per ogni eventualità, rivolgersi ad:
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I CLASSICI DA RECITARE
Teatro greco tradotto in endecasillabi
ESCHILO - L’ORESTEA
(Agamennone – Coefore – Eumenidi)
- traduzione in endecasillabi -
[Traduzione tutelata dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori
(S.I.A.E.)]
Il conservare a opere nate nella poesia, all’atto di
volgerle nella nostra lingua, almeno una certa architettura lirica, mi è
sembrato un esperimento da fare.
L’endecasillabo offre alla recitazione una serie di
accenti e di cadenze della voce. Accenti e cadenze – è chiaro – che è bene
dimenticare, ma che, proprio per questo, bisogna conoscere.
Non sempre, all’interno del verso, sono state rispettate
le regole di accentuazione, così come a volte una sillaba in più o in meno
rompe le leggi della metrica. Per queste licenze, usate di solito per non sciupare
la scorrevolezza di un verso, chiedo umilmente scusa.
AGAMENNONE
LE PERSONE
Scolta
Coro di vecchi Argivi
Clitennestra
Araldo
Agamennone
Cassandra
Egisto
LA SCENA
La reggia degli Atridi. Al centro la porta d'onore; da
un lato quella del gineceo; dall'altro quella delle stanze per gli ospiti.
PROLOGO
SCOLTA:
Agli dèi chiedo la liberazione
dalla fatica che un anno è durata:
il servizio di guardia, o meglio, stare
tutti distesi, oppure rannicchiati
come cani sul tetto degli Atridi.
Occasione propizia per guardare
lo sfolgorar degli astri nella notte:
alcuni che risplendono d'inverno
ed altri che s'affacciano d'estate
dal sorgere fino al loro tramonto.
Attendo ora il segnale di fuoco
per le nuove che vengono da Troia:
è giunta l'ora dell'espugnazione?
Il cuore batte nei cuori gagliardi
o nei femminei petti fiduciosi
sullo svolgersi di gesta virili.
Nel mio letto irrorato di rugiada
resto sveglio con la paura accanto,
quella paura che non mi abbamdona,
anzi, che mi accompagna nel torpore,
quella paura che non vuol serrate
le palpebre appesantite dal sonno.
Quando sembra che canti o che fischietti,
io gemo in verità, piango la sorte
di questa casa non più governata
come una volta. Aspetto trepidante
quel fuoco nella notte che vittoria
annunci e la liberazione segni
dall'improba fatica quotidiana.
Fiamma gioiosa che rischiarerai
i nostri cuori... eccola, è arrivata!
Sì, non c'è dubbio, del fuoco si tratta
che lungamente abbiamo qui aspettato!
E' quello. evviva! è giunto il messaggio
che mari e monti ha ora attraversato!
Per quest'annuncio sarà festa in Argo,
si vorrà festeggiare con la danza
sfrenata notte e giorno per le strade.
Io grido "Evviva!" e a dar notizia corro
da Clitennestra, la regina nostra
ed anche d'Agamennone la sposa;
che salti giù dal letto con un grido
di gioia che risuoni nella casa:
"E' stata presa la città di Ilio!"
Ancora "Evviva!" il guizzo della fiamma
annunciatrice in me stesso accende
la voglia di danzare. E' buona sorte
che non rallegra solo i miei padroni:
anche per me vedo qualche speranza
se ai dadi è uscito per tre volte il sei.
Fra poco anch'io potrò baciar la mano
del padrone di casa che ritorna;
del resto non ne parlo: un grosso bue
or ora m'è salito sulla lingua.
La casa stessa potrebbe parlare
se avesse voce, come faccio io
con chi già sa, e a chi non sa lo taccio.
PARODO
(entra il coro formato da vecchi Argivi)
CORIFEO
Son passati dieci anni giusti quando,
ad affrontare Priamo di Troia
mossero Menelao e Agamennòne,
una coppia di Atridi con lo scettro
che avea lor consegnato il sommo Zeus.
Di qui partì la flotta degli Argivi
che da ben mille navi era formata;
da qui si scatenò l'urlo di guerra
e si mossero a guisa di avvoltoi
che nei covi gli implumi hanno allevato
e ora, volando a grandi colpi d'ala,
i loro nidi osservano dall'alto.
Ma sulla vetta c'è un dio che ascolta: è
Apollo forse o Pan, o addirittura
il sommo Zeus che il gemito raccoglie
degli uccelli ed invia pronto l'Erinni
per punire i colpevoli, e spedisce
i due figli d'Atreo contro Alessandro
per una donna che di pianto è fonte?
Ora egualmente per Danai e Troiani
lotte feroci, tortura di membra,
ginocchia sulla polvere posate,
lance spezzate durante gli scontri.
La cosa sta così come si trova,
la sorte si è già determinata
per i destini che sono già scritti:
non serve dunque fare libagioni,
né sacrifici empi, e non il pianto
per placare le ire degli dèi.
La nostra carne è vecchia e più non serve
a pagare l'aiuto ricevuto.
Sui bastoni di un bimbo si sostiene
la forza che in un giovane è presente
nel petto, e che invece è sempre assente
nei vecchi: Ares qui non ha dimora!
Quando un vegliardo dalle fronde appassite
cammina su tre piedi per le strade,
procede incerto come un bambino
innocente o un fantasma del passato.
E tu, figlia di Tindaro, regina
Clitennestra, di quali novità
fosti informata? Ricevuto hai
qualche notizia del tutto speciale?
Hai predisposto grandi sacrifici
per gli dèi che proteggon la città,
numi celesti o inferi non cambia,
per dare fiori alle strade e alle piazze,
per riempire gli altari di doni?
Al cielo va il profumo degli unguenti
bruciati e si preparan libagioni
nelle stanze del palazzo reale.
Ora, regina, devi dirmi quello
che si può far sapere senza danno:
è l'ora di calmare quest'affanno
che ci opprime angoscioso. I sacrifici
allontanino la preoccupazione
insieme col dolore che nel petto
l'anima nostra rode senza tregua.
CORO
Posso ancora narrar della gloriosa
marcia dei nostri eroici guerrieri,
forse perché gli dèi me l'han concesso,
oppure è la mia età che ben ricorda
la forza che in un canto si esprime.
Dirò anche di come la partenza
dei due re degli Achei ora al comando
dei giovani dell'Ellade, inviati
furon con lancia nella salda mano
in terra Teucra da conquistatori.
Ed ecco che proprio qui un prodigio avvenne,
quando il re degli uccelli apparve al re
delle navi: l'un nero e l'altro invece
bianco, se ne stavano insieme nella
reggia, dalla parte della lancia
che di solito il braccio fa vibrare;
in quelle sale splendide, scorgendo
una lepre che gravida di prole
stava compiendo la sua estrema corsa,
l'aggredirono rapidi e famelici.
Lugubre è il canto da intonare, ma
l'ultimo fine è che trionfi il bene!
Dell'esercito l'esperto indovino
attribuì ai due potenti Atridi,
che erano degli Achei capi supremi,
bellicosi e di eguale nobiltà,
il torto della lepre divorata.
Passando poi all'interpretazione
di quel prodigio disse che col tempo
Troia sarebbe stata conquistata
ad opera di questa spedizione
d'Achei, che le ricchezze della torre
sarebbero poi state saccheggiate
dalla Moira nel modo più violento.
Occorre che la collera divina
tolga la luce al morso delle truppe
che su Troia si sono scatenate.
Artemide divina, per la lepre
prova certo abbondante compassione,
rivolgendo il suo odio per gli alati
cani del padre che han sacrificato
prima del parto, in un triste banchetto,
quella povera bestia sventurata.
Canto lugubre intona e vinca il bene!
E' dolce con i cuccioli la Bella,
ai gagliardi leoni ed ai lattanti
delle fiere silvane anche è gradita.
Fausti i segni di questo presagio,
ma dal volo degli uccelli turbato
io non so dare un'interpretazione
e a Peana chiedo aiuto, perché
la dea non crei per la navigazione
dei Danai difficoltà veruna
nell'impedire o il ritardar le navi,
sollecitando un nuovo sacrificio
empio, contro ogni legge di natura,
suscitator di liti familiari.
Infatti con furore si solleva
la padrona di casa che contrasta
il sacrificio orrendo e si propone
di vendicare la figlia immolata.
Tale funeste sventure gridò
forte Calcante, unendole ai presagi
favorevoli per gli uccelli in volo
continuo sui palazzi reali.
E su queste parole intona un canto
luttuoso, ma che il bene infin trionfi!
Ascolta Zeus, qualunque sia il tuo nome,
se in questo modo ami esser chiamato,
t'invocherò di certo in tal maniera.
Paragoni non faccio e, riflettendo,
concludo che nessuno, salvo Zeus,
questa dolorosa angoscia che opprime
l'animo nostro può ancora scacciare.
Non chi prima era pieno di coraggio
guerresco e oggi tutti ci chiediamo
se è esistito davvero, e neanche chi,
dopo aver trovato un vincitore,
il campo abbandonò, solo chi Zeus
con epinìci canti celebrò.
Zeus manterrà la suprema saggezza
ed il suo insegnamento a noi mortali
è di essere saggi ed imparare
la legge che il sapere è sofferenza.
Soffrir vuol dire ricordare i mali
che a poco, a poco si sono ammucchiati
vicino al cuore, ed anche a chi non vuole
giunge il sapere. Grazia è degli dèi
sul loro alto seggio di saggezza.
Il comandante delle navi Achee
non deplorò Calcante, l'indovino
annunciator delle funeste sorti.
La violenza del vento imperversava,
precedendo la fame che colpiva
le truppe Achee che eran stanziate in fronte
a Calcide nell'Aulide, rumorosa
per forti venti che dallo Strimone
soffiano con impetuosa violenza.
Le giornate di ozio e di digiuni
sono piene, impedito è l'approdo
alle navi dal vento minacciate.
Scorre il tempo ed è proprio il ritardo
a logorare il fiore degli Argivi.
Ed ecco che Calcante, l'indovino,
colta l'ira d'Artemide a pretesto,
gridò ai capi un rimedio più grave,
che gli Atridi, battendo i loro scettri
sulla terra scoppiarono nel pianto.
E Agamennone, il più anziano, parlando
disse: "E' grave dover disobbedire,
più grave ancora è uccidere la figlia
che della casa è l'alto splendore,
macchiando col suo sangue verginale
le mie mani paterne sull'altare
del sacrificio. E senza questi mali
cosa sarà? Sono io forse un uomo
che pensa di tradire un'alleanza?
Son purtroppo costretto ad attuare,
tra l'ira e il furore, il sacrificio
col sangue della figlia verginale,
per comandare ai venti. E così sia!"
Chinato al giogo della necessità,
il sacrificio nell'anima accettò
e scordando le regole seguite
fino allora, fu pronto a tutto osare,
perché i mortali prendono coraggio
dai consigli più perfidi e malvagi.
Accettò dunque di sacrificare
la figlia, dando aiuto a una guerra
che una donna voleva vendicare.
Fu effettuata poi la lustrazione
alle navi in procinto di salpare.
I capi più smaniosi di battaglie
non tenner conto delle invocazioni,
delle preghiere, e neanche fecer caso
alla tenera età della fanciulla:
dopo aver pregato, il padre disse
ai suoi servi di condurre la figlia
a capo chino come un capretto,
avvolta nelle vesti e sull'altare
posta, aggiungendo l'ordine preciso
di tapparle la bocca con la mano
per non udere la maledizione
che di certo la figlia avrebbe urlato
contro la casa e il proprio genitore.
Costretta dalla morsa del bavaglio,
lasciò cadere a terra le sue vesti
e ferì con la freccia del suo sguardo
ciascuno degli addetti al sacrificio,
suscitando compianto e commozione.
Bella appariva come in un dipinto
col vano desiderio di parlare,
perché in quelle stanze di suo padre
soleva spesso intonare un canto
con la sua casta voce virginale,
onorando il Peana con amore
e buon augurio alla terza libagione.
Quello che venne in seguito non vidi
né posso dire: le arti di Calcante
dimostraron la loro utilità.
Dike a chi ha sofferto dà il sapere.
Puoi conoscerlo quando è già accaduto
il futuro, lasciare che si compia
il suo corso. Chi vuol piangere prima?
Con i raggi del giorno il chiaro viene.
Arrivi dunque la buona fortuna,
questo vuole l'unica vicina
custode a difesa dalla terra d'Api.
PRIMO EPISODIO
(seguita dalle ancelle viene avanti la regina Clitennestra)
CORIFEO
Sono venuto qui per onorare
il potere che esprimi, o Clitennestra:
è giusto infatti che sia reso omaggio
alla moglie del re, quando deserto
è il trono del sovrano. Ricevute
hai buone nuove e a un sacrificio
ti appresti lietamente, o alla speranza
confidi? Gradirei risposta, però,
se taci io non posso biasimarti.
CLITENNESTRA
Dice il proverbio che l'aurora è
felice messaggera, figlia della
dolce notte. Ho provato una gioia
maggiore di speranza: dagli Argivi
la città di Priamo fu espugnata.
CORIFEO
Che cosa dici mai?! L'incredibile
nuova mi spegne in gola la parola!
CLITENNESTRA
Troia è in mano agli Achei! Capisci ora?!
CORIFEO
La gioia è tale che provoca il pianto.
CLITENNESTRA
Il tuo occhio dimostra la tua fede.
CORIFEO
Si può credere, hai prove sicure?
CLITENNESTRA
Sono sicura se il dio non m'inganna,
CORIFEO
Forse son solo fantasmi di sogni.
CLITENNESTRA
Non crederei se fossi insonnolita.
CORIFEO
Forse voce nel vento ti ha esaltata.
CLITENNESTRA
Mi deridi come fossi una bimba.
CORIFEO
E quando Ilio è stata saccheggiata?
CLITENNESTRA
Questa notte, alle soglie dell'aurora.
CORIFEO
E quiale nunzio giunse così in fretta?
CLITENNESTRA
Dall'Ida mandò Efesto un segnale
di fuoco, e da lì, di fiamma in fiamma,
il fuoco fu veloce messaggero.
Dal monte Ida alla rupe Ermea
di Lemno, e dall'isola la face
giunse alla terza tappa sulla cima
del monte Athos da Zeus venerato.
Di lì, viaggiando sulle onde del mare,
la fiaccola dorata, rifulgente
come raggio di sole, annuncio dava
alle vedette del Macisto che,
senza lasciarsi vincere dal sonno,
trasmisero il messaggio alle correnti
dell'Euripo, e da lì il segnale
poté giungere alle scolte del Messapio;
qui deciser la fiamma ravvivare
con l'appiccare il fuoco ad erba secca.
La fiamma non più oscurata, sulla piana
dell'Asopo si stende ed assomiglia
alla luna che splende sulla rupe
del Citerone. Ed ecco che s'accende
un'altra successione di fiammate:
pronta la scolta accoglie quella luce
venuta da lontano e incendio aizza
ben oltre la Gorgopide palude
per giungere sul monte Egiplancto.
Qui del fuoco ripresero nozione
e il segnale inviarono, accendendo
un grande rogo che rese risplendente
l'altura affacciata sul Saronico
stretto, arrivando al giogo Aracneo.
Dove vedette intorno alla città
lo scorsero e sul tetto degli Atridi
la notizia piombò con quella luce
che il monte Ida aveva generato.
Questo dei lampadefori è il lavoro
che si succedono uno dopo l'altro,
al primo e all'ultimo la vittoria spetta,
lo prova il segnale che il mio sposo
mi invia da Troia come suo messaggio.
CORIFEO
Di nuovo gli dèi, o donna, pregherò
ma tu adesso vai avanti col parlare
ancora voglio udire ed incantarmi.
CLITENNESTRA
Gli Achei hanno Troia oggi occupato
e grida discordi corrono in città:
olio e aceto riuniti in un sol vaso
si contrastano ancora da nemici.
Le voci udiam di vincitori e vinti:
mogli e sorelle gettate sui corpi
di mariti e fratelli, mentre i figli
di anziani genitori, con il collo
stretto nel giogo, compiangono ora
la sorte dei lor cari, e i vincitori
affranti da fatiche sostenute,
erran stanchi e affamati fra le case,
cercando il cibo per poter placare
il digiuno, e che la città può offrire
senza ordine alcuno, come un dado
estratto per interrogar la sorte.
E nelle conquistate case dei Troiani
hanno preso dimora, non dovendo
sfidar rugiade e geli a cielo aperto,
ora felici di poter dormire
tranquillamente senza turni alcuni
di guardia da montare nella notte.
Onorando poi anche, com'è d'uso,
i numi protettori della città
con le statue degli dèi venerati
in quella terra che è stata occupata,
i vincitori poi ogni disdoro
dell'esercito potrebbero evitare
se mai sui combattenti non calasse
la triste cupidigia del saccheggio
per vergognosi ed immondi guadagni.
E' un male perché devono pensare
a ritornare alle proprie case,
un viaggio che potrebbe risultare
innocente per i doveri assolti
verso gli dèi, ma colpevole invece
verso tutti i morti che son caduti
e gridan la vendetta di ottenere.
Hai sentito il parere di una donna,
ma il bene vinca senza più incertezza
e si possa vedere chiaramente!
CORIFEO
Come uomo pieno di senno parli,
o donna. Da te ricevo prove
soddisfacenti a glorificare
or gli dèi per le grazie ricevute
non inferiori alle pene sofferte.
(Clitennestra rientra nella reggia)
PRIMO STASIMO
CORIFEO
O Zeus re, e tu amica notte
che sulle torri di Troia hai gettato
la fitta rete che ha impedito a tutti,
giovani e adulti di tenersi fuori
dalle maglie di schiavitù e sventura
che tutti ha catturato, io ti onoro
Zeus potente che Ilio hai distrutto,
che hai teso a lungo l'arco di Alessandro
perché il dardo che, al momento opportuno,
venne scagliato inutile non fosse.
CORO
Si può dire che il colpo fu di Zeus.
La pista è buona perché il fatto avvenne
proprio com'era stato stabilito.
Una voce che corre dice che
gli dèi lasciano perdere i mortali
che non hanno rispetto per il sacro.
Empio è chi lo conferma. Figlia di
audaci è la maledizione
dove il potere il giusto sopravanza,
dove opulenza riempie le case.
La suprema virtù è la misura.
Sia la fortuna inoffensiva, così
da potere bastare all'uomo saggio!
La ricchezza non può far da riparo
a chi ha fatto violenza al gande altare
della Giustizia, né da morte scampa
quando l'assale irata la sinistra
Persuasione che di Ate è figlia,
trascinandola con mali consigli,
rendendo vana ogni possibil cura.
Non si cela la colpa, ma trapela
una luce che ha il vivo bagliore
di una moneta falsa stropicciata
che in pezzo di nero ferro si muta.
Come un bimbo segue un uccello in volo
alla città sventura causando,
nessun dio le sue preghiere ascolta,
e colui che è la cagion di questi mali
inesorabilmente da Giustizia
con sicurezza viene poi abbattuto.
Lo stesso capitò a Paride, giunto
come ospite alla casa degli Atridi,
disonorò la tavola col ratto
di una donna portato a compimento.
E avendo lei recato ai cittadini
rivolte armate con scudi e con lance
e navi preparate per battaglia,
in mare e a terra eserciti schierati,
portando a Ilio, invece della dote
di nozze, la distruzione e la morte.
Splendida ora e con passo leggero,
si proponeva di varcar le porte
della città, l'inosabile osando.
Fra i lamenti e i sospiri, la parola
preser tutti i profeti della casa:
"Ahi, triste casa! ahi, ahi sovrani,
ahi talamo nuziale abbandonato!"
Silenzioso e immoto sta l'oltraggiato
marito che s'immagina il fantasma
della donna fuggita oltre il mare.
Intollerabile è per lui vedere
le belle statue che la ritraevano,
la grazia ha abbandonato quei ritratti
con l'amore che lascia gli occhi vuoti.
C'è chi crede alle immagini evocate
in un sogno, ma è una gioia vana,
perché rapidamente la visione
svanisce e tutto torna come prima.
Tale amarezza è sul focolare
della casa del re, dolor maggiore
è nelle case di color che insieme
si mosser dalla Grecia per la guerra.
Ora al posto degli uomini partiti
son tornate le ceneri e le urne!
Ares che trasforma i corpi in polvere
e che nella battaglia la bilancia
sospesa tiene, fa invio ai congiunti
dei combattenti, dal fuoco di Ilio
la cenere per colmare i lebèti.
Piangono lodando l'uomo, in guerra
esperto l'uno, il secondo caduto
per una donna ad altro appartenuta.
Gemiti che in silenzio vengon fuori,
oppur con ira mista di dolore
e protesta contro i capi Atridi
che dovrebber difender la giustizia.
Altri, sotto le mura d'Ilio, intatto
il corpo, han ricevuto sepoltura
nella terra da loro conquistata.
Grave è il rancor dai cittadini espresso
insieme a popolar maledizione
di quelli che il debito han pagato.
