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DENOMINATORE COMUNE
– due tempi e cinque quadri
–
[Testo tutelato dalla
Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]
Sinossi:
Vivere una vita normale nel seno di una famiglia normale è il
sogno di molti, ma non a tutti è concesso. A Enzo, il
protagonista, non è possibile, per quanti sforzi faccia e nonostante il suo
spirito di adattamento. E’ importante però continuare nei tentativi perché,
anche se non si riuscirà a risolvere il caso, si arriverà a scoprire certe
verità fondamentali del vivere umano.
Durata:
2 tempi e 5 quadri
Genere:
ironico – satirico
7
personaggi (5 uomini e 2 donne)
LA SCENA
Stanza di soggiorno di una famiglia
moderatamente benestante.
PERSONAGGI
Enzo
L’amico di Enzo
Irene – la moglie di Enzo
Anita – la figlia di Enzo
Tonino – il figlio di Enzo
Gianni – l’amico di Anita
Pasquale Esposito
L’amico di Enzo
non parla mai, pur partecipando all’azione con movimenti del capo, assentendo o
negando, o con gesti relativi alle diverse situazioni che si vanno creando. A
volte assume l’atteggiamento di chi vuole dir qualcosa, altre di chi si
rassegna scoraggiato al silenzio. E’ come se non esistesse perché nessuno,
salvo Enzo, si accorge della sua presenza.
In realtà rappresenta la coscienza che
Enzo si porta dietro e che non l’abbandona mai.
I° TEMPO
I° QUADRO
(Enzo e l’amico davanti al sipario
chiuso.)
ENZO – No, basta, hai parlato abbastanza, lascia che dica
qualcosa anch’io, perbacco! Altrimenti come fai a renderti conto delle cose che
sono accadute?... no, ti prego, sii ragionevole… ecco,
così, ti ringrazio. Da dove incominciamo? Tu sai già come si sono svolti i
fatti principali ed è inutile tornarci sopra. Ci sarebbero, è vero, quei
particolari che hanno messo in luce avvenimenti che non erano stati presi in
considerazione perché ritenuti di scarsa importanza e che invece sono
risultati fondamentali per dare un giudizio preciso…
(l’amico vorrebbe prendere la parola)
… sì, lo so a cosa vorresti riferirti, non c’è bisogno
che tu lo ripeta un’altra volta… e poi non devi
interrompermi, altrimenti se perdo il filo non è facile che lo ritrovi subito…
(l’amico vorrebbe parlare di nuovo)
… no, ti prego, un dialogo è fatto di due persone che
parlano, una dopo l’altra, che si interrogano e si
rispondono, non dello sfogo oratorio di una soltanto: quello è un monologo e
non fa al nostro caso. Sei d’accordo su questo concetto? Bravo! Va bene che tu
rappresenti la mia coscienza, ma non devi approfittartene, e un po’ di spazio
lo devi concedere anche a me. D’accordo? Ora sì che possiamo andare avanti,
cioè tornare indietro, perché come dicevo prima bisogna
ripetere certe cose già dette per capire tutto per bene. E
soprattutto non bisogna aver fretta. Un passo dopo l’altro e la comprensione
arriverà a poco a poco, oppure di colpo, con una
folgorazione improvvisa. Sei pronto per una folgorazione?...
(l’amico accenna energicamente di no)
… me l’aspettavo!... e allora
non devi aver fretta: il discorso sarà lungo e ci vuole pazienza. L’importante
prima di tutto è descrivere l’atmosfera nella quale… ”descrivere l’atmosfera”,
che curioso modo di esprimersi, come se un’atmosfera si potesse descrivere e
non respirare, tuffarcisi in mezzo. Meglio dire che è importante descrivere i
fenomeni che hanno creato quell’atmosfera… Troppo meticoloso
e pedante?... sai cosa facciamo allora, niente descrizioni: in quell’atmosfera
ti ci porto dentro, ti ci faccio immergere completamente…
(tira a sé un lembo del sipario che si
spalanca sull’interno familiare con Anita e Tonino)
… ecco il mio ritorno a casa di una
sera qualsiasi dopo una giornata di lavoro…
ANITA – (avanza verso
di lui, recitando) “Il tuo nome soltanto è mio nemico!”
ENZO – Visto che accoglienza?
ANITA – “Tu non cambi mai, anche se non sei un Montecchi.”
ENZO – Lo credo bene, io sono…
TONINO – (troncandogli
la parola) Non ce l’ha con te, papà, è il Romeo e
Giulietta di Shakespeare.
ENZO – Meno male, mi ero un po’ spaventato.
(all’amico)
… sai, mia figlia, oltre a studiare economia, a tempo
perso frequenta un corso di recitazione.
ANITA – Quale tempo perso? Il teatro è la mia prima
occupazione.
ENZO – Ma se non hai ancora incominciato!
ANITA – Di’ piuttosto che non avevo
ancora scoperto la mia vera vocazione. Il teatro è il
mio destino, non ci sono più dubbi.
ENZO – Ne parleremo dopo la laurea.
ANITA – Quale laurea? Non voglio più perdere tempo
inutilmente: ho deciso di lasciare l’università per dedicarmi completamente
alla scena.
ENZO – Ma sei impazzita?! Lasciare l’università dopo tre
anni di frequenza e di fatica…
(all’amico)
… mia soprattutto per pagare gli studi…
(alla figlia)
… ti sembra una cosa da fare?
ANITA – A cosa mi servirebbe la laurea sul palcoscenico?
ENZO – Intanto sul palcoscenico devi ancora arrivarci.
ANITA – Hai il coraggio di mettere in dubbio la mia volontà
e la mia capacità?!
ENZO – Calma. Io non metto in dubbio nulla, dico soltanto
che la laurea servirebbe a completare la tua personalità: un’attrice con la
laurea è più importante di una senza…
(dopo un attimo di riflessione, all’amico)
… o no? Difficile sbarazzarsi
di certe idee, ma come si fa ad abbandonarle quando ti hanno accompagnato per
tutta la vita?...
(a sua figlia)
… una laurea è un punto fermo raggiunto, un aiuto per
tutto ciò che può capitare, un riparo…
ANITA – Anche quando piove?
ENZO – Non scherzare, Anita: è un discorso serio il mio.
ANITA – Allora ti risponderò seriamente: tutte le lauree
del mondo non mi aiuterebbero a interpretare una
parte.
TONINO – Ben detto, sorella! È venuto il momento di far
fuori inutili luoghi comuni.
ENZO – Anche a te, per caso, è venuta l’idea di abbandonare
le Scienze Politiche?
TONINO – Nemmeno per sogno, conosco bene l’a b c di un buon
rivoluzionario.
ENZO – E sarebbe?
TONINO –
Impadronirsi della tecnica del potere per usarla al servizio dell’idea.
ANITA – Ben
detto, fratello! Ci serviremo dei
loro insegnamenti per scavar loro la fossa.
ENZO –
(all’amico)
Gli stessi programmi! Mai il più piccolo disaccordo
fra loro: un esempio luminoso di amor fraterno.
(ai figli)
… scavar la fossa in senso metaforico, no?
TONINO – E perché non in senso letterale?
ENZO – Vorreste scavar la fossa a vostro padre?
ANITA – Non a te, papà, ma alla categoria a cui appartieni…
TONINO – … la classe capitalistica!
ENZO – Scusate, ragazzi, ma non vi sembra che i vostri
concetti siano un po’ invecchiati?
ANITA – Invecchiati come?
ENZO – Ma sì, fuori tempo. Oggi la vita in un paese
moderno ha trovato un giusto equilibrio fra le forze che compongono il suo
tessuto sociale.
ANITA – Senti, senti… questa è
davvero nuova.
TONINO –
Equilibrio raggiunto fra le componenti sociali, dici?
E dove va a finire la lotta di classe?
ENZO – Uh,
guarda, guarda chi si rivede dopo tanto tempo: è
ancora al mondo, poverina? Non vi siete resi conto che nessuno ne parla più?
TONINO –
L’importante è che sia lei a parlare e a farsi sentire.
ENZO – E
dove succede, sono proprio curioso di saperlo.
TONINO – Non
hai mai sentito parlare, per esempio, di scioperi?
ENZO – Incidenti di percorso da eliminare di volta in
volta.
TONINO – Evviva! Risolte finalmente tutte le contraddizioni
di classe.
ENZO – Beh… tutte no, ma…
TONINO – … ma non ho mai sentito un assortimento maggiore di
corbellerie.
ANITA –
(recitando)
“Oh, Romeo, Romeo! Rinuncia al tuo nome e rinnega tuo
padre!”
ENZO –
(all’amico)
E che programmi esemplari!
TONINO – E’ sempre Shakespeare che parla.
ENZO – Era solo una battuta. So che, nonostante tutto, non
avete rinunciato al naturale affetto che vi lega al vostro genitore.
TONINO – Verissimo! Ricordati che mi è scaduta la rata
dell’auto e che devi scucire la grana.
ENZO – Shakespeare anche questo?
TONINO – Basta con le battute e tira fuori l’assegno.
ENZO – Eh già! al tempo di Shakespeare
gli assegni non esistevano…
(cava di tasca un carnet, riempie un
assegno e lo consegna al figlio)
… tempi felici quelli.
TONINO –
(intasca l’assegno)
Quante storie per un misero pezzetto di carta.
ENZO –… con dietro giornate di duro lavoro.
TONINO –
Durissimo, per riuscire a derubare ogni giorno qualche centinaio di poveri
negri.
ENZO – Chi deruberei io?
TONINO – Sfruttare, se ti piace di più.
ENZO – Sei impazzito per caso?!
TONINO – E che cosa sarebbe acquistare merci
a un prezzo inferiore al loro valore?
ENZO – Tanto perché tu lo sappia, io acquisto arachidi
africane al prezzo ufficiale di mercato.
TONINO – Stabilito da chi?
ENZO – Dal Consorzio Generale della…
TONINO –
(troncandogli la parola)
… cioè, dagli importatori
occidentali.
ENZO –
(alzando la voce)
Dovresti saperlo anche tu che il prezzo delle merci è
regolato dalla legge della domanda e dell’offerta.
TONINO –
(con tono più alto)
Un autentico furto camuffato con leggi finanziarie di
comodo.
ENZO – Sono le leggi che regolano tutto il commercio
mondiale.
TONINO – Leggi della globalizzazione,
questo è il loro nome.
(Enzo sta per rispondere, ma Anita
riprende a recitare)
ANITA – … “ma poi che cos’è un nome? La rosa, anche se
chiamata in modo differente, avrebbe lo stesso profumo.”
TONINO – Ma il furto conserva sempre lo stesso fetore, anche
se lo chiami in un altro modo.
ENZO –
(alzando la voce)
E’ questa la maniera di trattare l’onesto commercio di
tuo padre?!... io ti proibisco…
IRENE –
(entrando)
Che cos’è tutto questo
vociare?
