma è mio dovere osservar pel tuo bene

quel che si dice, si fa o discute,

anche perché il tuo aspetto solenne

può intimidire qualche cittadino,

impedendogli la chiara espressione

del suo pensier che potrebbe turbarti.

Io, nell'ombra restando, i lamenti

dei cittadini ascolto e riferirti

posso. Io so, per esempio, di come

la città tutta Antigone compiange;

la più innocente fra tutte le donne

perire deve per aver voluto

che il corpo del fratello, in battaglia

ucciso, insepolto non restasse

come preda di uccelli e di cani.

Non è invece degna di alti onori?

Di questo, non d'altro, in segreto

si parla, e io posso dichiararti

che per me non c'è bene più prezioso

della fama del padre da salvare.

Un padre felice è il più bello

di tutti i doni da desiderare,

così è per un padre quel del figlio.

Non pensare che solo quel che dici

sia giusto,troppi sono coloro che

presumono di posseder saggezza

da soli, oppure animo che altri

non hanno; attentamente esaminati

costoro il vuoto interno hanno mostrato.

Anche se un uomo è saggio, è doveroso

continuare a imparare quello

che ancor non sa; è noto che può

salvare i rami, l'albero che incontra

la corrente, piegandosi: stroncato

invece è quello che la resistenza

vuol fare, come marinaio che

stringe nel pugno scotta di maestra

anche quando la barca è capovolta.

Placa dunque l'ira e concedi

felice cambiamento di parere.

Nonostante la mia giovane età,

dico che meraviglioso sarebbe

se l'uomo fosse saggio per natura,

altrimenti, come di rado accade,

si ascolti quello che ne sa di più.

 

CORIFEO

Sarebbe giusto, o sire,che imparassi

da tuo figlio che bene si è espresso

come anche tu, del resto, hai fatto.

 

CREONTE

Prendere dovrei, alla mia età,

lezioni di saggezza da un ragazzo?

 

EMONE

Niente lezioni che giuste non sian:

l'età non c'entra, valgono le azioni.

 

CREONTE

L'azione giusta, i cattivi onorare?

 

EMONE

Neppure io sarei condiscendente

con chi pratica la malvagità.

 

CREONTE

E questa donna non è stata presa

con le mani nel sacco, oppur m'inganno?

 

EMONE

Tutti i Tebani non sono d'accordo.

 

CREONTE

E' dunque la città a stabilire

quello che devo o che non devo fare?

 

EMONE

Sei tu ora a parlar come un ragazzo.

 

CREONTE

Per un altro io dovrei governare?

 

EMONE

La città non appartiene a uno solo.

 

CREONTE

Solo di chi governa è la città.

 

EMONE

In un deserto tu dovresti regnare.

 

CREONTE

E' chiaro che lui tiene per la donna.

 

EMONE

Allora donna sei, che a te soltanto

è rivolta la mia preoccupazione.

 

CREONTE

Scellerato! tu stai accusando il padre.

 

EMONE

Perché nell'ingiustizia stai cadendo.

 

CREONTE

Sbaglio, dunque, a difendere il mio onore?

 

EMONE

Gli onori degli dèi stai calpestando.

 

CREONTE

Sciagurato! di una donna peggiore.

 

EMONE

Ceder non mi vedrai a cose turpi.

 

CREONTE

Ma se non fai che darle protezione.

 

EMONE

Di proteggere entrambi ho l'intenzione,

e anche gli dèi che stanno sotterra.

 

CREONTE

Costei da viva non la sposerai.

 

EMONE

Lei morirà, ma ricorda che,morta,

trascinerà qualcun altro in rovina.

 

CREONTE

Hai l'impudenza or di minacciarmi?!

 

EMONE

E' forse una minaccia replicare

a sbagliate ed assurde decisioni?

 

CREONTE

Di saggezza lezioni non può dare

chi d'equilibrio si dimostra privo.

 

EMONE

Se tu non fossi il padre mio, direi

che sei tu a dimostrarti senza senno.