Qualcosa ancora di poco chiaro c'è:
gli dèi hanno posto lo sguardo su quelli
che hanno fatto sterminio e le Erinni
chi è stato ingiustamente fortunato
colpiscono, e per questi non c'è forza
che tenga. Grave agli occhi di Zeus
aver troppa paura: la saetta
è pronta. Cerco la felicità
senza invidia d'intorno; distruttore
di città non voglio essere mai
e nemmeno essere catturato.
In poco tempo in città si diffonde
la buona nuova che il fuoco ha portato:
è vera od è menzogna degli dèi?
Chi è tanto fanciullo, oppur smarrito
ha il senno, ed è in grado di imfiammarsi
a messaggi di fuoco, e scoraggiarsi
se la notizia poi falsa risulta?
Per sua natura una donna è propensa
a lodar la fortuna, anche se prove
della comparsa non ci siano ancora.
SECONDO EPISODIO
Se luci e fuochi dicevano il vero
presto sapremo, oppure se un inganno
sia stato. Dalla costa ora viene
avanti araldo con rami d'olivo.
Non sarà un messaggero muto,
lo conferma la polvere del fango
sorella che tutto lo ricopre;
né sarà il fumo di un incendio
a darmi buona nuova, ma una voce
giunta gradita coi segnali apparsi.
Sbaglia chi è di diverso parere.
(entra un araldo)
ARALDO
O terra d'Argo, sacro suol dei padri,
eccomi ancora qui dopo dieci anni,
ritorno a te dopo avere appagato
una soltanto di molte speranze
che in cor nutrivo: era la fiducia
di trovar dove nacqui sepoltura.
Salve terra amata che il sole inonda
con il suo calore, sia lode anche a te,
supremo Zeus e a te signor di Pito
che contro di noi scagliavi dardi.
In riva allo Scamandro dei nemici
fummo, e ancora una volta, Apollo re
concedici il tuo alto riparo.
Tutti gli dèi della contesa invoco
ed anche Ermes che è il mio protettore,
messaggero celeste che splendore
dona a tutti gli araldi; anche a voi
mi rivolgo, nostri accompagnatori
verso la patria, dopo questa lotta
durissima che vivi ci ha lasciato.
O reggia del mio re,voi venerati
palazzi con il vostro splendore
accogliete il regnante che ritorna
dopo dieci anni a voi, or circondato
di luce di vittoria conquistata.
Agamennone il sire vincitore
bene accogliete: è stato il distruttore
di Troia, Zeus una vanga gli ha affidato
per sconvolgere d'Ilio la pianura,
distrugger degli dèi statue e altari,
far crollar templi e disperdere il seme
di quelli che qui avevano abitato.
Oggi torna il maggiore degli Atridi,
il più degno di essere onorato
fra i mortali. Paride che provocò
la rovina di Troia, non può certo
i disagi e i patimenti vantare:
furto e ratto compiuti, da ciascuno
furono duramente condannati.
La preda poi fuggì e nella casa
restò solo sterminio e distruzione.
Questa duplice pena fu pagata
dalla gente a Priamo soggetta.
CORIFEO
Araldo degli Achei io ti saluto.
ARALDO
Felice sono e mi sento anche pronto,
col consenso degli dèi protettori,
ad affrontare persino la morte.
CORIFEO
Della patria hai sofferto la distanza?
ARALDO
Adesso piango solo per la gioia.
CORIFEO
Voi sapevate già della dolcezza
con la quale si copre il vostro male?
ARALDO
Non voglio perdere il filo del tema.
CORIFEO
Ditemi se il desiderio vi affliggeva
di rivederci come tutti noi
aspettavamo il vostro ritorno.
ARALDO
Il desiderio di tornare alle nostre
case: era questo il sentimento
comune dell'esercito al completo.
CORIFEO
I lamenti venivano dall'animo.
ARALDO
E questo triste odio dei soldati
potete dir da dove vi veniva?
CORIFEO
Il tacer come al male medicina
ho adottato da un bel numero d'anni.
ARALDO
Come accadde? Temevate un intruso
sostituire il regnante assente?
CORIFEO
Come prima s'è detto, anche per me
il morire sarebbe grazia ambita.
ARALDO
Ora che tutto è andato a finir bene
ci rallegriamo; col passar degli anni
però gli eventi possono cambiare
Solo agli dèi felicità che dura
è concessa senza nessun affanno.
Parliamo dei disagi sopportati
sulle navi, degli stretti passaggi
dove un'assoluta scomodità
fa l'esisenza assai più complicata.
A terra era ancor peggio, coi giacigli
sotto il cielo, alle piogge e alle rugiade
spalancati, dormir sempre inzuppati
d'acqua. Gli uccelli muoiono d'inverno
quando l'Ida da neve è ricoperto;
altri disagi ci sono d'estate
con il caldo ed il mare senza onde
che nel suo letto giace addormentato
senza un fremito portato dal vento.
Perché continuare a lamentarci?
La stagione si spense con la guerra,
le fatiche, i dolori ed anche i morti;
tutto passato che non torna indietro,
parlarne ancora ormai non ha più senso.
Abbiamo assai patito pei caduti,
ma di lor non è il caso di parlare,
noi, superstiti dei soldati Argivi,
sappiamo che il conservar la vita
è il vantaggio maggiore che ci tocchi.
Le sofferenze che abbiamo passato
oggi non fanno più da contrappeso
alle nostre esistenze: ora guardiamo
senza rimorso questo sfolgorare
splendido della luce del sole
che sul mare e la terra lievemente
posa i suoi raggi. Dopo la conquista
di Troia, questa Argiva spedizione
le spoglie della città ha inchiodato
nei templi della Grecia: un uso antico
rispettato per onorar gli dèi.
Chi ascolta queste parole, una
lode dedichi alla città ed ai capi.
Così facendo sarà anche onorata
l'opera intera che Zeus ha compiuto.
Questo dovevo dirti: ora sai tutto.
CORIFEO
Le tue parole mi hano ora convinto:
nei vecchi uno scatto giovanile
rimane a volte per poter capire.
Bisogna or che la tua voce acquisti
forza e sonorità per arrivare
al palazzo reale, a Clitennestra,
perché anche lei insieme a me gioisca.
(entra Clitennestra)
CLITENNESTRA
Il messaggio di fuoco, poco fa
mi ha già strappato grida di esultanza:
Troia era stata presa, e sorridendo
qualcuno aveva detto: "un focherello
credi possa annunciare la caduta
di Ilio? una femminea esaltazione
è la tua" ma ho respinto questi dubbi,
accogliendo di giubilo le grida
che qua e là si levavano al cielo,
poi preghiere ed offerte ho dedicato
agli dèi, riempiendo i templi di doni.
Tu non dirmi più nulla, saprò tutto
dal re stesso, or mi devo affrettare
per i preparativi di accoglienza
per il mio sposo, luce della casa
che infine, come vollero gli dèi,
tra le mie braccia ha fatto ritorno.
Corri a dire al mio sposo di affrettarsi:
la sua città lo aspetta con amore,
e qui alla reggia troverà la sposa
fedele, tale e quale la lasciò
come cane da guardia della casa,
ostile a tutti quanti i suoi nemici.
Io che non conosco piacere alcuno,
neanche ai maldicenti presto fede
se mi accusan di pensare a un uomo
diverso. Questo mai potrà accadere:
è la promessa di una donna onesta.
CORIFEO
Tali furono le parole dette
che tu saprai di certo riferire.
Parlami adesso del re Menelao:
è salvo, è con voi, e fa ritorno
con l'amato signor di questa terra?
ARALDO
Mentir non so e neppur lo voglio fare
per non dare agli amici frutti grami.
CORIFEO
Forse risulterebbero gradite
le tue nuove e con gioia ricordate.
ARALDO
L'uomo è scomparso dalle forze Achee
e anche la sua nave non c'è più.
CORIFEO
L'avete visto partire da Ilio
e una tempesta vi ha poi separato?
ARALDO
Come un esperto arciere nel centro
hai colpito: si tratta di un disastro.
CORIFEO
Si spargerà la voce che è vivo, ma
lo potran dire altri naviganti.
ARALDO
Soltanto il sole che nutre la terra
con grande certezza può saperlo.
CORIFEO
Dici che una tempesta scatenata
dall'ira degli dèi fu la cagione?
ARALDO
Un lieto giorno rischia esser sciupato
da cattive nuove; l'onor dei numi
non è comune, ma invece dev'esser
per ciascuno di loro calcolato.
Quando un nunzio notizie di sventura
porta alla gente: "L'esercito è annientato,
Una grave ferita è stata inferta
alla città, e A morte sicura
tutti i nostri guerrieri son votati"
allora il messagger deve intonare
il Peana alle Erinni. Ma se il nunzio
riferir deve di gloriose imprese,
annunciando che la città salvezza
ha raggiunto, si aprano le feste!
Non posso io mescolare il bene
al male e raccontare la tempesta
che solo per la collera divina
si abbattè crudelmente sugli Achei.
Congiurarono insieme anche se prima
eran stati nemici: il fuoco e il mare,
e da questa alleanza sciagurata
l'armata Argiva risultò distrutta.
Nella notte le onde scatenate
inghiottiron le navi, mentre i venti
forti di Tracia investivano i legni
ancora a galla. E quando al mattino
il sole si levò, triste visione
apparve: il mare Egeo disseminato
di rottami era e di cadaveri.
La nostra nave, prodigiosamente
nessun danno allo scafo avea subito,
per evidente grazia degli dèi
in quanto nessuno di noi, soldato
o marinaio il timone avea toccato.
I flutti non avevano ingoiato
la nostra nave e non l'aveano spinta
verso le rocce aguzze della costa:
la Fortuna, benigna conduttrice,
s'era seduta certamente al posto
del timoniere e l'avea salvata.
Ma con le prime luci del mattino,
nessun di noi potè poi rallegrarsi
d'esser rimasto in vita: la visione
della rovina in cui era incappata
la nostra flotta, i corpi dei compagni
affogati e galleggianti sul mare,
disperazione aveano suscitato
nei nostri cuori. Solo una speranza
ci sosteneva, che a qualcuno fosse
capitata una sorte eguale a quella
che anche noi avevamo affrontato.
Son questi dunque i voti che eleviamo
per i nostri compagni, e specialmente
per Menelao, che il sommo Zeus non voglia
annientare la stirpe degli Atridi;
il mio augurio quindi è uno soltanto:
che torni in fretta alla sua casa intatto.
Se hai ascoltato quello che ti ho detto,
la pura verità hai conosciuto.
(esce)
SECONDO STASIMO
CORO
Chi ha mai detto cose così vere?
Forse qualcuno che noi non vediamo
ma che è informato sulle previsioni
del destino? Elena che la guerra
ha provocato e che può eser chiamata
distruttrice di uomini, di navi
e di città, si rivelò un giorno
sollevando le ricche e preziose
cortine del suo talamo nuziale,
e fuggì con la nave e con il soffio
di un forte vento. All'inseguimento
si gettarono in molti, i più seguendo
l'invisibile orma dei remi
che non lasciano in mare traccia alcuna.
Verso le rive verdi eran diretti
del Simoenta, al fin di vendicare
un'offesa bruciante e vergognosa,
e nessuno pensò che era l'inizio
di un'accanita contesa mortale.
E quando proprio ad Ilio fu arrivata
Elena con il suo velo di sposa,
a nessun venne in mente che quel velo
stava per tramutarsi in un sudario.
E fu così che il canto nuziale
che tutta Ilio aveva intonato,
lamento diventò e imprecazioni
verso Paride, di Priamo il figlio
che tanti lutti aveva causato.
Come un piccolo leone allevato
fra gli umani, si mostra mansueto,
amico dei bambini e degli anziani,
col passare degli anni la natura
selvaggia affiora, e con gran furore
su animali domestici si avventa,
facendo grande strage di bestiame,
così da un dio nemico fu mandato
un sacerdote d'Ate in quella casa
perché vi fosse con bontà allevato.
Con Elena sembrò anche arrivare
per Ilio un'esistenza più tranquilla
allietata da ricchezza e da pace,
fragrante del profumo di un amore
inebriante che in tutti si espande.
Tutto ebbe fine quando una Erinni
sulla città di Priamo s'avventò,
con pianti e lutti per tutte le spose.
Vive fra i mortali una credenza:
che il.benessere raggiunto non muore
senza figli, e dalla buona sorte
la miseria germoglia per la stirpe.
Io invece penso che soltanto il male
sia di altro male fecondo e che
una bella prole sia di giustizia
sempre il miglior di tutti i risultati.
Di solito l'antica violenza
madre di prepotenza è fra malvagi,
ogni volta che nel giorno fissato
un figlio apre gli occhi; l'accompagna
l'empia, crudele, arrogante Ate
che provoca disgrazie nella casa.
La giustizia risplende nel futuro
di un povero perché l'onesta vita
predilige, non ama le dimore
ornate d'oro e disprezza il potere
della ricchezza che finge la gloria.
(Entrano Agamennone e Cassandra su un carro)
TERZO EPISODIO
E tu, dimmi, saccheggiator di Troia,
figlio diletto del crudele Atreo,
come posso parola indirizzarti
senza esaltare e neppure avvilire
l'omaggio che ti spetta di diritto?
Molti preferiscon l'apparenza
all'evidenza delle azioni compiute,
trascurando giustizia che presiede
ad un retto operare; tutti pronti
a piangere un amico sfortunato,
ma quanti son quelli davver capaci
di mettere i lor cuori in questo danno?
Quando la spedizione fu affrontata
per Elena, sinceramente dico,
non mi sembrò un'azione gloriosa,
né un chiaro esempio di ben governare:
l'esporre a morte i tuoi concittadini
per difendere una causa ingiusta, come
quella di una colpevole sfrontata.
Ora, però, devo congratularmi
con chi a felice termine portò
quest'impresa, e nel frattempo informarti
su coloro rimasti a custodire
con giustizia la tua città e coloro
ch'ebber comportamento inopportuno.
AGAMENNONE
Prima di tutto, rivolgo un saluto
ad Argo ed agli dèi che la proteggon,
che mi hanno assistito nel ritorno
e nella punizione da me inflitta
alla colpevole di Priamo città.
Gli dèi, infatti, non è sulle parole
che intendon giudicare noi mortali,
ma sui fatti che abbiamo realizzato.
Ecco perché il giudizio formulato
su questo caso, nessuna incertezza
poteva avere: la bruciante offesa
che tutti i Greci aveano sopportato,
spento sarebbe stato con disfatta
dell'esercito d'Ilio e distruzione
della città che Troia è nominata.
Solo un filo di fumo ora rimane
sul luogo ove sorgeva l'orgogliosa
città che i saccheggi ripetuti
hanno completamente devastata.
Tra le macerie solo son rimaste
le tempeste di Ate scatenate,
e la città che muore sta esalando
il fumo dell'antica sua opulenza
che la disfatta ha ora soffocato.
Nell'ora delle Pleiadi al tramonto
gli armati usciron fuori dal cavallo
ed ebbe inizio la nostra vittoria.
In quanto ai sentimenti che tu esprimi,
sono anche i miei e concordia ci unisce.
Rispetto anch'io l'amico fortunato
senza che nel mio animo l'invidia
sussista. Dell'amicizia conservo
un affetto profondo per l'amico.
Odisseo, un fedele compagno
che in pace e in guerra sempre a me vicino
si trovò. Gli altri son solo fantasmi
sui quali, mi dice l'esperienza,
conto sicuro non si può mai fare.
Ciò che riguarda questa città e gli dèi,
stabiliremo presto una riunione
al fine di poter deliberare
in assemblea perché il bene resti.
E prima di rientrare al focolare
del mio palazzo, un saluto agli dèi
voglio mandare, con l' augurio che
la vittoria conquistata rimanga
sempre ben salda nelle nostre mani.
CLITENNESTRA
Cittadini, è a voi che rispettate
gli Argivi, voglio ora dichiarare
l'amore che io ho per mio marito,
nonostante il pudore che mi frena
ma che col tempo cede il suo rigore.
Non dico quello che da altri ho appreso,
della mia vita vi voglio parlare,
del feroce dolore che ho provato
sapendolo a Troia a battagliare.
E' un grande male che una donna resti
da sola, senza un uomo nella casa,
ed un male maggiore sono i messi
che vengono ad annunciar sventure:
se ricevute mio marito avesse
le ferite a lui attribuite,
come rete sarebbe traforato,
e se era morto, come già annunciato,
d'esser Gerione potrebbe vantarsi,
sepolto per tre volte perché ognuno
dei suoi tre corpi il riposo attendeva.
E furon queste voci di sventura
che mi spinsero ad infilare il collo
in una corda che i miei familiari
si affrettarono a sciogliere. Per questo
mio figlio Oreste non è qui: un amico,
Strofilo di Focea, nella sua casa
l'ha accolto come ospite gradito.
Strofilo da tempo mi avvertiva
dei rischi che Agamennone correva
sotto Ilio, prevedendo un tumulto
di popolo al fin di rovesciare
il Consiglio del re: eran notizie
funeste, com'è proprio naturale
fra gli uomini, e si trovi calpestato
chi nelle avversità è già caduto.
In questa osservazione non c'è inganno,
son diventate aride le mie
fonti del pianto, e negli occhi resta
la traccia delle mie veglie notturne
in attesa del segnale di fuoco.
Per scuotermi dal sonno, sufficiente
era il battito d'ali di zanzara,
e subito il tuo viso sofferente
di fronte a me appariva desolata.
Dopo tanti infiniti patimenti,
nella serenità riconquistata,
posso di nuovo salutare il cane
che protege la casa, la gomèna
alla quale è attaccata la nave,
la colonna che al tetto dà sostegno.
Solo figlio di un padre, terra che
all'improvviso appare ai naviganti,
azzurro cielo dopo la tempesta,
acqua sorgiva per un assetato.
E' gioia grande essere sfuggita
alla disgrazia, or con riverenza
ti saluto e ti onoro, ed ogni invidia
stia lontana coi mali sopportati.
Scendi, sposo diletto dal tuo carro,
senza appoggiare il tuo piede al suolo,
come s'addice al re che ha distrutto
Ilio superba. Che indugiate, ancelle,
a stendere tappeti sul cammino?
Deve fiorir di porpora la strada
sulla quale lo guidi alla dimora
Dike della giustizia protettrice.
AGAMENNONE
Figlia di Leda e custode della
mia casa, bene hai parlato e a lungo.
Tutti gli onori che m'hai indirizzato
li accetto volentieri, anche se credo
sarebbe stato meglio che a parlare
fosse stata una persona diversa,
lasciando perder tutte le mollezze
che a una donna s'addicon, non a me.
Non è un re barbaro che qui tu accogli,
non c'è bisogno di tappeti o stoffe
variopinte che piacciono agli dèi.
Come un uomo mi devi tu onorare,
ricordando che odio la superbia,
che amo invece la moderazione
e che invidio chi trascorre la vita
nella riservatezza e nella quiete.
CLITENNESTRA
Voglio che tu risponda con franchezza.
AGAMENNONE
Non falsificherò il mio pensiero.
CLITENNESTRA
E se tu fossi preso da paura,
faresti un voto simile agli dèi?
AGAMENNONE
Sol se al comando fosse chi sapeva.
CLITENNESTRA
Se Priamo avesse vinto, in che modo
credi che si sarebbe comportato?
AGAMENNONE
Questi tuoi bei tappeti di sicuro
io credo che lui avrebbe calpestato.
CLITENNESTRA
Non aver dunque scrupoli eccessivi.
AGAMENNONE
Alle voci del popolo sto attento.
CLITENNESTRA
Chi è esente da invidia non è certo
oggetto di comune ammirazione.
AGAMENNONE
Non conviene a una donna aver contesa.
CLITENNESTRA
E' proprio di color che son felici
rinunciare talvolta alla vittoria.
AGAMENNONE
Desideri davvero la vittoria
conquistar nella prossima contesa?
CLITENNESTRA
Lascia che vinca, te ne sarò grata.
AGAMENNONE
Se così vuoi, qualcuna i miei calzari
deve sciogliere, liberando il piede
che potrà calpestar stoffe preziose.
Spero che nessun sguardo invidioso
cada su me mentre io sto sciupando
i tessuti che costano l'argento.
(indicando Cassandra che è sul carro accanto a lui)
Questo è detto. E' qui questa straniera
che da Ilio mi segue fedelmente,
introducila in casa con riguardo.
C'è un dio che osserva con bonarietà
chi vince ed usa la moderazione:
non c'è nessun che accetti a cuor leggero
il duro giogo della schiavitù.
Accoglila con benevolenza:
è un fiore che l'esercito mi ha dato
in dono, insieme a molti altri tesori.
Io mi sono piegato ai tuoi voleri
e nel palazzo entro calpestando
il porpureo splendore dei tappeti.
(scende sui tappeti che le ancelle tolgono dietro di lui)
CLITENNESTRA
C'è il mare che non può mai prosciugarsi
che della porpora il succo produce
con cui possiamo tingere le stoffe;
la casa, con l'aiuto degli dèi,
povertà non conosce, già da tempo
voto avrei fatto di calpestare
molte stoffe, se dagli dèi mi fosse
stato proposto al fine di salvare
la tua vita. Se intatta è la radice
di un albero, l'ombra del fogliame
rimane di canicola a difesa.