(l’amico manifesta l’intenzione di
parlare)
ENZO – Eh, no, mio caro, non ci manchi che tu adesso! Non
è il momento di prendere la parola: accontentati di quello che hai detto
finora.
(l’amico protesta a gesti, poi si
rassegna)
… così, bravo, è un esempio che tutti qui dovrebbero
seguire.
IRENE – Fingendo di far tacere qualcuno, hai trovato il
sistema di chiudere la bocca a tutti. La libertà di parola è una legge
sconosciuta da queste parti.
TONINO – Qui si osservano soltanto le leggi dello
sfruttamento dei più deboli e dei più diseredati.
ENZO – Allora, se la prendi in questo modo, ricordati che
è proprio quello che tu chiami sfruttamento che ti permette di scorrazzare per
la città con la tua auto sportiva e di frequentare l’università dove non si sa
bene che cosa studi.
TONINO – Io all’università sto studiando il modo di
tagliarti le unghie.
ENZO –
(a Irene)
La senti questa serpe che mi sono scaldata in seno?
IRENE –
(adirata)
Basta! Non è questo il modo di parlare con tuo figlio!
ANITA –
(frapponendosi recitando)
“… chi sei tu, avvolto nel buio, che inciampi così nel
mio segreto?”
ENZO – Questa non è una casa, è
una bolgia infernale!
IRENE – Sei tu il responsabile di questa situazione.
ENZO – Ma se non fa che offendermi.
IRENE –
(accarezzando
il figlio)
Lui, poverino, risponde solo alle tue provocazioni.
TONINO – Per fortuna c’è la mamma che mi capisce.
ENZO – Provocazioni le mie, ma non hai sentito le accuse
che mi rivolge?
IRENE – Cosa vuoi che sia…
dovresti sentire gli altri che cosa dicono.
ENZO – Gli altri chi?
IRENE – I suoi amici, quando incominciano a parlare di te.
ENZO – Perché qui si fanno addirittura delle riunioni
contro di me?!
TONINO – E’ il Comitato dei Combattenti contro lo
Sfruttamento che si riunisce due volte alla settimana.
ENZO – Senti, Irene, qui mi sembra che siano stati
superati tutti i limiti di decenza possibili.
ANITA – Indecenza, ecco il termine più appropriato da
adoperare.
ENZO – Ma ti
pare possibile che in casa mia debbano trovare asilo i miei nemici di classe?
TONINO –
Perché prima lotte di classe,no, e ora nemici di
classe,sì?
ENZO – Sono
due soggetti differenti che non è giusto mischiare.
TONINO – Che
cosa fanno i nemici di classe se non la lotta di classe?
IRENE –
Lascia stare la politica, Tonino: è della decenza che stavamo parlando.
TONINO – Il
papà è caduto in contraddizione ed è giusto farglielo rilevare.
ENZO – Di
quale contraddizione stai parlando?
TONINO –
Della conoscente che non rivedevi da molto tempo e che invece sembra che ogni
tanto metta fuori la testa.
IRENE – Ah,
c’è anche una donna di mezzo?! Si può sapere chi è questa conoscente?
ENZO – Nessuna che ti possa
impensierire, stai tranquilla.
IRENE – Sono
io che devo giudicare.
ENZO –
Irene, per carità, non ti metterai a far la gelosa.
TONINO – Non
è una faccenda sentimentale, mamma, ma politica. Il papà si nasconde dietro le
metafore per non affrontare la realtà.
ENZO – E chi si nasconde?...
(all’amico)
… tu, forse?
(l’amico
scuote ripetutamente il capo)
TONINO – Tu comperi arachidi in
Africa e le rivendi qui alle industrie di trasformazione, impossessandoti di
una plusvalenza.
ENZO – E nessuno ti ha spiegato che queste sono le basi
del commercio mondiale?
TONINO – Sui poveri negri produttori, oltre al plusvalore
incamerato dagli imprenditori, grava anche la tua plusvalenza: un autentico
furto.
ENZO – Inaudito! Merito una pluscondanna, non ti pare?
IRENE – Cerchi di cavartela con una battuta?
ENZO – Anche tu contro di me, Irene?!
ANITA – Siamo tutti contro di te, papà.
ENZO – Una perfetta armonia familiare ritrovata.
ANITA – E’ il momento di fare l’autocritica, papà.
ENZO – In questo caso non sarò il solo ad andare dietro la
lavagna.
ANITA – E chi dovrà esserci con te?
ENZO – Le
tue settimane in montagna, per esempio, sui campi di sci…
ANITA – Un sano esercizio fisico per ritemprare i muscoli.
ENZO – … i mesi d’estate passati al mare.
TONINO – Un pieno di sole e di salute per affrontare
l’inverno.
ENZO – Lo completate anche in discoteca quel pieno?
IRENE – Vorresti farli crescere come rammolliti i tuoi
figli?
ENZO – Ci mancherebbe altro! Non li mando in viaggio anche
in autunno, all’estero, soprattutto?
TONINO – Viaggi di studio e conoscenza.
IRENE – Insomma, Enzo, dove vuoi arrivare?
ENZO – A me lo domandi? Sono loro che viaggiano.
IRENE – E’ la prima volta che tiri fuori argomenti così
meschini.
ENZO –
Perché è la prima volta che mi si accusa in modo così sfacciato. Vogliamo andare a vedere dove vanno a finire queste
plusvalenze?
TONINO – Non siamo noi ad accusarti, papà: è il Comitato dei
Combattenti contro lo Sfruttamento.
ENZO – Nientemeno! e come mai questo
comitato s’è preso questo disturbo?
TONINO – Sappiamo bene che tu non sei l’unico
a effettuare lo sfruttamento dei suoi simili. Tu sei solo un
esempio, il più a portata di mano per noi e quindi il più comodo
da adoperare.
ENZO – E in che modo avete intenzione di usarmi, si può
sapere?
TONINO – Non c’è da preoccuparsi: solo qualche articolo sui
nostri giornali, un po’ di volantini e qualche vignetta umoristica.
ENZO – Meno male! la data
dell’impiccagione è stata rimandata.
IRENE – E non fare la vittima com’è il tuo solito!
ENZO – Non ci penso nemmeno. E
perché dovrei farla, scusa? è così confortevole per me
la vita in famiglia. Sì, è vero, mi si presenta in giro come
esempio dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma poi, in fondo, tutto va
a finire in qualche articolo di giornale, un po’ di volantini e di vignette
caricaturali. Niente di serio, dunque… anche questa volta sono riuscito a
cavarmela. Però, mi capirete se ora sento il bisogno
di allontanarmi un po’ dalla scena… sapete, per assimilare a fondo l’accaduto e
giudicare bene bisogna mettere un certo spazio fra noi e le cose da esaminare.
Mi concedete questa pausa? Grazie.
TONINO – Se
la tua coscienza non ha niente da dirti.
ENZO –
(porta la mano all’orecchio)
Io non sento niente… si vede che è
d’accordo anche lei. Oppure è una faccenda che non le
interessa.
TONINO –
Strano che non faccia sentire la sua voce in una questione così delicata e
importante.
ENZO – Vai
un po’ a sapere come si comportano le coscienze sui vari problemi.
TONINO –
Perché non l’interroghi?
ENZO –
Sarebbe un’idea, ma qui in casa non è possibile, dovrei mettermi tranquillo a
pensare bene che cosa devo domandarle.
TONINO – Fai
come ti riesce meglio: l’importante è fare qualcosa.
ENZO –
Accetto il tuo consiglio…
(all’amico)
Coraggio, amico mio, andiamo a fare quattro passi…
(l’amico si avvicina a
Enzo che si rivolge ai parenti)
… a fra poco….
(Irene, Anita e Tonino escono. Buio in
palcoscenico. Enzo e l’amico, uscendo oltre il boccascena, si muoveranno a piacere
davanti alla scena buia, seguiti da un riflettore.)
II° QUADRO
ENZO –
(all’amico)
Hai capito in che situazione mi trovo?
(bloccando ogni tentativo dell’altro di
parlare)
… sì, te ne sei reso conto: è inutile tornarci su…
ti ho detto che ho capito! Questa è la mia famiglia, la mia
casa, un luogo dove uno dovrebbe trovare conforto e
protezione… la mia famiglia! la prima e la più
importante associazione fra umani legati da vincoli di parentela e da comuni
interessi, proiettati verso un comune destino. Giusto, vero?…
(l’amico approva con solenni movimenti
del capo)
… e invece no! Io sono il
nemico, l’essere odiato da distruggere, il responsabile del male peggiore che
affligge la nostra società. Questo è il porto dove dovrei trovare la pace e la
sicurezza, dove ristorare le forze per essere pronto ad affrontare la vita.
Sorpreso, angosciato?... eh, sì, te li leggo sulla
faccia questi turbamenti… ma ce n’è un altro che sta facendo capolino, che
cresce a poco, a poco, che ora è diventato importante al punto di cacciare
tutti gli altri per restare lui solo a dominare… sì, sì… è troppo evidente per
nasconderlo, ammettilo, amico mio, abbi il coraggio di esprimerlo chiaramente,
di portarlo finalmente alla luce: tu mi disprezzi, vero? è
inutile negarlo a questo punto, lo dicono i tuoi occhi spalancati su questo
individuo che non riesce a prendere in mano la situazione…
(fa il gesto di chi ha toccato qualcosa
di sporco)
… per ricondurla sul giusto binario. Accusami pure di debolezza e di vigliaccheria, me lo merito.
Ma io non ero preparato a una situazione del genere,
non mi aspettavo una ribellione di questa portata, di essere chiamato a
rispondere di problemi sociali. Io sognavo una famiglia dove al padre
viene riservato il posto di rilievo che gli spetta, circondato
dalla riconoscenza che si è guadagnato e dal prestigio che ne deriva.
Ma c’è un dubbio che mi assale: esistono veramente famiglie
così, oppure si tratta di un’illusione, di un’ipotesi portata avanti
dall’assurda speranza che tutto obbedisca alle leggi della logica e della
giustizia? Forse non ne esiste nemmeno una di quelle
famiglie…
(guardando l’amico)
… è così, vero… ne sei
convinto anche tu?
(l’amico scuote il capo)
… grazie, mio caro, ora ne sono certo anch’io… potrò
togliermi dalla testa certe fantasie e affrontare a piè fermo la realtà.
