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CHE COSA STANNO
SUONANDO DI SOTTO?
(due parti)
[Testo tutelato
dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]
Breve sinossi:
Un fallito attentato ad un uomo politico scatena in lui una serie di riflessioni: quelle sul suo passato di impegno che gli ha fatto trascurare la moglie e la figlia. Come rimediare al senso di solitudine che lo attanaglia? Il protagonista cerca una via d’uscita, ma tornare indietro è impossibile e deve sopportare la sua condanna, adesso che anche il successo conquistato gli sembra cosa trascurabile.
Genere: dramma
Durata: due tempi
Personaggi: 8 (5 uomini e 3 donne). Il lavoro può essere interpretato da un numero minimo di 4 uomini ed una donna.
Pubblicata da Serarcangeli Editore per conto della Società Italiana degli Autori Drammatici (S.I.A.D.)
RAND, l'amico
CRABER, il segretario
FIN, il giardiniere
HELÈNE, la moglie
ANN, la governante
LA MADRE
Un fotoreporter
La scena:
Uno dei salotti della villa di Ben Igor. Di fronte la porta finestra che conduce in giardino: a destra e a sinistra due porte che conducono in altri locali. Su un mobile un vaso rotondo per pesci.
(Brusio di voci
che viene da sinistra. Ann entra da destra e attraversa la scena. Parla a voce
alta e, subito dopo, il brusio cessa).
ANN – Silenzio, per carità!... Un po' di rispetto... i
medici hanno raccomandato soprattutto il silenzio...
(esce a sinistra e
richiude la porta).
(Il telefono nella
stanza incomincia a squillare: da sinistra entra Craber che va a rispondere).
CRABER – ... Pronto sì, sono Craber... è qui adesso, nelle
mani dei medici... no, non è rimasto ferito, per fortuna... è ancora presto per
dire se ci saranno conseguenze: sono i medici che devono rispondere... che
effetto m'ha fatto appena l'ho visto?... Mi è sembrato tranquillo... sì,
abbastanza tranquillo... di più non saprei... bene; riferirò della sua
telefonata... la ringrazio... (depone il ricevitore ma il telefono squilla
di nuovo)... Sono Craber, il segretario... sì, è qui... a casa sua,
insomma... non è stato portato all'ospedale perché è stato lui a rifiutarlo...
e poi, probabilmente, non ce n'era bisogno... (Sulla porta di sinistra
appare Ann che fa qualche gesto)... un momento, per favore... (Ad Ann
con una mano sulla cornetta)... non faccia entrare nessuno, intesi? (Ann
scompare)... diceva, dunque?... Guardi che io non sono in grado di darle
queste informazioni... può rivolgersi alla polizia, se crede... va bene,
riferirò... (abbassa il ricevitore e va alla porta di sinistra; ad alta
voce)... No, i riflettori non vanno qui: le riprese televisive le faremo in
biblioteca... Ann, gli indichi la strada, senza passare di qua... (Suona il
telefono; Craber ha un gesto di noia, poi va all'apparecchio)... sono
Craber... Igor è di là con i medici... no, non è ferito, ma dopo quello che è
successo vorranno fare dei controlli, no?... Non posso dirle niente... le
ripeto che non sono in grado di dirle come si sono svolti i fatti... non c'ero
mica in macchina con lui, io... (con una mano sulla cornetta, a voce alta
verso sinistra dove è ricominciato il vocio)... silenzio di là!... (Appare
Ann)... non faccia far confusione... qui non si sente nulla!... (Ann
scompare e chiude la porta)... Mi scusi, ma c'è la casa piena di gente:
giornalisti, fotografi... un inferno... sì, le ripeto che Igor è rimasto illeso
e che in auto era solo... a un semaforo è successo, all'imbocco della
circonvallazione... almeno per quanto mi hanno riferito... se vuole maggiori
particolari deve chiederli alla polizia... va bene... appena potrò parlargli
riferirò della sua telefonata... (abbassa il ricevitore; scrive
un'annotazione e il telefono squilla ancora)... Sono il segretario di Ben
Igor... dica pure, sto scrivendo... (ripete ciò che gli viene dettato)...
amici partito et estimatori angosciati et indignati delittuosa tracotanza... (Uno
scoppio di voci più alto)... Scusi, ma non posso ricevere qui questa
comunicazione: la passo su un altro apparecchio... un attimo, per favore... (stacca
una spina; a voce alta)... che diavolo succede, si può sapere?!... (Ad
Ann che è apparsa)... qui non si può telefonare... vado a prendere la
comunicazione nel mio ufficio... faccia fare meno chiasso, se ne è capace... (Esce).
ANN –
(sulla soglia della porta di sinistra, alla gente che è
nell'altra stanza) – Un po' di silenzio, per favore!... Non siete a casa
vostra! (Il brusio si attenua; Ann chiude la porta, attraversa la scena ed
esce dalla porta di destra).
(Da sinistra entra
Rand a ritroso, parlando e respingendo qualcuno che è nell'altra stanza).
RAND – Non posso dirvi niente perché non so niente... ma
cosa volete che sappia?... Non c'ero su quella macchina, io... sì, i proiettili
sono andati tutti a vuoto... tre o quattro, non so... un po' di pazienza...
appena avremo notizie ve le daremo... eeeeeh!... cominciate a seccarmi,
adesso!... Agente!... Che cosa ci sta a fare qui, lei?!... Faccia sgombrare!...
Non siamo al mercato!... (Entra definitivamente sbattendo la porta. Si
dirige alla porta di destra e l'apre. Appare Ann).
ANN – Lei qui non può entrare.
RAND – Ma se vi ho dato una mano finora a tenere a bada
quegli energumeni.
ANN – Ho l'ordine di non fare entrare nessuno.
RAND – E va bene!... Ci sono ancora i medici di là?
ANN – Sì, ci sono ancora i medici.
RAND – Stia bene attenta a quando vanno via, di non
lasciar scivolare dentro qualcuno.
ANN – Non può entrare nessuno, le ho detto.
RAND – Giornalisti e fotografi sono come la sabbia: si
trovano dappertutto quando tira un po' di vento.
ANN – Di là non entreranno.
RAND – Il suo padrone lo voglio io, caldo, caldo, prima
degli altri.
(Ann
rientra a destra e chiude la porta. Rand va a cercare di telefonare, ma si
accorge che l'apparecchio è isolato. Apre la porta di sinistra; chiamando).
RAND
– Craber!... Craber!...
CRABER
(apparendo con un certo ritardo) – Sto
telefonando nel mio ufficio... che c'è?
RAND – E non può lasciarlo a qualcun altro quel maledetto
telefono?
CRABER – Ha bisogno di me?
RAND – Certo che ho bisogno... può immaginarselo, no?...
Con tutto quello che c'è da fare.
CRABER – Dica.
RAND – Lei era qui quando è arrivato Igor?
CRABER – Sì, ero qui.
RAND – C'era qualche giornalista in giro, per caso?
CRABER – No, la stampa è arrivata più tardi.
RAND – Teniamola ancora a distanza, la stampa... almeno
finché al giornale non siamo pronti con l'edizione straordinaria.
CRABER – Ho fatto mettere due agenti sul retro della casa...
uno è qui fuori: nessun estraneo può entrare.
RAND – Telefoni al partito e si assicuri che tutta la
segreteria sia stata informata della riunione.
CRABER – Va bene.
RAND – Poi lasci qualcun altro al telefono e si tenga
libero per tutto il resto.
CRABER – D'accordo.
(Craber esce a sinistra. Rand va alla
porta di destra e l'apre: appare Ann).
RAND – Sono ancora dentro i medici?
ANN – Sono ancora dentro.
RAND – Se la prendono con comodo, mi pare.
ANN – Il tempo che ci vuole.
RAND – Non c'è pericolo di esagerare? I proiettili non
l'hanno neppure sfiorato.
ANN – Chi è che deve decidere, i medici o lei?
(Ann
si ritira e richiude la porta. Rand passeggia per la stanza guarda l'orologio;
ha qualche gesto di impazienza, poi va a spalancare la porta di sinistra. A
voce alta).
RAND – Craber!... Craber!...
CRABER –
(appare dopo un po’) – La segreteria è stata
informata: alla riunione ci saranno tutti. Il giornale ha bisogno subito di
foto.
RAND – Le manderemo fra poco. Vada lei a vedere a che
punto è questa visita... c'è un mastino di guardia al quale non vado troppo a
genio.
(Craber apre la porta a destra ed entra
nella stanza. Ritorna poco dopo).
CRABER – La visita è quasi finita.
RAND – Lo sa Igor che lo sto aspettando?
CRABER – Verrà subito di qua.
RAND – Bisogna prepararsi, allora... di là c'è il
fotoreporter del nostro giornale, guardi di portarlo qui... (Craber si avvia
verso sinistra)... cerchi di non farsene accorgere dagli altri, o si
scatena l'inferno.
(Craber esce e rientra poco dopo con un fotoreporter).
RAND – Com'è andata?
CRABER – Credo di avercela fatta.
RAND
(si accosta con l'orecchio alla porta di sinistra)
– Pare anche a me: non si sente nulla.
CRABER
(va verso la porta di destra) – Vado a vedere
quanto manca. (Esce).
RAND
(al fotoreporter) – Tienti pronto a
scattare... poi le foto bisogna portarle subito al giornale: ne hanno un
bisogno immediato.
CRABER
(entra da destra) – E' qui! (si fa da parte
per lasciar passare Igor).
RAND
(avanza a braccia aperte) – Igor!... (L'abbraccia,
poi, al fotografo che ha continuato a scattare)... dall'altra parte, ora...
(Il fotoreporter si sposta e Rand ripete l'abbraccio)... basta così...
Craber, telefoni al giornale che le
foto stanno arrivando... (Craber e il fotoreporter escono da sinistra. Rand
osserva Igor)... tutto sommato mi sembri in buono stato: il pericolo vero
era quello dei medici, ma tu l'hai superato brillantemente.