Ora che sei tornato al focolare
di questa casa, è un soffio di calore
a metà inverno, o quando dalla vite
Zeus estrae il succo che rinfresca,
quel fresco che dimora ha ormai trovato
nella casa che il signore comanda.
O Zeus che tutto puoi esaudire,
io ti rivolgo la calda preghiera:
l'opera che continua a stare a cuore
venga portata avanti a buon fine.
(entra nel palazzo)
TERZO STASIMO
CORO
Perché questo timore sta aggrappato
al mio cuore, e un presagio ostinato
or gli vola davanti? Perché un canto.
non pagato e non chiesto da nessuno,
un profetico canto è diventato,
e sui presagi oscuri io non posso
sputare? Perché fiducia non siede
sul trono della mia mente?
Come le nubi di sabbia alzate
nel vento, così il tempo è passato
da quando sulle navi imbarcato
l'esercito verso Ilio si mosse.
Io sono testimone del ritorno
e un canto lamentoso posso alzare
alle Erinni, anche senza la lira.
Anche senza conforto da speranza.
Il mio cuore non m'inganna e batte
con un tumulto vorticoso, in cerca
della pace nell'animo. Fo voto
perché cedano false previsioni
e menzogne. La salute del corpo
non ha fine, come la malattia
che la incalza, e la ricchezza eccessiva
assomiglis alla nave caricata
di tesori oltre il limite e soggetta
al naufragio. Bastano i raccolti
inviati da Zeus, a eliminare
la fame, ma di un ucciso il sangue
nero chi fermerà? Chi un caduto
può riportare in vita? Non lo può
nemmeno chi conosceva le arti
di magia e da Zeus venne fermato.
Se il destino voluto dagli dèi
non impedisse mai di prevalere
ad un altro possibile destino,
allora dal mio cure eromperebbe
la protesta, mentre ora un'oscura
angoscia di impotenza mi trascina:
sono incapace di sgomitolare
dalla matassa della vita, un filo
che possa colorarsi di speranza.
QUARTO EPISODIO
CLITENNESTRA
Puoi venire dentro anche tu, Cassandra:
Zeus ha voluto che, senza rancore,
con gli altri servi tu partcipassi
alle purificazioni in palazzo.
Avvicinati all'altare che protegge
questa casa, discendi dal carro
sul quale sei e l'orgoglio deponi.
Anche al figlio di Alcmena è capitato,
dicono, un giorno di essere venduto
come schiavo e dové l'amaro pane
mangiar per forza. Quindi, se a te giunge
questa sorte, è un bene aver trovato
veri signori di antica ricchezza;
da noi riceverai quanto si usa,
mentre coloro ai quali donò il fato
inaspettatamente un buon raccolto,
son duri con gli schiavi oltre misura.
CORIFEO
Parole chiare ha detto a te, Cassandra.
Potresti darle retta or che il destino
le sue reti fatali ora ha gettato.
Bene ti verrebbe tenerle a mente
queste sue parole, cosa che invece
tu non ti proporrai certo di fare.
CLITENNESTRA
Fors'ella abituata ad un linguaggio
barbaro la nostra lingua ignora;
parlando con lei potrei convincerla
adoperando appropriate parole.
CORIFEO
Seguila, è la miglior cosa da fare.
E tu, obbedisci, scendi dal tuo carro.
CLITENNESTRA
Non ho tempo da perdere con questa
straniera. Già le vittime son pronte
sul focolare al centro della casa
pel sacrificio. Se partecipare
intendi, da perder manca il tempo,
se invece non capisci il parlar nostro,
esprimi il tuo pensiero con la mano.
CORIFEO
La straniera a un animal somiglia
catturato, sol di traduttore
ora sembra che abbia bisogno.
CLITENNESTRA
Fuori di sé si trova, nella mente
è sconvolta, la sua città ha lasciato,
e il nostro morso non potrà servire
prima che schiuma e sangue abbian spezzato
il suo furore, ma non posso certo
gettare al vento altre mie parole.
(rientra nella reggia mentre Cassandra si alza in piedi)
CORIFEO
Io non posso adirarmi, troppa pena
sento, lscia il tuo carro, sventurata,
accetta il giogo che il destin ti ha dato.
CASSANDRA
Ahimé terra, ahimé, Apollo!
CORIFEO
Perché gridi così invocando il Lossia?
egli non vuole funebri lamenti.
CASSANDRA
Ahimé terra, ahimé Apollo!
CORIFEO
Di nuovo ella continua ad invocare
il suo dio che non ha caro ascoltare
lamentazioni e gemiti di lutto.
CASSANDRA
E tu, Apollo, signor che mi trascini
alla rovina con immensa pena,
per la seconda volta m'hai perduta.
CORIFEO
Un vaticinio sembra sopra i modi
che affrontar deve: devozioni al dio
che illumina la sua mente di schiava.
CASSANDRA
O Apollo, signor che mi trascini,
dove mi hai tu condotto, in qual dimora?
CORIFEO
Al palazzo degli Atridi ti trovi,
se non l'hai ancora capito, sarò io
a illuminarti, la verità dico.
CASSANDRA
In una casa odiata dagli dèi
mi trovo: avvenner qui truci delitti,
un luogo di massacri dove il suolo
è ancora zuppo del sangue versato.
CORIFEO
Ha il fiuto di una cagna la straniera
e vorrà trovar tracce dei caduti.
CASSANDRA
Alle testimonianze presto fede
che mi parlano di bambini uccisi,
le cui carni vennero poi mangiate
dal loro padre in orrido banchetto.
CORIFEO
Sappiam della tua fama d'indovina,
ma interrogar futuro non vogliamo.
CASSANDRA
Ahimè quale dolore si prepara
per questa casa, le sue dimenzioni
sono enormi. Chi potrà sopportarlo?
Non c'è rimedio ed il soccorso manca!
CORIFEO
Io non capisco queste previsioni,
conosco le altre che in tutta la città
la gente va gridando per le strade.
CASSANDRA
Oh, sciagurata, cos'hai in mente fare?
Che cosa hai preparato per lo sposo
ignaro che il tuo letto divide?
La sua fine non oso pronunciare
e già il braccio si tende per colpire.
CORIFEO
Ancora non comprendo. Son smarrito
di fronte a questi oracoli che oscuri
son come degli enigmi misteriosi.
CASSANDRA
Ahi, ahi, cos'è quello che appare?
E' una rete di Ade? E' lei la rete,
la consorte, complice della morte:
un omicidio che la nostra stirpe
non accetta, si levi l'Erinni
col suo grido pel sacrificio infame!
CORIFEO
Chi è mai quest'Erinni che tu inviti
a sollevarsi su questa dimora?
Il tuo discorso forte agitazione
mi comunica. Nel cuore mi sento
come un guerriero dall'asta abbattuto
che vede la sua vita che tramonta.
CASSANDRA
Fai molta attenzione! La giovenca
devi tenerla lontana dal toro:
lo colpirà nel mezzo delle corna
per farlo stramazzare nella vasca
piena di sangue, in un bagno mortale.
E' questa la vicenda dell'inganno.
CORIFEO
Di oracoli non son conoscitore
ma capisco l'annuncio di sventura;
quale buona novella da un oracolo
venne ai mortali? Mali su mali,
annunci di sciagure: è questa l'arte
di coloro che scrutano il futuro.
CASSANDRA
Ah, me infelice! tra la mala sorte
mi trovo e lancio un grido di dolore.
Dove m'hai tu condotto, me infelice?!
Devo dunque morire, e perché mai?!
CORIFEO
Sento che di ragione hai perso l'uso:
lugubre inno su te stessa canti
come un biondo usignolo che lamenta
"Iti, iti" la vita dolorosa.
CASSANDRA
Dell'usignolo io invidio la sorte,
gli dèi di ali lo hanno fornito
e di un canto dolcissimo che copre
ogni lamento, mentre a me il fato
ha riservato d'essere squartata
da una tremenda scure a doppio taglio.
CORIFEO
Come fai a conoscer le sventure
che gli dèi si propongon d'inviarti,
terribili presagi che annunciati
furon da voce lugubre e da squilli
che accompagnan le male profezie.
CASSANDRA
Ah, ahimè per le nozze infauste
di Paride, e per tuttta la sua gente
rovinose, ahimè corrente dello
Scamandro cara ai padri; io infelice
sulle tue rive ero allevata, invece
ora vaticinerò lungo il Cocito,
così dell'Acheronte sulla riva.
CORIFEO
Oracolo assai chiaro pronunciasti
che anche un fanciullo può capire.
Sono stato ferito da un morso
doloroso per la storia che tu
con tono lamentoso m'hai narrato.
CASSANDRA
Ahi, pene per la mia città distrutta,
per gli innumeri capi di bestiame
che mio padre abbattè entro le mura;
nessun rimedio potè allontanare
la sorte ch'era stata decretata..
Questo è accaduto ed a me non resta
che buttarmi per terra disperata.
CORIFEO
Infausto vaticinio hai pronuncisto
simile al precedente, qual demone
te l'ha ispirato per farti cantare
per i mortali pene senza fine?
CASSANDRA
Il vaticinio non si mostrerà
attraversando il velo da sposa,
ma luminoso apparirà ed il vento
lo spingerà furioso, e con la luce
ribollirà come un'onda schiumosa
pregna di mali ancora maggiori.
Non userò gli enigmi per parlare;
voi siete testimoni che ho seguito
la traccia dei delitti che compiuti
furono un giorno: è un coro funesto
che sovrasta il palazzo da spietato.
Allieva delle Erinni, triste schiera
che della casa si è impossessata,
di sangue umano si è abbeverata
per trovare più audacia, e per restare
a ricordare gli antichi delitti,
col canto della colpa originaria
che ha marchiato per sempre quella stirpe.
Ho fallito il bersaglio oppure no,
sono una falsa indovina che vanta
doti che non possiede? testimonia
che conosco le colpe sanguinose
che avvennero all'interno del palazzo.
CORIFEO
Nessuna testimonianza potrebbe
dar vantaggio a qualcuno, tu, piuttosto,
che allevata al di là del mare fosti,
queste vicende come noi conosci.
CASSANDRA
Apollo volle guidarmi in quest'arte.
CORIFEO
Non c'è stato d'amore un sentimento
che anche un dio, potrebbe aver colpito?
CASSANDRA
Di questo non ho mai parlato, perché
a trattenermi era la vergogna.
CORIFEO
C'è la prudenza se va tutto bene.
CASSANDRA
Era un dio che spirava il suo favore.
CORIFEO
E, come accade, fu unione con figli?
CASSANDRA
Al Lossia lo promisi, ma mentii.
CORIFEO
Avevi già imparato il divinare?
CASSANDRA
Ormai avevo predetto ai cittadini
di Ilio le disgrazie da affrontare.
CORIFEO
E nessun risentimento per te
ebbe il Lossia ch'era stato ingannato?
CASSANDRA
Fu dopo aver commesso quell'offesa
che non riuscii a convincer più nessuno.
CORIFEO
Le tue profezie sono attendibili.
CASSANDRA
Oh, sventura! Questo vaticinio
mi turba con annunci di sventura.
Guardate questi giovani seduti
nella casa, son figure sognate,
sono i fanciulli uccisi dai congiunti:
nelle mani hanno la carne estratta
dai loro corpi, quella carne che
il loro padre ha mangiato. Pertanto
un leone s'aggira nella casa:
prepara la vendetta sul padrone
che è ritornato. Così anch'io lo chiamo
perché il giogo da schiava ora sopporto,
comandante di navi e anche d'Ilio
distruttore, non sa per mala sorte
quel che farà contro di lui la cagna
dopo che avrà l'annuncio ripetuto.
Tanto ella osa, femmina assassina
di maschio, quale nome di mostro
potrei darle? Forse Amfesibena,
oppure Scilla, occultata fra rocce
che ai naviganti appronta la rovina.
Madre d'Ade furiosa che in guerra
spinge i congiunti con gloriose grida,
come quando il nemico in battaglia
è messo in fuga. Sembra rallegrata
dal suo ritorno e dalla sua salvezza.
Se i miei discorsi non t'hanno convinto,
non fa nulla: verrà presto il futuro
a dir quanto verace sono stata.
CORIFEO
Ho ascoltato con orrore del pasto
che già Tieste fece con le carni
dei propri figli; il terrore mi prende
per queste verità, e fuori strada
mi trovo e credo che ci rimarrò.
CASSANDRA
D'Agamennone la morte vedrai.
CORIFEO
Taci! Queste infauste parole
di malaugurio non devi più esporre.
CASSANDRA
E' impossibile poterle tacere.
CORIFEO
Sì, se dovrà accadere, ma io prego
che questa previsione sia fallace.
CASSANDRA
Hai detto "prego", ma ci son purtroppo
quelli che pensan solo all'uccisione.
CORIFEO
Ma chi dovrebbe compiere il delitto?
CASSANDRA
Troppo lontan ti perdi ora da quello
che poc'anzi io aveo vaticinato.
CORIFEO
Quale trappola verrà messa in atto?
CASSANDRA
Eppur io la lingua greca conosco.
CORIFEO
Non sono facili ad intendere
neppure i vaticini che a Pytho
generalmente vengono assegnati.
CASSANDRA
Ahimè, c'è un fuoco che mi viene addosso,
ahi, Apollo Liceo, la leonessa
con due piedi che dormiva col lupo,
quando il nobile leone era assente.
E' da lei, dunque, che uccisa sarò:
misera me che sta già preparando
il veleno che per me ha destinato,
mentre affila il pugnale con il quale
trafiggerà il suo uomo, per la colpa
di avermi dato asilo in questa casa.
Via questo scettro e questi da profeta,
nastri che mi ricadono sul collo:
oggetti ormai sol di derisione,
vi accompagni la mia maledizione.
Ecco, è lo stesso Apollo che mi spoglia
del profetico abito e contempla
gli ornamenti che io ho abbandonato.
Io sopportavo d'essere scambiata
per una vagabonda o mendicante,
ma ora il profeta che mio maestro
è stato, a qusta morte mi ha condotto.
Al posto dell'altare dei miei padri,
tavola da macello insanguinata
dal caldo sangue del mio sacrificio.
Ma noi non periremo invendicati,
un giustiziere sta per arruvare
da lontano: lo spinge a questa casa
l'uccisione del padre perpetrata
dalla madre, delitto sanguinoso
che un'atroce vendetta reclama.
Perché in questo modo gemo e mi affliggo?
Non ho già visto la città di Ilio
distrutta? E per volere degli dèi,
non hanno i vincitori questa sorte?
Anch'io il destino affronterò, la morte
sopporterò, secondo il giuramento
che hanno fatto gli dèi, d'Ade le porte
(guarda dalla parte della reggia)
son queste che saluto. Vorrei solo
andare incontro a un colpo ben vibrato,
così che senza spasimi, nel sangue
mio versato, una morte serena
possa raggiunger chiudendo i miei occhi.
CORIFEO
Sei una donna infelice che parlato
hai molto e bene, anche dimostrando
che la sorte conosci a pefezione.
Perché allora verso l'altar t'avvii
come ragazza dagli dèi guidata?
CASSANDRA
Impiegare più tempo non aiuta.
CORIFEO
Ma la nostra ultim'ora è quel che conta.
CASSANDRA
Il giorno è giunto e fuggire non giova.
CORIFEO
La tua forza dal tuo animo viene.
CASSANDRA
Nessun tra i fortunati questo sente.
CORIFEO
Teniamo a mente che per i mortali
morire con onore è grazia grande.
CASSANDRA
Oh, padre mio, questo triste lamento
dedico a te e ai tuoi nobili figli.
(fa l'atto di entrare nella reggia, ma si ritrae)
CORIFEO
Qual timore, dimmi, ti spinse indietro?
CASSANDRA
Orror m'ha preso, sì, un senso d'orrore.
CORIFEO
Questo mostro è uscito dalla tua mente.
CASSANDRA
Puoi credermi che dal palazzo spira
odor di morte e di sangue versato.
CORIFEO
Come? ma non è questo l'odore
dei sacrifici sopra il focolare?
CASSANDRA
No. Come da un sepolcro spalancato
proviene, sembra, questa esalazione.
CORIFEO
Non viene dalla Siria quel profumo
che tu dici esalare dal palazzo?
CASSANDRA
A lamentarmi andrò anche fra i morti:
la sorte d'Agamennone e la mia
ricorderò a chi vorrà ascoltare.
Basta con questa vita! E voi, stranieri,
sappiate che non piango per paura:
vi chiedo solo di testimoniare
in buona fede, dopo la mia morte,
su quello che io avevo anticipato.
Io vedo che una donna morirà
al mio posto, e la vita avrà fine
di un marito che sorte sfortunata
ha seguito, scgliendosi la moglie.
CORIFEO
Ti compiango o infelice. un triste evento
contro di te ha preparato il fato.
CASSANDRA
Solo una volta ancora la parola
chiedo, e non voglio il pianto rinnovare
per la mia morte: quello che io invoco
alla luce del sole è che chiarezza
avvenga, e che i miei vendicatori
paghino pena come i miei assassini
che non credevan colpa l'uccisione
di una povera schiava disperata.
CORIFEO
Sorte dell'uomo! Se felice sei,
a un'ombra tu potresti assomigliare;
se invece giunge l'infelicità,
in un'umida spugna ti tramuti
che a colpi un dipinto può distrugger.
Non è per tutti la buona fortuna,
nessun vuole scacciarla dalla casa
e, se non c'è, le impedisce di entrare.
A un simil'uomo diedero i Beati
la facoltà di Ilio conquistare;
ora ritorna in patria con gli onori
degli dèi: se per il sangue versato
dovrà pagare con la propria vita,
chi tra gli uomini potrebbe vantarsi
d'essere stato protetto dalla sorte?
QUINTO EPISODIO
(dalla reggia escono le grida di Agamennone)
AGAMENNONE
Ah, tradimento! In un vile agguato
sono caduto e mi hanno trafitto!
CORIFEO
Chi grida d'esser stato ferito?!
AGAMENNONE
Una seconda volta m'han colpito!
CORIFEO
Ma queste sono del re le grida! Su
amici! pensiamo adesso a quello che
dobbiamo fare in questa situazione!
COREUTI
Uomini venite! chiamar dobbiamo
i cittadini tutti qui alla reggia
per decidere in fretta e intervenire!
Di certo l'assassino stringe ancora
nel pugno la spada sanguinante;
non dobbiamo aspettar, ma soprattutto
dobbiamo agir con determinazione!
Con questi segni sta per cominciare
la tirannia per la nostra città,
perché aspettiamo? Il nostro esitare
favorisce le cattive intenzioni.
Quel che dobbiamo o non dobbiamo fare
verrà fuori da una nostra riunione.
Lo so che un morto non ritorna in vita
con le parole, ma noi non vogliamo
rimaner vivi e dover sottostare
a coloro che disprezzano la reggia
e progettan la tirannia attuare.
Meglio la morte della tirannia!
Bastano i gemiti e i lamenti
a conoscer per bene l'accaduto?
Congetture non sono sufficienti:
la verità deve farci sapere
prima di tutto se l'Atride è in vita!
(Sulla porta del palazzo appare Clitennestra con in mano la scure
insanguinata. Alle sue spalle i cadaveri di Agamennone e di Cassandra)
CLITENNESTRA
Delle parole pronunciate prima
non mi vergogno, anche se in contrasto
con quello che dirò. Con un nemico
che ha il volto di un amico, è giusto porre
una barriera da non superare
facilmente. A questo scontro da tempo
io pensavo, e la vittoria è venuta!
Quello che ho fatto io non lo negherò:
non tentò di fuggir, nè di evitare
il suo destino; intorno gli ho messo
una rete per pesci, affinché scampo
non avesse. Lo colpisco due volte
e con doppio gemito si abbandonò
il corpo al suolo, allora un terzo colpo
gli vibro. A Zeus Ade votiva offerta
io dedicai al salvator dei morti.
Nella caduta l'anima gli sfuggì:
un forte soffio e un fiotto violento
di sangue mi colpì come una pioggia
di rugiada che in un campo di grano
nei calici di spighe si raccoglie.
O venerandi cittadini d'Argo,
volete rallegrarvi per i fatti
che sono accaduti? Io me ne vanto,
e se lecite fosser libagioni
su un cadavere fare, prontamente
a questo uso mi sottoporrei.
Un gran cratere aveva egli colmato
pien fino all'orlo di maledizioni:
ora che a casa ha fatto ritorno
a goccia, a goccia l'ha bevuto tutto.
CORIFEO
Le tue parole destano stupore
così come i tuoi vanti spudorati.
CLITENNESTRA
Mi mettete alla prova come fossi
donna senza criterio, ma il mio cuore
non trema. Parlo a tutte le persone
che sanno: se la lode mi daranno
oppure intendesser biasimarmi
è lo stesso. Agamennone mio sposo
l'ho ucciso con la mia esperta mano.
Così stanno le cose e niente aggiungo.
CORIFEO
Con quale erba avvelenata estratta
dalla terra, oppure qual bevanda
presa dal mare, in te questo furore
nutrito hai, e riesci a placare
tutte le ire e le imprecazioni
della tua gente che concordemente
ti maledice e dalla città scaccia.