Peccato però che tutto sia andato in questo modo e che le conclusioni a cui
siamo arrivati risultino così negative, perché quella famiglia
che avevo sognato mi è rimasta nel cuore. Sarebbe bello vivere in un ambiente
del genere, circondato dall’affetto e dal rispetto dei tuoi cari. Sarebbe il
massimo della felicità cui un uomo possa aspirare… no,
non un uomo ma un essere privilegiato, baciato in fronte dalla fortuna…
(un attimo di sospensione: ha un’idea)
… ma poi, scusami, perché
rassegnarci in questo modo… perché non la creiamo noi una situazione del
genere? Non ci vuol molto, basta un po’ di spirito
d’avventura per tuffarsi in un ambiente sconosciuto, anche se lungamente accarezzato
nell’immaginazione. Sì, amico mio, ho deciso! Creeremo la mia famiglia ideale e
godremo, finché sarà possibile, la gioia di viverci in mezzo. Sarà un’esperienza entusiasmante, vedrai!…
(il palcoscenico torna a illuminarsi, i due rientrano nel salotto.)
III° QUADRO
IRENE –
(sorridente va incontro
a Enzo e lo bacia su una guancia)
Un po’ più tardi del solito, tesoro… quel benedetto
ufficio ti impegna sempre di più.
ENZO – Ma no, Irene, come al
solito.
IRENE – E’ un solito sempre più duro da sopportare…
(accarezzandolo)
… queste rughe, per esempio, sono venute
fuori da poco…
(accompagnandolo al divano)
… siedi, caro, devi essere
stanco.
ENZO – Non più del solito, credimi.
IRENE –
(chiamando)
Anita! La giacca di casa e le ciabatte del papà.
Scommetto che il tuo socio, Bonifazio, non se la prende tanto a cuore.
ENZO – Lui fa il lavoro che gli spetta come faccio io.
IRENE – Ma il lavoro esterno, il più faticoso, sei sempre
tu a portarlo avanti.
ENZO – Interviene anche lui, quando è necessario.
(mentre Irene ha aiutato Enzo a
togliersi la giacca e le scarpe, entra Anita con la giacca da casa e le
ciabatte)
ANITA –
(baciando
il padre su una guancia)
Ciao, papà.
ENZO – Ciao, cara… come va?
ANITA – Bene, papà. Sto preparando l’esame del mese
prossimo.
ENZO – C’è in vista un altro trenta?
ANITA – Questa volta proprio non lo so: la materia è
piuttosto difficile.
ENZO – Vedrai che ce la farai: io ho fiducia in te…
(alla moglie)
… e Tonino?
IRENE – Anche lui passa la giornata sui libri… eccolo che
arriva.
TONINO –
(entrando
e andando a baciarlo su una guancia)
Ciao, papà… com’è andata la giornata?
ENZO – Come
le altre, né più né meno. I soliti contrasti con gli
spedizionieri che vogliono fare il comodo loro, una fornitura che non era
sicura è stata invece confermata per la fine del mese. E
a te com’è andata?
TONINO – Ho
passato la mattinata in facoltà, poi un salto in biblioteca per degli appunti,
quindi a casa a studiare.
IRENE –
(ad
Anita)
Possiamo apparecchiare, la cena è pronta.
ANITA – Sì, mamma.
(esce con la madre)
TONINO – Vi do anch’io una mano
(toglie il centrotavola e la tovaglia di
sotto, quindi aiuta la sorella a stendere la tovaglia per la cena.)
ENZO –
(a
Tonino)
Hai scelto poi l’argomento per la tesi di laurea?
TONINO – Sì, ne ho parlato al professore e ho avuto la sua
approvazione.
ENZO – Che cosa preparerai, dunque?
TONINO – “Il mercato delle arachidi nell’economia africana”.
ENZO – Proprio questo argomento
sei andato a scegliere!
TONINO – Voglio mettere in luce i grandi vantaggi che i
paesi africani traggono dalla vendita delle arachidi ai paesi europei.
ENZO – Sai, non è tutto limpido come può apparire in
superficie; ad affrontare il problema non mancano settori un po’ in ombra.
TONINO – Per esempio?
ENZO – La faccenda dei prezzi. C’è chi li trova poco
remunerativi.
TONINO – I prezzi vengono stabiliti
da leggi di mercato inflessibili: quelle della domanda e dell’offerta.
ENZO – Sì, va bene, ma non tutto funziona come dovrebbe, e
certi contratti si prestano a qualche manipolazione.
TONINO – Incidenti di percorso del tutto trascurabili.
ENZO – Se lo dici tu mi sento più tranquillo.
TONINO – E perché proprio io?
ENZO – Pensavo al Comitato Combattenti
contro lo Sfruttamento.
TONINO – E che roba sarebbe?
ENZO – Nulla
assolutamente… un piccolo scrupolo che non esiste. Auguri per la tua tesi, allora.
TONINO – Grazie, papà.
ENZO –
(ad Anita che continua ad apparecchiare
la tavola)
E i tuoi studi come vanno?
ANITA – Proprio ieri ho ricevuto le congratulazioni del
professore.
ENZO – Davvero? e per che cosa si
è congratulato?
ANITA – Per la mia relazione sullo sfruttamento industriale
delle arachidi.
ENZO – Anche tu. Non vi distinguete per la fantasia, voi
due!
ANITA – Arachis Hipogaea. E’ un tema affascinante e tu lo
sai meglio di me.
ENZO – Io non sono così sensibile come te. Per me le
arachidi sono una merce da cui viene estratto un olio
utile per il consumo alimentare e per la fabbricazione del sapone.
ANITA – … e che, dopo un processo di
idrogenazione,
il prodotto estratto può essere impiegato in pasticceria.
ENZO – Ormai ne sai più di me.
ANITA – Oh, no, papà, ho ancora tanto da imparare da te.
ENZO – Per esempio, come si estrae dalle arachidi il
fabbisogno per tutta la famiglia.
ANITA – Non era proprio quello che intendevo.
IRENE –
(entrando con un vassoio)
E’ pronto, tutti a tavola!
(a Enzo)
Indovina un po’ che cosa ti ho preparato…
(mostra il piatto di portata coperto)
ENZO – Non so proprio.
IRENE – Su, fai un piccolo sforzo: è una pietanza che ti
piace tanto e che io non ti preparavo da diverso tempo.
ENZO – Proprio non riesco a
indovinare.
ANITA – Non ci vuol molto, papà… è…
IRENE – Non glielo dire, ti prego: dev’essere una sorpresa.
ENZO –
(annusando l’aria)
… l’odore non mi aiuta… che cos’è? non fatemi soffrire
troppo.
IRENE – Ha ragione, poverino, cosa sono questi misteri… è
nientemeno che…
(scopre il piatto di portata)
… seppie ripiene!
ENZO – Uh, che buone! le mangio
proprio volentieri.
IRENE –
(riempiendogli il piatto)
Speriamo che siano riuscite bene, è un po’ che non le
faccio e non vorrei aver dimenticato qualcosa.
ENZO –
(facendo un assaggio)
Tranquilla, cara, sono squisite!
IRENE – Col pesce ci vuole il vino
bianco, Anita, vai a prendere una bottiglia in fresco.
TONINO – Ci vado io, tu non sai quale marca preferisce il
papà.
ANITA – E invece lo so anch’io.
(si avvia per uscire dalla stanza)
TONINO –
(uscendo anche lui)
Vai a prendere il cavatappi, piuttosto.
IRENE –
(gridandogli dietro)
Non bisticciatevi proprio adesso.
TONINO –
(tornando con una bottiglia)
E’ questa, vero papà, quella che preferisci?
ENZO – Sì, ma sedete anche voi a tavola.
ANITA –
(rientrando)
Ecco il cavatappi… dammi la bottiglia.
TONINO – Lascia fare a me.
ANITA – Pensi che non sia capace di stappare una bottiglia?
TONINO –Io faccio prima di te, non vedi che papà ha già il
boccone in bocca.
ENZO – Ma non c’è nessuna fretta.
IRENE – Le seppie vanno mangiate calde.
ANITA –
(porgendo a Tonino il cavatappi)
Solo per non fare aspettare il papà.
IRENE –
(al marito)
Prendi ancora un po’ di sugo, caro…
le seppie devono essere ricoperte
di sugo…
(aggiunge sugo)
… così, vedi…
ENZO – Grazie, cara, ma devi pensare anche agli altri
piatti: non ci sono io solo.
IRENE – Dopo di te, caro, sempre dopo di te.
TONINO – Ecco il vino, ti riempio il bicchiere.
ENZO – Grazie, sei molto gentile.
TONINO – Cosa dici, papà, per me è
un piacere.
IRENE – Allora, tesoro, ti piacciono le mie seppie?
ENZO – Fantastiche, Irene, non trovo le parole per dirti
quanto le sto gustando.
ANITA – Ma le hai quasi finite…
non ne vuoi un altro po’?
(aggiunge ancora pietanza nel piatto)
ENZO – Ma ci sono anche loro… vuoi farli restar senza?
ANITA – A me basta la gioia di vederti soddisfatto.
TONINO – Anche per me è lo stesso.
IRENE – Per loro ne ho ancora di là nella pentola…
(ai figli)
Venite con i piatti che faremo prima.
(escono Irene e i due figli con i piatti)
ENZO –
(all’amico)
Ehi, mi senti?... è il
momento di tagliare la corda… vuoi perdere quest’occasione?... via, allora!
prima che si accorgano che ce la stiamo squagliando…
(si toglie la giacca di casa e agguanta
quella d’uscita che era rimasta sul divano, scalcia via le ciabatte e infila i
piedi nelle scarpe, ma non ha il tempo di calzarle, quindi, zoppicando, o a
piedi nudi, raggiunge con l’amico il proscenio dove s’infilerà la giacca
d’uscita e le scarpe. La scena piomba nel buio, mentre un riflettore illumina
Enzo e l’amico che si muovono a piacere sul
proscenio.)
IV° QUADRO
ENZO – Non ce la facevo più a reggere…
(l’amico accenna a
un conato di vomito)
… anche tu hai voglia di vomitare?...
ti capisco, sai… troppo disgustoso… hanno spinto troppo il pedale della
devozione familiare ed è venuto fuori un beverone nauseante che non si riesce a
mandar giù…
(anticipando le conclusioni dell’altro)
… ho detto che ti capisco; nonostante tutto era meglio
l’altra famiglia, quella con il figlio che ti tratta come nemico del popolo, la
figlia che s’è messa in testa di diventare attrice e manda al diavolo
l’università, la moglie che parteggia per i figli e ti si schiera contro. Sì,
molto meglio quella famiglia scombinata, ma genuina e spontanea. Da
quest’ultima, invece, traspare l’ipocrisia e la menzogna. Che schifo!… No, io
non volevo arrivare a tanto, non pretendevo una perfezione che non
esiste in nessun caso e non può che provocare falsità e
impostura quando si cerca di ottenerla ad ogni costo. Io mi sarei accontentato
dell’atmosfera normale che regna nella stragrande maggioranza delle famiglie
normali di questa terra, dove i problemi da risolvere, in genere,
possono essere affrontati senza eccessiva difficoltà. Ecco
in una famiglia di questo tipo avrei voluto capitare
per godere finalmente di un giusto riposo, tornando a casa dopo il lavoro, quel
riposo a cui tutti hanno diritto…
(lungo sbadiglio dell’amico che con gli
occhi socchiusi sembra proprio volersi abbandonare al sonno)
… dopo un’intera giornata trascorsa in mezzo al
traffico della città, assillato dai diversi problemi inerenti alla tua
professione, amareggiato dalle ingiustizie che hai scorto intorno a te,
mortificato dagli obiettivi che non hai potuto raggiungere, deluso dai successi
conquistati che non si sono rivelati appaganti come in precedenza ti eri
figurato.