 

CREONTE

Non puoi parlar: sei schiavo d'una donna.

 

EMONE

Sei tu a parlar senza ascoltar nessuno.

 

CREONTE

E' così, dunque? Per l'Olimpo, allora

ti pentirai per tutti questi insulti!

(a un servo)

Porta qui immediatamente l'infame!

Qui davanti agli occhi del fidanzato,

qui dovrà morire!

 

EMONE

Non davanti a me!

Non ci sperare! Lei non morirà,

e tu giammai potrai guardarmi in faccia.

Sfoga la tua rabbia su coloro che

a sopportarla son ora disposti.

(esce)

 

CORIFEO

E' andato via di corsa, esasperato.

Attento, sire, certe volte l'ira

può sconvolgere un animo siffatto.

 

CREONTE

Faccia quello che vuole, la superbia

si metta a sfogare, di sicuro

il destino di queste due fanciulle

non riuscirà di certo a sovvertire.

 

CORIFEO

Di ucciderle hai deciso tutt'e due?

 

CREONTE

Non quella che il morto non ha toccato.

 

CORIFEO

E in che modo l'altra ucciderai?

 

CREONTE

La condurrò dove non c'è nessuno

e in una grotta solitaria, viva

la seppellirò con un cibo scarso

che basti solo ad evitar contagio

con la città. Laggiù potrà pregare

Ade da lei venerato. Otterrà

forse di non morire e imparerà

a sue spese di come vano sia

tutte le cose dell'Ade onorare.

(esce)

 

 

 

TERZO STASIMO

 

 

CORO

Eros che in battaglia nessun vince,

Eros che cadi a piombo sulle cose,

che sfiori appena le tenere guance

delle fanciulle, tu che passi il mare

e fra i rustici tuguri ti aggiri,

nesun si salva, mortale o immortale

e impazzisce chi non può sfuggirti.

Per te rinnegan la giustizia i giusti,

i prudenti si avviano a rovina,

la contesa divampa fra i parenti.

Dagli occhi di una graziosa fanciulla

fascino emana che ha l'autorità

pari alle grandi leggi che governan

l'intero mondo, fra le quali regna

invincibile la leggenda di Afrodite.

(appare Antigone circondata dai servi di Creonte)

 

CORIFEO

E adesso, osservando quel che accade,

non posso più pensare alle leggi,

né posso trattenermi dal versare

lacrime per la fanciulla Antigone

che al talamo si sta avvicinando

dove tutto si acquieta e si addormenta.

 

 

 

QUARTO EPISODIO

 

 

ANTIGONE

Guardate, cittadini della patria,

mi sto avviando per l'ultimo viaggio,

a scorger l'ultima luce del sole.

Alla riva dell'Acheronte, l'Ade

che tutto assopisce mi conduce

ancora viva. A me fu sottratto

e per me si leverà: è stabilito

che la sposa d'Acheronte sarò.

 

CORIFEO

Ricoperta d'onore e di rimpianto

affronti il corridoio della morte,

non colpita da una malattia,

nè premiata da un colpo di spada,

ma scenderai da viva e consensiente

e da sola nel tenebroso regno.

 

ANTIGONE

A me è ben noto come di Tantalo

la sfortunata figlia, alla vita

mancò. Fu sulla vetta del Sipilo

che un'edera tenace la serrò

in abbraccio mortale. Corre voce

che la neve eterna su quel versante

la fonte abbia nel continuo pianto

dell'infelice su rocce e dirupi.

Proprio a questo destino sfortunato

sento che la mia sorte mi accomuna.

 

CORIFEO

Quella era una dea nata da un dio,

noi mortali siamo, invece, nati

da mortali. Ma quando sarai morta,

potrai dire con vanto che in vita

e in morte la stessa sorte toccò

a una dea ed a te in egual misura.

 

ANTIGONE

Sono schernita, ahimè, grazie agli dèi

non sono ancora morta e tu mi insulti.