CLITENNESTRA
M'hai condannata al bando cittadino
e all'odio degli Argolidi, ma nulla
rimproveri all'uomo che io ho ucciso?
Neppure quando come un animale
d'un gregge di lanuti, la figliola
sacrificò, la creatura a me
più cara, per dominar della Tracia
i venti? Il bando forse non avea
meritato come pena della sua
colpa? Giudice implacabile sei
delle mie azioni. Minacciami pure,
solo con la forza puoi condannarmi:
se invece i nostri dèi, diversamente
decidono, purtroppo sarà tardi
perché tu possa apprender la saggezza.
CORIFEO
Parli con arroganza e sei altezzosa,
hai perso il senno durante il delitto
e una traccia di sangue sulla fronte
è rimasta, uno spruzzo onorevole
in altri casi, nel tuo, disonore
ti porta con la perdita di amici:
colpo su colpo tu devi pagare.
CLITENNESTRA
Ascolta adesso il mio giuramento
per Dike che mia figlia vendicò,
per Ate e per le Erinni alle quali
Agamennone, lo sposo, ho immolato.
Di paura non ho neppure l'ombra
finché il fuoco sul mio focolare
sarà acceso da Egisto, il caro amico
che come prima m'ama ed è lo scudo
alla mia sicurezza. Giace a terra
colui che recò oltraggio alla sua donna
e in Ilio si concesse alle Criseidi.
Qui portò la veggente prigioniera,
sua compagna di letto che ha diviso
con lui anche la tolda delle navi.
Ricevuto hanno giusta ricompensa
tanto l'uno che l'altra che da cigno
il lamento di morte avea cantato:
qui lo sposo me l'aveva condotta
aggiungendo piacere al mio trionfo.
CORIFEO
Quale destino potrebbe arrivare
velocemente e senza dolore,
oppure a letto ficcarmi, in attesa
del sonno eterno? chi su noi vegliava
e che per una donna avea sofferto,
una mano di donna la sua vita
bruciò. Ahi, Elena pazza, da sola
molte vite hai distrutto sotto Troia,
dal sangue un fiore hai fatto sbocciare
nella reggia dove c'era Eris,
la distruttrice crudele dell'uomo.
CLITENNESTRA
Non invocare sopra te il destino
di morte per ciò che io ho attuato;
e su Elena non devi versare
la tua ira, com'ella fosse stata
un'omicida. Anche se da sola
ha distrutto la vita a numerosi
eroi Danai ai quali ci legava
un affetto fortissimo e profondo.
CORIFEO
Demone che possesso hai sulla reggia
e sulla stirpe di Tantalo, ti sei
abbattuto anche su due donne che
avevano forza d'animo eguale:
ma è su me che tu dirigi gli occhi
lacerandomi il cuore, e sull'ucciso
ti sei piantato tu, corvo funesto
a cantare il tuo lugubre lamento.
Ahi, ahi, Elena pazza che da sola
un'infinità di vite hai distrutto
sotto Troia, mentre un ultimo fiore
hai fatto anche sbocciare con un sangue
che non si potrà certo più lavare.
Accadde dove Eris dominava
fra sventure e dell'uomo distruzione.
CLITENNESTRA
Bene hai fatto a corregger la parola,
nominando chi tre volte ha saziato
la sua sete col sangue della stirpe
nostra. E prima che il dolor si spenga
altro sangue si appresta a fuoruscire.
CORIFEO
Il demone che invochi sulla reggia
porta ira funesta con rovina:
ahi, ahimè, ciò che qui è accaduto
è opera di Zeus che tutto muove:
nulla succede senza il suo volere.
Ahi, ahi, mio re, in che modo
dovrei piangerti, con quali parole?
Il tuo corpo ora avvolto in un tessuto
di ragno, vittima di un'empia morte,
un indegno giaciglio preparato
con inganno. dalla donna che alta
la mano sul tuo capo ha sollevato
armata di una scure a doppio taglio.
CLITENNESTRA
Credi che questa sia opera mia?
D'Agamennone non sono la moglie,
alla donna del morto io assomiglio:
sono l'antico vendicator d'Atreo
che una vittima ha sacrificato
a vendetta dei figli giovinetti.
CORIFEO
Che tu innocente sia del delitto,
chi mai lo potrà testimoniare?
Forse il demone da complice ha fatto
inviato dal padre. Il nero Ares
viene avanti nel sangue già rappreso
dei giovinetti a chiedere giustizia.
Ahi, ahi, mio re, in che modo
dovrei piangerti, con quali parole?
Il tuo corpo ora è avvolto in un tessuto
di ragno, vittima di un'empia morte,
un indegno giaciglio preparato
con inganno, dalla donna che alta
sul tuo capo la mano ha sollevato
armata di una scure a doppio taglio.
CLITENNESTRA
Per lui la morte non è stata indegna,
non fu lui forse a farla entrare in casa?
Oh, Ifigenia, mio fiore sbocciato,
quanto pianto per te io ho versato!
Suo padre non può vantarsi nell'Ade:
ha pagato con la vita la morte
che con la spada egli aveva dato.
CORIFEO
Non so che far, l'angoscia mi ha privato
di ogni consiglio; dove rifugiarmi
mentre crolla la casa, e la caduta
di una pioggia di sangue m'atterrisce?
Ci sono ancor vendette da eseguire
e la Moira affila su altre pietre
le lame che verranno poi impiegate.
O terra mia, magari tu mi avessi
ospitato nel tuo materno grembo,
prims che io nel fondo di una vasca
per il bagno, con pareti d'argento,
il re che è morto dovessi vedere.
Chi mai verrà adesso a seppellirlo,
chi canterà il luttuoso lamento?
Saresti tu ad osarlo, per caso,
tu che uccidesti leverai il compianto
per tributargli la riconoscenza
delle sue gesta nefande? Piangerai
lacrime vere durante l'elogio
funebre che a lui verrà dedicato?
CLITENNESTRA
Lascia pure questa preoccupazione
che a te non spetta. Per mia mano cadde
e sempre per mia mano sepoltura
avrà, senza i lamenti del palazzo,
ma, teneramente, com'è giusto
ad accoglierlo ci sarà sua figlia
Ifigenia, che le braccia al collo
gli getterà con baci, sulla riva
dell'Acheronte, il fiume del dolore.
CORIFEO
A un oltraggio, altro oltraggio risponde;
non sipuò mai giudicare: chi prende
è preso e chi uccide è ucciso. Così è
finché Zeus resta sul trono; soffre chi
ha fatto soffrire: è questa una legge
che potrebbe scacciare dalle case
ogni origine di maledizione.
La stirpe umana compianger dobbiamo
perché alla sventura è incatenata.
Oh, terra, quale sorte fortunata
sarebe stata la mia, quando accolto
m'avessi sul tuo seno: non avrei
visto colui che giace in una vasca
da bagno con d'argento le pareti.
A chi toccherà ora seppellirlo,
a chi cantare i funebri lamenti?
Oserai farlo tu, moglie omicida,
tu tributargli un riconoscimento
per le sue imprese, elevargli un elogio
con vero pianto e purezza di cuore?
CLITENNESTRA
Di ciò non spetta a te preoccuparti,
per mia mano è morto e per mia mano
seppellito sarà. Non c'è bisogno
del lamento dei congiunti di casa:
ad accoglierlo in riva all'Acheronte,
il fiume impetuoso dei dolori,
ci sarà Ifigenia, la dolce figlia
che, teneramente, con le braccia
vorrà stringerlo al seno e poi baciarlo.
CORIFEO
Questo oltraggio, dunque, in cambio giunge
di un altro oltragio, e chi prende è preso,
chi uccide è ucciso; riman finché resta
Zeus sul trono a far soffrir colui
che sofferenza ha dato: questa è la legge.
Chi dalle case nostre mai potrebbe
scacciare il seme di maledizione?
La stirpe umana compiamger dobbiamo
perché alla sventura è incatenata
Oh, terra, quale sorte fortunata
sarebbe stata la mia, quando accolto
m'avessi sul tuo seno: non avrei
visto colui che giace in una vasca
da bagno con d'argento le pareti.
A chi toccherà ora seppellirlo,
a chi cantare i funebri lamenti?
Oserai farlo tu, moglie omicida,
tu tributargli un riconoscmento
per le sue imprese, elevargli un elogio
con vero pianto e purezza di cuore?
CLITENNESTRA
L'affermazione risultò sincera
e io col demone dei Plistenìdi
farò un patto: anche se è difficile
accettarlo, il passato sopporterò,
ma lui per il futuro, quando uscirà
da questa reggia, cerchi una stirpe con
delitti fra congiunti come questa.
A me anche la più piccola parte
dei beni della casa basterebbe,
se la fine scoccasse per la triste
follia dell'uccidersi a vicenda.
(entra Egisto con i suoi armati)
EGISTO
Oh luce amica di questo giorno che
porta giustizia! Potrei dir che gli dèi
vendicatori sono attenti alle
colpe di noi mortali sulla terra.
Vedo con gioia, avvolto nei tessuti
delle Erinni, giacere un uomo che
finalmente ha pagato la violenza
perfida da suo padre perpetrata.
Atreo, infatti, contrastando il potere
con Tieste mio padre, suo fratello,
da questa città lo bandì, e quando
Tieste tornò supplice al palazzo,
l'empio Atreo, fingendo di celebrare
il suo ritorno, imbandì un pranzo
con le carni dei figli di mio padre
che precedentemente aveva ucciso.
Egli stesso sminuzzò le dita
delle mani e dei piedi per celare
l'orrenda verità. Mio padre al desco
sedè e il banchetto prese a consumare.
Quando la verità funesta apprese,
Tieste cadde al suolo con gemiti,
vomitando le carni e con un calcio
la mensa rovesciò: "Così morire
deve la stirpe dei Plisteni" gridò.
Ecco perché quest'uomo è qui disteso:
io sono l'orditore della morte.
In fasce sono stato risparmiato.
in esilio cresciuto e qui condotto
da Dike. Or che vendetta è compiuta
accetto volentieri anche la morte.
CORIFEO
Io non tollero, Egisto, l'insolenza
nel male; tu dici di aver deciso
la morte di quest'uomo, e allor ricorda
che non potrai sfuggir maledizioni
del popolo e neppur lapidazioni.
EGISTO
Tu seduto nell'ultimo banco
dei rematori, queste cose dici
come tu fossi al comando sul ponte?
Vecchio sei e per esperienza sai
di com'è duro insegnar la strada
giusta a qualcuno, che catene e fame
medicine sono straordinarie.
Non riesci a vederlo pur guardando?
Contro lo sprone non tirare calci,
se ci provi potresti farti male.
CORIFEO
Sei femmina che attende nella casa
il reduce che torna da battaglia,
contaminando il letto dell'eroe
e nello stesso tempo programmando
la stessa sorte al capo spedizione?
EGISTO
Anche queste parole ti saranno
fonte di pianto. Al contrario di Orfeo
ti comporti: quello che seduceva
col dolcissimo suono della voce,
e tu irritando tutti con accenti
striduli; sol quando vinto sarai
e incatenato, apparirai più mite.
CORIFEO
Sarai tu, dunque, il re degli Argivi, tu
che dopo aver l'assassinio tramato,
di uccidere non hai avuto coraggio?
EGISTO
Solo a una donna l'inganno spettava,
io ero già un nemico naturale.
Con le ricchezze qui accumulate,
la città cercherò di governare:
a chi non è disposto ad obbedire
un duro giogo metterò sul collo,
non come a purosangue ben nutrito,
ma a chi fame e prigione ha per compagne.
CORIFEO
Ma tu non lo hai colpito quest'uomo!
Da vile, questo compito hai lasciato
a una donna da tutti disprezzata.
Ma c'è Oreste! Sì, Oreste verrà
accompagnato qui da una sorte
amica, e tutti e due vi ucciderà.
EGISTO
Ma poiché sembri dire e voler fare
queste cose, ciò che accadrà saprai.
Orsù, guardie, si avvicina l'azione!
CORIFEO
Impugnate la spada sguainata.
EGISTO
Anch'io con questa stretta nel mio pugno
son disposto a combattere e a morire.
CORIFEO
Tu parli di morire, è un augurio
che accettiam lieti, nessuna fortuna
è per noi più gradita della morte
(viene avanti Clitennestra)
CLITENNESTRA
No, mio caro, non è tempo di lutti,
abbiam già fatto triste mietitura,
le mani abbiamo ancora insanguinate.
Tempo è di ritirarsi, tu e i vecchi,
ognun nella dimora che il destino
volle assegnargli. Quello che è avvenuto
era già stabilito che avvenisse.
Se questi mali sono sufficienti
possiamo anche acettarli, che il pesante
del demone l'artiglio ci ha colpiti.
Così parla una donna: a voi la scelta
di volere ascoltar le sue parole.
EGISTO
Ma non potran rivolgermi costoro
perfide ingiurie, mettendo alla prova
il destino con i saggi pensieri
ed offender colui che ora comanda?
CORIFEO
Agli Argivi non appartiene certo
l'abitudine di un vile lodare.
EGISTO
Ricordati che nei prossimi giorni
ti colpirà la mia punizione.
CORIFEO
Non avverrà se un dio si affretterà
a condurre qui nel palazzo Oreste.
EGISTO
Si sa bene che il cibo consumato
dagli esuli è solo la speranza.
CORIFEO
E tu ingrassati pure di delitti,
sporcando la giustizia finché puoi.
EGISTO
Ricordati che conto mi dovrai
rendere per queste stupide parole.
CORIFEO
Gonfiati di coraggio come un gallo
tutto tronfio vicino alla gallina.
CLITENNESTRA
Non dar peso a questi latrati:
insieme noi saprem ristabilire
l'ordine da padroni del palazzo!
(Clitennestra, Egisto, gli armati e il coro escono)
FINE DELLA TRAGEDIA
COEFORE (Le
portatrici di libagioni)
LE PERSONE
Oreste
Pilade
Coro delle Coefore
Elettra
Portiere
Cltennestra
Cilissa
Egisto
Servo
LA SCENA
Il recinto del palazzo degli Atridi. Oltre i portone
principale c'è la porta del gineceo. A sinistra c'è la tomba di Agamennone.
Sono in scena Oreste e Pilade.
ORESTE
Erme ctonio, tu che sulla potenza
dell'augusto mio padre stai vegliando,
a te mi appello, sii mio salvatore
e mio alleato, di questo t'imploro,
or che ritorno alla terrra e alla tomba
del genitore. O padre mio, ascolta:
una ciocca di capelli ho donato
a Inaco, il fiume della fanciullezza,
un'altra a te, padre, sento il dovere
di consacrare. Eccola: la taglio
con la spada ed questa unisco il pianto
che non potei versare al funerale.
Ero lontano allora e non distesi
sul tuo corpo la mia mano devota,
secondo l'uso e come avrei voluto...
... ma cos'è questo che avanza? è un corteo
di donne tutte in neri pepli avvolte,
a qual sventura debbo prepararmi?
Un dolor nuovo che sta per piombare
sulla mia casa? Oppur son libagioni
a conforto dei morti? Nel corteo
c'è Elettra, mia sorella, ancora in lutto
doloroso per il padre scomparso.
O Zeus di vendicar la forza dammi
la morte di mio padre. Pilade, orsù,
stiamo in disparte per vedere meglio
la cerimonia che abbiamo davanti.
(Oreste e Pilade si ritirano a parte. Entra il coro)
CORO
Sono appena arrivata dalla reggia,
incaricata delle libagioni,
schioccano forte le mani battute
e le unghie piantate nella carne
lascian sul viso tracce insanguinate,
mentre il cuore di gemiti si nutre.
Ai colpi dolorosi dan risposta
i lini lacerati; triste è il segno
di sventura che dai pepli è annunciato.
Giacché Febo, il familiare indovino
con i suoi irti capelli, dal sonno,
la vendetta spirando, in piena notte
lanciò un grido tremendo che ricadde
pesante nelle stanze delle donne.
E questo sogno, aiutato dal dio,
fu interpretato in modo sinistro:
i morti sotto terra, pieni d'ira,
chiedon vendetta contro gli uccisori.
Non è accettata a riparo la grazia
contro il male. Ahi dura terra madre!
Qui mi spinse femmina maledetta
il cui nome non oso pronunciare.
Non si cancella con nessun lavacro
tutto il sangue che è stato versato.
Ah, focolare del pianto, ah, casa
abbandonata alle tenebre fitte:
il sole manca dalla morte del re!
La maestà che una volta scendeva
senza discordia alcuna né contesa,
nell'animo del popolo, adesso
non c'è: al suo posto la paura regna.
Per gli uomini il successo è più di un dio,
ma c'è della giustizia la bilancia
che colpisce qualcuno in piena luce,
mentre per altri la notte è infinita.
E dove il sangue sparso sulla terra
s'è rappreso in un grumo, e lì è rimasto
a chiedere vendetta, la spietata
Ate il colpevole trascina via
e tutto ricopre di malanni.
Non c'è scampo per chi ha osato violare
una vergine, e anche se le acque
tutte insieme da una sola via
scendessero sulla mano impura,
vana speranza sarebbe quella di
raggiungere la purificazione.
Per me gli dèi fissarono un destino
di schiava, dalla mia terra lontana,
separata dalla casa paterna.
E' giusto o non è giusto l'obbedire
a chi comanda sulla nostra vita
con la forza? E' giusto ingoiare
l'odio amaro che l'animo avvelena?
Io sotto i veli piango per la sorte
sanguinosa che ha travolto il mio re
e mi ha lasciato il cuore irrigidito.
PRIMO EPISODIO
ELETTRA
Ancelle che costudite la casa
e che mi avete seguito in questo rito
di espiazione, datemi un consiglio:
che cosa posso dire mentre verso
le meste libagioni di dolore?
Quali parole debbo usare perché
il loro suono risulti gradito?
Posso dire a mio padre che le offerte
volute da mia madre, sono quelle
che una sposa reca allo sposo amato?
Ma io non ho il coraggio di dir questo,
ed è proprio per questa mia impotenza
che si spegne sul labbro ogni parola,
mentre verso le offerte sulla tomba.
Oppur mi adeguo degli uomini al costume,
dicendo che doni di bene ricambi
a tutti quelli che queste corone
pel male ricevuto offrono in dono?
Oppure, in silenzio, senza onore,
proprio come mio padre è stato ucciso,
versare a terra queste libagioni
come immondizia e poi gettando il vaso
alle spalle, senza guardarsi indietro?
Datemi aiuto col vostro consiglio:
in casa nostra c'è un odio comune.
Non chiudetevi dentro il vostro cuore
per paura di qualcuno; il destino
è in attesa, tanto per chi libero è,
quanto per chi obbedisce al suo padrone.
Se hai qualcosa di meglio puoi parlare.
CORIFEA
La tomba di tuo padre come altare
io onoro, e poiché me lo domandi
ti dirò con il cuore il mio pensiero.
ELETTRA
Con il rispetto della tomba, parla!
CORIFEA
Versa pure i libami e con solenni
parole rivolgiti ai benevoli.
ELETTRA
Chi son coloro che dovrei indicare?
CORIFEA
Te stessa prima e chi Egisto odia.
ELETTRA
Per me e per te devono essere i voti?
CORIFEA
Ormai da sola puoi ben giudicare.
ELETTRA
Posso aggiungere altri in nostra parte?
CORIFEA
Ricordati di Oreste ora lontano.
ELETTRA
Grazie per il consiglio che ho apprezzato.
CORIFEA
Ricorda ancor della strage gli autori.
ELETTRA
Che debbo dir? suggerisci parole.
CORIFEA
Fa voti perché alfin contro costoro
intervenga qualcun, o dio o mortale.
ELETTRA
Un giudice intervenga o un giustiziere?
CORIFEA
Dillo più chiaro: qui occorre qualcuno
che sappia ricambiar morte con morte.
ELETTRA
Non ti sembra per me un'empia cosa
avanzare tal richiesta agli dèi?
CORIFEA
E non ti sembra empio che il malvagio
possa gioire per il mal compiuto?
ELETTRA
Messaggero potente degli dèi,
del cielo e degli inferi un aiuto ti
chiedo, Erme ctonio il tuo messaggio:
che i demoni sotterra le preghiere
mie ascoltino, fedeli custodi
delle paterne case e della stessa
terra che tutto produce e di tutto
riceve il germe sempre più fecondo.
Ecco, l'acqua lustrale verso sulle
mani e parlo ai morti: "Oh padre mio,
abbi pietà di me e la luce accendi
di Oreste nella casa. Noi errabondi
siamo, venuti da chi ci generò.
Nostra madre ha preso in cambio Egisto
che fu complice della tua uccisione.
Io come una schiava vivo, lontana
dai beni che appartengono ad Oreste,
e che quei due si godon spudorati.
Che torni Oreste con la buona sorte,
e per me, padre mio, una grazia chiedo:
voglio essere più casta di mia madre,
e che le mani mie siano più pure.
Questo, padre, per noi, e per i nemici
chiedo che arrivi il tuo vendicatore:
sian gli uccisori a loro volta uccisi.
Questa maledizione io frappongo
alla malvagità della preghiera
da loro sollevata. Vinca il bene
e la Giustizia col divino aiuto.