(alzata di
tono e soprassalto dell’amico)
Una famiglia normale, ecco il mio
sogno, con problemi grandi o piccoli, ma usuali, comuni alle famiglie di tutto
il mondo, un mediocre tran tran
senza vette difficili da superare, un anonimo appiattirsi sulla generale
consuetudine, nessun desiderio di assumere un comportamento originale, di
distinguersi con la dimostrazione del proprio carattere. No, amico mio, non ho
nessuna voglia di cercare di differenziarmi. All’interno
della mia famiglia, il mio unico desiderio è quello di tracciare una bella riga
in fondo alla pagina, là dove si tirano le somme, ed eseguire un’unica
operazione: la riduzione al minimo comun denominatore. Sì, risolvere
tutto ciò che può capitare in una casa nel modo più tranquillo e indolore che
viene generalmente adottato. Non ho paura della meschinità o
del luogo comune. Basta con le soluzioni personali, con le impennate estrose e
geniali: voglio affondare nella tranquillità della consuetudine, abbandonarmi
alle braccia sicure del già visto, del già deciso, del già fatto. Io
cerco un denominatore comune, amico mio, sei con me anche in
questo frangente deciso a darmi una mano?
(l’amico scuote vigorosamente la testa
in senso affermativo)
Grazie di cuore, sapevo di potere contare su te!
BUIO ANCHE AL
PROSCENIO
II° TEMPO
V° QUADRO
(La stessa scena dei quadri precedenti.
Anita sta ascoltando musica con una cuffia e Irene, con uno specchio davanti,
esamina con disappunto la sua capigliatura. Entrano Enzo e l’amico, ma nessuno
si accorge di nulla.)
ENZO –
(all’amico)
Ecco una scena che rientra nella più
assoluta consuetudine: è l’ora del ritorno a casa dopo il lavoro. Vorresti prendertela perché questo accade
nell’indifferenza più totale? No, mio caro, non devi farci caso, o
correresti il rischio di turbare con proteste e risentimenti
quell’atmosfera che ti è mancata per tutto il giorno e che ora sei felice di
ritrovare. Un’atmosfera piuttosto fredda, d’accordo, ma è quella di casa tua e
devi fare attenzione a non sciuparla. Ognuna di loro continua
a svolgere le occupazioni che l’hanno impegnata nella giornata e che devi
rispettare, rinunciando alle manifestazioni di gioia che sognavi di ricevere
rientrando a casa. I sentimenti, anche se non espressi, esistono nel
profondo, riservati, pudibondi, in tutta la loro bontà e la loro dolcezza.
IRENE –
(con rabbia)
In galera lo voglio mandare quel farabutto!
ENZO –
(all’amico)
Chissà di chi parla!
(alla moglie)
Qualcosa che non va?
IRENE – Pettinatura alla moda la chiama quel delinquente!
ENZO – Il tuo parrucchiere non ti ha soddisfatta?
IRENE – Io lo denuncio quel miserabile, com’è vero che sono
al mondo!
ENZO – Fatti un po’ vedere…
(la moglie si mostra con una caduta di
capelli che le coprono quasi tutta la faccia)
beh,. in fondo, non è poi
così male… l’aspetto ne risulta avvantaggiato.
IRENE – Ma se non mi si vede la faccia!
ENZO – Appunto…
(immediatamente)
…volevo dire
che quel che si vede è sufficiente per sottolineare la
tua personalità.
IRENE – Taci una buona volta! Tu non capisci nulla di
pettinature! credi che si tratti di arachidi?
(gli volta le spalle e se ne va col suo
specchio)
ENZO – D’accordo… ma ora è il momento di darsi una calmata…
(a sua figlia)
… non è vero, Anita?
(la figlia sta seguendo la musica e non
risponde)
… Anita!...
(stacca un auricolare della cuffia e lo
porta alla bocca come un telefono)
… è in casa la signorina?
ANITA – Ah, papà… non mi sciupare il finale.
ENZO – Ci mancherebbe altro!...
posso?
(vuol portare all’orecchio l’auricolare)
ANITA – Certo. Peccato però che siamo alla fine del pezzo.
ENZO – Ah, stanno suonando?!...
io sentivo solo un battito di tamburo.
ANITA – E’ proprio quello che ha del meraviglioso, non lo
capisci?
ENZO – Francamente, no.
ANITA – Possibile che non ti renda conto del miracolo?!
il tempo imprigionato in un ritmo, una scansione esaltante e
commovente.
ENZO – Beata
te che riesci a percepire queste sfumature. Per me sono soltanto colpi su un tamburo.
ANITA – Ma papà, non è possibile che ti sfugga
la magia di questa cadenza!
ENZO – E invece è proprio sfuggita. Si vede che hanno
lasciato la porta aperta.
ANITA – Pensa che ho partecipato
anch’io all’incisione di questo nastro.
ENZO – Tu?!… ma se non sai suonare nessuno strumento.
ANITA – Non ha importanza. I componenti
del complesso “The dwarf trees” hanno insistito tanto perché partecipassi
all’incisione.
ENZO – E che cosa ti hanno fatto suonare, scusa?
ANITA – Le mani! io scandivo il
tempo battendo le palme.
ENZO – E basta?
ANITA – E ti sembra poco? È un ruolo di grande
responsabilità.
ENZO – Se lo dici tu…
(all’amico che mostra perplessità)
… ma certo, non lo sai che
cosa conta nelle esecuzioni di un complesso moderno? È il ritmo, la cadenza, la
successione dei battiti, la scansione del tempo, la misura degli accenti,
l’alternanza dei passi.
(l’amico continua a
essere perplesso)
ANITA – Sono contenta, papà che tu abbia
capito; non credo che la mamma, però…
ENZO – Ma no, vedrai che anche la mamma si renderà conto…
e poi, lo sai bene che in casa nostra ognuno ha la più ampia libertà
di azione.
ANITA – E’ molto consolante, papà, soprattutto ora che
dovrò affrontare i prossimi concerti.
ENZO –
(muovendo
le mani)
Sempre…?
ANITA – Ho deciso di dedicarmi completamente al complesso.
Dovrò abbandonare l’università.
ENZO – Ma non l’avevi già abbandonata per diventare
attrice?
ANITA – Un’infatuazione passeggera: la musica è la mia vera
vocazione.
ENZO – E riesci a vedere un futuro in questa tua nuova…
(muove ancora e mani)
inclinazione… artistica?
ANITA – Certo che sì. E non sono
io sola a dirlo: te lo confermerà fra poco anche Gianni.
ENZO – E chi sarebbe questo Gianni?
ANITA – E’ il batterista del complesso. Ma
forse è meglio dire che è il musicista più importante del gruppo: è lui che
sceglie il repertorio e l’arrangiamento dei pezzi…
(suono ritmato del campanello della
porta)
… è arrivato!... è il tocco
della sua mano, non si può sbagliare…
(va verso l’uscita)
… avanti, Gianni… ti stavamo aspettando…
(entra un giovane dai capelli
lunghissimi che stringe subito Anita in un caloroso abbraccio)
ENZO –
(all’amico)
Non c’è niente di male… è
usuale fra la gente dello spettacolo…
(l’abbraccio continua. Enzo, indeciso
sull’intervenire, rivela la sua presenza con un raschiamento di gola)
GIANNI –
(sciogliendosi dall’abbraccio, ad Anita)
E questo chi è?
ANITA – E’ mio padre.
GIANNI – Quello delle arachidi?
ENZO –
(ad
Anita)
Potevi fare a meno di scendere in certi particolari.
GIANNI – Arachidi è un nome
bellissimo di quattro battute… tre se uniamo la prima che è la “a” alla
seconda: ara... chi... di… Sulla quarta ci sta bene un colpo di piatti.
ANITA – Questo è Gianni, papà.
ENZO – Ah, il musicista! Molto piacere.
GIANNI – Piacere mio.
(batte la mano contro quella
di Enzo, quindi prosegue scandendo il tempo sul braccio e sulla spalla)
ENZO – Vedo che lei non abbandona mai il ritmo.
GIANNI – L’abbandona lei l’aria che respira? Il ritmo
è lo stesso, non se ne può fare a meno. Vero Ani?
(abbraccia di nuovo la ragazza)
ENZO – Mi sembra un po’ troppo accelerato il suo ritmo, però…
(battendogli la mano sulla spalla)
… ci vorrebbe una pausa.
GIANNI
(sciogliendosi dall’abbraccio)
E questo cosa vuole?
ANITA – Ma è mio padre, Gianni!
GIANNI – Già… le arachidi!
ENZO – Potrei riavere mia figlia per un attimo?
GIANNI – Come no… è tutta sua…
(batte ancora il tempo su una spalla
della ragazza)
… mi dispiace solo di non avere le spazzole.
ENZO – Ha bisogno di una spazzola?
GIANNI – Quelle da strusciare sul piatto, intendevo… sotto
due che parlano ci stanno bene… tu cosa ne dici, Ani?
ANITA – Un’ idea assolutamente
geniale.
GIANNI – Lo so, ma fa sempre piacere sentirselo ripetere.
(nuovo abbraccio fra i due)
ENZO – Vedo che le ripetizioni le piacciono molto.
(a sua figlia)
Non sapevo che la musica fosse già a questo punto.
ANITA – Cosa vuoi dire, papà?
ENZO – Dicevo che il pezzo è già incominciato e non mi
avevi detto niente.
ANITA – Sono cose che capitano.
ENZO –
(all’amico)
Come ti dicevo prima: è tutto normale.
(alla figlia)
A questo punto sarà bene informare anche la mamma…
(chiamando)
… Irene!...
IRENE –
(apparendo con la testa completamente
avvolta in un foulard legato alla gola)
Mi chiamavi,Enzo?
(si accorge della presenza di Gianni e
lancia un urlo)
Vuoi mostrarmi agli estranei in questo stato?!
(esce precipitosamente)
GIANNI –
(ad Anita con un cenno della testa verso
l’uscita)
Musulmana?
ANITA – No, vittima di un parrucchiere.
ENZO – Deve scusarmi, ma mia moglie non è per il momento
disponibile.
GIANNI – Me
l’aspettavo, non si fa niente senza il volere di Allah.
ENZO – E cosa
c’entra Allah?