O città amata,e voi concittadini

ricchissimi, sorgenti dircee,

sacro bosco di Tebe, almeno voi

siate miei testimoni: non compianta

da amici, condannata da crude

leggi. vado a sepolcrale prigione.

Quale sarà la mia condizione

se per i vivi sarò sempre morta

e per i morti rimarrò straniera?

 

CORIFEO

Verso il limite estremo dell'audacia

sei giunta, o figlia, hai scontrato il trono

della Giustizia e forse stai pagando

una colpa commessa da tuo padre.

 

ANTIGONE

Ricordo doloroso hai toccato:

la sciagura che ha colpito mio padre

e dei Labdacidi la mala sorte.

Oh, sventura del talamo materno,

spaventosi amplessi dell'incestuosa

madre con mio padre dal qual nacqui,

io, la maledetta che va via straniera,

senza nozze, per non fare ritorno.

E tu, fratello, che nozze infelici

hai ricevuto in sorte! Pur da morto

mi hai ucciso quand'ero ancor viva.

 

CORIFEO

Son da badare le onoranze ai morti,

ma non bisogna offendere il potere:

è stato il tuo carattere a tradirti.

 

ANTIGONE

Nessuno mi compiange, niente amici,

niente canti di nozze, e, purtroppo

a questo viaggio sono rassegnata.

(Creonte esce dal palazzo)

 

CREONTE

Non lo sapete che, di fronte alla morte,

c'è chi non smette mai di lamentarsi?

(alla guardia)

Portatela via e, come ho detto,

muratela nel buio di una tomba;

lasciatela là sola e segregata,

due son le possibilità che offro:

quella immediata di poter morire,

e quella di restar sepolta viva.

Noi che con lei abbiam le mani pure,

solo una cosa le vogliam vietare:

quella di riveder luce solare.

 

ANTIGONE

Questa tomba è la mia camera nuziale,

prigione sotterranea a cui m'avvio

a ritrovare i defunti parenti

quasi tutti caduti con violenza.

Persefone per ultima m'ha accolto,

ma più di tutti gli altri sfortunata,

prima che il cammino di mia vita

fosse compiuto; forse cara al padre

sarà la mia presenza, ed anche a te

o madre, e a te caro fratello:

a tutti voi, da morti, il vostro corpo

per la discesa all'Ade ho preparato

con funebri lavacri e libazioni;

or provvedendo alla tua sepoltura.

o Polinice, questa ricompensa

ho ricevuto! Però per coloro

che non hanno perduto il loro senno,

ben giudicata è stata la mia azione.

Infatti, mai di certo avrei sfidato

la legge e il voler dei cittadini

per un figlio oppure per lo sposo.

Se mio marito io perduto avessi,

un altro sposo ci sarebbe stato

dal quale altri figli avrei avuto,

ma in che modo riavere un fratello

se padre e madre sono sotto terra?

Questo è il ragionamento che ho seguito

per tributarti i dovuti onori,

e questo è stato il male inaudito

che Creonte ritiene di punire;

per questa colpa mi ha fatto afferrare

da forti mani violente, e senza

cortei nuziali né velo di sposa,

senza la gioia di marito e figli,

via dagli amici or vengo strappata

per scendere da sola alla dimora

dei defunti, le gelide caverne

che, ancora viva, mi daranno asilo.

Qual legge degli dèi ho trasgredito?

Quale divinità debbo invocare?

Accusa di empietà ha guadagnato

la devozione mia. Se sgradite

agli dèi le mie prove saranno,

riconoscer potrò d'aver sbagliato,

ma se l'errore fosse invece loro,

che non debban patire sofferenze

ancor più gravi di quelle che loro

ingiustamente a me fanno patire.

 

CORIFEO

La tempesta che in lei s'è scatenata

non dà accenni di voler cessare.

 

CREONTE

Queste guardie che via la porteranno,

soltanto abbandonando la lentezza

qualche castigo potranno evitare.

 

ANTIGONE

Parla di morte quel che è stato detto.