Adesso verserò le libagioni,
anche per voi il tempo è già arrivato
di intonare il peana pel defunto.
CORIFEA
Lacrime che di morte risonanza
contengono per il morto signore
che giace in questa tomba che è presidio
di tutti i buoni contro il sacrilegio
malvagio di versate libagioni.
Ascoltami mio re che ho venerato,
dall'Ade tenebroso in cui ti trovi,
qual'è l'eroe che di lancia armato
la casa verrà infine a liberare,
agitando nelle mani il ricurvo
scitico are alla guerra già uso,
stringendo in pugno la spada che uccide?
ELETTRA
Ecco che già mio padre ha ricevuto
le libagioni versate e assorbite...
... guardate adesso, non vi sembra strano?
CORIFEA
Parla! Il cuore mi batte di paura.
ELETTRA
Di capelli una ciocca sulla tomba.
CORIFEA
Di chi sarà, di uomo o di fanciulla?
ELETTRA
E' facile per tutti lo scoprirlo.
CORIFEA
Io che son così vecchia, rivolgermi
dovrò ai giovani per imparare.
ELETTRA
Nessun fuori di me simile offerta
potrebbe fare sulla stessa tomba.
CORIFEA
Solo ai nemici il lutto converrebbe.
ELETTRA
Ma sì... ma sì... questa ciocca è simile...
CORIFEA
Continua... a quale chioma assomiglia?
ELETTRA
Ai capelli dei miei, su, fa' il confronto!
CORIFEA
Sarebbe dunque un'offerta di Oreste?!
ELETTRA
Ai suoi riccioli è simile di certo.
CORIFEA
Avrebbe osato venir qui davvero?
ELETTRA
Si recise una ciocca come offerta
e trovò il modo di mandarla qui.
CORIFEA
C'è da piangere per quello che dici:
non può toccar col piede questa terra.
ELETTRA
Un' ondata di amaro al cuor mi sale,
un dardo acuto mi colpisce a fondo
e le lacrime scendono dagli occhi:
sono gocce assetate che cadute
son senza freno, impetuosa corrente
formatasi alla vista dei capelli.
Debbo forse sperar che dalla chioma
di un mio concittadino provenga
questa ciocca? Neppure all'assassina,
madre non degna, nome maledetto,
neppure a lei potrebbe appartenere.
E come posso ancora acquetarmi
che sia il dono dell'essere più caro
che ho fra i mortali: mio fratello Oreste?
Tenue speranza, ahimè; se questa ciocca
dovessi io gettar perché recisa
da una testa nemica, o trattenerla
come un ornamento di questa tomba
che intende onorare nostro padre?
Invochiamo gli dèi che tutto sanno
e conoscono in quale mai tempesta
posson esser travolti i naviganti.
Ma se il destino decide salvezza,
da piccol seme gran tronco spunterà.
Ma ecco nuove tracce, orme di piedi:
di lui sono e del suo accompagnatore.
Le impronte dei talloni e delle piante
misurate combacian con le mie.
Un' angoscia m'ha preso e ora mi sento
che le forze mi stanno per mancare.
(Oreste si rivela)
ORESTE
Prega per un fortunato avvenire,
dicendo a tutti che tue preghiere
sono state accettate dagli dèi.
ELETTRA
E quale grazia avrei io ricevuto?
ORESTE
Davanti a te c'è chi prima hai invocato.
ELETTRA
Chi può conoscer le mie invocazioni?
ORESTE
La venuta di Oreste ti auguravi.
ELETTRA
Nulla ho ottenuto nelle mie preghiere.
ORESTE
Son io quel che aspettavii, e non cercare
qualcuno che ti ami più di me.
ELETTRA
Quale inganno, o straniero, a me intorno
hai intrecciato?
ORESTE
Allor contro me stesso
avrei ordito l'inganno?
ELETTRA
Delle mie
sventure, confessa, ridere vuoi?
ORESTE
Anche i miei mali allor ridere fanno?
ELETTRA
Dunque, sei Oreste quello con cui parlo?
ORESTE
Or che mi vedi a riconoscer stenti?
eppure davanti a questi capelli
ti esaltavi, misurando le orme.
Avvicina la ciocca di capelli
alla tua testa, non c'è somiglianza?
Che dire del tessuto che tu stessa
hai creato... e il disegno di caccia?
Calmati, non lasciarti trasportare
dalla gioia, so che i cari congiunti
son diventati i peggiori nenici.
ELETTRA
Sei l'amato sostegno della casa,
la fiducia della nostra salvezza.
Stai pur certa che con la tua forza
conquisterai la casa di tuo padre,
dando le ali alla nostra speranza.
Cari occhi dei miei quattro destini,
padre ti chiamerò ed in te entra
anche l'amore per la madre odiata;
son tua sorella che senza pietà
sacrificata è stata, e tu il fratello
fidato, il salvatore e mio signore.
Kratos, Dike e lo stesso Zeus che
degli dèi è il maggiore, tutti insieme
ci concedan la loro protezione.
ORESTE
Zeus, Zeus, guarda quel che accade:
gli aquilotti privi del padre ucciso
fra le spire di una vipera tremenda,
si trovan tormentati dalla fame,
non essendo in età di rinnovare
le imprese del padre che maestoso
i cieli dominava, rifornendo
di prede il nido alle rocce aggrappato.
Sotto il tuo sguardo ci son io ed Elettra,
anche noi privi del padre che spesso
a te sacrificava con onore.
Se questi figli non aiuterai,
dove trovar le necessarie offerte
per i banchetti, dove cercar doni
per gli altari? Se dell'aquila i figli
vivranno, potresti ancora inviare
molti sicuri presagi ai mortali,
se invece il tronco regale non vive,
nessuno potrà arricchire gli altari
nei giorni per le ecatombi fissati.
Ascolta, Zeus, con poca assistenza
potresti questa casa sollevare
dall'abbandono in cui ora è caduta.
CORIFEA
Oh figli, voi che vorreste salvare
la casa col paterno focolare,
fate silenzio, che nessuno v'oda,
perché non senta chi ora comanda:
coloro che vorrei veder bruciare
un giorno, in una gran fiamma di pino.
ORESTE
Non fallirà l'oracolo del Lossia,
certo, dovrò con quello superare
prove assai dure, Mali tempestosi
mi coglieranno, solo che trascuri
di trattar nell'identica maniera
color che hanno mio padre assassinato.
Devo ucciderli con impeto taurino,
senza concedergli nessun riscatto;
nessuna disobbedienza è accettata,
se non voglio pagare con la vita
e con intollerabili dolori.
Dagli inferi adirati si reclama
vendetta, e si annunciano efferate
le malattie che afferrano le carni
fra potenti mascelle a stritolarle:
le piaghe della lebbra divoranti
il precedente stato di salute;
partono dalle Erinni gli assalti
su dal sangue del padre assassinato.
Il colpevole nell'ombra spalanca
gli occhi e vede chiaramente il dardo
che dagli inferi scagliano i parenti
caduti che reclamano vendetta;
il delirio sconvolge con terrore
le notti, il colpevole è scacciato
dalla città con il corpo straziato
dalla sferza con le punte di bronzo.
Simili esseri non posson aver
parte ai crateri e nemmeno ai gioiosi
spruzzi di libagioni, dagli altari
vengon tenuti lontani dall'ira
del padre: nessun li accoglie nella
sua casa oppur scioglie con lui la vela;
senza amici e senza onori, muore
col tempo in una fine solitaria.
Agli oracoli creder non dobbiamo?
Credo o non credo, l'opera si compia!
Gli ordini del dio insieme al paterno
dolore, e anche scarsità di beni,
in un sol punto hanno convergenza:
sdegno che cittadini valorosi,
distruttori di Troia e rinomati
fra gli uomini per l'animoso cuore,
sian da due donne così dominati.
Perché anche Egisto di una femmina ha
il cuore, e se ancor non l'ha scoperto,
fra poco tempo certo lo saprà.
CORIFEA
Grandi Moire, con l'aiuto di Zeus,
fate in modo che qui dov'è giustizia
l'oltraggio si paghi con l'oltraggio.
Dike pretende ciò che è suo gridando:
"Paghi con piaga mortale chi uccise."
Questa è una sentenza tre volte antica.
ORESTE
Padre mio di sventura, qual preghiera
e quale offerta, io così lontano
potrei farti arrivare, come luce
che squarci quella tenebra ove giaci?
Comunque, compianto di lode hanno
chiamato i ringraziamenti per gli
Atridi supplicanti alle tue porte?
CORIFEA
Ascolta, figlio, l'anima del morto
non doma il fuoco della vorace
mascella, anche se, aspettando un poco,
dimostra la sua collera e il morto
viene compianto e il vendicatore
si leva finalmente sul defunto.
ELETTRA
Ascolta, dunque, o padre, che di nuovo
ti ricordo i lacrimosi dolori
che tormentano la nosta esistenza:
sulla tua tomba risuona il gemito
dei tuoi figli, supplici tutti e due
davanti a te, esuli dalla casa.
Quale bene i due giovani accompagna?
In quale modo trionfar su Ate?
CORIFEA
Se un dio volesse, un gioioso canto
potrebbe nascer da questi lamenti,
e nelle stanze reali levarsi
al cielo un peana vittorioso.
ORESTE
Se tu, o padre, fossi stato ucciso
sotto le mura d'Ilio, dalla lancia
di un guerriero della Licia colpito,
immensa gloria avrebbe accompagnato
il tuo ricordo, e anche poi lasciato
ai tuoi figli un'esistenza ammirata
da tutti, e nella terra d'oltremare
una tomba solenne avresti avuto:
il che avrebbe alleviato il dolor nostro.
CORO
Un amico degli amici che a Troia
affrontaron una morte gloriosa,
signore insigne nell'Ade, figura
illustre e da tutti venerata.
Un re sei stato da vivo, e morendo
il tuo comando avresti conservato
come color che han servito il destino.
ELETTRA
Neppure sotto le mura di Troia,
o padre, avresti dovuto cadere,
e nemmeno coi feriti di lancia
sulle rive dello Scamandro trovar
sepoltura, prima che gli uccisori
non avessero raggiunto la morte.
A me sarebbe giunta da lontano
questa notizia e con rassegnazione
avrei accettato il volere del fato.
CORIFEA
Le tue parole, figlio, son preziose
più dell'oro e di una iperborea
fortuna molto più ricche e più grandi.
Giunge or chiaro il suono di una sferza
duplice: dei dominator le mani
sono impure, ma adesso per i figli
si apre uno squarcio di azzurra speranza.
ORESTE
Nelle orecchie mi giunge come un dardo
triste presagio. Oh, Zeus, dal profondo
dell'Ade invii sciagure a vendicarci,
non sol contro le mani dei mortali,
in gener, ma persin dei genitori.
CORO
Possa cantare un inno di trionfo
per maschio e femmina a morte colpiti.
Non bisogna nascondere di dentro
ciò che è divino ed è fornito d'ali.
Sulla prora del cuore si scatena
una violenta tempesta di ira
accompagnata dall'odio implacato.
ELETTRA
E quando sarà mai che il sommo Zeus
farà scendere la sua pesante mano
fendendo il loro capo, e garanzia
per la terra creando? All'ingiustizia
chiedo giustizia. Mi porgano ascolto
gli umili e i potenti della terra.
CORIFEA
La gente dice che gocce di sangue
sparse per terra chiamino altro sangue.
Le Erinni invoca la strage, e dei morti
vendetta su vendetta è la richiesta.
ORESTE
Ahi terra, e voi degli inferi sovrani
porgete ascolto alle maledizioni
potenti che si levano dai morti,
guardate quel che resta degli Atridi
che son stati scacciati dalle case.
Dimmi, o Zeus, chi interpellar possiamo?
CORO
Il mio cuore sobbalza a questo grido,
la speranza si spegne e si fa buio
tutto intorno esaltando le parole
che dici, ma se la tua forza vedo,
allor riprende fiato la speranza
contro l'angoscia e tutto appare chiaro.
ELETTRA
Che cosa resta da dire? I dolori
forse che chi ci generò ci ha imposto;
non valgon le lusinghe e non c'è incanto:
come un lupo implacabile e vorace
è il cuore che nostra madre ci ha dato.
CORO
Un dialogo col coro ho iniziato
al modo di una prefica di Cissia.
Le mani che colpivan di frequente
dall'alto e da lontano, risonanti
sono sulla mia testa sventurata.
ELETTRA
Oh, miserabile madre che senza
esequie degne, senza cittadini
al seguito, né segnali di lutto,
il tuo marito hai osato seppellire!
ORESTE
Hai detto che tutto questo è accaduto!
Ohimè, grazie agli dèi, il disonore
sofferto da mio padre pagherà
per mia mano. Sol dopo averla uccisa
possa venire anche per me la morte.
CORO
Fu mutilato e lo devi sapere,
poi seppellì il suo corpo straziato,
sapendo che un oltraggio di tal fatta
tu non l'avresti mai dimenticato.
ELETTRA
Della morte del nostro genitore
tu parli, ma di me non sai ancor nulla:
dalla casa paterna espulsa e come
una cagna rabbiosa segregata;
come compagno ho avuto solo il pianto.
Scriviti tutto questo nella mente.
CORO
Attraverso le orecchie, le parole
scenderanno dell'animo nel fondo,
trasformando la tua calma iniziale
in ira furibonda che trascina.
ORESTE
Ascolta, padre, dà un aiuto ai figli!
ELETTRA
E' con il pianto che anch'io ti invoco.
CORO
Siamo qui fermi ed insieme concordi.
TUTTI
Vieni alla luce, padre, finalmente!
combatti insieme a noi contro i nemici.
ORESTE
Ares contro Ares combatterà.
Giustizia anche contro la Giustizia.
ELETTRA
O dèi, giuste preghiere vi rivolgo.
CORO
Il tremito mi prende a queste voci.
Già da tempo sta attendendo la sorte
che venga da chi preghiera ha elevato.
Ah, sventura qui nata, ah cruento,
orrido colpo di Ate! Affanni
non tollerati, ahi, ahimè dolori
che nessuno riesce a far tacere.
Non mancan solo per queste ferite
le bende per curare nella casa:
i familiari stessi han preparato
per una lotta crudele e cruenta.
Si leva forte l'inno per gli dèi
inferi; ascoltiam questa preghiera
e sia dei figli infine la vittoria.
ORESTE
Padre che da re non sei morto, ora
ti prego di concedermi l'impero
della casa da cui fosti strappato.
ELETTRA
Anch'io ti chiedo una grazia, padre:
fa' che mai non subisca la vergogna
di diventare d'Egisto la schiava.
ORESTE
In questo modo i conviti saranno
offerti ai morti, proprio com'è d'uso.
Non accadrà che tu resti privato
degli onori a te dovuti, mentre
i sacrifici fuman sulla terra.
ELETTRA
Anch'io con la mia eredità, potrò
recarti dalla casa libagioni,
ma prima pregherò su questa tomba.
ORESTE
O terra, restituiscimi il padre
perché possa osservare la battaglia.
ELETTRA
O Persefone dagli la vittoria.
ORESTE
Ricorda il bagno, o padre, dove fosti
assassinato.
ELETTRA
Ricorda la rete
che la difesa tua impedì.
ORESTE
Ricorda che da ceppi senza bronzo,
o padre mio, fosti tu catturato...
ELETTRA
... e vergognosamente in veli avvolto.
ORESTE
Non è bruciante quest'offesa, padre?
ELETTRA
Non è il momento di levare il capo?
ORESTE
Oppur prendi Giustizia da alleata
per i tuoi, o concedici di usare
eguale arma se essendo già vinto
or con vittoria intendi trionfare.
ELETTRA
Ascolta quest'estremo grido, o padre,
abbi pietà dei piccoli chinati
sulla tua tomba, in preghiera assorti,
abbi pietà della figlia e del figlio.
ORESTE
Non cancellar la Pelopide stirpe
che ti darà la vita anche da morto,
perché i figli ricordano la gloria
conquistata da vivo, e sostenendo
come sugheri la sollevata rete
che più non pesca il fango dal profondo.
Ascolta, sono per te questi lamenti:
or sei salvo se tu accetti il compianto.
CORIFEA
Appropriato fu il vostro discorso
per una tomba che non fu onorata
a suo tempo. Tu hai già l'animo pronto
ad agire. Puoi passare all'azione!
ORESTE
Non è certo fuori del mio cammino
conoscere perché le libagioni
ella mandò? Da qual ragionamento
tardivo ella fu spinta ad inviare
un ben misero omaggio alla sua tomba,
trascurabile poi se equiparato
al peso della colpa che ha compiuto?
Puoi svelarmi il perché se lo conosci?
CORIFEA
Lo so, figliolo, io ero presente:
sogni agitati ed orrende visioni
sconvolgevan la donna sciagurata
che pensò di placar l'ira del morto
inviandogli doni e libagioni.
ORESTE
Vi prego, raccontate esattamente
di questo sogno, se lo conoscete.
CORIFEA
Un serpente doveva partorire.
ORESTE
E il racconto giungeva a conclusione?
CORIFEA
L'aveva avvolto in fasce come un bimbo.
ORESTE
Come nutriva il mostro neonato?
CORIFEA
Ella gli porse il seno nel suo sogno.
ORESTE
E il seno fu ferito dall'orrore?
CORIFEA
Nel latte egli succhiò un grumo di sangue.
ORESTE
Non fu questa una vana apparizione.
CORIFEA
Dal sonno ella si scosse gridando
atterrita. Le tenebre frattanto
erano state spezzate dai lumi
accesi qua e là per la signora.
Ed in quella occasione fu deciso
per le funebri offerte e libagioni,
sperando in questo modo di riuscire
a far cesare gli incubi notturni.
ORESTE
La terra prego e la tomba del padre
perché il sogno venga per me compiuto.
Io l'interpreto in modo coerente:
se il serpente scaturito dal grembo
di mia madre, aprì sulla mammella
la bocca, succhiando sangue nel latte,
e facendola urlare di terrore,
bisogna ora che violentemente
ella muoia, perché ha partorito
un mostro orrendo, ed io fatto serpente
devo ucciderla, come annuncia il sogno.
CORIFEA
Di questo tu mio interprete sarai,
annuncialo agli amici dicendo
quel che resta da fare o da non fare.
ORESTE
Poche parole: torni nella casa
Elettra. Questa mia decisione
deve restare nascosta, affinché
coloro che mio padre con inganno
uccisero, con eguale inganno
nella rete saranno presi e uccisi.
Questo predisse il Lossia, e tutti sanno
che Apollo è un profeta veritiero.
Io come straniero verrò alle porte
della reggia con Pilade, il compagno
d'armi che mi ospitò nella sua casa.
Parleremo il dialetto del Parnasso
con i suoni che usano i focesi.
I guardiani con animo sereno
non ci accoglieranno, poiché la casa
in potere dei demoni si trova:
resteremo ad attendere finché
qualcuno non farà supposizioni:
"Perché Egisto che è in Argo a un supplice
non spalanca la porta della casa?"
Se della regale porta la soglia
io varcherò e sul trono seduto
lo troverò, oppure in casuale
incontro, prima della sua domanda:
"Da qual paese vieni?" con un colpo
della mia spada, morto lo stenderò.
E l'Erinni non sazia della strage
berrà sangue alla terza libagione.
Tu. sorella, l'interno della casa
sorveglia, che tutto vada secondo
i piani; a voi chiedo di far silenzio
quando occorre, ed invece di parlare
se da dire ci son cose opportune.
A Pilade rivolgo la preghiera
di osservare attentamente lo scontro
che la mia spada porterà al successo.
PRIMO STASIMO
CORO
Molti flagelli sono generati
dalla terra, e si trovano dovunque
molte fiere nemiche dei mortali.
In alto, fra cielo e terra, ci sono
lampi di fuoco, e gli animali alati
o striscianti potrebber raccontare
del violento furor delle tempeste.
Ma chi dirà dell'audacia dell'uomo
o delle donne senza pudore, che
travolgon nella rovina i mortali?
Una passione di femmina vince
facilmente sulle unioni di nozze.
Chi quel che ha appreso non ha trascurato,
ricorda la vicenda di Testiade
che fu causa della morte del figlio,
bruciando il tizzon misuratore
della sua vita dal destino imposto.
Altra donna da odiar, la parricida
Scilla che dagli aurei doni sedotta,
al nemico sacrificò suo padre
-cuor di cagna- strappandogli nel sonno
il capello della immortalità.
Ho parlato di malvagie vicende,
ed è tempo che ricordi anche quella
che riguarda la trama parpetrata
contro un guerriero valoroso, un re
che persino dai nemici era onorato.
Focolare domestico io amo
nella tranquillità delle passioni.
Tra i crimini più antichi è ricordato
quel di Lemno, esecrabile secondo
la voce popolare più diffusa.
La stirpe dei mortali ha fine quando
è odiata dagli dèi: non c'è nessuno
che ami ciò che odiano gli dèi.
Quali di questi casi, ingiustamente
ricordo? La spada al cuore è vicina
e Dike guida il ferro dritto e acuto;
non è norma che venga calpestato
chi ingiustamente ed in modo empio
la maestà di Zeus abbia violato.