ANITA – Te
l’ho detto, Gianni, che mia madre non è musulmana.
ENZO – Non
ci sarebbe assolutamente nulla di male.
GIANNI – E
chi lo mette in dubbio, tu, forse, Ani?
ANITA – Non
ci penso nemmeno: io sono aperta a tutte le possibilità.
GIANNI – Quindi, anche a quelle islamiche che considerano la polifonia come
elemento di confusione musicale e assumono quale espressione caratterizzante la
ripetizione delle formule melodiche.
Sa suonare il liuto tua madre?
ANITA – No,
Gianni.
GIANNI –
Nemmeno quello a cinque o sei corde doppie,
popolarissimo in tutto il medio Oriente?
ANITA – No,Gianni.
GIANNI – Il
flauto di canna , allora, il principe degli strumenti
a fiato?
ANITA –
Nemmeno quello.
GIANNI –
Peccato! Si poteva pensare a un suo inserimento nella
band. Non ci resta che utilizzarla alle percussioni, facendole adoperare i
timpani di terracotta, o di legno, o di rame, oppure il favoloso tamburo
costruito con le pelli di capra…
ENZO –
Insomma, vuol finalmente capire che mia moglie non è musulmana e che non
conosce gli strumenti di quei paesi?!
GIANNI – Che
cosa significa appartenere o no a un paese? Importante
è conoscere il fascino che quel paese riesce a
emanare, influenzando anche qualcuno che ne vive lontano. E
questa è la vera appartenenza.
ENZO – Le
posso assicurare che mia moglie non s’è mai interessata dei paesi arabi, né dei
loro strumenti musicali.
GIANNI – Che
cosa sono quelle note di disprezzo nella sua voce?
ENZO –
Nessun disprezzo, signor Gianni.
GIANNI –
Allora controlli meglio toni e ritmo quando parla della musica islamica.
(ad Anita)
Ho in mente la nostra sinfonia K.T.S.
15.715. Dopo la sarabanda dell’orchestra, ci starebbe bene un intermezzo
bucolico con tua madre al liuto.
ENZO – Ma è
proprio necessario inserire mia moglie nel suo complesso?!
GIANNI – Non
si intrometta per piacere! Sarebbe un colpo
formidabile! Nessuna delle band che conosco l’ha mai fatto. Peccato che un’idea
così geniale debba andare sprecata.
ANITA – E’
un vero peccato, ma non devi abbatterti, a te le idee geniali non mancano mai.
GIANNI – Lo
so, ma pensa di quanto potremmo arricchire le nostre esecuzioni.
ANITA – Una
vera sciagura.
GIANNI –
Però in questo momento ho un’altra idea che mi frulla in testa: tua madre non
conosce questi strumenti, ma si può rimediare. Il liuto non è difficile da
imparare e con un po’ di lezioni…
ENZO – Che
cosa?! … mia moglie dovrebbe prendere lezioni di liuto?!
GIANNI – In
un paese arabo a sua scelta.
ENZO – E’
un’idea pazzesca! E poi, mi sembra che, prima di
tutto, dovremmo chiedere il parere di mia moglie.
GIANNI – Le
donne musulmane sono abituate ad affidarsi al marito per le loro decisioni.
ENZO – Ma
mia moglie non è musulmana, come glielo devo dire!?
GIANNI – Non
c’è bisogno di parlare, ma di riflettere. A parlare ci pensa l’arte con le sue
esigenze che devono essere soddisfatte ad ogni costo. Verrò dopo le prove per
avere la conferma di quello che è stato deciso. Andiamo, Ani, sono certo che
saprai convincere tua madre.
ANITA – Ci
riuscirò, Gianni.
GIANNI – Ci
conto. Io intanto mi darò da fare per trovare l’insegnante. Ha qualche
preferenza tua madre fra i paesi arabi?
ANITA – Non
credo proprio.
GIANNI –
Meglio così, sarò più libero nella ricerca.
ENZO –
Scusi, signor Gianni, ma le sue decisioni sono un po’ premature.
GIANNI – Lasci
stare l’arte a chi la sa fare: Io non mi occupo delle sue arachidi.
E ora, Ani, dobbiamo proprio andarcene, torneremo alla fine
delle prove.
ANITA – A più tardi, papà.
(va
verso l’uscita con Gianni che saluta con la mano)
ENZO –
(all’amico)
Non incominciare con le
solite prediche perché non è il momento. Non c’è niente di strano, te l’ho già detto: Anita è una ragazza
graziosa e niente di più normale che piaccia a qualcuno. Cosa
ne penso di Gianni? sai, è difficile giudicare un
giovane oggi… un artista, poi… Se mi piace?... ma, scusa, non è a me che deve
piacere. Un po’ troppo fissato con il ritmo? Questo sì, ma è il suo mestiere,
no? Non sono troppo accondiscendente, solo che non amo le anticipazioni:
aspetto a piè fermo gli eventi prima di giudicare e di agire. Beh, agire forse
è un po’ troppo, le azioni hanno una dinamica
autonoma, e poi, proprio come abbiamo scelto tutti e due, siamo prigionieri
della consuetudine e della pratica tradizionale. Giudicare sì, questo non
ce lo leva nessuno… ma poi, riflettendo bene, a che serve,
dimmelo tu. Anzi, non dirmi niente perché hai già parlato abbastanza, e io non
ho bisogno delle tue spiegazioni per confondermi di più… Se sono d’accordo che
Irene vada in un paese arabo a imparare a suonare il
liuto?... beh, non è detto che questo debba accadere… sentiremo come la pensa
Irene e come si svolgeranno i fatti… niente è proprio sicuro… e poi è sempre
Allah che decide!
(entra
Tonino)
TONINO – Ciao, papà. E’ venuto nessuno a cercarmi?
ENZO – No… perché, aspetti qualcuno?
TONINO – No… ma è qualcuno che potrebbe aspettare me.
ENZO – Non ti capisco.
TONINO – Scusami, papà… vuoi farmi
un favore adesso…
ENZO – Di che cosa hai bisogno?
TONINO – Puoi andare alla finestra e guardare in strada?
ENZO – E non puoi andarci da solo?
TONINO – C’è un tipo che mi sta seguendo e non voglio che mi
veda.
ENZO – E perché ti sta seguendo?
TONINO – Fammi questo favore, papà, ti
prego…
(Enzo va alla finestra)
… cerca di non farti vedere, stai dietro la tendina.
ENZO – C’è parecchia gente in strada, come si fa a
riconoscere il tuo tipo.
TONINO – E’ un tizio alto con il cappello…
prima era fermo sotto il lampione qui davanti.
ENZO – Ecco, l’ho visto… ma che cosa vuole da te?
TONINO –
Tutto per quegli idioti di Riccardo e di Massimo, i miei amici d’università.
ENZO – Sarà bene che tu mi racconti da capo.
TONINO – Quei due deficienti hanno deciso
un autofinanziamento, sono andati in banca.
ENZO –
Avevano dei capitali giacenti?
TONINO – No,
ma speravano che i capitali glieli fornisse la banca.
ENZO –
Ho capito, avevano l’intenzione di chiedere un prestito.
TONINO – No, nessun prestito. Si sono presentati al cassiere
con un biglietto con su scritto: “Sei sotto il tiro di
un revolver, riempi questa busta di banconote senza fare una mossa”.
ENZO – Ma… allora si tratta di una rapina in banca!?... roba da pazzi!... roba da marcire in galera per anni e
anni… chi gli ha messo quest’idea in testa a quei due? … ti rendi conto?!... lo sanno delle conseguenze terribili alle quali vanno
incontro?
TONINO – “Operazione finanziaria” l’avevano chiamata.
ENZO – E tu lo sapevi che cos’avevano
in mente?
TONINO – Io non sapevo nulla.
ENZO – Meno
male! mi ero spaventato. Da questo momento devi
troncare ogni rapporto con loro.
TONINO – Già
fatto.
ENZO – E che
cosa volevano fare con quei denari?
TONINO – Non erano per loro. Il finanziamento serviva per i
Combattenti contro lo Sfruttamento.
ENZO – Volevano lottare contro gli sfruttatori rapinando
una banca?! ... allora ci sei anche tu in mezzo, con
quel maledetto comitato?
TONINO – Io
non ne sapevo assolutamente nulla.
ENZO –
Vaglielo a raccontare alla polizia quando ti interrogheranno.
TONINO – E poi, pensa al biglietto da analfabeti che
avevano scritto: “riempi questa busta senza fare una mossa”
chissà come doveva fare il cassiere.
ENZO – Ah, queste scuole moderne che non insegnano più
nulla!... giurami che non ti verrà in mente di
frequentare ancora quei due!
TONINO – Non ci penso nemmeno, te l’ho
già detto.
ENZO – E quello che hanno fatto, come lo sai?
TONINO – Sono stati loro a raccontarmelo, ma è stata
l’ultima volta che li ho visti: cancellati dalle mie conoscenze.
ENZO – E com’è andata a finire la rapina?
TONINO – Il cassiere della banca, invece di riempire la
busta, ha schiacciato il pedale dell’allarme che è scattato con un suono
infernale.
ENZO – Non lo sapevano, poveri ingenui!
TONINO – Non se l’aspettavano, e mentre l’allarme suonava
s’è scatenato un fuggi, fuggi generale.
Specialmente nella banca dove i clienti impauriti cercavano di
raggiungere l’uscita, ma anche fuori dove si sentiva l’allarme e la gente
scappava da ogni parte. Riccardo e Massimo si sono gettati a pesce nella
mia auto.
ENZO – Ma allora tu li avevi accompagnati?!
TONINO – “Operazione finanziaria” l’avevano chiamata, chi se
lo immaginava che cosa avevano in mente?
ENZO – Operazione finanziaria sotto il tiro di un
revolver.
TONINO – E io che ne sapevo?!
ENZO – Ma ora sei un loro complice, lo sai o non lo sai?!
TONINO – Un complice di niente, perché i miei amici non
hanno fatto niente.
ENZO – Li
chiami ancora “i miei amici”?
TONINO – E’
l’abitudine, ma non accadrà più. In ogni modo, quello di Riccardo e di Massimo
è stato soltanto un tentativo.
ENZO –
Secondo la legge il tentativo è sufficiente.
TONINO – Per accusarci, però, prima dovrebbero arrestarci.
ENZO – E se qualcuno ha letto il numero di targa?
TONINO – Non è possibile perché sono partito a razzo.
ENZO – E se l’avessero letto? Perché
quel tizio è giù in strada?
TONINO – Bisogna vedere se è qui proprio per me.
ENZO – Ma se proprio tu hai avuto la sensazione di essere
seguito?
TONINO – Forse un eccesso di scrupolo.
ENZO – E se invece fosse qui per te?
TONINO – Non fare troppo il pessimista, papà.
ENZO – Bisogna essere pronti a tutto, non ci hai pensato?...