 

CREONTE

Io non voglio per nulla confortarti

sulla condanna che sarà eseguita.

 

ANTIGONE

O Tebe che sei la città del padre

e degli antenati, son trascinata

a forza. Guardate voi, maggiorenti

della città, la superstite sono

dei figli del re, quali mai soprusi,

e da chi, io devo sopportare

sol per avere amato la pietà!

(Antigone è trascinata via)

 

 

 

QUARTO STASIMO

 

 

CORO

Anche Danae sopportò di cambiare

la luce del cielo con bronzea cella:

in letto sepolcrale fu costretta,

anche lei di nobili natali,

figlia mia. In quanto custodiva

di Zeus il figlio che pioggia dorata

generato aveva. E' sì tremendo

il potere del destino che non c'è

la ricchezza, né la guerra, né torri

a difesa od offesa, e nemmeno

nere navi avventate sul mare

che possano sfuggire al loro fato.

Prigioniero di Dioniso il figlio

di Driante degli Edoni sovrano,

carico d'ira fu legato e chiuso

in carcere di pietra per parole

insolenti che aveva pronunciato.

Così smorzato risultò il furore

accumulato nella sua follia.

Si rese conto infine dell'offesa

recata al dio con l'ingiuriosa lingua:

di spegner egli infatti meditava

il sacro fuoco che dalle Baccanti

si sprigionava, irritando inoltre

le Muse che del flauto erano amanti.

Presso il duplice mare dove s'ergon

le Cianee rupi, si stendon le spiagge

del Bosforo con quelle della Tracia

Salmidesso dove Ares, del luogo

protettore, di Fineo vide i figli

ciechi, trafitti con punta di spada

dalle mani sanguinanti della

consorte feroce per crudeltà.

I due figli di Fineo straziati

dall'atroce sofferenza, lamentavano

le nozze infelici della madre,

appartenente all'antica stirpe

degli Eretteidi, figlia di Borea,

a sua volta figlia di dèi, come

una cavalla da corsa allevata

in antri lontani dai paterni

uragani, anche su lei piombaron

fatalmente le parche immortali.

 

 

 

QUINTO EPISODIO

 

 

TIRESIA

Tebani, in due siamo venuti,

tenete però conto di uno solo:

anche i ciechi con guida han da viaggiare.

 

CREONTE

Che c'è di nuovo, o vecchio Tiresia?

 

TIRESIA

Te lo dirò, ma tu obbedisci al vate.

 

CREONTE

I tuoi consigli mai ho trascurato.

 

TIRESIA

Infatti, ben governi la città.

 

CREONTE

Posso affermare che m'hai dato aiuto.

 

TIRESIA

Sul rasoio della sorte stai marciando.

 

CREONTE

Cosa c'è? Non mi far rabbrividire.

 

TIRESIA

Per saperlo devi ascoltare i segni

dell'arte mia. Sull'antico seggio

augurale stavo io seduto,

dove gli uccelli arrivan da ogni parte,

quando udii uno strano starnazzare:

dallo sbatter delle ali capii

che si stavan straziando con gli artigli

fino ala morte. Impaurito, allora,

le vittime nel fuco degli altari

gettai, ma dai loro corpi solo

grasso colava fra fumo e cenere,

la bile evaporava verso l'alto,

le cosce erano solo ossi scarniti.

Così mi ha detto questo ragazzo che

mi fa da guida, perché ad altri guida

io possa fare. Vaghi responsi

di oscuri sacrifici, previsioni

infauste; la città è ammalata

per tua colpa: altari e focolari

sono intasati dal cibo per cani

e per uccelli strappato al caduto

figlio d'Edipo. Ora le preghiere

gli dèi rifiutano, sacrifici anche,

il canto degli uccelli è soffocato

per il grasso ed il sangue di un ucciso

dilaniato. Rifletti, figlio mio,

lo sbagliare è comune ai mortali,

ma il saggio è sempre pronto a riparare

l'errore. Stolto è colui che riparo

non prende mentre il male diventa

maggiore; dai la pace a chi è caduto,

non è prodezza uccidere un morto,

e nemmeno infierire sul suo corpo.