IGOR – Non è ancora finito: sembra che ci siano altri
esami da fare.
RAND – Aspetteranno il loro turno, questa volta. Prima
abbiamo diverse cosucce da sbrigare insieme.
IGOR – Quali cosucce?
RAND – Non te l'immagini? Conferenze stampa, interviste,
dichiarazioni, riprese televisive... il pubblico è assetato di notizie. Ho già
buttato giù un abbozzo di programma.
IGOR – Un programma?
RAND – Non c'è da perdere tempo: il ferro va battuto
finché è caldo. Fra mezz'ora c'è la riunione della segreteria, qui a casa tua.
IGOR – Qui?
RAND – E dove, se no? Meglio non farti muovere, per ora.
IGOR – Ma era proprio necessario che...?
RAND – Cosa dici, Igor? Vuoi che non sia necessario, dopo
quello che è successo?
IGOR – Proprio per quello che...
RAND – Proprio per quello dobbiamo discutere, organizzare,
decidere. Ti vedo un po' perplesso... o sbaglio?
IGOR – Mi sembrava...
RAND – Che cosa ti sembrava?... Sei ancora nelle nuvole
per quello che ti è capitato. Torna a terra, dài.
IGOR – Penso che, prima, bisognerebbe scoprire chi è
stato.
RAND – Chi è stato?! Siamo, per caso, al comando di
polizia?! Tocca a noi aprire le indagini?… Che cosa dici, Igor?!... Secondo te
chi pensa che sia stato, la gente? Ecco, quello è il colpevole.
IGOR – E se non fosse quello?
RAND – E' quello lo stesso. Cosa cambia, me lo vuoi dire?
IGOR – Non cambia nulla... dal nostro punto di vista.
RAND – L'hai detto! Dal nostro punto di vista. L'unico che
esista.
IGOR – E se vien fuori che ci siamo ingannati, e che
quello non c'entra per nulla?
RAND – E' il buonsenso comune ad accusarlo. Vuol dire che
chiederà un biglietto di scuse alla pubblica opinione. (Violento scoppio di
voci a sinistra)... Ma che cosa sta succedendo di là?... (Spalanca la
porta; chiamando)... Craber!... Craber!...
CRABER
(entrando agitato) – Non ce la faccio più con
quelli: vogliono entrare a tutti i costi.
RAND – Mi meraviglio di lei, Craber, non riesce a
cavarsela con un pugno di giornalisti?
CRABER – Sono belve scatenate quelle.
RAND – Ma cosa mi racconta?! Chiami un agente e butti
fuori tutti. Devo proprio insegnargliele io certe cose? (Craber esce)
Neppure di fare questo è capace il tuo segretario?
IGOR
(che s'è avvicinato al vaso dei pesci rossi) –
Lo sai a che cosa pensavo in quel preciso momento? (Accarezza il vaso)...
a questo.
RAND – Stai parlando dell'attentato?
IGOR – Appunto.
RAND – Vuoi dire che...?
IGOR – Un motociclista che si affianca alla mia macchina
ferma al semaforo... che tira fuori una pistola... che spara... e intanto la
mia mente sta nuotando con i pesci di questo vaso...
RAND – Un po' strano lo è, effettivamente.
IGOR – ... inchiodato sul sedile dell'auto, pietrificato
dal terrore... ma con il cervello libero di seguire le evoluzioni dei pesci
dietro questo cristallo... Cosa dici, sto per diventare pazzo?
RAND – I medici non se ne sono accorti: è giusto avere
qualche dubbio.
IGOR – E' stato per qualche attimo, però... poi il
parabrezza s'è frantumato e non ho visto più nulla... o meglio, ho visto la
situazione rovesciarsi.
RAND – Cioè?
IGOR – Ho capito che il pesce ero io sotto il cristallo del
parabrezza, che non avevo vie d'uscita, che il mio mondo era limitato allo
spazio che occupavo sul sedile dell'auto.
RAND – Niente male questa considerazione. Non dimenticare
di tirarla fuori parlando con la stampa. Devi trovare una ragione plausibile per
i pesci, però.
IGOR – Una ragione plausibile?
RAND – Perché proprio i pesci dovevano venirti in mente?
IGOR – Per il casco del motociclista... rotondo come
questo vaso... sembrava che avesse infilato la testa qui dentro.
RAND – Perfetto.
IGOR – ... solo che, al posto del guizzare dei pesci,
all'interno c'era il lampo dei suoi occhi.
RAND – Ci siamo! Complimenti, Igor: questa è d'effetto
sicuro.
IGOR – E' la verità, Rand.
RAND – E che importanza ha? Anche la versione più
fantasiosa, se è rivestita di parole usuali, lo sai anche tu, può scendere a un
livello comune e rientrare in una categoria del quotidiano.
IGOR – Tu parli delle reazioni del pubblico.
RAND – E non è quello che conta?
IGOR – Non riesco a pensare alla politica, adesso.
RAND – E non lo devi fare. Daresti l'impressione di voler
strumentalizzare l'accaduto.
IGOR – Non ho voglia di niente, adesso... c'è troppo
chiasso intorno: motociclette, spari, grida della folla... chissà cosa mi
andrebbe bene in questo momento... essere al posto di questi pesciolini, forse,
sott'acqua, nel silenzio...
RAND – Buona idea!
Riposati un po' con loro: c'è ancora una mezz'ora alla
riunione della segreteria.
IGOR – Cosa dici, Rand, lo sapranno loro di essere
prigionieri in un vaso, oppure il cristallo che hanno intorno dà loro il senso
dell'infinito?
RAND – Che ne pensavi tu, dietro quel parabrezza?
IGOR – Avrei dovuto veramente essere un pesce per
conoscere bene i miei rapporti con l'infinito.
RAND – Un infinito che ti sparava addosso. Bella roba! Ma
anche per un pesce, del resto, l'oceano è sempre pieno di agguati.
IGOR – Meglio in questo vaso, allora?
RAND – Lì il cibo non manca mai, e non ci sono
aggressioni.
IGOR – Non c'è neanche l'incontro con i propri simili,
però.
RAND – Chissà se quello conta per loro.
IGOR – Conta più di tutto il resto, credo.
RAND – E allora, sopravvissuto, potrai godertelo tutto
quest'incontro alla prima riunione con la base. Sentirai che acclamazioni.
IGOR – Non ci pensavo più che esiste la politica e che
esiste il partito. Tu riesci qualche volta a dimenticartene?
RAND – Nemmeno quando parlo di pesci, parola d'onore.
IGOR
(con una punta di dolore) – E come fai,
Rand?
RAND – Che domande! Ma se neanche tu, in questi anni, hai
avuto tempo di pensare ad altro!
IGOR – Non mi sembra nemmeno possibile, ora.
RAND – Ti pare che sia venuto il momento di mollare?
IGOR – Di riflettere, almeno.
RAND – Non c'è tempo, Igor. Non si può lasciarsi sfuggire
di mano un'occasione come questa: bisognerebbe essere pazzi furiosi.
IGOR – Buttarsi avanti a testa bassa, allora, senza badare
a dove si può finire?
RAND – E' il momento di dar fiato alle trombe. E' già in
macchina l'edizione straordinaria del nostro giornale, la radio e la
televisione si preparano ad informare il paese... "vile attentato a Ben
Igor... la nostra democrazia e la nostra libertà sono in pericolo..." Mi
stai seguendo, vero?
IGOR – Non ci riesco, Rand.
RAND – Via! Un po' di buona volontà, e di immaginazione,
anche.
IGOR – Ti ho detto che non ci riesco.
RAND – Ti sembra un ragionamento tanto complicato?
IGOR – Non lo so... ho troppe immagini nella mente che si
accavallano, troppi rumori negli orecchi.
RAND – Quelli ce li ho anch'io ed è il momento di farli
cessare... (Si dirige alla porta di sinistra dietro la quale sono scoppiati
clamori di voci spalanca la porta e parla sulla soglia)... Un po' di
silenzio... zitti ho detto!... (Si fa silenzio)... Che cosa succede,
siamo tornati a scuola, quando il maestro esce dall'aula?!... Igor ha bisogno
di riposo: lasciatelo in pace per un po'... fra mezz'ora avremo la riunione
della segreteria... la faremo qui e sarà una riunione brevissima... poi
parleremo alla stampa, con tutti voi... e potrete scattare tutte le foto che
vorrete... abbiamo tempo da vendere per le edizioni della sera e di
domattina... intanto, verrò io a darvi qualche particolare... Craber!... Li
faccia passare nell'altra stanza... (rientra e si rivolge a Igor)...
resta qui tranquillo tu, e riposati... ti farò chiamare appena la riunione
della segreteria è pronta...
(Rand esce a sinistra. Rumori da destra. Igor va ad
aprire la porta di destra; chiamando).
IGOR
– Ann... Ann!...
ANN
(apparendo) – Sono qui, signore.
IGOR – Che cosa sta succedendo?
ANN – Stanno collocando dei riflettori in biblioteca e
accanto alla scala, all'ingresso.
IGOR – Ah, già... la televisione!
ANN – L'hanno disturbata?
IGOR – No. Solo che potrebbero fare più piano.
ANN – Gliel'ho raccomandato, ma loro fanno quello che
vogliono. Se vuole, faccio portare via tutto.
IGOR – Questo non credo sia possibile.
ANN – Perché no? Questa è casa sua.
IGOR – Non oggi. Oggi è casa dei giornalisti, dei
fotografi, degli operatori televisivi.
ANN – Come vuole lei, signore. Dirò che lei si è
lamentato del rumore, e che facciano più piano.
IGOR – Guarda se ci riesci.
(Ann esce; Igor si muove nella stanza; si ferma a riflettere; ha qualche gesto di dispetto).