Salda è la base di Dike. Il destino
sull'incudine batte la sua spada
che ha forgiato, ed Erinni tenebrosa
in casa porta il figlio a far pagare
la sozzura del sangue antico sparso.
SECONDO EPISODIO
ORESTE
Custode... dove sei?...ehi, custode!
Non senti che sto battendo alla porta?
Chi c'è in casa, custode,,, chi c'è in casa?
E' questa .la terza volta che chiamo.
Venga fuori qualcuno! E' ospitale
com'era prima la casa ora d'Egisto?
PORTIERE
Eccomi che arrivo!... Da dove vieni?
ORESTE
Annunciami ai padroni. Devo presto
vederli: notizie per loro reco.
Su, affrettati ! Il carro tenebroso
della notte si appresta ad arrivare:
per i viandanti sta giungendi l'ora
di cercare di essere accettati
come ospiti graditi in qualche casa.
Aspetto dunque che vemga il padrone,
oppure una donna che comandi,
ma meglio uomo: ci si intende meglio
con lui, le parole son più chiare.
(appare Clitennestra con ancelle e servi)
CLITENNESTRA
Ospiti, dite pure le richieste.
qui c'è tutto quel che può servire:
caldi bagni, morbidi letti e sguardi
leali. Per le cose più serie
deve pensarci un uomo ed a lui
bisogna far la comunicazione.
ORESTE
Forestiero sono io di Daulide,
paese dei Focesi. Ero in viaggio
con la mia merce da portare ad Argo,
quando uno sconosciuto, avendo appreso
della mia meta. volle rivelarsi:
"Strofio focese sono ed in Argo
ai genitori di Oreste notizia
riferisci della morte del figlio.
Se i parenti reclamano il suo corpo
per dargli in Argo giusta sepoltura,
oppure preferiscano lasciarlo
dove si trova, devo pur sapere
perché di lui in un'urna di bronzo
le ceneri conservo alle quali
lacrime e onori non sono mancati."
Questo mi disse e questo riferisco,
se parlo a chi può prender decisione
non so, ma i genitori lo sapranno.
CLITENNESTRA
Ahimè, dall'alto in basso roviniamo.
Maledizione fatale ha segnato
questa casa che anche tu puoi vedere
pur essendo al di fuori, ma con l'arco
infallibile puoi certo colpirla.
Oh, me infelice, che di tutti i cari
parenti m'hai privato! Oreste solo
teneva i piedi fuori dal pantano,
ciò nonostante anche lui è presente
nel tuo triste registro della morte.
ORESTE
Avrei voluto esser conosciuto
da ospiti importanti come voi,
quale latore di buone novelle
o per azioni nobili compiute.
Chi ospita benevolenza nutre
per l'ospitato che, con gran rispetto,
ripaga all'ospite il sentimento.
Questa notizia non avrei portato
se non avessi fatto una promessa.
Questo avevo nel cuore e questo esprimo.
CLITENNESTRA
Non sarai qui accolto in modo non degno
di te, e non ti sentirai meno
amico in questa casa. Il tuo messaggio
ci hai recato, ma ora affaticato
dal duro viaggio, devi ottenere
quanto conviene. Su presto, alle stanze
degli ospiti venga condotto, insieme
a quelli che lo seguono, e che tutti
ricevano l'aiuto necessario.
Questo è l'ordine. Noi informeremo
chi comanda la casa e con gli amici
decideremo ciò che dobbiam fare.
CORIFEA
Allora, ancelle della casa, quando
ad Oreste mostrerem la forza che
esprimiamo nelle nostre preghiere?
O terra amata, o venerata tomba
che racchiudi il corpo del comandante
regale, ora ascoltateci e un aiuto
concedete: di Peitho è il momento
che scende con inganno, ed Ermes ctonio
dirige dalle tenebre lo scontro,
queste lotte che uccidon con le spade.
Ma che cosa ha in mente questo straniero?
La nutrice di Oreste sta piangendo:
dove vai, Cilissa, fuori di casa?
Dolore non comprato ti accompagna.
CILISSA
E' la regina che a chiamar mi manda
subito Egisto che direttamente
possa venir dagli ospiti informato.
Davanti ai familiari ella il volto
triste mostrava per questa notizia,
ma negli occhi un sorriso non poteva
nascondere: felici eran per lei
queste nuove, e rallegrar or voleva
anche Egisto. Ohimè, infelice sono
nella casa di Atreo dove i dolori
antichi mi riempiono di strazio
il petto e il cuore. Non soffrii mai pena
simile a questa, io che tanti mali
ho sopportato, ma il caro Oreste no!
Amore della vita che ho allevato.
Sua madre che di notte era turbata
dai suoi strilli, volle che mi occupassi
di lui, ed io volentieri l'accolsi
fra le mie braccia, cucciolo innocente
che non sa dir se ha fame oppur sete
o qualche altro bisogno che lo spinge.
Suo padre stesso me l'avea affidato,
ed ora vengo a sapere che è morto,
ohimè, infelice, angosciosa sciagura
che dovrò ora annunciare alla peste
della casa che con gioia, son certa,
sarà lieta di apprender la notizia.
CORIFEA
E in che modo dev'esser preparato?
CILISSA
Non ho capito, ripeti per bene.
CORIFEA
Deve venir con le guardie o da solo?
CILISSA
Vuoi che meni il suo seguito d'armati?
CORIFEA
Non dire nulla a quel padrone odioso.
Esortalo ad andar tranquillamente
e con animo lieve ad ascoltare
notizie liete: un buon messaggero
sa raddrizzare un discorso che è storto.
CILISSA
Ma il tuo animo è gioioso alla nuova
che gli stranieri hanno ora portato?
CORIFEA
Verrà il giorno che Zeus farà cessare
tutti i mali che corron sulla terra.
CILISSA
Con la morte d'Oreste, la speranza
ha abbandonato per sempre la casa.
CORIFEA
Taci dunque, che questa previsione
ad un cattivo profeta appartiene.
CILISSA
Conosci forse qualcosa in più di quel
che a tutti noi poco avanti fu detto?
CORIFEA
Vai ora a riferire ciò che sai.
Sanno bene gli dèi quello che importa.
CILISSA
Farò come mi consigli, e che tutto
sia bene con l'aiuto degli dèi.
CORIFEA
Ora son io che ti supplico, Zeus
padre degli dèi dell'Olimpo, fai
che la sorte si compia pei padroni
della casa che fortemente braman
che l'ordine venga restaurato.
Difendi, o Zeus, ogni mia parola
che in favore di giustizia ho gridato.
Oreste è nella casa fra nemici,
proteggilo, Zeus, e ti sarà resa
due o tre volte la riconoscenza.
E' il figlio giovinetto di un uomo a te
caro, un puledro purtroppo aggiogato
a un carro di sventure. A questa corsa
fissa un termine, e per la pianura
vedremo avvicendarsi gli sfrenati
passi col loro ritmico impetuoso.
E voi che della reggia gli opulenti
luoghi abitate, da voi ascolto chiedo:
o dèi benigni, il vechio sangue sia
cancellato, e anche l'antica strage
non possa più figliare nella reggia.
E tu che il gran vestibolo possiedi
a Delfi, o Apollo, fai che questa casa
rialzi il capo e che risplenda tutta
di libertà, e che anche il suo signore
possa vederla dall'Ade con occhi
non più offuscati dall'ombra fatale.
Al figlio di Maia chiediamo aiuto
con giustizia, perché faccia arrivare
a fine buono l'azione intrapresa.
Molte altre cose celate alla vista
può svelare, ma con parole oscure
che accompagnano il buio della notte,
e che di giorno non appaion chiare.
E finalmente intoneremo un canto
per la libertà della casa, un canto
femmineo ricco di prosperità:
cresce il guadagno e la maledizione
dagli amici si trova ora lontana.
Fatti coraggio se giunge il momento
per te d'agire e lei verrà gridando:
"Oh figlio!" "Di mio padre sono
figlio!"
rispondi ed esegui la vendetta
che nessuno potrà rimproverare.
Abbi nel petto il cuore di Perseo
in amicizia coi morti e coi vivi,
rafforza il telo triste di Gorgone,
entra in casa per vendetta di sangue
e il colpevole uccidi com'è giusto.
TERZO EPISODIO
(entra Egisto da solo)
EGISTO
Sono stato chiamato da un messaggio
che una nuova notizia mi ha recato
per mezzo di stranieri appena giunti.
Una lieta novella in quest' annuncio
per le mie orecchie: la morte d'Oreste.
Ma per la casa potrebbe esser grave
questo lutto: una piaga sanguinante
ancor non chiusa ed ancora dolente.
E' vera la notizia, oppure è falsa?
E' morto dunque Oreste, oppure è in vita?
Si tratta sol di ciarle femminili
che vanno in aria come le faville
del fuoco e che si spengono poi presto?
Cosa potresti dir per tranquillare
l'animo mio e dar chiarezza al dubbio?
CORIFEA
Non c'è che interpellare gli stranieri,
da loro puoi saper quel che domandi.
EGISTO
Conviene interrogare il messaggero,
voglio saper se ha assistito alla morte,
oppure se ha raccolto solo voci.
CORIFEA
O Zeus, che cosa dire adesso, e dove
incominciare pregando o imprecando?
E come si può finire parlando
in modo adeguato? Mentre le spade
omicide ancora grondano sangue:
si è decisa la fatale rovina
della casa che d'Agamennone fu.
Divampi il fuoco della liberrtà,
sia d'Oreste la ricchezza paterna
e il potere che regge la città.
Prima però deve ingaggiar la lotta
da solo contro due: a lui auguriamo
di conquistar completa vittoria.
VOCE DI EGISTO DALLA CASA
Ahi...ahi... ahimè...
CORIFEA
Che cosa avviene?
Che cosa è successo nella casa?
Da parte è meglio rimanere, finché
tutto non è finito e della colpa
partecipi non si debba apparire.
SERVO
Ahimè, ahimè, il mio signore è morto
e per la terza volta ahimè io grido.
Egisto non è più e delle donne
spalancate le porte, i chiavistelli
aprite! Di un giovane c'è bisogno,
ma non per dare aiuto: è troppo tardi.
Oh, ehi! parlo ai sordi o a chi dorme?
Inutilmente dico cose vane.
Clitennestra che fa? Vedo un rasoio
fatale che va verso la sua gola
e che l'ora della fine è venuta.
CLITENNESTRA
Che avviene, perché gridi nella casa?
SERVO
Dico che i morti uccidono i vivi.
CLITENNESTRA
Ho capito il tuo enigma. Con inganno
abbiamo ucciso e così noi morremo
Una scure, presto! voglio vedere
se vincitori siamo oppure vinti:
a questo punto del male son giunta.
ORESTE
Te cerco, lui ha avuto la sua parte!
CLITENNESTRA
Ohimè, sei morto, amatissimo Egisto!
ORESTE
Lo ami, vero? con lui nella tomba
giacerai, in modo che anche da morto
continuamente tu l'avrai vicino.
CLITENNESTRA
Fermati, o figlio! Guarda questo seno
sl quale molte volte addormentato
ti sei, succhiando ciò che ti ha nutrito.
ORESTE
Pilade che devo far? Io non posso
a questo punto uccidere mia madre.
PILADE
Dove mettiam gli oracoli d'Apollo,
e dove i vaticini della Pizia,
e i giuramenti sacri, dimmi dove?
Guai all'inimicizia con gli dèi,
è meglio aver nemici fra gli umani.
ORESTE
Tu hai ragione e il tuo consiglio è buono.
(a Clitennestra)
Seguimi, accanto a lui ti ucciderò.
Per te anche da vivo era migliore
di mio padre, ed ora dopo morta
con lui sarai in un'unica tomba.
CLITENNESTRA
Ti ho nutrito e con te voglio invecchiare
ORESTE
Viver con te, assassina di mio padre?!
CLITENNESTRA
Solo alla Moira devi dar la colpa.
ORESTE
E' la Moira che vuole la tua morte.
CLITENNESTRA
Di mia maledizione non ti curi?
ORESTE
Partorito e alla miseria affidato.
CLITENNESTRA
In casa ospitale ti ho mandato.
ORESTE
Venduto fui, pur figlio di libero.
CLITENNESTRA
E dov'è il prezzo che avrei ricevuto?
ORESTE
Mi vergogno di questo rinfacciarti.
CLITENNESTRA
Or parla della follia di tuo padre.
ORESTE
A chi dunque le tue accuse rivolgi?
Tu in casa e lui in guerra a faticare.
CLITENNESTRA
Triste per noi aver lontan lo sposo.
ORESTE
La fatica dell'uomo è per la casa.
CLITENNESTRA
Hai deciso di uccidere tua madre?
ORESTE
Non io, ma te stessa ucciderai.
CLITENNESTRA
Non temi allor le cagne di tua madre.
ORESTE
Devo fuggire quelle di mio padre.
CLITENNESTRA
Mi sembra che, ancor viva, inutilmente
sulla mia tomba sparga i miei lamenti.
ORESTE
Il fato di mio padre ha stabilito
questa morte che sta per arrivare.
CLITENNESTRA
Dopo aver generato questa serpe,
per farla crescer l'ho anche nutrita
ORESTE
Profeta per il terrore del tuo sogno,
hai ucciso chi non dovevi, ed ora
patirai ciò che patire non dovevi.
(Oreste, seguito da Pilade, trascina la madre nella reggia)
CORIFEA
La duplice disgrazia di costoro
io piango. Giunto è il misero Oreste
al culmine di stragi, tuttavia
è lui che preferiamo perché l'occhio
della casa in rovina non finisca.
Per i Piramidi giunse Dike col
tempo: la giustizia che duramente
punisce, Venne due volte un leone
a d'Agamennone la casa, doppio
Ares. L'esule da Delfo, incitato
dall'oracolo e giusto consigliato
dal dio, ottenne quello che cercava.
Si levin alte le grida di gioia:
la vergogna è finita per la casa
del re, stroncato il consumo dei beni
perpetrato da due indegni assassini:
è finalmente mutata la sorte.
E' arrivato colui che ha disprezzato
di lottare nell'ombra; a lui la mano
dette in battaglia la figlia di Zeus
che noi Dike chiamiamo, e sui nemici
ella un'ira distruttrice soffiò.
Il Lossia, dal suo recesso in Parnaso,
senza inganno l'inganno andò a colpire;
anche se tardi, il volere divino
sempre vince, ed è giusto rispettare
questo potere e perseguir malvagi.
Ora finalmente la luce irrompe
nella casa che libertà ha raggiunto.
Sorgi dunque o dimora che da tempo
giacevi al suolo prostrata e avvilita.
Ma presto il tempo a lieta conclusione
potrà far giunger, entrando in casa,
spazzando la sozzura, e al focolare
contro vendetta avverran sacrifici.
Una sorte benevole ci aspetta,
per sempre venga smentito chi grida:
"Gli abitanti della casa cadranno."
Sì, adesso si può veder la luce!
(si apre la porta del palazzo e si vedono allineati i cadaveri di Egisto
e di Clitennestra)
ORESTE
Eccoli i tiranni della mia terra
che mio padre hanno trucidato,
i saccheggiatori della mia casa.
Apparivano regali in trono
seduti, ed ora amanti soltanto
rimangono legati al loro patto.
Giurarono la morte all'infelice
mio padre e morte hanno insieme avuto.
Guardate adesso il peplo che avviluppò
come una catena, le mani e i piedi
di mio padre, distendetelo ora:
deve vederlo anche il sommo padre
che tutto guarda dall'alto, il sole.
Che le opere di mia madre impure
osservi, e mi sia da testimone
quando verrà il giorno del giudizio
e chiaro apparirà perché l'ho uccisa.
Per la fine d'Egisto c'è la legge
che condanna l'adultero a morire.
Ma colei che tramò contro il marito
quest'atto assurdo, dopo aver portato
nel suo grembo il peso dei suoi figli,
peso d'amore prima e poi di odio,
è di scelleratezza senza pari.
Se vipera o murena fosse nata,
per l'indole malvagia posseduta,
sol con un tocco avrebbe infettato.
E in che modo questo peplo chiamare?
Laccio per una fiera o copertura
per un cadavere? O trappola infine,
rete di ladro, adatta a chi la vita
da padrone vuol far, inganni e frodi
tramando? Che mai una donna siffatta
sarà la mia compagna nella casa:
io solo chiedo che, grazie agli dèi,
possa morire prima e senza figli.
CORO
Ahi, ahi, sciagurata azione di morte
fu compiuta, ma anche per chi resta
la sofferenza comincia a fiorire.
ORESTE
Uccise o non uccise? questo drappo
lo testimonia: la spada d'Egisto
lasciò tracce che hanno danneggiato
i colori della stoffa dipinta.
Solo ora lodo e piango mio padre;
su questo drappo che l'uccise provo
dolore e sofferenza per la stirpe;
e di questa vittoria non conservo
che della turpitudine il ricordo.
CORO
Nessun mortale finirà la vita
senza pagare un prezzo di dolore.
Le pene da patire son già qui
ed altre ne arriveranno domani.
ORESTE
Guardate bene: io non so in qual luogo
finirà questa corsa che ho intrapreso:
son come auriga che guida i cavalli
fuori strada, da un impeto travolto
dell'animo e terrore dal cuore
che mi spinge a cantare e a danzare
da folle per la vendetta compiuta.
Finché ancora ragiono a chi mi ama
voglio dire che, non senza giustizia,
mia madre, in odio degli dèi, uccisi,
che di mio padre era l'assassina.
Mi spinse Apollo, il profeta pizio:
"quest'azione" mi disse "sarà esente
da ogni colpa", e se avessi rinunciato
avrei avuto sciagure tanto estese
che nessuno raggiunse mai con l'arco.
Sono pronto col ramo e la corona,
per il tempio e per la casa di Apollo
dove la luce risplende per fuoco
che mai si spegne; volterò le spalle
al sangue di mia madre che ho versato.
A nessun altro focolare Apollo
mi ordinò di rivolgermi. Agli Argivi
tutti chiedo testimonianza, quando
Menelao qui giungerà. Io errante
esule, lontan dalla mia terra,
vivo o morto il mio ricordo lascerò.
CORO
Hai fatto bene. Non lasciarti uscire
di bocca frasi di dubbio e neanche
imprecazioni; la città di Argo
hai liberato da due orrendi draghi,
mozzando, come dovevi, le teste.
ORESTE
Ahi, ahi, quali schiave son queste?
Nere sono le tuniche che indossano
e come le Gorgoni, fra i capelli
hanno serpi e serpenti aggrovigliati.
Io qui ormai non posso più restare.
CORO
Da quali mai visioni sei travolto?
Tu, il più caro fra tutti a tuo padre.
Non temer che la vittoria hai raggiunto.
ORESTE
Non dai fantasmi sono io turbato,
ma dalle cagne di mia madre che
di vendicarsi su me han giurato.
CORO
Dal sangue fresco ancora sulle mani
lo sgomento ti scende dentro il cuore.
ORESTE
Divino Apollo, sempre di più sono
e hanno gli occhi iniettati di sangue.
CORO
Devi purificarti: con un tocco
il Lossia la tua angoscia guarirà.
ORESTE
Voi non potete vederle, ma io sì:
sono scacciato, non posso restare.
CORO
Buona fortuna ti auguro, e che un dio
benevolo vegli su te dall'alto
serbandoti per momenti opportuni.
(Oreste e Pilade escono)
E' la terza tempesta che furiosa
ancor s'abbatte sul palazzo del re.
Comincia con la sorte sventurata
dei figli di Tieste, poi la morte
del re, il comandante degli Achei
sgozzato dentro un bagno. Ora la terza:
è salvezza o rovina? Quando fine
avran queste vicende, e alfin placata
la collera di Ate cesserà?
FINE DELLA TRAGEDIA
EUMENIDI (Le
Erinni)
LE PERSONE
Profetessa pitica
Apollo
Oreste
Fantasma di Clitennestra
Coro di Eumenidi
Atena
Fedeli in processione
(Ermes, i giudici, un banditore)
LA SCENA
A Delfi, davanti al santuario di Apollo, poi ad Atene
sull'Acropoli, davanti al tempio di Atena.
PROFETESSA
Prima di tutto, una preghiera a Gea,
antica veggente, poi viene Temi
che s'assise sul profetico seggio
della madre, Febe la terza, anch'essa
Titanide, a Temi successe
senza violenza, figlia della terra.
Da Febe, in donazione, il potere
a Febo passò; e dal lago di Delo
pietrosa, giunse il dio che sulle spiagge
di Pallade trovò la sua dimora.
finché non volle fermarsi al Parnaso.
Ad aprirgli il cammin son con lui
i figlioli di Efesto che la strada
pareggiano. Il dio appare alla folla
esaltata. Con essa c'è re Delfo
a capo di questa contrada. Zeus
gli fornisce profetico talento
promuovendolo così quarto vate.
L'Obliquo, il Lossia dunque ci rivela
la parola di Zeus che è suo padre.
Il mio preludio è andato a questi dèi
con lodi e con preghiere; c'è un ricordo
anche a Pallade Pronaia e alle ninfe
dell'antro Coricio, caro agli uccelli
come ad altre divine creature.