Questo dico soltanto per tuo bene:

ascoltami e farai cosa migliore.

 

CREONTE

Anche tu, vecchio, or novello arciere

hai scelto me come miglior bersaglio?

Neppure la vostr'arte nel passato

mi ha risparmiato, e posso ben dire

che da voi "sono stato venduto

e caricato". Ma per guadagnare

trafficate con l'elettro di Sardi

o con l'oro indiano, non con quest'uomo!

Mai riuscirete a darmi sepolcro,

neppure se le aquile di Zeus

portassero i brandelli del mio corpo

fino al trono del dio, neanche allora

chiederei sepoltura, che i mortali

non posson contaminare gli dèi,

però, vecchio Tiresia, le cadute

peggiori son fatte se disonesti

pensieri, per raggiungere guadagno,

sotto belle parole son celati.

 

TIRESIA

C'è qualche uomo che sa, che pensa...

 

CREONTE

Che sa che cosa? Sentiamo anche questa

importante sentenza universale.

 

TIRESIA

... che la saggezza è il supremo bene.

 

CREONTE

Come il supremo danno è la stoltezza.

 

TIRESIA

Da questa malattia sei tu colpito.

 

CREONTE

Offendere non voglio un indovino.

 

TIRESIA

Ma se le mie parole tu rifiuti

dicendo che il falso profetizzo.

 

CREONTE

La vostra razza è avida di oro.

 

TIRESIA

Che i tiranni ammucchian turpemente.

 

CREONTE

Stai parlando al tuo sovrano, lo sai?

 

TIRESIA

So che sei a capo di questa città.

che tu hai salvato grazie ai miei consigli.

 

CREONTE

Sei bravo come vate, ma purtroppo

tu non sai condannare ingiuste azioni.

 

TIRESIA

Mi spingerai a rivelar segreti

che nell'animo mio eran ben chiari.

 

CREONTE

Allora vuota il sacco! Dei guadagni

non dobbiamo parlare in nessun modo.

 

TIRESIA

Io parlo solo per il tuo interesse.

 

CREONTE

Quel che ho deciso comprar non potrai.

 

TIRESIA

Stammi a sentire: non trascorreranno

molti giri di sole che un morto

darai in cambio del morto insepolto.

Questo, però, è un morto da te nato

che scende in Ade dove murato hai

una persona viva, ed hai sottratto

un morto che senza funebri onori

qui trattieni. Ai divini dell'abisso

l'offesa brucia e così ai celesti.

Ma ci son le Erinni vendicatrici

all'agguato,ministre degli dèi

al varco sono e a lor dovrai pagare

i danni che il tuo orgoglio ha causato.

Non ti darei queste informazioni

se dall'oro fossi stato corrotto.

Non molto tempo dovrà poi passare

che si udranno lamenti in casa tua

proveniennti da uomini e da donne.

Persino le città ti son nemiche

ora che i resti trovan sepoltura

nei corpi degli uccelli e delle fiere;

un immondo fetore si propaga

a tutti i focolari delle case.

Sopraffatto dalla collera, verso

di te, come arciere, lanciai dardi

infuocati a cui non sfuggirai.

Riconducimi a casa, o fanciullo,

costui deve sfogare la sua ira

sui più giovani, e imparare deve

a tenere di più la lingua a freno

e a esprimere giudizi più sensati

di quelli che ora qui è riuscito a fare.

(esce)

 

CORIFEO

O sire, l'indovino se n'è andato

annunciando tremende profezie.

Ben sappiamo, da quando i miei capelli

da neri bianchi sono diventati,

che mai menzogna è stata pronunciata

da questo uomo alla nostra città.

 

CREONTE

Anch'io lo so e mi trovo turbato.

Credere è duro, ma cosa tremenda

è esercitare opposizione e poi

creder nella sventura in modo eguale.