IGOR
(a se stesso) – ... Era il momento di parlare
chiaro... perché ho lasciato a lui l'iniziativa del discorso?... Ora è più
difficile... bisognerebbe creare una nuova occasione... ah, se invece...!
(Cambiamento
di luci. Igor è vicino alla porta di destra, si gira e avanza ad incontrare
Rand che, entrato da sinistra, viene
avanti a braccia aperte. I due tornano ad abbracciarsi).
RAND – Tutto sommato mi sembri in buono stato: il pericolo
vero era quello dei medici, ma tu l'hai superato brillantemente.
IGOR – Non è ancora finito; sembra che ci siano altri
esami da fare.
RAND – Aspetteranno il loro turno. Prima abbiamo diverse
cose da sbrigare insieme.
IGOR – E da discutere, anche.
RAND – Si capisce. Ho convocato la riunione della
segreteria qui da te, tanto per non farti muovere di casa.
IGOR – Hai avuto troppa fretta, mi pare.
RAND – Ma se non c'è un minuto da perdere! L'edizione
straordinaria sta per uscire. Che cosa vuoi aspettare?
IGOR – Di chiarirci le idee.
RAND – Lo faremo strada facendo. La macchina del partito è
in moto: dove guidarla lo stabiliremo più tardi.
IGOR – Ma se non sappiamo ancora chi è stato!
RAND – Beh, che ti prende? Sei ancora sotto choc per
quello che ti è successo? E' compito nostro trovare il colpevole? Siamo
poliziotti, per caso?
IGOR – Solo scoprendo da dove viene il colpevole possiamo
indirizzare giustamente la nostra azione.
RAND – Dico, vogliamo scherzare, Igor? Cos'ha a che fare
la nostra azione con il colpevole o con i mandanti?
IGOR – Tu non vuoi...?
RAND – No! Per noi potrebbe essere piuttosto deludente
trovare chi ha sparato. Potrebbe saltar fuori lo studente fanatico che crede di
aver ricevuto l'incarico di salvare il paese... un caso pietoso che, magari, fa
anche un po' di tenerezza. Vuoi mettere se il colpevole non viene fuori? Sono
le forze oscure del male che hanno agito... è tutta un'altra cosa!
IGOR – Che efficacia può mai avere un'azione sospesa nel
vuoto?
RAND – Nel vuoto, e perché? Pensi che la gente non abbia
già scoperto il responsabile? Ognuno ha già svolto la sua piccola inchiesta
personale e sa chi ha sparato.
IGOR – E se invece l'opinione pubblica avesse scelto
un'altra strada per identificare il colpevole?
RAND – Quale strada?
IGOR – Quella dell'utile che si ricava da quest'attentato.
RAND – Cioè?
IGOR – Chi verrà a guadagnarci veramente?
RAND – Utili, ricavi, guadagni... non dimentichi mai la
tua materia, eh? Cos'è, una malattia professionale?
IGOR – Non mi hai risposto.
RAND – Cosa vuoi che risponda, che guadagneremo noi?...
Noi che abbiamo corso il rischio di perdere te, un famoso economista, uno dei
maggiori dirigenti del nostro partito?
IGOR – Ma io sono uscito illeso.
RAND – E allora?
IGOR – Non può cominciare di qui un imprevedibile ragionamento?
RAND – Via, Igor, che cosa ti viene in mente?! Le persone
comuni hanno un modo di ragionare semplice e diretto... non ci sono tortuosità,
né malizie...
(Cambiamento di luci. Igor è al proscenio e parla a se stesso).
IGOR – No... no... ho sbagliato un'altra volta! ... Non
era questo quello che volevo dire... non in questo modo... più forza, più
decisione! ... Ancora un'occasione sciupata... ancora una!...
(Igor intanto s'è spostato verso
destra, mentre Rand è vicino alla porta di sinistra. Ad un tratto i due si
voltano insieme e vanno, l'uno verso l'altro, ad abbracciarsi).
RAND – Tutto sommato mi sembri in buono stato: il pericolo
vero era quello dei medici, ma tu l'hai superato brillantemente.
IGOR – Perché sono vivo, Rand?
RAND – Cosa dici?
IGOR – Perché i proiettili sono andati a vuoto?
RAND – Ah... tu ti chiedi...?
IGOR – Perché non mi hanno ammazzato?!
RAND – Che domande, Igor!... La tua buona stella devi
ringraziare.
IGOR – Non si può mancare il bersaglio da quella distanza.
RAND – Si può, invece, si può.
IGOR – Quattro proiettili nel parabrezza... e non uno che
mi abbia sfiorato.
RAND – E hai il coraggio di lamentarti?
IGOR – Voglio sapere il perché.
RAND – Non essere assurdo!... Sì, capisco... ancora sotto
choc, eh?... passerà presto, vedrai.
IGOR – Ho bisogno di una risposta.
RAND – E' stato un caso... un caso fortunato. Nient'altro.
IGOR – Quattro colpi a mezzo metro di distanza: non si può
sbagliare.
RAND – E l'emozione... la fretta?
IGOR – Non c'era niente di questo. S'è levato il guantone
lentamente, ha impugnato la pistola, ha sparato... sempre con estrema calma.
RAND – Una calma apparente per mascherare la paura di
dentro. O si trattava di un robot?
IGOR – Non ha voluto uccidermi.
RAND – Lo escludo. Non si corrono tanti rischi per una
semplice intimidazione.
IGOR – Non ha voluto uccidermi, ti dico.
RAND – E anche se fosse, che cosa cambia?
IGOR – E' da stamani che ci penso; non riesco a muovermi
di lì, capisci?... Un'idea che travolge tutto, che devasta tutto.
RAND – Quale idea, vuoi deciderti a parlare?
IGOR – L'idea di un attentato di cui noi siamo gli unici
beneficiari
RAND – Sei impazzito?!... (Corre alla porta di sinistra
per assicurarsi che sia ben chiusa)... Con la casa piena di giornalisti!...
Che razza di assurdità ti vengono in mente? Ti rendi conto, se una sola parola
di quello che hai detto dovesse trapelare?!... (Prende paternamente Igor per
le spalle e lo scuote)...
Igor... su... torna in te!...
E' stato un brutto momento, ma bisogna superarlo.
IGOR – Mi è nato un mostro dentro: il sospetto.
RAND – Uccidilo subito. Non lasciare che ti faccia del
male.
IGOR – Chi ci guadagnerà con l'attentato?
RAND
(con un gesto di rabbia) – Ancora con questa
roba?!
IGOR – E' un chiodo che s'è piantato qui in mezzo: non è
tanto facile smuoverlo.
RAND – Lo dovrai fare, invece. Vuoi mettere il partito in
difficoltà?
IGOR – Non ce la faccio.
RAND – Lo devi, hai capito?!
IGOR – Pensaci per un momento, Rand... per tanti anni hai
creduto di far parte di una famiglia... di lavorare e di vivere in mezzo ad
amici, ai quali eri legato da stima, da affetto... e all'improvviso senti che
sei rimasto solo... intorno a te non c'è più nessuno... sei diventato un
oggetto, una povera cosa di cui ci si è serviti e che ora si può abbandonare...
RAND – Ma come hai incominciato a pensare a una cosa del
genere?! ... Come t'è arrivata dentro quest'idea?!
IGOR – A poco, a poco, strisciando, come una serpe che
lascia una traccia gelata dove passa.
RAND – E' pazzia, hai capito?!
IGOR – Sì, così... cerca di convincermi: io ho solo
bisogno di quello.
RAND – Sei rimasto solo, dici? Lo vedrai come si solleverà
il partito intorno a te...
IGOR – Ecco quello che ci vuole...!
RAND – ... come ci scateneremo tutti contro questo
attentato criminale.
IGOR – Ora sto meglio, vedi, nel sentirti così sicuro.
RAND – Un oggetto da abbandonare... ma come hai potuto
pensarlo? Non ricordi dove vogliamo portarti?... Eppure sai bene che in questo
momento è riunita la commissione per attribuire la presidenza del
"C.K.S."!
IGOR – E' inutile illudersi: siamo fuori gioco con quella.
RAND – Non più, adesso.
IGOR – Come hai detto?
RAND – Sono aumentate le nostre possibilità, ora.
IGOR
(con un lamento) – Ah!...
RAND – Che hai?
IGOR – L'hai detto, vedi?
RAND – Che cosa, diavolo, ho detto?
IGOR – Che l'attentato serve a noi... a noi soltanto!
RAND – E allora?! Saremmo degli idioti a non sfruttare
fino in fondo tutto ciò che può tornare a nostro vantaggio.
IGOR – Ora tutto è tornato come prima... una caverna
desolata piena di rumori sinistri.
RAND – Cerca di ragionare, Igor: sei un uomo politico, no?
Perché volevano ucciderti, mentre è in corsa la nomina per il
"C.K.S."? Per sbarazzarsi di un candidato pericoloso, no? E' questo
fatto, dunque, che rafforza la tua candidatura.
IGOR – E chi mai ha rischiato tanto per farci questo
favore?
RAND – A volte le azioni sfuggono di mano a chi le compie.
IGOR – Sei sicuro che tutti accetteranno questa versione?
RAND – E' l'unica che venga fuori.
IGOR – Ce n'è un'altra, e devi tenerne conto.
RAND – E quale sarebbe?
IGOR – Quella che nasce dal sospetto che l'attentato sia
stato organizzato nel nostro partito.
RAND (con uno scatto) – Piano, perdio!... (Si
guarda intorno sospettoso)... nemmeno pensare le devi certe cose!... Sai
cosa vorrebbe dire un'idea del genere che viene fuori da noi? un suicidio
politico. Niente leggerezze, intesi? Capisco il tuo stato, la tua confusione,
ma c'è un limite a tutto! Riposati, adesso: è la cosa migliore che tu possa
fare, prima della riunione della segreteria... ti manderò a chiamare io, appena
la riunione è pronta... (Si avvia verso sinistra ma torna indietro)... e
che non ti venga in mente di accennare alle tue fantasticherie... è una cosa
che resta fra te e me, capito?... Vedrai che mi ringrazierai in seguito... a
botta calda si possono fare tanti errori... (ritorna ad andare verso
sinistra)... cerca di riposare... ti farà bene...