(all’amico)
Ma guarda in che guaio s’è andato a cacciare!...sì, questo non è nella consuetudine, lo ammetto… non
capita tutti i giorni un fatto del genere in una famiglia normale, ma può
capitare e dobbiamo classificarlo come evento straordinario arrivato fra capo e
collo… un extra da affrontare e risolvere il più in fretta possibile.
TONINO – Ma che cosa stai borbottando, papà?
ENZO – Sto esaminando il tuo caso per cercare di darti una
mano.
TONINO – Ti ringrazio, papà.
ENZO – Se hanno letto la targa e sono risaliti a te,
bisogna dimostrare che tu non eri sulla macchina.
TONINO – E come faccio a…?
ENZO – Non c’eri perché la macchina ti era stata rubata.
TONINO – Questa sì che è un’idea!
ENZO – Dove hai lasciato l’auto?
TONINO – Al mio solito posteggio in fondo alla strada.
ENZO – Allora la vai a prendere e la porti lontano dal
quartiere.
TONINO – E se quello qui davanti mi
vede uscire di casa?
ENZO – Non devi farti vedere, si capisce.
Invece di passare dal portone, attraversa il cortile interno e prendi l’uscita
di servizio che va a sbucare dietro il palazzo. Poi, sistemata l’auto, vai in
questura a denunciare il furto.
TONINO – Non sarà facile a quest’ora trovare il posteggio in
un altro quartiere.
ENZO – Pensi che due rapinatori che abbandonano l’auto
rubata si preoccupino di trovarle un parcheggio? Lasciala dove capita.
TONINO – Va bene.
ENZO – Spacca un deflettore, per simulare il furto… ma no,
cosa dicevo?… la tua è un’auto scoperta, e per entrare basta scavalcare la
fiancata… però non devi dimenticarti di strappare i fili dell’accensione.
TONINO – E perché?
ENZO – E come avrebbero fatto i ladri dell’auto a metterla
in moto senza la chiave?
TONINO – Hai ragione, non ci avevo
pensato! Ma a te non sfugge nessun particolare… si
direbbe quasi…
ENZO – Non perdere tempo a fare tante congetture.
TONINO – Vado subito, papà. Grazie dei consigli.
(esce)
ENZO –
(all’amico)
Lo dovevo fare, no?... potevo
lasciarlo nei guai con la sua inesperienza, il suo candore… ci fosse sempre
qualcuno a consigliarci, a dirigerci nei momenti del bisogno! e invece siamo sempre maledettamente soli.
(si avvicina alla finestra)
… e quello lì è sempre piantato sotto il lampione…
possibile che stia lì per sorvegliare Tonino…
(entra Anita)
… sei già di ritorno… e le prove?
ANITA – Sono tornata a casa a prendere gli spartiti delle
musiche.
ENZO – Ma se non sai leggerli.
ANITA – Che c’entra! Che figura fai
durante il concerto se non hai lo spartito davanti?
ENZO – Tornando alle prove, dovresti farmi un favore.
ANITA – Di cosa hai bisogno?
ENZO – Lo vedi quel tipo laggiù, sotto il lampione, con il
cappello in testa? Dovresti dargli un’occhiata
passando, per sapermi poi dire che tipo è.
ANITA – E perché ti interessa quel
tale?
ENZO – Tonino dice che s’è fermato lì per lui, che lo sta
seguendo.
ANITA- E perché dovrebbe seguirlo?
ENZO – E’una storia lunga: ti
farei far tardi alle prove.
ANITA – E Tonino dov’è?
ENZO – E’ andato a spostare la macchina che gli
hanno rubato.
ANITA – E come fa se gliel’hanno
rubata?
ENZO – Deve prepararla per il furto che è avvenuto.
ANITA – Senti, io non ci capisco
nulla.
ENZO – Ma se è così facile! Non importa,
ti spiegherò tutto più tardi.
ANITA – Faccio un salto giù, allora.
ENZO – D’accordo. Ti ringrazio.
(Anita esce. Enzo guarda attraverso la
finestra. Poi, all’amico)
Cosa vorresti dirmi… che avrei fatto meglio ad andarci
io?… No, meglio Anita… una ragazza dà meno nell’occhio, passa più inosservata…
cioè, se è osservata lo è per una ragione diversa… che è poi
sempre la stessa ragione… Eccola per strada… punta decisa verso il lampione… lo
sorpassa… torna indietro… s’è fermata davanti a una vetrina e intanto sbircia
verso il tizio… anche lui s’è accorto di essere guardato… sembra che voglia
avvicinarsi alla vetrina… muove un passo… si ferma… ecco che s’è deciso… si
avvicina… incominciano a parlare… Anita è una ragazza di spirito che sa
cavarsela in ogni situazione… continuano a parlare come due vecchi amici… ora
si dànno la mano e si separano… Anita è entrata nel portone e sta salendo …
Anche quel tizio si allontana… allora non era qui per Tonino… chissà cos’era
venuto a fare qui davanti…
(Anita rientra)
Sei stata bravissima! sei
riuscita persino a fare conoscenza… allora, era qui per Tonino?
ANITA – Macché Tonino, era me che stava aspettando.
ENZO – Te?!
ANITA – Ha detto che mi stava seguendo da qualche giorno,
ma che non aveva mai avuto il coraggio di avvicinarsi.
ENZO – Ti seguiva, perché?
ANITA – Via, papà, è così difficile immaginarselo?
ENZO – E’ vero, scusami… ma in questo momento
ero concentrato su un altro problema. Però,
hai fatto presto a liquidarlo.
ANITA – Gli ho detto che ero scesa a guardare un prezzo in
quella vetrina e che dovevo tornare subito a casa.
ENZO – E lui ti ha lasciato andare?
ANITA – Per sganciarmi ho dovuto dargli appuntamento per
stasera.
ENZO – Beh, meglio così.
ANITA – Perché meglio, scusa?
ENZO – Perché se seguiva te non stava
seguendo Tonino.
ANITA – Continuo a non capire nulla, però opra non
ho tempo: devo tornare alle prove… mi spiegherai più tardi.
ENZO – Un
momento… sei certa che quel tizio dicesse la verità?
ANITA – La
verità su che cosa?
ENZO – Su
chi stava seguendo, magari aveva bisogno anche lui di una scusa.
ANITA – Vuoi
dire che non stava seguendo me?
ENZO – Ha
avuto bisogno di un pretesto per giustificare la sua presenza, una scusa
bislacca che non sta in piedi.
ANITA –
Perché secondo te non è possibile che quel tipo si
interessi a me?
ENZO - E
molto difficile, devi rassegnarti.
ANITA –
Spiegami perché non potrebbe essere interessato alla mia persona.
ENZO – Ha
detto la prima cosa che gli è venuta in testa, si capisce subito. Ma non vedi
che figura disinvolta… vuoi che uno così…
ANITA – … si
metta dietro a una come me.
ENZO – Un
tipo così prestante…
ANITA – …
mentre io dovrei accontentarmi di uno sgorbio!
ENZO – Io
intendevo che un tipo così non va in cerca di una
ragazza semplice e modesta come te… cerca una donna sofisticata… nessuno me lo
leva dalla testa: quello è qui per Tonino. Guarda un po’ che tattiche usano
quelli della polizia, adesso!
ANITA –
Polizia?... e cosa c’entra Tonino?
ENZO –
Troppo lungo spiegartelo, cara, accontentati di quello che sai.
ANITA – Ma
io non so nulla.
ENZO – Ne
sai anche troppo. Ora, però, è il momento anche per me di sapere qualcosa.
ANITA – Ma
che cosa sapere?
ENZO –
Quello che lui veramente sa.
ANITA – Che
cos’è, un gioco di parole?
ENZO – Per
saperlo non c’è che un mezzo: portarlo qui in casa. Avresti dovuto pensarci
prima.
ANITA –
Dovevo portar qui quel giovanotto?... ma ti rendi
conto… c’è un tipo che mi confessa di avere un debole per me, e io l’invito a
casa! Vuoi farmi prendere per una di quelle?
ENZO –
L’inviti a casa dove c’è tuo padre, per chi vuoi che ti
prenda?
ANITA – In
questo caso, per una che vuole comprometterlo con la famiglia. Ti sembra il
caso?
ENZO – Non
c’è altro mezzo per sapere quello che sa su Tonino.
ANITA –
Allora, io dovrei…?
ENZO – Sì,
Anita, se vuoi bene a tuo fratello.
ANITA – Mi
vergogno un po’… chissà se ne sarò capace.
ENZO –
Fai uno sforzo, cara… vi aspetto con ansia.
(Anita esce. Enzo all’amico)
Povera, Anita, a che prova la costringo!
Ma non c’è altro da fare per cercare di dare una mano a Tonino, povero
figliolo… ecco Anita che sgambetta attraverso la strada… è già arrivata
dall’altra parte… quel tizio non se l’aspettava di rivederla così presto… si
dimostra molto contento… ecco che la prende per un braccio… vuol portarla nel
bar di fronte, certo a bere qualcosa… Anita non vuole… ha colto l’occasione
giusta!... perché andare in quel bar?... venga a casa
mia se vuole un caffè o una bibita… così farà anche la conoscenza di mio padre…
venga su, la prego… no, nessun disturbo, ma un piacere, andiamo… l’ha convinto,
l’ha preso sottobraccio e vengono verso casa… stanno arrivando, e finalmente
sapremo qualcosa di sicuro sul povero Tonino… speriamo bene.
(Entrano
Anita e Pasquale. Il giovane, un po’ impacciato si ferma davanti
a Enzo, si inchina e tende la mano)
PASQUALE –
Sono onorato di fare la sua conoscenza… io mi chiamo
Pasquale Esposito.
ENZO –
(Stringe la mano e, sottovoce all’amico?
Lo dicevo io… certe cose
io le sento al fiuto…
(a Pasquale)
Ma guardi che coincidenza, io anni fa
ho conosciuto un Esposito: era commissario della Questura.
PASQUALE –
Eh,sì, il mio nome è piuttosto comune, pensi che di
Pasquale Esposito io ne conosco due.
ENZO – Tutti
nella Questura?
PASQUALE –
No, e perché? Uno fa l’assistente universitario e l’altro lavora nelle
assicurazioni.
ENZO – … e
invece lei…?
PASQUALE –
Faccio il propagandista di medicinali.. Lei invece
lavora nelle arachidi.
ENZO – Stavo
in pensiero che Anita non gliel’avesse già detto.
ANITA –
Allora cosa le posso offrire, un caffè o una
bibita?
PASQUALE –
Se per lei è lo stesso, gradirei una bibita.
ANITA –
Vado a prenderla in frigorifero, tu vuoi qualcosa, papà?
ENZO – No, cara, grazie, sai
che a quest’ora non prendo mai nulla.