Ricordiamo anche Bromio che il paese
regge e le Baccanti capitanò,
e con rete mortale catturato
fu Penteo: caccia alla lepre sembrò.
Invocando le sorgenti del Plisto,
anche la maestà di Poseidone,
senza scordare Zeus, l'altissimo.
Ora posso da interprete salire
a questo seggio, e sia un felice passo,
più di quelli che finora ho compiuto.
Aspetto dagli dèi questa fortuna.
Alla gente che arriva dalla Grecia
io dico: entrate, la regola è questa
da rispettare con il vostro turno.
I vaticini miei son quelli che
il dio dentro di me ispirarmi volle.
(la profetessa scompare nel tempio,
ma riappare
subito dopo, sconvolta)
E' spaventoso! Terribili cose
da vedere e da dire; fui scacciata
dalla sala di Apollo: ora le gambe
mi tremano, non so appoggiar le mani,
le ginocchia si piegano, bambina
sono tornata. Entro dentro il cavo
segreto del tempio in mezzo alle offerte,
quando vicino alla pietra che segna
il cuore del mondo, un uomo prostrato
vedo come supplice, dalle mani
gocciola il sangue e stringe nel pugno
una spada, e d'olivo ha una fronda
di lana fasciata secondo l'uso.
Davanti a lui c'è un'orrida schiera
di donne addormentate sui sedili,
che dico, donne? erano megere
che presto riconobbi per Gorgoni,
figure che avevo viste dipinte
sottrarre a Fineo il suo mangiare.
Nera la loro pelle e disgustose,
dal fiato fetido,e gli ochi sudati,
acconciature empie per il sacro
e il profano. Di fronte a tal raduno
non si potea frenare angoscia e pianto.
Quel che deve accadere è nelle mani
dell'Obliquo che del tempio è sovrano.
Con la sua profezia egli risana,
scruta l'inaudito e a tutti giova.
(la profetessa si apparta. Sullo sfondo le Gorgoni assopite. Oreste è
chinato e al suo fianco c'è Apollo. Ermes è nell'ombra)
APOLLO
(a Oreste)
Non ti tradirò, sta' certo: vicino
o lontano sarò sempre al tuo fianco;
con chi ti odia durezza manterrò.
Guarda queste creature rabbiose
vinte nel sonno, loro le vergini
decrepite e maledette. Nessuno
vuol sfiorarle con la mano, per sempre,
né dio, né umano, né bestia selvaggia.
Son nate per il male e il tenebroso
Tartaro è la lor dimora: nel fondo
dell'abisso, l'odio di mondo e numi
rappresentano. Fai dunque attenzione
a non crollare sotto spossatezza;
ti inseguiranno per tutte le terre,
dovunque per i tuoi passi randagi
ci sarà ua pista; di là dal mare
anche, dove l'onda batte alla costa.
Sappi resistere con le tue pene
finché raggiungerai la sacra terra
di Pallade dove supplice sarai
stringendo al petto il simulacro antico.
Là troveremo per te una giuria
insieme a una difesa convincente.
La tua angoscia avrà fine, stai sicuro:
io solo sono stato a persuaderti
che a te spettava uccidere tua madre.
ORESTE
O Apollo, tu sai bene ciò che è giusto
e ciò che non lo è, a te m'affido.
APOLLO
Ricorda che dentro di te è il nemico:
si chiama angoscia.
(rivolgendosi a Ermes)
Tu mi sei fratello,
Ermes, prendilo sotto protezione:
come dice il tuo nome, sii sua guida,
la santità degli esuli, protetta
è anche da Zeus, dovunque vada.
(Apollo, Oreste ed Ermes si avviano. Appare il fantasma di Clitennestra)
CLITENNESTRA
(alle Gorgoni)
Buon sonno a voi! A cosa mi servite?
Umiliata perfino fra i fantasmi,
grazie a voi, neanche sotto terra
si spegne il delitto che ho compiuto.
L'infamia non tramonta, il disonore
segue il mio errare randagio; proprio lì
son soggetta al processo più spietato.
Crudelmente colpita da colui
che di me stessa già faceva parte,
non ho trovato potenza divina
a farmi scudo; eran di mio figlio
sopra di me le mani assassine.
Guardate lo squarcio, è un'immagine che
stringe il cuore. Nel dormire la mente
s'infiamma di terse visioni, invece
di giorno quello che accade è celato.
PIù volte a voi ho offerto le bevande
senza vino, col miele che addolciva,
notturne cene sul braciere acceso
in devozione, mentre ora tutto
è calpestato e lui fugge lontano
come un cerbiatto che evita i lacci
con uno scatto, aggiungendo per voi
un colpo d'occhio carico di scherno.
Quello che per me conta ve l'ho detto,
fate presto a riprender conoscenza,
divinità dell'abisso, vi chiamo
dal vostro sogno, son io, Clitennestra.
CORO
(cupo mugolio)
CLITENNESTRA
Quanto vi pare mugolar potete.
CORO
(mugolio)
CLITENNESTRA
(a una Gorgone)
Dormi proprio e non compiangi il mio strazio:
Oreste è in fuga dopo avermi ucciso!
CORO
(gemito)
CLITENNESTRA
Tu gemi e dormi. Su in piedi, che aspetti!?
Che cosa fai se non procuri mali?
CORO
(gemiti)
CLITENNESTRA
Sonno e stanchezza alleati, lo slancio
di serpente rabbioso hanno fiaccato.
CORO
(mugolio acuto)
Prendilo... prendilo... ma stai attenta!
CLITENNESTRA
Nel sonno scovi la belva e un latrato
dà l'inizio della caccia mortale.
Hai deciso? Allora balza in piedi!
Non esiste fatica, solo il torto
che hai subito nel sonno. Non hai niente
da biasimar per ciò che hai compiuto?
Le disamine servono da sprone
per chi desidera operar bene.
Soffiagli contro il fuoco del respiro,
desseccalo con l'alito rovente.
(il fantasma di Clitennestra sprofonda)
CORO
(alla compagna accanto)
Sveglia! Sveglia la tua vicina come
io faccio con te. Ancora dormire
vuoi? La nostra azione è fallita?
(le Gorgoni si svegliano e invadono l'orchestra)
PARODO
Aha...aha... che disgrazia, sorelle!
Tormenti a profusione, a vuoto forse...
pene sofferte fuori dall'umano,
insopportabile male che schianta.
Fuor dalla rete è saltata la preda...
vinte dal sonno, la caccia perduta...
O figlio di Zeus, tu bene conosci
il furto, giovane sei, tuttavia
noi vecchie potenze hai scavalcato:
un senzadio proteggi che trafisse
colei che l'aveva generato.
Il matricida ci carpisti, o dio.
E' cosa giusta? Chi risponderà?
Dal sogno contro me venne l'accusa,
come sferzata d'auriga che impugna
la frusta con mano salda e al cuore,
nel mezzo delle costole colpisce.
Sembrava una staffilata in piazza,
quando il flagello con forza spietata
entra duro e gelato nella carne.
Questo fanno gli dèi dei tempi nuovi:
l'universo reggono trascurando
la giustizia, così che il loro trono
dall'alto in basso è macchiato di sangue.
Eccolo l'ombelico della terra:
una crosta di delitti l'avvolge.
Consapevole è il dio, ma lui stesso
fece la scelta di contaminare
il suo recesso. Egli ama Oreste,
ma le norme che gli dèi han voluto
disprezza, disperdendo in questo modo
privilegi dei tempi millenari.
Lo compiango, per lui non c'è salvezza,
nemmeno sotto terra assoluzione
potrà trovare. Il marchio della colpa
ha sulla faccia, è inutile fuggire:
c'è sempre un giustiziere ad aspettarlo.
(ricompare Apollo a minacciare il coro)
APOLLO
Via, è il mio ordine! Via da queste
mura, in fretta! Uscite dal cavo
sacro profetico, oppure il serpente
alato scoccato dall'aurea corda
dell'arco, vi colpirà come freccia;
vomiterete il sangue: fiotti e grumi
di croste da voi succhiati agli uccisi.
Non avete diritto di sfiorar queste
mura. Dovete andare laddove
stroncano teste ed occhi, taglian le
gole e distrutta è la fertilità
e il vigore dei giovani si annienta:
membra mozzate, mortali colpi di
pietra, schiene inchiodate al palo, gente
che mugola un dolore senza fine.
Là voi vivete felici, e per questo
fate ribrezzo. Tana di leone
che chiede sangue è la vostra dimora.
Non più qui intorno la vostra sconcezza:
nessun dio può apprezzare simil gregge.
CORO
Re Apollo, or tocca a te ascoltarmi:
non puoi spartir la colpa, perché solo
responsabile sei di quel che accade.
APOLLO
Spiegati meglio, allarga il discorso.
CORO
Detto non hai di assassinar la madre?
APOLLO
Dissi: vendica il padre. Cosa vuoi?
CORO
Prendesti impegno del sangue versato?
APOLLO
Dissi: fra queste mura c'è un riparo.
CORO
Offendi noi che l'accompagnammo?
APOLLO
E' assurdo che un corteo entri nel tempio.
CORO
Abbiamo fatto ciò che ci fu imposto.
APOLLO
Tua missione sarebbe? Puoi gloriarti.
CORO
Staniamo i matricidi dalle case.
APOLLO
Solo quello? E per chi lo sposo uccide?
CORO
Quello, di consanguinei non è sangue.
APOLLO
Disprezzi dunque i pegni di fede
che Zeus scambiò con Era per le nozze?
Per te Cipride non ha più valore,
ma se da lei nasce d'amore ogni
incanto per gli umani? Fra le donne
e gli uomini l'incontro è più forte
di ogni fatto, anche se giurato
a Dike. L'uccisione familiare
tu ammetti in pieno senza alcun castigo.
Se è così, lasciami dir che è ingiusto
il perseguire Oreste. In questo caso
vedo nel tuo operato un'ossessione,
mentre nell'altro sei blanda a colpire.
In ogni modo, per tale questione
sarà Pallade a formular giudizio.
CORO
Io baderò che quell'uomo non fugga.
APOLLO
Raddoppia pure ogni sforzo a tal fine.
CORO
Il mio prestigio non sarà spezzato
da una frase che tu puoi pronunciare.
APOLLO
Il tuo prestigio? Non è certo il mio.
CORO
Tu puoi tutto presso il seggio di Zeus,
ma io, spinta dal sangue di una madre,
la pista del fuggiasco fiuterò
per favorire la giusta sentenza.
APOLLO
Io invece lo tutelo e da devoto
lo salvo; sulla terra e fra i celesti
tremendo è il tradimento di chi implora,
anche se avviene per libera scelta.
(Apollo e il coro escono. L'azione si sposta sull'Acropoli di Atene.
Irrompe Oreste che si getta, supplice, davanti al simulacro di Atena)
ORESTE
Sovrana Atena, Apollo mi ha ordinato
di venir qui. Sii benevola con me
dannato. Ormai non sono pù sporco
della colpa, né le mie mani impure
sono; la spada ha il filo logorato
per il gran girovagare condotto.
Mari e terre ho varcato per volere
del Lossia e della di lui profezia.
Eccomi ora al tuo simulacro abbracciato,
per la stima che sancire vorrai.
(irrompe il coro eccitato e rabbioso)
EPIPARODO
CORIFEA
Di qui è passato un uomo, ecco l'orma,
segui le tracce della muta spia.
Il sangue del cervo dalla ferita
gocciola, e noi come cagne fiutiamo
la pista. E' ansimante il petto nello
sforzo lungo e massacrante; il gregge
che migra. Dovunque noi siamo state,
l'oceano varcammo senza l'ali
ma con un balzo solo ad inseguire.
Nessuna vela sottovento vince
la nostra corsa. Zitte adesso: è qui!
C'è odor maschile di sangue intorno.
Il mio occhio scruta dappertutto
e certamente non potrà sfuggire
senza la giusta pena il matricida.
Lui un nuovo scudo si è procurato
prostrato ai piedi dell'eterna dea,
per l'assassinio il processo pretende.
Lui non capisce che il materno sangue
che ha versato, non potrà asciugare
giammai: viscido piatto che sparisce
alla vista, ma rimane vivanda
scarlatta che lui dovrà degustare.
In questo modo la macerazione
di te vivente sarà completata;
sotto terra ti trascino a soffrire
lo strazio per la madre che hai sgozzato.
Laggiù sarai in compagnia degli empi
che al dio fecero offesa, all'ospite anche,
e i delitti contro il padre e la madre.
Nell'abisso dell'Ade ove ciascuno
sconta il proprio delitto col castigo,
è la sede del ferreo inquisiore
che tutto sa e che tutto contempla.
ORESTE
Della miseria ho imparato alla scuola:
riti per purificare, tacere
oppur gridare quando è conveniente.
"Fatti sentire" mi disse un maestro.
Non ho più sangue sulla mano, tracce
dell'assassinio si sono appassite
e scrostate. Erano ancora fresche
quando un sacrificio a Febo le scacciò.
Non so da allora quanti frequentai
senza danno: tutto il tempo stagiona,
adesso che la mia lingua è pulita,
implorare posso di questa terra
la regina, Atena che mi protegga.
Su me potrà contare e sulla gente
di Argo come alleati sinceri.
Anche se deve dare protezione
alla gente di Libia, oppure in riva
del Tritone o di Flegra in pianura,
dagli spazi infiniti può venire
a liberarmi dalle cagne infami!
CORIFEA
Né Apollo, né Atena ti salveranno,
sprofondi e non ti tendono la mano.
Nostro pasto è il tuo sangue: creature
d'abisso siamo e per noi allevato
fosti, ai nostri riti consacrato.
Senza morir partecipar potrai
al convito che abbiamo preparato.
Questo canto sarà la tua catena.
PRIMO STASIMO
(le Erinni cantano e danzano mentre Oreste è sempre stretto al simulacro
di Atena)
Su, cantiamo e balliamo questo inno
che viene dall'abisso tenebroso:
siamo noi che nel mondo degli umani
facciam distribuzione delle carte.
Agiamo da perfette giustiziere:
sol chi conserva le mani pulite
è al sicuro dalla nostra rabbia,
ma chi invece peccò come quest'uomo,
invano può nasconder le incrostate
mani: davanti a lui ci troverà
a riscuoter una paga di sangue.
O madre che mi hai donato la vita
per punire chi si trova alla luce
oppur nel buio, devi darmi ascolto:
Apollo mi ha umiliato e mi ha sottratto
la preda per placar sangue di madre.
Questa nostra canzone delirante
è un inno che ci sconvolge la mente,
un canto intonato dalle Erinni
che, in un magico cerchio stringe il cuore,
e di un uomo rimane la cenere.
Questa sorte per sempre ci assegnò
la dea fatale, la Moira potente:
inseguire e tormentare nel mondo
chi compia un assassinio di congiunto.
Una tortura senza sosta finché
non cali sotto terra, ed anche allora
la sofferenza non giunge alla fine.
Questa nostra canzone delirante
è un inno che ci sconvolge la mente,
un canto intonato dalle Erinni
che, in un magico cerchio stringe il cuore,
e di un uomo rimane la cenere.
Dalla nascita questa fu la parte
che a noi fu destinata, dai celesti
dobbiamo star lontane, che nessuno
siederà a mensa con me o indosserà
con me gli abiti del giorno di festa.
A distruggere mura dedicai
le mie forze, e quando uno di casa
un congiunto uccide, ci scateniamo
su lui furiose, e se c'è resistenza,
lo soffochiamo con il sangue fresco.
Noi tutti solleviam da tal pensiero;
il nostro impegno è una garanzia
ai celesti, cancellando il giudizio.
Zeus ammetter non vuole al suo cospetto
questa razza odiosa che gronda sangue.
I più insigni onori, quelli che vanno
verso le stelle, opaco polverio
diventano, quando i nostri mantelli
li colpiscono, nel ritmo affrettato
creato dai nostri passi di danza.
All'inizio c'è un altissimo balzo,
poi calo e il mio peso grava sul piede
che s'abbatte schiantando il fuggitivo
in piena corsa e causa il disastro.
Il fuggitivo è al suolo ora accecato
da demenza, perché sugli occhi cala
buio di colpa che non può evitare.
Intanto le nostre stridule voci
annuncian la tempesta sulla casa
e che per lui incomincia l'agonia.
Siam solo noi a conoscere le vie
per giungere alla fine, a ricordare
le colpe di ciascuno, e non ci placa
per nulla la preghiera dei mortali,
ma seguitiamo a seguirlo tenaci.
Una barriera di melma divide
i celesti da noi, senza aperture
che il sole possa aprire e utilizzare.
Il percorso è petroso e dirupato
per chi vede e per chi ha buio negli occhi.
C'è qualcun che nel mondo non s'inchina
impaurito nell'udir la legge
che Moira, la dea fatale decise
e dagli dèi ricevetti in missione?
Son millenni che dura il mio prestigio
e l'onor mio, anche se segregata
io vivo nell'abisso dove il sole
non può arrivare mai con un suo raggio.
(dal suo santuario appare Atena)
ATENA
Remoto un grido d'aiuto mi giunse
sullo Scamandro: ero ad occupare
terra che i comandanti degli Achei,
come parte del bottino di guerra,
assegnarono a me e ai discendenti
di Teseo. Venni rapida e senz'ali,
ma legati gli impetuosi corsieri
alle stanghe del carro. Qui un raduno
trovo di stranieri per il paese.
Non paura provo, ma lo stupore:
"Chi siete? Parlo a tutti i componenti
del gruppo e a colui che sta chinato
sul mio idolo. Voi non somigliate
a esseri viventi o a divini,
neppure avete l'aspetto di umani.
Insomma, con chi devo confrontarvi?"
CORIFEA
Ascolta, figlia di Zeus, noi siamo
le figlie della notte: Dannazione
siamo chiamate nel profondo abisso
nel quale abbiamo la nostra dimora.
ATENA
A questa stirpe dunque appartenete?
CORIFEA
Saprai anche della nostra missione.
ATENA
L'apprenderò se chiaro parlerete.
CORIFEA
Staniamo dalle case gli uccisori.
ATENA
E dove trova scampo l'omicida?
CORIFEA
Dove gioia è parola sconosciuta.
ATENA
Questo è il motivo d'inseguir quest'uomo?
CORIFEA
Fece ua scelta: assassinar la madre.
ATENA
Vi fu obbligato od agì per rancore?
CORIFEA
Un rancore che giunge al matricidio?
ATENA
Due parti in causa ma una voce sola.
CORIFEA
Costui non dà né accetta giuramento.
ATENA
Giusta vuoi esser o essere chiamata?
CORIFEA
E' un sofisma che non comprendo bene.
ATENA
Giurando non trionfa la ragione.
CORIFEA
Cerca tu di istruir retto giudizio.
ATENA
Arbitra mi lasciate del processo?
CORIFEA
C'inchiniamo devote: ne sei degna.
ATENA
Ospite a te la parola, se credi:
il tuo paese, la famiglia, i fatti
che qui ti hanno condotto. La difesa
vien dopo. Nella giustizia tu credi
se aggrappato alla mia statua stai.
Sei un supplice sacro come Issione?
Rispondi su ogni punto: fai capire.
ORESTE
Sovrana Atena, il dubbio contenuto
nelle tue ultime parole, voglio
eliminare: non l'espiazione
supplico, non ho colpa sulla mano.
Per l'omicida il silenzio è di norma,
finché un sacerdote non gli spruzzi
addosso il sangue purificatore
di una bestia lattante. Nel passato
ho già seguito questa norma, presso
focolari diversi con vittime
immolate e con acque correnti.
Io sono Argivo e conosci mio padre
Agamennone, capo delle navi
e degli Achei; con lo steso al tuo fianco
Ilio hai distrutto. A casa rientrando
ha trovato la morte. Fu mia madre
ad abbatterlo, adoperando inganno,
nella vasca da bagno. Al mio ritorno,
io uccisi lei, non posso negarlo.
Della vendetta ispiratore è stato
l'Obliquo che profetava tormenti
per me atroci, se non vendicato
questo delitto io avessi lasciato.
Sta a te il giudizio adesso formulare:
fui giuso, non lo fui? Accetterò
qualunque sia il responso che darai.
ATENA
Enorme è il problema. Qualcuno ritiene
superiore a facoltà di un umano
decidere, io nemmeno ho potere
su delitti, le vendette e i rancori.
Tu questo tempio non hai contagiato;
di queste donne la forza fatale
evitar non si può. Se la vittoria
non toccano, un tossico contagio
faran piombare sul nostro paese.
Accettare o scacciare? Soluzioni
per me gravose, infati la contesa
troppo avanti s'è spinta, eleggerò
giudici abituati a sentenziare
sui delitti di sangue, poi chiamando
del popolo i migliori a giudicare.
(scompare)
SECONDO STASIMO
CORO
Nuove leggi stanno per arrivare:
se il diritto di questo matricida
dovesse finalmente prevalere,
il delitto potrebbe dilagare:
Mani di figli già pronte a colpire
padri e madri, nel prossimo futuro
c'è da aspettarsi questa realtà.
Noi indemoniate non sarem presenti
quando si frugherà il cuore dell'uomo,
non schizzeremo rabbia sui delitti
che verranno compiuti: ammazzi pure
chi si sente di farlo; informazioni
si scambieranno su tali sciagure,
ma rimedi per trovare la pace
nessuno certamente troverà.