 

CORIFEO

Occorre molta prudenza, Creonte.

 

CREONTE

Secondo te, che cosa c'è da fare?

Dillo se sai ed io ti seguirò.

 

CORIFEO

Non mandar la fanciulla alla caverna

ed erigi un sepolcro per il morto.

 

CREONTE

Questo consigli, e credi che io ceda?

 

CORIFEO

Sì, sovrano, e cerca di far presto:

le sciagure mandate dagli dèi

colpiscono in fretta gli sprovveduti.

 

CREONTE

Certo, a fatica, ma muto parere:

contro il destino non si può lottare.

 

CORIFEO

Vai subito, sovrano, ed agisci

da solo, altri non incaricare.

 

CREONTE

Così come sono, andrò. Servi,

correte tutti senza eccezione, là

sulla collina. Prendete le scuri

e quanto occorre. Ora che ho mutato

pensiero, io stesso che l'ho legata

la libererò. Il modo migliore

di trascorrer la vita è proprio quello

di rispettar le leggi che ci sono.

 

 

 

QUINTO STASIMO

 

 

CORO

Dio Bacco che possiedi molti nomi:

onore della fanciulla Tebana,

progenie della stirpe del tonante

Zeus, tu protettore d'Italia,

tu che regni nel grembo di Demètra

Eleusinia, tu che abiti

a Tebe, la patria delle Baccanti,

lungo il tortuoso corso dell'Ismene,

sui già seminati denti del drago,

o Bacco, contemplato dalla vampa

sfavillante delle torce in vetta

dove accorrono le Baccanti ninfe

Coricie, te ammirano le acque

della Castalia sorgente e i versanti

d'edera erbosi dei monti Nisei,

e la vasta pianura coi vigneti,

e voci divine gridano "evoè"

quando vieni alle contrade di Tebe.

Tebe, la città che onori di più

fra tutte le altre, come tua madre,

dal fulmine colpita, la onora;

vieni a vederla ora che è straziata

da morbo violento, vieni col piede

purificatore giù dal Parnaso

o lo stretto di Euripo lamentoso.

Tu che nel cielo guidi il vagare

degli astri fiammeggianti, che i canti

notturni ascolti, o figlio di Zeus,

mostrati con le Tiadi tue ancelle

che in festa danzano tutta la notte

per te, Bacco, di gioia dispensiere.

(arriva un nunzio)

 

 

 

ESODO

 

 

NUNZIO

Voi che abitate nei dintorni delle

case di Cadmo e Anfione, non c'è uomo

che si possa lodare o biasimare

secondo i casi. La sorte che aiuta

l'infelice, colpisce il fortunato:

nessun può dire quando finirà.

Correva un tempo, infatti, che Creonte

degno d'invidia, almen per me, sembrava;

questa terra Tebana dai nemici

avea salvato e quindi governava

la città, orgoglioso dei nobili

figli. Ma purtroppo adesso appare

tutto perduto, perché quando un uomo

rinuncia alle gioie della vita,

un morto che respira si può dire.

C'è abbondante ricchezza nella casa,

può concedersi una vita regale,

ma se manca la gioia di godere

per il resto io certo non darei

neppure l'ombra di un filo di fumo.

 

CORIFEO

Quale altra sventura ad annunciare

sei venuto per i nostri sovrani?

 

NUNZIO

Sono morti, ma per colpa dei vivi.

 

CORIFEO

Chi ha ucciso e chi invece è perito?

 

NUNZIO

Emone è morto, e proprio di sua mano.

 

CORIFEO

Mano paterna o invece la sua?

 

NUNZIO

La sua. Era sdegnato contro il padre

che Antigone aveva condannato.

 

CORIFEO

Del vate s'è avverata la profezia.

 

NUNZIO

Se così stanno le cose, bisogna

ora pensare al resto che rimane.

 

CORIFEO

Sta arrivando Euridice, la infelice

di Creonte sposa. Viene dal palazzo

per caso forse, oppur perché ha saputo

della tragedia capitata al figlio.