(Pasquale
accompagna Anita alla porta: Enzo ne approfitta per
rivolgersi all’amico)
… propagandista di medicinali, ecco come
cerca di mimetizzarsi, ma a me non la fa…
(a Pasquale che ritorna)
… immagino che il suo lavoro
la porti tutto il giorno in giro per la città.
PASQUALE –
Proprio così. Non è molto piacevole vivere in mezzo alla folla e al traffico,
ma bisogna farci l’abitudine.
ENZO – Da un
certo punto di vista, può anche essere piacevole assistere alla vera vita di una
grande città come la nostra.
PASQUALE –
Oh, sì, se ne vedono di tutti i colori: pensi che
stamani sono stato testimone di una rapina in banca.
ENZO –
(all’amico)
Ecco, ci siamo!
(a Pasquale)
Meglio dire una tentata rapina.
PASQUALE –
Ah, ne è al corrente anche lei!
ENZO –
Press’a poco… ho saputo così, di sfuggita… ma lei che era presente, racconti.
ANITA –
(chiama Pasquale alla finestra)
Venga a vedere…
(il giovane va subito da lei)
ENZO –
(all’amico)
Era presente, capisci…
ha visto tutto… non pensavo che sarebbe stato così facile tirarglielo fuori…
(si accorge che Anita ha chiamato Pasquale presso di
sé)
… ma scusa,
Anita, il signore stava raccontando e tu l’hai interrotto.
ANITA – Ma a
te cosa interessa della rapina in banca?
ENZO – E
invece mi interessa moltissimo; la prego, signor Esposito,
continui il suo racconto.
PASQUALE –
(tornando ad avvicinarsi)
Come vuole… dunque, stamani transitavo
davanti alla sede centrale della Cassa di Risparmio, quando ho udito un
fortissimo suono di allarme e, subito dopo, ho visto
due giovani schizzare fuori dalla banca e gettarsi nell’auto scoperta del loro
complice che aspettava fuori e che è partito a tavoletta.
ENZO – Un
momento, signor Esposito, si fa presto a dire complice, ma poteva essere un
estraneo al fatto che, ingenuamente li aveva accompagnati.
PASQUALE –
Eh, no, guardi che quello era un chiaro esempio di
complicità.
ENZO –
(alzando un po’ la voce)
Ma mi faccia il piacere, come fa a dire una cosa del
genere?
PASQUALE – E
lei come fa a negare un fatto così chiaro?
ANITA – Via,
papà, hai torto marcio: c’è la prova schiacciante
ENZO –
(a voce più alta)
Ti ci metti anche tu adesso, contro di lui?
ANITA – Non capisco proprio perché
te la prenda tanto per difendere uno che nemmeno conosci.
ENZO –
(ritrovando l’equilibrio)
Già, Io non lo
conosco, non so nemmeno lontanamente chi sia, ha
capito, signor Esposito.
PASQUALE – Io non lo metto mica in
dubbio. Perché si accalora tanto?
ENZO – E’ l’ardore della
discussione che mi ha trascinato.
PASQUALE – Sembrava quasi che avesse un
interesse personale.
ENZO –
(sorridendo)
Ah, ah, questa è
bella! quale interesse mai io potrei avere?
(approfitta che Pasquale si è di nuovo spostato verso Anita, per
parlare all’amico)
… ho combinato un
bel guaio, c’è mancato poco che gli facessi capire tutto. Per fortuna che lui è
a mille miglia dal sospettare, se no la frittata era fatta.
(ancora a Pasquale)
Lei ha visto bene
quelli che sono fuggiti dalla banca e quello che aspettava in macchina?
PASQUALE – Oh, sì, li ho visti
benissimo, specialmente i due che correvano.
ENZO
– E
sarebbe in grado di riconoscerli?
PASQUALE – Questo è più difficile… sa,
i giovani oggi si assomigliano tutti e vestono nella stessa
maniera.
ENZO – Perfettamente d’accordo.
Riconoscerli non è assolutamente possibile.
PASQUALE – Però potrei riconoscere
l’auto.
ENZO – Impossibile.
PASQUALE – La riconoscerei di sicuro.
ENZO – Forse il colore e la marca a
meno che non abbia letto il numero di targa.
PASQUALE – Quello no, non ne ho avuto
il tempo.
ENZO – Meno male.
PASQUALE – Meno male perché?
ENZO – Un modo di dire… per un
momento mi sono sentito nei panni dei rapinatori.
PASQUALE – Ne esca
subito perché saranno presto identificati.
ENZO – E co… come può essere così
si… sicuro?
PASQUALE – La macchina gliel’ho detto, era scoperta. e in giro
di macchine scoperte non ce ne sono molte, a parte il fatto che quella macchina
l’ho già vista nella zona.
ENZO – Un’auto scoperta non è
ancora un indizio sicuro.
ANITA – Verissimo, papà, anche la
macchina di Tonino è scoperta.
ENZO –
(adirato)
Che cosa
ti immischi tu, vorrei sapere. Non eri venuta a prendere gli
spartiti?
PASQUALE – E chi sarebbe questo Tonino?
ENZO – E’ suo fratello. Pensi un
po’ che coincidenza.
PASQUALE – Ma allora l’auto che ho
visto in zona era la sua. Sì, perché da un po’ di giorni, per ragioni….
mie personali, ho preso a frequentare il quartiere…
(sorriso e gesto
di intesa con Anita)
ENZO – Ma guarda un po’ com’è
piccolo il mondo, e com’è facile cadere in un equivoco…
(la porta si spalanca ed entra
Tonino trionfante)
TONINO – Tutto a posto, ho
sistemato-la macchina!
ENZO – Cosa stai
farneticando?
TONINO – Ma come… se eravamo
d’accordo…
ENZO – Quale accordo?! Lo sai chi è
questo signore? È Pasquale Esposito!
(a Tonino mancano le forze e scivola seduto su una sedia)
PASQUALE – Stava parlando
di auto entrando, forse della sua rossa fiammante scoperta?
TONINO –
(con un filo di voce)
Me…me l’hanno
rubata.
PASQUALE – Rubata?...
e perché lei, mi scusi, era così allegro?
TONINO – Ero… stufo di vederla….. ormai era diventata un vecchio catenaccio.
ANITA – Ma se non hai ancora finito
di pagare le rate!
ENZO – E continui a mettere il
becco nelle faccende degli altri!
TONINO – E c’è l’assicurazione che me
la ripaga, se non si ritrova, no?
PASQUALE – Non è così semplice: la
macchina è stata adoperata in una rapina e, anche se sarà ritrovata,
verrà posta sotto sequestro per tutta la durata delle
indagini.
TONINO – Una rapina con la mia
macchina? Che cosa mi tocca sentire.
ANITA – Ma allora anche tu avrai dei
guai, Tonino… sarai interrogato in Questura…
ENZO –
(furibondo)
Ti vuoi occupare
una buona volta dei fattacci tuoi?!
PASQUALE –
(mettendo un braccio sulla
spalla di Anita)
Ma perché la strapazza in questo
modo? lei, poverina, non fa niente di male….
vuole rendersi utile.
(l’accarezza; la porta di
spalanca ed entra Gianni; Anita si scosta in fretta da
Pasquale)
GIANNI – Ma eri venuta a prendere gli
spartiti di musica o a farti massaggiare?
ANITA –
(un po’ imbarazzata)
Ti presento
Pasquale Esposito.
GIANNI – Esposito… quattro battute o
tre se si unisce la “e” alla “spo”, o meglio due, legando il “si” al “to”…
espi… sito… espi… sito.
ANITA – Lui è Gianni, un batterista
che giudica tutto a seconda del ritmo.
(mentre Pasquale s’intrattiene con Gianni, Enzo prende Anita in
disparte)
ENZO – Tu certamente hai capito la
situazione.
ANITA – Io non ho capito nulla.
ENZO – Tonino è nei guai e bisogna
dargli una mano.
ANITA – E io che cosa devo fare?
ENZO – Stai dietro a Pasquale, lui
ha della simpatia per te e tu dagli qualche speranza.
ANITA – E’ un po’ difficile davanti
a Gianni.
ENZO – E tu parla con Gianni,
spiegagli tutta la situazione.
ANITA – Che cosa devo spiegare se
non ci capisco nulla.
ENZO – Zitta che Pasquale sta venendo qui.
(si avvicina Pasquale mentre
Anita va verso Gianni)
PASQUALE – Io le devo delle
spiegazioni.
ENZO – Spiegazioni di che genere?
PASQUALE – Lei si domanderà perché
improvvisamente abbia incominciato a frequentare il suo quartiere.
ENZO – Non ci penso affatto a pormi
certe domande. Del resto, tutto è stato chiarito: la macchina è stata rubata.
PASQUALE – Cosa c’entra la macchina?
Non sono l’agente delle assicurazioni .
ENZO – Lo so, ma se vuole
collegarla con la tentata rapina in banca…
PASQUALE – E perché? Non sono mica un
funzionario di polizia, io.
ENZO – Allora c’è stato un
equivoco. Mi dia pure le sue spiegazioni.
PASQUALE – Io volevo parlarle
di Anita… vede, io…
(si allontanano tutti e due, ma vengono
fermati da Gianni e Anita)
GIANNI – Io ho conosciuto un Esposito
che suonava benissimo lo scacciapensieri.
PASQUALE – Anch’io da ragazzo mi
divertivo con quello strumento.
GIANNI – Allora siamo a cavallo! Ah,
che idea favolosa! Non è vero, Ani?
ANITA – Come faccio a saperlo se non
mi hai detto ancora nulla?
GIANNI – Il liuto di tua madre a
contrasto con lo scacciapensieri di Pasquale, non è un’idea formidabile?
ANITA – Meravigliosa!
una trovata da genio!
GIANNI – La faremo diventare famoso,
lei con il suo strumento.
PASQUALE – Guardi che non
ho capito bene.
GIANNI – Andiamo
alle prove, glielo spiegherò per strada.
(ad Anita)
Hai preso gli
spartiti?
ANITA – Sì, ce li ho qui.
PASQUALE –
(a
Enzo)
Sono costretto a
rimandare quello che volevo dirle.
ENZO – Sempre a sua disposizione.
ANITA – Ciao, papà.
(esce con Gianni e Pasquale)
ENZO –
(all’amico)
Se ne sono
andati, per fortuna, cominciavo a non poterne più. Troppe emozioni tutte
insieme, troppi fatti che si sono accavallati… e poi quel Pasquale Esposito che
entra in scena all’improvviso… che cosa c’era da pensare se
non che fosse un poliziotto che indagava... e invece è un propagandista
di medicinali... pensa un po’ che cantonata!...
Ma guarda in che razza di intrighi ci siamo andati a cacciare! Tutto
per quei delinquenti degli amici di Tonino. Loro sì che meriterebbero di
passare un po’ di tempo in galera, ma Tonino, poveretto, che colpa ne ha?