(Esce).
(Da destra entra Craber).
CRABER – Vuole dare un'occhiata ai telegrammi che sono
arrivati, e all'elenco delle persone che hanno telefonato per avere notizie?
IGOR – No... non adesso... non ce la faccio, ora.
CRABER – Io torno nel mio ufficio. Mi chiami se ha bisogno
di me.
(Craber esce. Igor si muove nella
stanza, manifestando una certa sofferenza; finalmente si precipita ad aprire la
porta di destra).
IGOR
(chiamando)... – Ann!... (Compare Ann)...
si può sapere che cosa stanno facendo?
ANN – Stanno facendo, dove?
IGOR – Lì fuori... quei rumori impossibili.
ANN – ... Ah, sì... i riflettori che hanno trascinato
dentro, gliel'ho detto... in biblioteca e su per le scale... mi ero
raccomandata che facessero piano...
IGOR – Sembra che vogliano buttar giù le pareti...
senti... senti che roba...
ANN – Ma... ormai li hanno già collocati.
IGOR – E questi, allora, cosa sono, eh?
ANN – ... Questi... che cosa?
IGOR – Questi tonfi, li senti?
ANN – ... No, signore... in questo momento non ci sono
rumori.
IGOR – ... ma ci senti bene?
ANN – Credo di sì.
IGOR – E ti sei mai accorta che io non ci sentissi bene?
ANN – No, certo... non è mai successo.
IGOR – E perché, allora, dovrei sentire rumori che non ci
sono?
ANN – Non lo so, signore... anche adesso?
IGOR – Sì, adesso... tun... tun... tun... vengono di qua,
forse... (Va a spalancare la porta di destra, ma la richiude)... no, non
c'è nessuno... i rumori sono più lontani, più profondi... tun... tun... tun...
(Ann
tende l'orecchio; un istante di silenzio)... allora?
ANN – No, signore, non sento nulla.
IGOR – Ma è impossibile!
ANN – Forse... se posso permettermi... dopo quello che le
successo stamani, lei è ancora scosso e...
IGOR – Dici?
ANN – Non trovò un'altra spiegazione.
IGOR – Può darsi. E se invece si trattasse di una maggiore
sensibilità?
ANN – Come sarebbe a dire?
IGOR – Se le mie facoltà di udito fossero aumentate, al
punto che io riesco a sentire quello che gli altri non sentono?
ANN – Come potrebbe essere accaduto?
IGOR – Non lo so nemmeno io. E' solo un'ipotesi.
ANN – Posso fare qualcosa per lei?
IGOR – Mandami Craber, per favore.
ANN – Subito, signore.
(Ann esce da destra. Igor resta in ascolto e con la mano scandisce i colpi che sente in quel momento. Da sinistra entra Craber).
CRABER – L'aspettano di là, Igor: la segreteria è al
completo. Sono riuniti nel mio ufficio... (va a reinserire la spina del
telefono) bisogna riportare qui la comunicazione.
IGOR – Ha finito Rand con i giornalisti?
CRABER – Sì, proprio ora.
IGOR – E come se l'è cavata?
CRABER – Fenomenale, come sempre: non l'ho mai sentito così
in vena. Ha incominciato a parlare della vostra vecchia amicizia, dei giochi
d'infanzia, degli anni di scuola... e ha finito per illustrare il piano per la
ripresa industriale, e perché il partito ha chiesto per lei la presidenza del
"C.K.S."... (Si accorge che Igor, assorto nei suoi pensieri, non
lo sta ascoltando) ... è successo qualcosa?
IGOR – No, non è niente... mi scusi, Craber. Nemmeno lei
li sente?
CRABER – Che cosa dovrei sentire?
IGOR – Questi rumori che vengono dal profondo... tun...
tun... tun...
CRABER – Prima li ho sentiti anch'io, quando scaricavano i
riflettori dal camion.
IGOR – Non quelli, Craber... parlo di questi, adesso.
CRABER
(ascolta per un attimo) – No, adesso non sento
nulla.
IGOR – E come faccio a sentirli io, allora?
CRABER – Non mi preoccuperei troppo: lei oggi ha avuto una
brutta giornata.
IGOR – Anche lei la spiega in questo modo?
CRABER – Oppure si tratta di rumori strani che a volte ci
entrano nella testa, senza che possiamo spiegarcelo. I fischi negli orecchi,
per esempio.
IGOR – Ha mai sentito parlare di ultrasuoni?
CRABER – Vibrazioni con frequenze che non possono essere
percepite dal nostro orecchio.
IGOR – E se il mio le percepisse?
CRABER – Solo alcuni animali ci riescono, sembra. Guardi che
di là aspettano lei.
IGOR – Vado... vado...
(Igor esce a sinistra. Suona il telefono; Craber va a rispondere).
CRABER – Sono Craber...
Igor è appena uscito da questa stanza... non posso richiamarlo: c'è la
riunione della segreteria e aspettano proprio lui... se vuol dire a me, io lo
vedrò fra poco, alla conferenza stampa... va bene, gli dirò di chiamarla...
quanto manca all'uscita del giornale?... L'edizione è già in macchina?...
Allora aspettiamo le copie... arrivederci...
(Craber lascia il telefono. Da destra entra Ann).
ANN – Sa qualcosa lei su come devono essere fatte le
riprese televisive?
CRABER – Eravamo d'accordo di farle in biblioteca, mi pare.
ANN – E dove sarà il signore, seduto alla scrivania o sul
divano?
CRABER – Questo proprio non lo so. Ma dobbiamo essere noi a
decidere? ... Non c'è un operatore, un regista?
ANN – Ci sono solo due operai che non sanno nulla; però
dicono che sono stati incaricati di spostare il mobilio.
CRABER – E come lo vogliono spostare se non sanno nulla?
ANN – Venga un po' lei a spiegarsi.
CRABER – Mi sembrano diventati tutti matti, oggi...
(Escono tutti e due a destra. Da sinistra entra Igor: cammina lentamente, come se fosse stanco; poco dopo, alle sue spalle, arriva Rand).
RAND – Nulla di grave, Igor?
IGOR – No... non credo ci sia da preoccuparsi.
RAND – Posso fare qualcosa?
IGOR – Puoi scusarmi con gli altri.
RAND – Sei già scusato: tutti hanno capito.
IGOR – Vedere uno che si alza all'improvviso e che lascia
la riunione, deve fare un certo effetto, specialmente a chi sta parlando in
quel momento. Era Tammer, mi pare.
RAND – Si, era lui, ma non se l'è presa per quello. Ha
capito che non dipendeva dal suo intervento.
IGOR – Non so neanche che cosa stesse dicendo.
RAND – Va meglio, adesso?
IGOR – Posso respirare liberamente, almeno; prima avevo
l'impressione di soffocare.
RAND – Vuoi provare a tornare di là?
IGOR – L'idea soltanto mi riempie di terrore.
RAND – Allora non c'è che annullare la riunione.
IGOR – Non potete continuare senza di me?
RAND – La tua presenza è indispensabile. Come facciamo a
prendere impegni su di te, con il tuo stato di salute?
IGOR – Tenetemi fuori per qualche giorno.
RAND – Bisognerà cambiare tutto il programma. Non è una
cosa facile.
IGOR – Non esagerare, adesso. In fin dei conti, era un
programma che avevi costruito in pochi minuti, dopo l'attentato.
RAND – Questo sì, ma...
IGOR
– Ma...?
RAND – C'è la nomina per il "C.K.S." che si
dovrebbe decidere a momenti.
IGOR – Non si può più cambiare mossa, vero?
RAND – No. Con il tuo sono rimasti altri quattro nomi sul
tavolo.
IGOR – Non eravamo in sette?
RAND – Due sono stati ritirati poche ore fa. Non lo
sapevi?
IGOR – No. E perché sono stati ritirati?
RAND – Nuovi approfondimenti dell'inchiesta sullo scandalo
dei noli marittimi.
IGOR – E' triste dover progredire sulle disgrazie altrui.
RAND – Sarà triste, ma è straordinariamente comodo.
IGOR – Uno scandalo a sgretolare... e un attentato a consolidare...
o sbaglio?
RAND – Stssssss!... Vuoi farti sentire da qualcuno?
(Igor si
porta una mano agli orecchi)
RAND – Ancora quei rumori?
IGOR
(fa cenno di sì con la testa) – ... Non
smettono mai, ma a volte mi sembra di non farcela a sopportarli.
RAND – Forse ho sottovalutato le tue condizioni. Dirò a
Holtz di passare da te.
IGOR – Holtz, e perché?
RAND – E' una celebrità in campo psichiatrico, lo sai.
IGOR – Hai fatto da solo la diagnosi? Hai già capito che
ci vuole lo psichiatra?
RAND – Voglio vederti al lavoro al più presto: ho bisogno
di te. Holtz è l'unico che può aiutarti, credimi.
IGOR – Prima di tutto mi dirà che i rumori che sento
esistono soltanto nel mio cervello.
RAND – Perché, esistono anche fuori, forse?
IGOR – Sono troppo precisi, troppo regolari nei loro
intervalli. Solo una macchina può produrli, non un cervello umano.
RAND – E sei tu solo a sentirli?... Noi siamo diventati
improvvisamente sordi?
IGOR – Come spieghi che certi animali avvertono
l'avvicinarsi della tempesta o del terremoto, mentre noi non ci accorgiamo di
niente?
RAND – Tu appartieni alla nostra specie, sei dotato degli
stessi nostri sensi.
IGOR – Questo è quello che sappiamo finora. Siamo certi
che le eccezioni non siano possibili?
RAND – Non parlerai seriamente, vero?