(entra Euridice)

 

EURIDICE

Tebani, ho udito le vostre parole

mentre uscivo di casa per recarmi

da supplice a Pallade, la dea.

All'orecchio m'è giunta la parola

di un male che ha colpito la mia casa:

caddi allora di colpo fra le braccia

delle ancelle e svenuta rimasi.

Voglio sentire ancor questa notizia,

non temete, a soffrire ho imparato.

 

NUNZIO

Cara regina, parlerò io che

ero presente: il vero sol dirò.

Perché dovrei acquietarti con parole

che apparirebbero poi menzognere?

La verità è sempre più sicura.

Fui io a far da guida al re tuo sposo

fino all'estremità della pianura

dove giaceva ancor, senza cordoglio,

di Polinice il corpo dilaniato

dalle zanne dei cani randagi.

Dopo aver pregato la dea custode

delle strade e Plutone perché

l'ira lor trattenessero, lavammo

con acqua ciò che restava del corpo,

quindi, alzato un tumulo di terra,

all'oscura caverna ci avviammo

per liberar Antigone fanciulla.

Ancora da lontano qualcun'udì

lamenti provenire dalla grotta

non consacrata e subito l'annuncia

a Creonte che, nell'avvicinarsi,

ode lamenti insieme a una voce

disperata. Creonte scoppiò in pianto:

"infelice me" disse "è il cammino

più doloroso che abbia mai percorso,

sento la voce di mio figlio. Servi!

correte più veloci che potete!

Accostatevi all'imboccatura

del sepolcro attraverso le rimosse

pietre, ascoltate se d'Emone è voce,

o son stato inganato dagli dèi."

Noi l'ordine eseguimmo in fretta:

qual pietoso spettacolo scoprimmo!

Appesa per un laccio della veste

che aveva attorcigliato intorno al collo,

di Antigone il corpo penzolava,

su di lei, stringendola alla vita,

s'era gettato Emone piangente

per il gesto compiuto dalla sposa,

e per l'ordine emanato dal padre

responsabile di tragiche nozze.

Come il padre lo vide, con gemito

si avvicinò: "che cosa stai facendo?!

Questo fatto ti fa perdere il senno?

Esci di qui, ti prego" ma il figlio

gli rivolse un'occhiata inferocita,

gli sputò in volto ed estrasse la spada,

poi vibrò un colpo, ma sbagliò bersaglio,

allor puntò la spada su se stesso,

se l'affondò in un fianco e, sanguinante,

si avvicinò di nuovo alla fanciulla,

l'abbracciò stretta e su di lei morì.

Furon questi i lor riti nuziali

compiuti nella casa dei defunti.

Quale solenne esempio per gli umani,

che fra i molti mali in agguato

la perdita del senno è il peggiore.

(Euridice rientra nel palazzo)

 

CORIFEO

Se n'è andata senza dir parola,

né buona, né cattiva. Che pensare?

 

NUNZIO

Paura ho anch'io,ma anche speranza

che non voglia in pubblico mostrare

per la morte del figlio, il dolore

che sfogare sotto il proprio tetto

potrà liberamente e poi ordinare

alle ancelle il lutto della casa.

La reputo assennata a un punto tale

da non poter commettere pazzie.

 

CORIFEO

Non so che dir, ma un silenzio eccessivo

equivale ad un pianto prolungato.

 

NUNZIO

Lo sapremo se entriamo nel palazzo,

scopriremo se c'è un risentimento

nascosto nel suo cuore. Hai detto bene:

anche un lungo silenzio è minaccioso.

 

CORIFEO

C'è il re in persona che qui sta venendo.

Ha tra le braccia la prova concreta

che il disastro accaduto non dipende

da altri, bensì dal suo stesso errore.

(entra Creonte con i servi. Ha tra le braccia il corpo del figlio)

 

CREONTE

Sciagurati errori dalla mia mente

pazza provocati. Un sangue solo

per uccisi e uccisori versato.