E chi glielo va a raccontare adesso alla polizia?! Tutto per
un banale errore di significati…
ma sì, un equivoco dopo l’altro ci sono
piovuti sul capo: il primo è stato quello di Tonino, quello di non aver capito
di colpo che “operazione finanziaria” volesse invece
dire “rapina bancaria”.
E’
incominciato tutto di lì, è stato l’inizio di questa operazione
ridicola dove non è successo niente all’infuori di poche parole scritte su un
ridicolissimo biglietto… Come hai detto,
scusa… le armi? Non incominciare anche tu con le domande insidiose: armi non ce
ne sono e non ce ne sono mai state, mi meraviglio che tu non l’abbia capito e
te ne venga fuori con queste domande. “Sei sotto il tiro di un revolver” diceva
quel ridicolo biglietto, ma il revolver non s’è visto perché non esisteva… e
taci una buona volta! le cose
stanno così e basta! Certo che Tonino se li è scelti
bene i suoi amici! cos’hanno nella testa questi
ragazzi? guardano i film in televisione e pensano che
una rapina in banca sia un semplice espediente per autofinanziarsi.
Perché Tonino non s’è sganciato prima, appena s’è accorto
dell’aria che tirava? ma mettiti nei suoi panni,
perbacco! la sirena d’allarme assordante che si sente
fin nella strada, la gente che fugge impaurita dalla banca, curiosi che
accorrono da ogni parte e due energumeni che gli piombano in macchina.
Che cosa poteva fare, povero Tonino, se non schiacciare
l’acceleratore per allontanarsi il più in fretta possibile? Eh, sì, questo è un
fatto che accade difficilmente in una famiglia normale, bisogna ammetterlo: è
un evento straordinario al quale si deve rispondere con misure straordinarie,
proprio come abbiamo fatto. Ora non ci resta che aspettare per
essere sicuri che tutto è andato a posto da sé. Non ci vorrà molto: In
questi casi l’azione della polizia è fulminea, e se non è ancora successo
niente, vuol dire che non hanno elementi in mano per farlo succedere.
Mettiamoci tranquilli, amico mio, è la cosa migliore…
(prende dal tavolo una busta che
esamina)
… una busta indirizzata a me… e nessuno mi
ha detto nulla, capisci? Mi arriva una lettera che magari
contiene cose importanti, e viene buttata su un
tavolo, in mezzo ad altre carte, a rischio di andare perduta… Roba da pazzi,
anche questo succede in casa mia! Magari dentro non c’è nulla di importante, forse uno dei soliti annunci pubblicitari, ma
è il principio che conta, e che bisogna difendere… ho torto per caso? Beh, ora
che mi sono dato ragione, piantiamola con le tragedie e guardiamo che c’è
dentro…
(apre la busta)
… ma che roba è?
nessuno scritto, solo un disegno… e che disegno!
fatto con mano maestra… un paio di corna… ma disegnate così
bene, con tutte le ombreggiature giuste… un capolavoro, meriterebbe di essere
incorniciato e appeso alla parete, se non fosse per l’allusione… già!... non
sarà rivolta a me quest’allusione?...
(all’amico)
… perché un paio di corna alludono
senza nessun dubbio, vero?... Ah, è inutile domandarlo a te: quando c’è da dare
una mano, tu non ci sei mai. Sicuro che alludono, e anche in modo chiaro,
inequivocabile… e da dove arriva quest’allusione?
(rigira fra le mani la busta)
… non c’è il mittente… sono corna anonime queste, ma
indirizzate al mio nome. Oh, guarda! A una cosa del
genere non avrei mai pensato… eppure capita in tante famiglie normali…
(all’amico)
… non è vero che capita?...
l’hai voluta tu la normalità, vero?... e allora beccati anche questa! Ah, ma
non finisce così… voglio vederci chiaro in questa faccenda, andare fino in
fondo…
(chiamando)
Irene, Irene!
IRENE –
(entrando)
Mi volevi, caro?
ENZO –
(all’amico)
Quanto tempo era che non mi chiamava “caro”?... ahi, ahi… che si senta in colpa e debba farsi perdonare
qualcosa?
(alla moglie)
Ho ricevuto una lettera strana… guarda tu se ci
capisci qualcosa.
IRENE –
(apre la busta)
Solo un disegno… senza nessuno scritto?
ENZO – Sarebbe stato superfluo: un paio di corna come
quelle sono più che sufficienti.
IRENE – Che cos’è, uno scherzo o un’allusione?
ENZO – E’ una domanda che dovresti rivolgere a te stessa.
IRENE
(imbarazzata)
Ma io… veramente… io non so…
ENZO – Coraggio, Irene. Butta tutto fuori: dopo ti
sentirai meglio.
IRENE – Che cosa devo dire… io non volevo… e tu forse
pensi…?
(scoppia a piangere)
ENZO – Io non penso a nulla, voglio
solo ascoltare.
IRENE –
(fra i singhiozzi)
E’ stato ieri l’altro, quando quell’assassino mi ha
conciato in questo modo…
(si tocca i capelli)
… ero venuta in ufficio per dirtelo, ma tu non c’eri…
ENZO – Allora?
IRENE – Allora mi sentivo così triste che mi son messa a
piangere.
ENZO – Hai le lacrime troppo facili: ecco il tuo guaio.
IRENE – Sai, mi guardavo nello specchio che
è appeso alla parete e non riuscivo a calmarmi, finché
Bonifazio non mi ha sentito ed è venuto nell’ufficio…
ENZO – Bonifazio il mio socio?
(descrive con il gesto una grossa
pancia)
IRENE – Sì,
proprio lui, mi ha abbracciata e
ha cercato di consolarmi… non è niente, diceva… lei è bella lo stesso…
ENZO – Ha colto a volo l’occasione, il Bonifazio.
IRENE – … ma io piangevo a dirotto e non volevo fermarmi…
ENZO – … e continuava anche lui. Solo l’abbraccio c’è
stato?
IRENE – Mi ha anche baciato… sulla fronte o sulle guance, non
ricordo bene.
ENZO – E tu ti sei lasciata baciare da Bonifazio?
(ancora il gesto della pancia)
IRENE – Mi sentivo così infelice e
desolata… e proprio in quel momento, mentre lui mi baciava, è entrata
nell’ufficio la tua segretaria…
ENZO – Ti ha consolato anche lei?
IRENE – “Scusate tanto” ha detto e se n’è andata subito.
ENZO – Ma allora le corna sono sue!...
sì, non c’è nessun dubbio… ha interpretato la scena che aveva davanti agli
occhi… però, non supponevo che avesse tanta disposizione per il disegno.
IRENE – Questo è tutto quello che è successo.
ENZO – E’ stata la mia segretaria ad aggiungerci
dell’altro.
IRENE – Ne ha di fantasia quella ragazza!
ENZO – E’ difficile scoprire certe
attitudini nascoste delle persone… vai ad asciugarti gli occhi, adesso.
(Irene esce, Enzo riflette perplesso,
poi, all’amico)
E’ andata proprio così?... e
chi può dirlo con sicurezza?... cose come queste capitano di frequente nelle
famiglie normali. I personaggi ci sono tutti: l’amico di famiglia o il socio
di affari che si trasforma in seduttore, la moglie che si
sente trascurata e ha un momento di debolezza o di sconforto, e c’è anche la
segretaria d’ufficio che ambisce a guadagnarsi la riconoscenza del principale,
se non addirittura a prendere il posto della moglie infedele. Piano con queste
divagazioni, non si sa bene dove possano andare a
finire. Irene è sempre stata una buona moglie… e poi non è più una ragazzina…
ma non si può neppure trascurare il fascino del sole al tramonto e la curiosità
di fare ciò che non si è mai fatto… o che si presume non sia mai stato fatto.
Ma in fondo la colpa è mia: ho cercato la normalità, senza pensare che certe
scappatelle appartengono alle più normali situazioni e che la
consuetudine spesso è causa della stanchezza più insopportabile, ed è quindi
responsabile di accendere il desiderio di evasione. A questo punto si può
passar sopra anche al…
(ripete il gesto della pancia gonfia)
… e partire per l’avventura.
No, cosa vado a pensare…sporcare così una vita di fedele onestà… o
di apparente fedele onestà… Tu cosa ne dici, amico mio?... ti
trascini sempre dietro di me come un peso morto, e qualche volta potresti anche
farmi sentire la tua opinione. Del resto, questa normalità l’abbiamo
scelta insieme, e allora godiamocela! Questo è quello che accade
in molte famiglie normali e dobbiamo essere preparati ad affrontare certi
eventi. Guardiamo un po’: la figlia che perde la testa per un batterista è
normale; un po’ meno il figlio che rischia di essere coinvolto in una rapina,
ma l’abbiamo già catalogato come fatto straordinario.
Con la moglie che ti mette le corna siamo ripiombati in pieno nell’ordinato
tran tran del consueto abituale. Dici che non è accaduto nulla?
Ma invece potrebbe essere accaduto o prepararsi per accadere
domani. E allora, amico mio, vuoi dirmela finalmente
la tua opinione: Irene mi ha tradito oppure no? e se
questo è accaduto, che cosa mi resta da fare?
(avvicina l’orecchio alla bocca
dell’amico)
… come? …
(si rialza)
… hai detto mah!... non è un
grande aiuto quello che mi dài…mah!... mi sprofondi di nuovo nell’inferno delle
supposizioni e dei sospetti… mah!...un pozzo dal quale non si esce… un momento,
però! E se fosse proprio questa la condanna che tocca a
ogni umano? L’infinito delle possibilità aperto davanti e nessun punto fermo a
cui appoggiarsi? La tranquillità che credevi di esserti assicurato entrando nel
comun denominatore delle famiglie normali, non esiste. Non esistono
denominatori comuni ai quali ridurre l’esistenza che conduciamo: ognuno ha
davanti a sé la propria vita e deve sbrigarsela da solo. Non ci sono esempi a
cui riferirsi, solo dubbi e incertezze.
(l’amico gli dice qualcosa all’orecchio)
Che cosa dici, non resta che rassegnarsi?… sì, amico
mio, questa è una vera, grande parola di saggezza da
seguire alla lettera… una guida per tutti…
(avanza sul palcoscenico)
… sì, anche per te, Irene…
(la moglie viene avanti)
… e anche per voi…
(si avvicinano Anita, Tonino, Gianni e
Pasquale)
… siamo tutti condannati a brancolare nel buio, senza
una certezza da afferrare…
(stende le braccia per accogliere tutti)
… eccolo il vero denominatore comune:
la rassegnazione ad essere vivi! Avete tutti compreso?... siete tutti d’accordo su quello che ci resta da
fare?... e allora avanti: si parte per l’avventura umana!
(Su Enzo che porta le braccia tese in
avanti)
B U I O
Estratti da opere storico – letterarie