IGOR – Tu che ne dici,
Rand? T'impressionerebbe il fatto di avere un amico in grado di
prevedere i turbamenti atmosferici... e magari, chissà, anche le crisi
politiche...?
RAND – Va già meglio se hai voglia di scherzare.
IGOR – ... Ma forse si tratta di premonizioni molto più
modeste che riguardano soltanto me, la mia vita... segni minacciosi che hanno
il valore di un avvertimento personale.
RAND – Di che cosa dovrebbero avvertirti questi segni?
IGOR – Questo devo ancora scoprirlo.
RAND – Perché non vuoi farlo con Holtz, allora? Lui può
darti una mano.
IGOR – D'accordo,
Rand:
parlerò con Holtz.
RAND – Finalmente una buona notizia! Ora bisogna che vada
a vedere che cosa si può salvare della riunione. La conferenza stampa la faremo
senza di te: diremo che l'attentato ti ha sconvolto e che hai bisogno di
riposo...
IGOR – Ti ringrazio.
RAND – ... Ma un'apparizione in TV nel prossimo
telegiornale dovrai farla per forza.
IGOR – D'accordo per l'apparizione.
RAND – L'intervista la ridurremo all'osso, ma quattro
parole dovrai pur dirle.
IGOR – Farò del mio meglio.
RAND
(andando verso sinistra) – Io vado di là. Tu
resta tranquillo. (Esce).
(Igor
si prende la testa fra le mani e resta immobile per qualche attimo. Suona il
telefono; Igor va a staccare la spina e si allontana, ma ha un'idea; torna a
reinserire la spina e forma un numero).
IGOR
(nell'apparecchio) – ... Pronto?...
Assessorato ai lavori pubblici?... Vorrei parlare con l'assessore... Sono Ben
Igor... pronto, assessore?... Sì, io in persona... assolutamente illeso... la
ringrazio... e ringrazi anche il sindaco... ne parlerete stasera in consiglio
comunale?... Sono confuso per tanta attenzione... di nuovo grazie a tutti... le
ho telefonato per avere un'informazione... lei sa dove abito, vero?... Da
stamani sento dei colpi venire dal sottosuolo... sono colpi sordi, regolari,
come quelli che può produrre una macchina scavatrice... o che so io, qualcosa
del genere... ci sono lavori in corso in questa zona?... Che cosa?... Darà
subito ordine di sospenderli, almeno finché non mi sono rimesso? Allora ci sono
davvero? Ah, non lo sa... ma sì, io li sento chiaramente questi colpi, ma
vorrei esser certo sulla loro natura, sapere che dipendono da lavori in
corso... non può rispondermi subito?... oltre alle opere dell'amministrazione,
ci sono le licenze concesse ai privati?... e persino la possibilità di qualche
abusivo?... capisco... deve informarsi... mi telefonerà appena avrà un quadro
preciso... grazie, assessore... ci conto...
(Igor abbassa il ricevitore. Da destra
entra Craber sventolando un giornale).
CRABER – E' appena arrivato... il titolo mi sembra
azzeccato... (porge il giornale a Igor)... che ne dice?
IGOR
(guarda il giornale distrattamente e lo appoggia
sul divano) – Sì, anche a me sembra giusto...
(Va a guardare oltre la
finestra del giardino).
CRABER – Vuole che sottolinei i passi principali degli
articoli che la riguardano?
(Igor non risponde, assorto nei suoi
pensieri; finalmente si volta verso il segretario).
IGOR – Diceva qualcosa, Craber?
CRABER – Appunto, io...
IGOR
(interrompendolo) – Mi scusi, la prego... ma a
volte non riesco neppure ad accorgermi se qualcuno mi sta parlando.
CRABER – Ancora quei rumori?
IGOR – Ancora quelli: non smettono mai.
CRABER –
Rand
mi ha fatto fissare per lei un appuntamento con Holtz. Passerà di qui nel
pomeriggio.
IGOR – Forse non c'è più bisogno di lui: l'ho scoperto da
solo il perché di quei rumori.
CRABER – E quale sarebbe?
IGOR – E' il battito del mio cuore, la pulsazione del
sangue nelle arterie... vibrazioni che escono dal mio corpo e che ritornano
ingigantite, perché intorno a me e sotto i miei piedi c'è il vuoto, un'enorme
cassa di risonanza nel deserto.
CRABER – Non capisco.
IGOR – E' un semplice, banale caso di solitudine.
CRABER – Come può pensare di essere solo, lei che è al
centro dell'attività del partito? Ci sono migliaia e migliaia di persone che le
sono vicine, che aspettano di ascoltare una sua parola, di leggere un suo
scritto.
IGOR – Ecco che cosa divide! Ogni gradino che sali nella
considerazione degli altri, approfondisce il solco che separa dagli altri.
CRABER – E questa legge agisce solo per lei?
IGOR – Perché qualcosa esista occorre la consapevolezza
della sua esistenza. Io l'ho raggiunta.
(Suona il telefono; Craber va all'apparecchio).
CRABER – ... Sono Craber, il segretario... dica pure a me...
sì... sì... ho capito... va bene... riferirò... (abbassa il ricevitore)...
era l'assessorato ai lavori pubblici: l'assessore fa sapere che in questa zona
l'amministrazione non ha lavori in corso, che non sono state concesse licenze a
privati e che non risulta nemmeno l'esistenza di cantieri abusivi.
IGOR – Era la conferma che aspettavo... ora non ci sono
più dubbi: sono riuscito a scoprirlo il mio inferno!... (Porta una mano al
polso, quindi indica la cadenza dei colpi)... tun... tun... tun... il ritmo
è lo stesso... tun... tun... tun... è convinto che abbia ragione,
Craber?
CRABER – No, Igor: non la posso seguire su questo terreno.
IGOR – E' una fortuna per lei, mi creda. Non sa cosa si
prova a raggiungere questa certezza.
CRABER – Ha bisogno di me?
IGOR – No, vada pure.
(Craber
esce. Igor riprende in mano il giornale, fa per esaminarlo, ma lo getta via;
porta di nuovo le mani alla testa sofferente. Fin appare al di là della
porta–finestra e bussa leggermente sui vetri;
Igor non sente subito, ma, poco dopo, si accorge della presenza di
Fin e va ad aprire).
IGOR – Ah, sei tu!... Non ti avevo sentito, scusami... con
tutto il rumore che c'è intorno a me...
FIN – Ho saputo del fatto... come state, signore?
IGOR – La corteccia non è stata scalfita... ma che fai
lì?... Entra, accomodati...
FIN – Meglio no, signore: sono sporco di terra.
IGOR – Non importa, siediti... lì, su quella poltrona.
FIN – Come volete voi.
IGOR – Sai che mi fa un certo effetto vederti lì seduto?
Non ci sono abituato: non ti ho mai visto in questa stanza. Eri mai entrato qui
dentro, Fin?
FIN – Solo quando mori vostra madre, sei anni fa.
IGOR – Una sola volta in tanti anni che lavori qui!... E
si capisce subito, sai... è come vedere una cosa fuori posto.
FIN – Lo so che non è il mio posto, signore.
IGOR – Non è questo: è l'abitudine, capisci, che ci
conduce dolcemente per mano per sentieri conosciuti e prospettive abituali.
Fin non può trovarsi qui, ma in
giardino, o nel suo alloggio dietro la serra. Vederlo qui è un campanello di
allarme per la nostra pigrizia: è faticoso inserire qualcosa di nuovo
nell'usuale quotidiano.
FIN – State parlando di me, signore?
IGOR – Scusami, Fin: mi stavo sfogando... ma ora non so
bene di che cosa e contro di chi... (Porta le mani alla testa con un gemito)...
Ahi!...
FIN – State soffrendo, signore?
IGOR
(dopo una pausa) – E' passato, non ci
badare... Hai fatto bene a venire... avevo deciso di fermarmi un po' con te, in
questi giorni... ma non si riesce mai a trovare il tempo necessario... ora è il
momento giusto e possiamo parlare insieme... quanto tempo è che non lo
facevamo?
FIN – Un paio di stagioni almeno, signore.
IGOR – Così tanto?!
FIN – L'ultima volta che ho parlato con voi c'erano
ancora i frutti sul ramo.
IGOR – E' proprio vero, allora!... E che cos'è accaduto in
questi mesi?
FIN – L'inverno è stato duro, signore, e lungo. Il gelo
ha strangolato le piante alle radici, e il vento freddo non ha ancora cessato
di spazzare la terra e di torturare i germogli.
IGOR – Una stagione ingrata, vuoi dire.
FIN – Non l'avevo ancora vista fino a oggi così gonfia di
odio, nemica, oscura.
IGOR – Incredibile! Ne parli come di una persona vera...
eccola qui davanti a noi con la sua figura precisa.
FIN – Prima c'era stata la sete a inaridire... non da
noi, si capisce: qui l'acqua non manca mai... ma nelle campagne intorno... mesi
di arsura tormentata: il cuore faceva male davanti alle crepe della terra
schiantata... poi l'acqua è venuta, ma spariva nei solchi e nelle buche, senza
lasciare bagnato...
IGOR – Lo sai,
Fin,
che non mi ricordavo del tuo modo di raccontare?! Le tue parole acquistano
volume, diventano oggetti da toccare, stringere nel pugno.
FIN – Forse non è giusto il mio modo di parlare, signore.
IGOR – E' splendido, Fin, continua!
FIN – ... e all'improvviso, coltelli di gelo affondati
sotto la crosta indurita... lame di ghiaccio taglienti, spietate...
IGOR
(entusiasta) – Così dovremmo imparare ad
esprimerci per comunicare immagini precise, emozioni, al posto di parole logore
e sterili, vuote di colore e di significato! Così un tempo dovevano parlare i
profeti o i predicatori di nuove filosofie!
FIN – Ecco quello che ha portato la passata stagione.
IGOR – E questa che è appena incominciata?