Sian maledette le mie decisioni

che hanno recato danno così grave.

Oh, figlio mio, che nella giovinezza

la tua vita per sempre ha avuto fine

non per tua, ma per mia dissennatezza.

 

CORIFEO

Il giusto troppo tardi riconosci.

 

CREONTE

Finalmente ho capito, misero me!

E' stato un dio a colpirmi sulla testa

con un macigno e che poi mi buttò

su vie spietate, così calpestando

ogni felicità nella mia vita.

Queste le pene che toccano all'uomo!

 

NUNZIO

Le sventure si ammucchian, mio sovrano,

sopra di te: una la tieni in braccio

mentre un'altra ti aspetta nella casa.

 

CREONTE

Quale male peggiore può capitarmi?

 

NUNZIO

E' morta la tua sposa, l'infelice

madre del morto che al seno ti stringi.

E' stato poco fa, quando con lama

la misera s'è inferta una ferita.

 

CREONTE

Dimora inesorabile di Ade

perché mi uccidi? E tu, messaggero

di lutti atroci, dimmi quale nuova

devi ancora recarmi? Tu, un uomo

ch'era già morto hai di nuovo ucciso.

Con l'annuncio di morte della sposa

la rovina s'è ancor di più aggravata.

 

CORIFEO

Puoi vederla, non è nelle sue stanze.

 

CREONTE

La vedo, sì, questa nuova sventura!

Qual'è la sorte che ancora m'attende?

In braccio un morto, un altro davanti

colpiti tutt'e due dalla sventura.

 

NUNZIO

Ai piedi dell'altare s'è trafitta

con la spada affilata, gli occhi chiusi,

dopo aver pianto la fine gloriosa

di Megareo, il suo primo figlio,

quindi di Emone, sciagura tremenda

invocò sopra di te con l'accusa

d'essere l'uccisore dei suoi figli.

 

CREONTE

E' finita,non c'è per me uno scampo!

Perché qualcun non m'infila nel petto

una spada affilata? Sciagurato

è il dolore che provo dentro il cuore.

 

NUNZIO

E' tremenda l'accusa pronunciata

da tua moglie per la morte dei figli.

 

CREONTE

E in quale modo ella s'è uccisa?

 

NUNZIO

Sotto il fegato si colpì, appena

venne a saper della morte di Emone.

 

CREONTE

Su nessun altro potran ricadere

queste colpe: io da solo l'ho uccisa.

Presto, servi, trascinatemi via

lontan di qui, non perdete altro tempo,

io son finito: non son più nessuno!

 

CORIFEO

Questo è un buon consiglio. Se c'è qualcosa

che il male aiuti, è proprio l'abbreviare

la durata di quello stesso male.

 

CREONTE

Orsù, venga finalmente l'ultima

mia sventura e mi porti gradito

l'ultimo giorno di mia vita. Orsù,

che non possa vedere un altro giorno!

 

CORIFEO

Questo avverrà, ma ora occorre fare

quello che non può esser rimandato.

Alla cura del resto penseranno

coloro che di tutto hanno cura.

 

CREONTE

Nella preghiera che poc'anzi ho fatto

tutto quel che desidero è racchiuso.

 

CORIFEO

A pregare rinuncia che i mortali

non scampano a sciagura decretata.

 

CREONTE

Lontan da qui portate questo pazzo

che, non volendo, ha ucciso te, figlio,

e te, mia sposa, e che non sa dov'ora

quale dei due guardare o dove aiuto

cercare: tutto è incerto nelle mani

ad un insopportabile destino

senza pietà che m'è crollato addosso.

 

CORIFEO

Mantenere il controllo della mente

è il segreto per essere felici;

poi bisogna evitare l'empietà

per tutto ciò che riguarda gli dèi.

L'arroganza che usano i superbi

con castighi sarà poi scontata:

la vecchiaia soltanto può insegnare

ad essere assennati nella vita.

 

 

 

FINE DELLA TRAGEDIA

 

 

 

 

 

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