FIN – E' presto per saperlo: tutto è ancora all'oscuro,
sepolto... ma ad accostare l'orecchio, si sentono già i rumori che vengono dal
profondo...
IGOR
(con emozione) – Come hai detto?!
FIN – ... sotto terra è tutto un crepitare di radici che
si allargano, di semi che si aprono, di steli che spingono verso la luce...
IGOR – Parli dei rumori sotto terra?!
FIN – Sì, di quelli.
IGOR
(con un filo di voce) – Io li sento...
FIN – E' naturale.
IGOR – Esistono, dunque... esistono?!
FIN – Solo adesso l'avete scoperto? Certo che esistono...
ieri ero nel prato delle magnolie... i fiori stavano per aprirsi... ho messo
l'orecchio per terra e l'ho sentita arrivare, la fioritura, dal profondo.
IGOR
(con eccitazione) – Lo vedi, dunque, lo
vedi!... E gli altri che non ci credono!... Ma ci sei tu, adesso, che puoi
testimoniare... lo faremo sapere a tutti, e tutti dovranno convincersi... ma
che ci importa, poi, degli altri... della loro ignoranza, della loro
incoscienza?... basta che lo sappiamo noi due: io e te... sul prato delle
magnolie, hai detto?
FIN – Sì, signore.
IGOR – Può darsi che qualche pianta debba ancora fiorire,
non è vero?
FIN – Può darsi.
IGOR – Andiamo, allora!
FIN – Andiamo, se volete.
IGOR
(alzandosi con Fin) – Gli altri non contano...
l'importante è che lo sappiamo noi due, capisci?... Io e te soli... andiamo!
(Escono
tutti e due dalla porta del giardino).
(Sono passati pochi minuti. La scena è vuota; la porta del giardino è aperta. Da sinistra entrano Helène e Ann).
ANN – il signore è in giardino: può andare a raggiungerlo
li, se vuole.
HELÈNE – No, l'aspetterò qui... non ne avrà per molto là
fuori.
ANN – Non credo, signora...
(guarda in giardino)...
anzi, sta tornando. Posso andare, signora?
HELÈNE – Sì, grazie.
(Ann esce da destra. Igor entra dal giardino e non si accorge della donna seduta sul divano si volta a chiudere e porta le mani alla testa con un lieve gemito).
HELÈNE – Come stai, Ben?
(Igor non ha sentito e resta
voltato verso il giardino)... sono qui, Ben.
IGOR
(si scuote e si volta verso il divano) – Ah,
sei tu?!... Scusami, Helène, non ti avevo sentita entrare.
HELÈNE – Non sono entrata adesso: ero qui ad aspettarti.
IGOR – Incredibile! Torni sulla terra dalla luna, e chi ti
viene incontro?... Tua moglie.
HELÈNE – Tutto a posto, vero Ben?
IGOR – Colpito ora, dalla tua visita.
HELÈNE – Non potevo davvero risparmiartela.
IGOR – Un rigoroso dovere sociale, vero? Non potevi
cavartela con una telefonata?
HELÈNE – Via, Ben, non essere così cinico. Lo sai che c'era
ancora la tua macchina ferma al semaforo, in mezzo ai poliziotti e a una folla
vociante?... Un'emozione da non credere.
IGOR – Era un pezzo che non ti vedevo così... da quando il
tuo cavallo cadde sull'ultimo ostacolo e si spezzò una gamba.
HELÈNE – Sei ingiusto, Ben: sono ancora sconvolta.
IGOR – Per il tuo cavallo?
(Breve pausa) Vuoi bere
qualcosa?
HELÈNE – Faccio io…
(Va verso un mobile) Sempre allo
stesso posto, no?... (Mesce da bere)... Non è cambiato nulla, nemmeno
marca di aperitivo.
IGOR – E' quella che preferisci anche tu, mi pare.
HELÈNE – Fa sempre piacere essere ricordata... anche solo
con una marca di aperitivo.
IGOR – Dopo tanti anni che siamo stati insieme, è l'unica
cosa che ci è restata in comune.
HELÈNE – C'è stata anche Marion, per essere esatti.
IGOR – Che sbadato! Stavo per dimenticare mia figlia.
HELÈNE – Avrei voluto telefonarle per raccontarle quello che
ti era successo, ma all'ultimo momento mi è venuto in mente che a Buenos Aires
era ancora notte e non volevo buttarla giù dal letto. Telefonerò più tardi.
IGOR – Perché Buenos Aires... non sta più a Città del
Messico?
HELÈNE – E' in Argentina da più di un mese. Non lo sapevi?
IGOR – Io non sapevo nulla.
HELÈNE – Massimiliano è stato trasferito di nuovo. Speriamo
che quest'ambasciata sia l'ultima, povera Marion: è stufa di spostamenti.
Strano che non te l'abbia fatto sapere.
IGOR – Sono secoli che mia figlia non mi scrive e non mi
telefona.
HELÈNE – Non hai ancora fatto cambiare quelle orribili
tende.
IGOR
(con tono dolente) – Lo sai tu il perché?
HELÈNE – Il perché delle tende?
IGOR – Di Marion. Perché si è dimenticata di me?
HELÈNE – Come vuoi che faccia a saperlo?
IGOR – Come puoi non saperlo? Tua figlia è eguale a te, di
fuori e di dentro.
HELÈNE – Grazie per il "di fuori", ma c'è qualche
anno di differenza, se non sbaglio.
IGOR – Come è successo... quando?
HELÈNE – Con te non ha mai avuto troppa confidenza... tu non
avevi tempo per lei... poi c'è stata la nostra separazione.
IGOR – E tu hai gettato su di me ogni colpa, vero?
HELÈNE – Ti sbagli, Ben.
IGOR – ... E Marion, magari, avrà pensato, che so... che
avessi un'amante?
HELÈNE – E non ce l'hai, forse? Che cos'è la politica?
IGOR – E' un modo di essere vivi in mezzo agli altri.
HELÈNE – Un modo di essere che comincia a diventare
pericoloso, mi sembra.
IGOR – E restare soli non è peggio?
HELÈNE – Non so: io di solitudine non ho mai sofferto.
IGOR – Sfido io! Quando mai l'hai tagliato il cordone
ombelicale con i tuoi aristocratici parenti?
HELÈNE – Che cos'è, rimprovero o invidia?
IGOR – E come stanno i tuoi aristocratici amici sparsi in
tutta Europa: in Inghilterra, in Alsazia, a Ginevra...?
HELÈNE – Dobbiamo proprio parlare di questo, e con quel
tono?
IGOR – No, certo, scusami... non mi accorgo neppure di
alzare la voce con tutto il frastuono che ho negli orecchi.
HELÈNE – Non è ancora cessato?
IGOR – Chi te ne ha parlato?
HELÈNE – Ann, appena sono arrivata: le avevo domandato
subito come stavi.
IGOR – Tutto a posto, come vedi, solo questa orchestra in
sottofondo. Una radio accesa che trasmette sempre la stessa musica.
HELÈNE – Non credi di dover raccontare tutto a un medico?
IGOR – Me ne manderanno uno nel pomeriggio, ma penso che
sia inutile: io ho già la mia teoria.
HELÈNE – E sarebbe?
IGOR – Una congiura contro l'umanità. Un esercito di talpe
sta scavando gallerie sotterranee: un reticolato di cunicoli nei quali, al
momento opportuno, verrà collocato l'esplosivo, e poi... pluf! Non ci credi? Ma
è la verità!... Io ho scoperto il complotto, e per questo hanno tentato di
farmi tacere per sempre.
HELÈNE – Ma non ci sono riusciti. Un po' maldestri i tuoi
congiurati. Dubito che riescano a far saltare il mondo.
IGOR – Scherzi a parte, un'ipotesi ce l'ho davvero, e sto
controllandola proprio in questo momento. Da quando sei qui i colpi sono
diventati più precisi.
HELÈNE – E che cosa vuol dire?
IGOR – Il senso della distanza che ci separa aumenta la
consapevolezza della mia solitudine.
HELÈNE – Addirittura! Non riesco proprio a vederti da solo,
Ben: hai sempre intorno un sacco di gente. Però ho sentito dire che ci si può
sentir soli anche in mezzo alla folla.
IGOR – Il luogo non ha importanza: è il senso di vuoto che
si ha dentro che conta.
HELÈNE – Vuoto soltanto? Eppure qualche buon ricordo
dovrebbe esserti rimasto. In fondo, la nostra vita in comune non è stata tutta
sgradevole. E anche la nostra separazione è avvenuta dignitosamente: una
decisione comune accettata con stile.
IGOR – Anzi, con eleganza, direi, almeno da parte tua.
HELÈNE – E' solo ironia spicciola, o c'è dell'altro? Hai
qualcosa da rimproverarmi?
IGOR – A te, Helène, e come potrei? Un comportamento così
irreprensibile... una discrezione assoluta. La tua al nostro matrimonio è stata
un'educata partecipazione.
HELÈNE – Sei abituato ad altre adesioni, tu, a quelle per
alzata di mano.
IGOR – Ecco perché fra noi tutto è andato a rotoli: non
c'è stata la maggioranza sufficiente.
HELÈNE
(dopo una leggera pausa) – Dobbiamo continuare
a punzecchiarci così, Ben?
IGOR – No, hai ragione.
HELÈNE
(alzandosi) – Posso fare qualcosa per te?
IGOR – Puoi ricordarmi a Marion, quando ti capita.
HELÈNE – Le telefonerò appena arriverò a casa. Subito dopo
sarà lei a chiamarti al telefono.
IGOR – Sei sicura che possa contarci?
HELÈNE – Certo. Marion conosce bene i suoi doveri.
IGOR
(desolato) – Sì, hai ragione: posso contarci.
HELÈNE – E' meglio che tu non mi accompagni: di là c'è gente
pronta a sbranarti.
IGOR – Prima o poi la dovrò affrontare, ma hai ragione:
meglio più tardi.
HELÈNE – Addio, Ben.
IGOR – Addio.
(Helène esce a destra.
Igor
che l'ha accompagnata per qualche passo, torna al centro e porta le mani alla
testa).
IGOR
(a se stesso) – No... no… uno stupido rilancio
di battute... e sul suo terreno, poi... ti sei lasciato trascinare nel suo
gioco... era quello ciò che volevi dirle?... Un'occasione irripetibile fatta a
brandelli... e ora... e ora?!...
(Igor si trova vicino al proscenio,
mentre la zona del divano è adesso immersa nel buio; si volta e la stanza si
illumina: Helène è seduta sul
divano. Igor fa un passo verso di lei).
IGOR
– Helène!... Non ti avevo sentita entrare.
HELÈNE – Non sono entrata adesso: ero qui ad aspettarti.
IGOR – Non osavo sperare che saresti venuta.
HELÈNE – E come potevo risparmiartela questa visita?
IGOR – Non voglio che tu la consideri un dovere sociale.
HELÈNE – Ma se non è rimasto che questo, fra noi, Ben?!
IGOR – Sono rimasti i momenti felici passati insieme; è
rimasta l'assurdità della nostra separazione.
HELÈNE – Assurdità?
IGOR – Sì, è stato un atto assurdo e inumano.
HELÈNE – Esemplare, invece: una decisione comune presa con
calma da due persone responsabili. Perché sarebbe stata inumana?
IGOR – Perché mancava la passione.
HELÈNE – Questo, dunque, è per te l'umano? Un oscuro
groviglio di sangue, sesso, istinto?
IGOR – No, non mi lascio trascinare in una discussione del
genere... sei qui e questo solo conta. Due anni senza vederci, ti sembra poco?
HELÈNE – Io ti vedo spesso sui giornali o in televisione.
IGOR – E non ti tornano in mente gli anni passati insieme?
HELÈNE – A volte. Non sono ricordi del tutto sgradevoli, del
resto.
IGOR – Anch'io ripenso spesso al passato. Credo di
conoscerti meglio, ora.
HELÈNE – Strano che certe cose si vedano di più da lontano.
IGOR – Com'è stata la tua vita in questi due anni? Della
mia è inutile parlare: è tutta scritta in un reticolato di impegni politici,
assemblee, riunioni.
HELÈNE – Sono stata parecchio all'estero.
IGOR – L'ho saputo. E ho saputo anche che non ti sei
creata un nuovo affetto. E' così?
HELÈNE – Sì, è cosi.
IGOR – Nemmeno io l'ho fatto.
HELÈNE – Evidentemente, la riacquistata libertà sta molto a
cuore a tutti e due.
IGOR – Quale libertà, quella delle stanze vuote, dei
silenzi?
HELÈNE – Non soffrirai di solitudine, tu, con un partito
alle spalle.
IGOR – E se fosse proprio così?
HELÈNE – Mi sembrerebbe molto strano.
IGOR – Stanno scavando sotto i miei piedi, Helène...
strati e strati di terra che vengono portati via, finché non ne rimarrà che
uno, sottilissimo... uno strato che non potrà più reggere il mio peso... allora
precipiterò nel vuoto, se non ci sarà una mano a trattenermi.
HELÈNE – Una visione un po' triste del futuro, povero Ben,
ma non mi è nuova. Devo averlo letto da qualche parte, che tutta la nostra vita
si svolge sull'orlo di un abisso: pronto ad inghiottirci.
IGOR – Torniamo a vivere insieme,
Helène.
HELÈNE – Cosa dici?!
IGOR – Riprendiamo la vita in comune.
HELÈNE – Ma come... tu... ?!... Non ero davvero preparata a
una domanda del genere.
IGOR – E ora che te la trovi di fronte?
HELÈNE – Non è possibile, Ben. Sarebbe un grosso errore. Non
c'è nulla di cambiato in ciò che ha portato alla nostra separazione.
IGOR – Cambierà tutto, invece... e poi è già cambiato in
me, lo sento.
HELÈNE – Ma in me tutto è rimasto come prima.
IGOR – Sono disposto ad accettarti così come sei.
HELÈNE – Non è da te, Ben, lo capisci?
IGOR – Voglio vivere accanto a te.
HELÈNE – Per continuare a recitare i nostri monologhi? Non
siamo fatti per intenderci.
IGOR – Ho bisogno dite, Helène...
HELÈNE – Come puoi avere bisogno di qualche altra cosa che
non sia la politica?
IGOR – Non mi farò assorbire come prima, te lo prometto:
lascerò liberi degli spazi per noi due.
HELÈNE – E dove si apriranno questi spazi, fra una riunione
della segreteria e un dibattito in parlamento?
IGOR – E se rinunciassi alla vita politica?
HELÈNE – Anche a questo saresti disposto? Allora è una cosa
molto grave, povero Ben.
IGOR – Posso rinunciare a tutto, ma non a te.
HELÈNE – Vuoi rinunciare anche a pensare, forse? Anche
cessando ogni attività politica, rimarresti sempre un uomo di parte. Non puoi
guarire, Ben.
IGOR – Che significa questo?
HELÈNE – Sentiresti sempre qualcuno che toglie strati di
terra sotto i tuoi piedi. Vedi, là dove ho letto che noi viviamo sull'orlo di
un abisso, c'era scritto anche che l'unica cosa da fare è non pensarci mai.
IGOR – Vivere nell'incoscienza?
HELÈNE – Ne saresti capace?
IGOR – Potrei tentare.
HELÈNE – No. Ci sarebbero sempre colpi sordi dal sottosuolo,
premonitori della catastrofe che incombe.
IGOR – Li sopporterò se mi starai vicina.
HELÈNE – Capisco: e un brutto momento per te... ma io sono
generosa e non terrò conto di quello che hai detto.
(Si alza).
IGOR – Vuoi andartene?
HELÈNE – E' molto meglio così, credimi, Ben.
IGOR – Non ti lascerò andar via, non perderò quest'ultima
occasione...
HELÈNE
(va verso destra ma si ferma) – Di là è pieno
di giornalisti... meglio uscire di qua... (Si avvia verso il giardino).
IGOR – Sono solo, Helène... mi senti?... Ho paura!...
HELÈNE
(si ferma accanto al divano sul quale si trova
Igor) – Povero Ben!... Avresti
bisogno di tua madre, e lei non c'è più... e io non sono mai stata capace di farti
da mamma... (Esce dalla porta del giardino).
IGOR – Aspetta, Helène... non puoi andartene così... mi
devi ascoltare... (La segue in giardino).
(Da sinistra e da destra entrano Rand e Craber).
RAND – Nessuna notizia?
CRABER – No, nessuna.
RAND
(guarda l'orologio) – Eppure dovrebbero già
aver finito. Strano che non abbiano ancora telefonato.
CRABER – Non vorrei fare lo jettatore, ma non ha pensato che
non ci si affretta mai a comunicare le cattive notizie?
RAND – Buone o cattive, dovevano telefonarle subito.
CRABER – Non avranno ancora finito.
RAND – Questo è più probabile.
(Craber forma un numero
al telefono)... Che cosa fa, adesso? ... Occupa la linea?...
CRABER – E' inutile struggersi nel dubbio...
(nel
telefono)... Pronto? ... Sono Craber: è finita la riunione? Ho capito: sono
ancora chiusi dentro... mi telefoni appena sai qualcosa?... grazie...
arrivederci... (Abbassa il ricevitore; a Rand)... Ora si respira meglio,
no?
RAND – Se questo è respirare.
E Igor dov'è?
CRABER – L'ho visto in giardino con la sua ex moglie.
RAND – Dica la verità, Craber, come lo ha trovato dopo
l'incidente?
CRABER – Perché non l'ha domandato ai medici?
RAND – Mi interessa la sua opinione. Ha notato grossi
cambiamenti?
CRABER – Lei che conosce Igor da molto più tempo di me, è in
grado di giudicare meglio.
RAND – Bravo Craber! Apprezzo la sua discrezione. Da
quanto tempo è nel partito?
CRABER – Da cinque anni.
RAND – So che ha lavorato bene finora e penso che sia
arrivato il momento di fare qualche passo avanti.
CRABER – Fa piacere sapere che il proprio lavoro è
apprezzato.
RAND – Il partito ha bisogno di giovani. Ma non è il caso
di darle un altro incarico adesso: Igor ha bisogno di lei, specialmente ora,
nello stato in cui si trova.
CRABER – Speriamo che possa riprendersi presto.
RAND – Lei che ne dice, ce la farà?
CRABER – Che valore ha quello che posso dire io?... Non è
meglio aspettare la visita di Holtz?... (Squilla il telefono; Craber corre
all'apparecchio)... Pronto?... Craber...
RAND
(curvo su Craber con ansia) – Allora?!...
CRABER
(sempre nell'apparecchio) – ... Un momento...
la passo sull'altra linea... (schiaccia un bottone e depone il ricevitore; a
Rand)... non era per noi.
RAND – E i colpi, non sono ancora cessati?
CRABER – Quali colpi?
RAND – Quelli che Igor dice di sentire.
CRABER – Bisognerebbe domandarlo a lui.
RAND – Andiamo, Craber... va bene la riservatezza e la
devozione, ma con me può lasciarsi andare. Sono molto preoccupato per le
condizioni di salute di Igor.
CRABER – Siamo tutti molto preoccupati.
RAND – Mi riferivo a certi strani accenni che ha fatto
stamani, non so se ne ha parlato anche a lei.
CRABER – Non ha avuto il tempo di dirmi molte cose, stamani.
RAND – Ma queste, se gliel’ha dette, non può averle
dimenticate, almeno per la loro... diciamo, estrosità... non è vero, Craber?
CRABER – Non ho l'abitudine di riferire circa i miei
colloqui con Igor.
RAND – Sulle faccende di partito non devono esistere
segreti fra noi.
CRABER – Sono anch'io in grado di giudicare ciò che riguarda
il partito e ciò che appartiene al privato.
RAND – Vedo che stamani lei non è in vena di
conversazione. Vado di là a sfogarmi con i giornalisti. Mi avverta
immediatamente appena le telefonano i risultati.
CRABER – D'accordo.
(Rand esce a sinistra. Dal giardino entra Igor; è sconvolto. Craber fa un passo verso di lui).
CRABER – Non si sente bene… devo chiamare qualcuno?
(Igor
fa cenno di no con la mano)… venga a sedersi, allora… (l’accompagna al divano.
Igor si prende la testa fra le mani)… ancora quei rumori?
IGOR – Tremendi.. insopportabili!
CRABER – Un calmante, forse… qualcosa che la faccia
dormire... (Igor scuote la testa)... avrebbe avuto bisogno di quiete,
oggi, e invece l'atmosfera è surriscaldata, i nervi stanno per saltare.
IGOR – Rand, dov'è?
CRABER – Di là con i giornalisti. Scalpita impaziente come
un cavallo alla partenza.
IGOR – Impaziente?
CRABER – Stanno decidendo la presidenza per il
"C.K.S.".
IGOR – Ah!
(Suona il telefono. Craber risponde
subito)
CRABER – Pronto?… sì, un momento… (porge il ricevitore a
Igor)… E’ sua figlia da Buenos Aires…
IGOR – Mia figlia?!…
(si precipita all’apparecchio con
grande emozione. Mentre Craber esce da sinistra)… Marion… cara… ti sento
benissimo… e tu mi senti?… aspettavo questa telefonata… come stai?… sì, sì,
prima io… io sto bene… una sciocchezza quello che è successo… un po’ di paura
soltanto… come dici? la notizia è già arrivata all’ambasciata?… tutti vogliono
sapere… parlami di te, Marion… non ero al corrente neanche del tuo
trasferimento… mi hai lasciato per mesi senza notizie… sì, lo so, anch’io ho i
miei torti, ma… come dici?… L’ambasciatore si congratula per lo scampato
pericolo?… ringrazialo da parte mia… Ora parlami di te, della tua vita… non
devi più dimenticarti di tuo padre che è qui, solo… sei l’unica cosa viva che
abbia, anche se sei così lontana… sì, ho capito, tutto il personale
dell’ambasciata mi porge i suoi rallegramenti e formula gli auguri più vivi… ho
capito!… No, non sono seccato… cosa dici?!… ascoltare la tua voce è una gioia,
Marion… come?… parla più forte, cara… sì. gridare devi se vuoi che ti senta…
come?… vuoi già andar via?…Mi abbracci?… anch’io ti abbraccio, forte, forte… e
vorrei tenerti sempre così, Marion, sempre… Marion…
(Si accorge che la comunicazione è interrotta e abbandona il ricevitore. E’ commosso e disperato; si alza e porta le mani alle tempie. Va alla porta–finestra, vede qualcuno in giardino e lo chiama)
IGOR – Fin... Fin!... (Appare Fin)
Entra... entra,
ti prego.
FIN – Non so se posso... così vestito...
IGOR
(tirandolo per un braccio) – Non fa niente...
vieni... siediti qui...
FIN – Come volete, signore.
IGOR – E' un sollievo parlare con te, lo sai?... Sento
sciogliersi nodi… (si tocca il petto e la testa)… qui… e anche qui… con
la tua voce mi scende dentro la calma.
FIN – Che cosa volete che dica?
IGOR – Qualunque cosa… ecco, parlami del tuo lavoro. Che
cosa stai facendo stamani?
FIN – Una siepe sto piantando, a nord dell’aiola centrale.
IGOR – Dove sono le rose e le azalee?
FIN – Proprio li: una siepe fitta di rami legnosi che chiudano il passo
alla tramontana gelata.
IGOR – Anche mia madre, ricordo, amava quell’aiola.
FIN – E' stata lei a volerla, lei che mi ha indicato i fiori da piantare,
lei che ha scelto i colori... rosa pallido e azzurro tenero all'esterno, poi
tinte più cariche andando verso il centro, fino ai turchini spalancati e alle
ferite di rosso.
IGOR – E’ un quadro che avete creato insieme, dunque?!… e
io che non l’ho mai saputo!… Da ora in poi voglio occuparmi anch’io del
giardino… lavorare accanto a te… e tu mi insegnerai tutto quello che devo
sapere, vero Fin?
FIN – E' la terra a insegnare, signore. Basta guardarla ed è lei a dire di
che cosa ha bisogno.
IGOR – Lavoreremo insieme, certo... e, intanto, via quel
"signore" altezzoso, scostante.
FIN – Come dite, signore?
IGOR – Fra noi deve esserci più confidenza: non voglio più
che tu mi chiami "signore". E' una parola fatta per dividere, per
distaccare... ci sono già troppe distanze fra gli uomini... in ogni luogo
incominciano i deserti.
FIN – Finché è stata viva, era vostra madre la
"signora": voi eravate soltanto il "signorino", ricordate?
IGOR – E adesso sono "Ben", capito?
FIN – Voi, però, siete sempre il "signore",
anche se vi chiamo "Ben".
IGOR – Ma non mi sentirò più isolato, tenuto a distanza.
FIN – Che importanza ha un nome? Io l'inverno lo posso
chiamare anche primavera, ma rimane lo stesso di sempre, con la sua mano
gelata, pronta a stringersi intorno al mandorlo o al pesco che hanno avuto la
fioritura anzitempo.
IGOR – Non ti sembra giusto abbattere questa barriera che esiste
fra te e me?
FIN – La differenze ci sono: fra pianta e pianta, fra
stagione e stagione.
IGOR – Quelle non le hanno stabilite gli uomini.
FIN – Ogni cosa ha il suo posto, signore: la confusione
non porta che danno... questo, per esempio, non è il mio posto... (si alza)...
e io non posso restare...
IGOR
– Rimani, invece, ti prego.
FIN – No, signore, scusatemi... qui mi sento a disagio...
(Esce verso il giardino. Igor che ha cercato di trattenerlo si ferma sulla porta).
IGOR (a se stesso) – Neppure tu, dunque... neppure
tu?!... (Con le mani alle tempie; disperato)... solo, devi restare,
solo!... (Si lamenta)... Ahi!... ahi!... Nessuno a darmi una mano... e
questo concerto che non ha fine!
Ah… ahi... ah!... Solo
mia madre, se ci fosse ancora, potrebbe aiutarmi... mia madre soltanto potrebbe
ridarmi sicurezza, fiducia...
(Cambiamento
di luci. Come in una visione onirica, la madre entra dal giardino con un fascio
di fiori fra le braccia. Igor la
guarda sbalordito e muove qualche timido passo verso di lei. La donna non lo
guarda, intenta a sistemare i fiori in un vaso).
IGOR – Mamma… sei tu, mamma... qui?!... Avevo così bisogno
di parlarti... e ora finalmente!... Sono qui, mamma... non ti accorgi di me?...
non mi guardi neppure... perché?...
LA
MADRE – Lo sai benissimo, invece,
perché non voglio guardarti. Sono molto in collera con te, Ben: ho parlato con
la tua insegnante e mi ha detto che sei svogliato e spreciso...
IGOR – ... Ma no, mamma, non sono più un bambino!...
Guardami!... Ho bisogno di parlarti, di aprirmi...
(si avvicina e spinge la
testa verso le mani della madre. La donna gli tocca la fronte).
LA
MADRE – Ma tu scotti... hai la
febbre!... (Lascia i fiori e siede con Igor sul divano)... no, sei solo
accaldato... (gli passa la mano sul viso)... sei tutto sudato, vedi...
hai corso tutto il pomeriggio con gli altri ragazzi... e non sai che potrebbe
farti male... non ci pensi tu alla salute che è così delicata, vero?
IGOR
(si strappa con violenza alla carezza) – Non
così, mamma! Sono disperato, capisci?... Che cosa faccio se tu non mi aiuti...
che cosa?!
LA
MADRE – Adesso vai nella tua camera a
finire i compiti…
IGOR
(quasi piangendo) – No!... No!...
LA
MADRE – ... Io verrò più tardi a
darti la buona notte... (Si alza ed esce verso il giardino).
IGOR
(con la testa fra le mani) – Nulla!...
Nulla!...
(Si accorge che la madre non c'e più; si alza e va alla porta del giardino, quasi per inseguirne l'immagine. Cambiamento di luci. La porta di sinistra si spalanca ed entra Rand esultante. Dietro di lui viene Craber).
RAND – Abbiamo vinto!... Vittoria!... La presidenza è
nostra! (Abbraccia calorosamente Igor)... Questo ci voleva per
rimetterti in piedi, vero?!...
CRABER
(stringendo la mano ad Igor) –
Congratulazioni, Igor.
(Da sinistra viene un nutrito brusio di voci).
RAND – La stampa!... Dobbiamo dare la notizia alla
stampa... (Corre a sinistra e si ferma sulla soglia della porta spalancata;
a voce alta)... Amici!... Ci è giunta in questo momento una notizia
importante... la presidenza del "C.K.S." è stata attribuita!... La
commissione incaricata ha accolto la candidatura avanzata dal nostro partito e
ha eletto a tale carica... Ben Igor!... (Scroscio di applausi; Igor è ancora
rivolto verso il giardino; Rand fa cenno a Craber di farlo avvicinare)...
Ben Igor, l'illustre economista, autore fra l'altro di quel piano per la
ripresa industriale che il nostro partito ha recentemente presentato al
paese... viva il presidente Ben
Igor!...
(Intanto Craber è riuscito a staccare Igor dalla porta del giardino. Ora, sostenuto da Craber e con le mani serrate alle tempie, Igor avanza barcollando, fra gli applausi scroscianti, verso l'illusione del consenso e il fantasma della solidarietà).
SIPARIO
Estratti da opere storico – letterarie