Nessuno mai di fronte alla sventura
gridi "Giustizia, trono delle Erinni!"
Sarà funebre il pianto a risuonare
di un padre o di una madre assassinati.
Invocazione vana che il palazzo
della Giustizia è oramai annientato.
Arriva l'ora giusta del terrore:
è bene che rimanga a vigilare
sul cuore. Un equilibrio da angoscia
venga pure perché soltanto allora
è possibile inchinarsi a Giustizia.
Senza freno la vita, o sottoposta
ad un altro: ambedue da condannare.
Una giusta misura è consigliata,
come dio vuole che, secondfo i casi,
libertà lascia o dà colpo di freno.
L'empietà è ragione di squilibrio,
invece una vita equilibrata
è motivo della sana esistenza
che dirama benessere nel mondo.
A tutti il mio consiglio voglio dare:
rispettate e adorate la Giustizia.
Se un giorno sei stato fortunato,
non è il caso di un'offesa recare
all'altare di Dike: la minaccia
di una sventura è sempre presente.
Ama il padre e la madre, e sempre sacro
sia l'arrivo di ospiti alla casa.
Colui che in vita sua non è obbligato
a coltivar Giustizia, e che la segue,
sarà libero da gravi sciagure.
Chi invece la Giustizia ha violato,
ammucchiando fortuna col delitto,
colpito dal tormento del rimorso
vedrà crollar la vela della nave
con lo schianto dell'albero maestro.
E dal fondo del vortice, implorante
lancia le grida che nessuno ascolta.
Gli dèi sorridon sullo sprovveduto
che, nella sua superbia presuntuosa,
non prevedeva certo la sciagura.
E il benessere dei giorni passati
cozza contro lo scoglio di Giustizia:
lo sventurato sparisce nel buio,
mentre non c'è nessuno che lo pianga.
TERZO EPISODIO
(ritorna Atena con i giurati e il popolo)
ATENA
Su, banditore, si comincia. Zitti!
Tutti a posto. Squilli forte la tromba.
I giudici son pronti: ora, silenzio!
La città tutta apprenda le mie leggi,
le conservi per sempre e facciam voti
che il processo abbia un'equa sentenza.
(appaiono Apollo ed Oreste)
Signore Apollo, esercita il potere.
Hai un interesse in questa vicenda?
APOLLO
Sono qui come teste per quest'uomo,
mio supplice che ho purificato
dal matricidio. Voglio stargli a fianco
perché del suo delitto è mia la colpa.
Ma tu procedi pur liberamente
e decidi secondo il tuo giudizio.
ATENA
Parlate pur, incomincia il processo.
Tocca prima all'accusa: esposizione
chiara dei fatti che sono accaduti.
CORIFEA
In tante siam, ma non farem discorsi.
(a Oreste)
Quando è il tuo turno, devi replicare
per ordine, Hai ucciso tua madre?
ORESTE
L'ho ucisa, sì, smentirlo io non posso.
CORIFEA
Primo colpo vincente: uno su tre!
ORESTE
Ma ancor non sono a terra: sii prudente.
CORIFEA
Racconta adesso come l'hai abbattuta.
ORESTE
Lama stretta in pugno e squarcio alla gola.
CORIFEA
Qualcuno ti ha convinto? Chi sarebbe?
ORESTE
Il dio che dà i responsi, lui m'ha spinto.
CORIFEA
All'assassinio della madre fu
allora il Veggente a indirizzarti?
ORESTE
Fin qui non posso maledir la sorte.
CORIFEA
Muterai tono davanti al verdetto.
ORESTE
Mi darà aiuto la tomba del padre.
CORIFEA
Credi ora nei morti, matricida?!
ORESTE
La macchia di due crimini portava.
CORIFEA
Che dici? Ai giudici devi spiegare.
ORESTE
Uccidendo lo sposo, il padre uccise.
CORIFEA
Tu vivi e lei ha pagato con la morte.
ORESTE
Perché viva non l'hai perseguitata?
CORIFEA
Non aveva il suo sangue l'uomo ucciso.
ORESTE
E io ho lo stesso sangue di mia madre?
CORIFEA
Mostro! Non sei cresciuto nel suo ventre?
Rinneghi il sangue che più ti appartiene?
ORESTE
Apollo, fai la tua testimonianza,
ero nel giusto quando la colpii?
Non nego la mia azione, ma era giusto,
secondo te, il sangue che ho versato?
Questa risposta ora devo dare.
APOLLO
(ai giudici)
A voi, rappresentanti della legge
che Atena ha posto, ecco la risposta:
è giusto. Profeta sono e menzogne
non dico. Mai pronunciai dal mio seggio
parola alcuna se non da Zeus dettata.
Considerate dunque questa forza
della giustizia ed il capo chinate:
nessun giuramento con Zeus compete.
CORIFEA
Secondo te, l'oracolo dettato
ad Oreste, da Zeus proveniva:
vendicare il padre, senza rispetto
delle ragioni che avea pur la madre?
APOLLO
Di un nobile la morte, di un eroe
che ricevuto avea da Zeus lo scettro,
ha un valore diverso, tanto più
se una donna l'uccise, non il dardo
d'Amazzone, ma come udrai fra poco
con Pallade a giudicar qui assisa.
Il marito tornava dalla guerra
con la vittoria, e lei sorridente
l'accolse. Poi, mentre usciva dal bagno,
l'avvolge in un drappo e lo trafigge
inchiodato nel groviglio di stoffa.
Questa l'ora fatale del condottier
di navi che da tutti era onorato.
Chi compito ha di giudicar, dovrebbe
sentirsi il petto riempirsi di sdegno.
CORIFEA
Da quel che dici, Zeus dà più valore
alla morte del padre, ma lui fu
a incatenare Crono: non c'è accordo
fra questi fatti. Come lo spiegate?
Testimoni siate di ciò che udite.
APOLLO
Sanguinarie siete, da tutti odiate,
anche dagli dèi. I ceppi sciolti
possono esser; se polvere asciuga
il sangue di un caduto, non esiste
risveglio mai. Non creò contro questi
incantesimi il padre mio, che regge
l'intero cosmo, dall'abisso al cielo
senza mostrar la fatica o l'affanno.
CORIFEA
E' il caso di difenderlo e salvarlo?
Ha sparso per terra sangue materno
simile al suo. Vivrà ancora in Argo
nella casa del padre; quali altari
avrà per il rito, e quali famiglie
gli porgeranno l'acqua che depura?
APOLLO
Senti se esatta è la mia risposta:
non è la madre a produrre il frutto
che figlio si chiama, solo lo nutre.
Generatore è chi il seme gettò,
lei come ospite all'ospite veglia.
E' possibile padre senza madre:
lo prova Atena che di Zeus è figlia.
Non crebbe in un ventre tale germoglio
che una dea far fiorire non potrebbe.
Per quanto posso, Atena, poderosa
la tua rocca farò. Quest'uom per ora
ti ho affidato, al riparo del santo
tuo fuoco, perché a te resti devoto.
Disponi in futuro di lui e dei suoi
come alleati, e che nel ceppo duri
per sempre l'amore per questo patto.
ATENA
Riflettano i giurati per il voto:
per decidere basta il dichiarato.
APOLLO
Stiamo attendendo il verdetto finale.
ATENA
Da parte vostra non c'è alcun reclamo?
CORIFEA
Tutto è stato detto, or rispettate
la fede data: è il momento del voto.
ATENA
Ateniesi, l'ordine promulgato
accettate, è un giudizio di sangue
da pronunciare. Per gli anni venturi
la gente Egea di questo tribunale
godrà. Su questo spiazzo dove il campo
delle Amazzoni era, quando in odio
a Teseo nuova acropoli alzarono,
ad Ares immolando, da cui nome
prese la rupe: Aeropago si chiama.
Un colle dove Rispetto e Paura
veglieranno sempre la notte e il giorno,
perché l'amor del cittadin non cali
verso la legge della nostra città
che limpida rimanga, e non avvenga
come a corrente cui sgorghi terrosi
possono danneggiare la purezza.
Né privi di una guida o ad un tiranno
assoggettati, tal non è lo stato
da preferir. Se probi rimarrete,
la maestà della legge uno scudo
sarà a difesa vostra e dello stato,
come nessuno al mondo può vantare
dalla terra di Pelope alla Scizia.
E' un tribunale senza corruzione
che ho fondato, ferreo nel so interno,
vedetta sempre all'erta di fuori,
vigila sulla quiete della città.
(ai giudici)
In piedi ora, e con il vostro voto
date il vostro parere sul processo,
onorando il giuramento compiuto.
Quel che dovevo dire ve l'ho detto.
CORIFEA
Il nostro gruppo può farvi del male,
o cittadini, dateci rispetto.
APOLLO
Ordino di accettare il responso,
Zeus l'ha dettato e si deve attuare.
CORIFEA
Non son per te le cause di sangue,
altrimenti non potrai profetare.
APOLLO
Peccò mio padre nel caso di Issione,
supplice dopo il primo omicidio?
CORIFEA
Sei tu a dirlo. Se non avrò fortuna
nel processo che qui venne avviato,
violentemente su questo paese
scatenerò la rabbia accumulata.
APOLLO
Sei finita. Tra i vecchi e i nuovi dèi
non conti nulla. Io certo prevarrò.
CORIFEA
Nella reggia di Fere convincesti
le Moire a render gli uomini immortali.
APOLLO
Non merita di ricevere grazia
un uom fedele in difficoltà?
CORIFEA
Hai rovesciato gli antichi costumi
ingannando col vino alcune dèe.
APOLLO
Se non ottieni il verdetto che speri,
su chi vomiterai il tuo veleno?
CORIFEA
Sono un'anziana che vien superata
da un dio giovane, io non abbandono
finché il giudizio non conosco chiaro.
Solo allora la rabbia scoppierà.
ATENA
A me spetta fissar la conclusione:
il mio vate va in sostegno di Oreste,
nessuna donna m'ha dato la vita
e verso l'uomo se ne va il mio affetto.
Solo del padre sono figlia, e fine
non mi curo di donna che lo sposo
uccide. Ha raggiunto la vittoria
Oreste con i voti equilibrati.
Svelti voi, estraete i suffragi!
ORESTE
O Apollo, quale mai sarà il verdetto?
CORIFEA
O madre notte, è pronto il giudizio.
ORESTE
Del precipizio io sono sull'orlo.
CORIFEA
O la rovina o conservar gli onori.
APOLLO
Sommate attentamente tutti i voti.
Nessuna frode durante lo spoglio:
anche un solo suffragio può servire
a dare gioia o a provocar rovina.
(lo scrutinio è finito e Atena legge il verdetto)
ATENA
Quest'uomo è assolto dal suo matricidio:
risulta pari il numero dei voti.
ORESTE
O Pallade, la salvezza tu sei!
Ero scacciato dal suolo dei padri,
ed ora mi hai ridato la mia casa.
In Grecia si dirà che, con l'aiuto
di Atena e dell'Obliquo, uno di Argo
rientra in posesso dei beni paterni,
col consenso del Giudice Supremo.
Zeus la paterna fine ricordando,
mi salva da chi difende mia madre.
Ora mi preme fare un giuramento:
nessuno mai nei secoli futuri
che del paese mio regga il governo,
la guerra contro Atene muoverà.
Io allora sarò morto, ma egualmente
dalla mia tomba insorgerò a punire
chi dovesse violare il giuramento:
difficoltà diverse e senza scampo,
ostacoli e presagi di sventura,
finché non sia posto fine all'attacco.
Ma se il patto terrà e onorata
sarà sempre di Pallade la rocca
con armata alleanza, assai benigno
con gli eredi sarò. A te e alla gente
della città rivolgo il mio saluto
con l'augurio di assalto vigoroso
contro il nemico e salvezza dei tuoi.
ESODO
CORO
Dèi del tempo che viene, secolari
norme ignorate, e nulla ora rimane
per noi, solo un nero nodo di rabbia
che sgocciola veleno sulla terra,
un'arsura che secca piante e foglie.
Giusta Vendetta aggredisce il paese,
apre dovunque lagune di morte.
Vorrei agire, ma non so ben come.
Ho deciso! Il dolore che ho subito
da poco tempo non mi fa aspettare.
Noi, le vergini sventurate siamo,
le figlie della notte ora dolenti
per quest'offesa che abbiamo patito.
ATENA
Basta dunque con questi piagnistei.
Non siete stanche? Un verdetto equilibrato
è uscito, non per darvi umiliazione,
ma perché il vero venisse esaltato.
Già c'eran tracce del pensar di Zeus
che nell'agir d'Oreste non trovava
alcuna pena. Voi su questo suolo
la vostra nera rabbia vomitate,
ma state attente a non architettare
strage di frutti, né a colpir spietate
i germogli. Io promessa vi faccio
che sede avrete nel paese e il cavo
che voi ben meritate. Assise in trono
presso gli altari le onoranze avrete.
CORO
Dèi del tempo che viene, secolari
norme ignoraste, e nulla ora rimane
per noi, solo un nero nodo di rabbia
che sgocciola veleno sulla terra,
un'arsura che secca piante e foglie.
Giusta vendetta aggredisce il paese
apre dovunque lagune di morte.
Vorrei agire, ma non so ben come.
Ho deciso! Il dolore che ho subito
da pocoi tempo non mi fa aspettare.
Noi, le vergini sventurate siamo,
le figlie della notte ora dolenti
per quest'offesa che abbiamo patito.
ATENA
La vostra autorità è salva, o dèe,
l'ira non rivolgete a questo suolo
che non resti passivo alla fatica
umana. In Zeus fiducia ripongo.
Io sola fra i celesti il luogo dove
tien chiusa la saetta, ben conosco.
Ma il fulmine non serve. Dalla bocca
maledizioni non scagliare alla
natura per arrestar il rigoglio
dei frutti. Smorza l'assalto pungente
del tuo livore. Il senso del rito
accogli, vicino ala mia dimora
la tua poni. Il fiore della terra
godrai con le offerte votive, e sempre
del mio consiglio mi ringrazierai.
CORO
In quale stato, io con l'esperienza
che vien dai secoli, su questo suolo
io vivo! Rantolo furia, collera
pura. Ah terra, ohimè che patimento
in fondo all'anima! Oh, notte, ascolta:
un inganno voluto dagli dèi
ha travolto secolare prestigio.
ATENA
Il tuo sfogo è anche il mio, appartiene
ad altri tempi. Tu sei più abile
e più saggia di me, ma del pensiero
anche a me Zeus l'armonia ha donato.
In paesi diversi sentirete
di più l'amore per la vostra terra;
sono convinta che, passando i giorni,
crescerà gloria per la mia città.
Ricorda che davanti all'Eretteo
otterrai dalla gente in processione
quello che mai avresti ricevuto
da forestieri. Mai su questa terra
spargere devi coti da affilare
lame cruente, atte per squarciare
giovani petti, né devi aizzare
risentimenti per lotte fraterne.
Con esterni nemici è consentita
la guerra per chi cerca la gloria,
non la contesa fra pennuti stretti
in un unico recinto da polli.
Bene da fare e bene da ospitare:
questa è l'alternativa che ti offro
sulla terra che il cielo predilige.
CORO
In quale stato, io con l'esperienza
che vien dai secoli, su questo suolo
io vivo! Rantolo furia, collera
pura. Ah terra, ohimè che patimento
in fondo all'anima! Oh notte, ascolta:
un inganno voluto dagli dèi
ha travolto secolare prestigio.
ATENA
Non mi annoio per consigliarti il bene,
mai potrai dir che una dea antica
dai confini sia stata allontanata
da una giovane dea e dalla sua gente.
Se di Persuasione hai il culto, ascolta:
se invece non resti e l'astio e la rabbia
fai straripare in questo paese,
procurerai sciagure alla mia gente.
Qui per sempre puoi prendere dimora:
è tuo diritto, avrai culto perenne.
CORIFEA
Quale sarebbe dunque la mia sede?
ATENA
Fuori da ogni noia: puoi acettarla.
CORIFEA
Accettata. Qual'è il mio privilegio?
ATENA
Senza di te non esiste fortuna.
CORIFEA
Mi lascerai aver tanto potere?
ATENA
A chi ti onora noi farem coraggio.
CORIFEA
Di ciò darai per sempre garanzia?
ATENA
Taccio su ciò che non posso ottenere.
CORIFEA
E' affascinante! Lascio la mia rabbia.
ATENA
Di certo attirerai nuovi fedeli.
CORIFEA
Quale augurio intonare a questa terra?
ATENA
Quello che fa da scorta alla vittoria.
Che il sol risplenda sopra le campagne
con carezza di vento. Un gran rigoglio
di zolle e mandrie per dare ricchezza
al paese nostro, la fioritura
di nuovi nati e la sarchiatura
che tu farai degli empi, perché il ceppo
dell'onestà mantenga il suo vigore.
Voglio Atene da tutti ricordata
pr i trionfi che saprà ottenere.
CORIFEA
Accanto a Pallade farò dimora,
nella città che Zeus e Ares voller
sorgesse in Grecia a difesa degli altri.
Un augurio su di essa sollevo
suscitato da amichevoli dèe:
da questo suolo ricca messe sbocci
di fortune sotto i raggi del sole.
ATENA
Per il bene eterno di questa città
ho così provveduto ad allearci
con creature potenti e spietate.
Loro compito è reggere gli umani
destini. Chi la loro rabbia ignora,
non conosce la forza dei colpi
che una vita posson devastare.
I delitti già commessi dai padri
trascinano i figli al loro cospetto.
Chi protesta sollevando la voce,
la lor rabbia l'abbatte senza scampo.
CORO
Moria di piante, soffiare nocivo
di vento, calura che asciuga nuovi
germogli, non sorpassi il confine
del paese, né mortale contagio
sui frutti della terra. Il dio Pan
allevi greggi fecondi di parto
doppio, sia ricco il raccolto al di sopra
e al di sotto del suolo. Ricchi doni
e sacrifici per tutti i celesti.
ATENA
Udite cittadini, e voi presidio
della nostra città: grande importanza
hanno le Erinni presso gli immortali
e gli dèi dell'abisso. Fra gli umani
tutto con giustizia è assegnato:
a qualcun felici canti di gioia
mntre a un altro tocca vita di pianto.
CORO
Morti precoci io tengo lontane.
Le potenti Moire alle fanciulle
preparano liete feste di nozze.
Moire sovrane, sorelle di sangue,
imparziale Giustizia amministrate,
gradite ospiti in tutte le case,
il vostro culto è ovunque venerato.
ATENA
Con grande gioia devo rilevare
l'impegno che le dèe hanno dedicato
al paese, e anche ringraziare
la dea di Persuasione che mi ha dato
aiuto sufficiente per le Erinni,
dalla feroce natura. Ed infine
Zeus trionfa sul Giusto e sul Buono,
nel vittorioso scontro per il Bene.
CORO
Io prego che giammai in queso paese
s'oda lo schianto di qualche contesa,
che alla polvere il sangue non s'aggiunga,
sangue nero di morte ad impregnare
le zolle della terra devastata.
Tenerezza d'affetti ed armonia
di sentimenti, due cuori in un solo:
ecco il rimedio che a tutti propongo.
ATENA
Non è questa la strada da seguire
per raggiungere il Bene? Sopra i volti
c'è la gioia del lavoro compiuto.
Ecco le dèe benigne. A loro lodi:
a voi non mancherà la protezione.
Popolo unito, un faro sarete
per tutto il mondo, voi rappresentanti
di uno stato ove regna Giustizia.
CORO
Godete pure i beni conquistati.
Salve, o cittadini che marciate
a fianco della dea di Zeus figlia.
E' una corrente d'amore la vostra.
Di Pallade godendo prtezione,
anche su Zeus potrete contare.
ATENA
Salve anche a voi. Venuta è dunque l'ora
che apra la strada retta, ad indicare
la vostra dimora a questa luce
del corteo. Mentre le vittime sono
sacrificate, scendete sotterra
a fare solida barriera al male.
Il bene portate all'alto splendore
di Atene, la nostra bella città.
Fate ala, cittadini, da Cranao
discendenti, alle ospiti nostre
onorarie, e che il bene operare
a luminose mete vi accompagni.
CORO
Godete, godete giorni felici,
per due volte l'augurio vi inviamo,
semplici cittadini con divine
potnze. Se la rocca di Pallade
vi è dato di abitare, il vostro culto
potete offrirlo a me che sono vostra
cittadina onoraria; a voi la vita
trascorrerà come un solo sorriso.
ATENA
Apprezzo la voce bene augurante.
Alla luce delle fiamme radiose,
vi guido alle sedi sotto terra.
Ci faranno ala le mie devote.
E' di loro spettanza. Marci avanti
il corteo nella terra di Teseo,
una sfilata di giovani e donne
di verde età insieme con le anziane.
(dal santuario di Atena avanza il corteo)
In onor delle dèe è questa vostra
veste scarlatta. Fiaccole levate!
Propizia sia per sempre la presenza
su questa terra di uomini importanti.
FEDELI IN PROCESSIONE
Seguite il cammino verso la sede
vostra, o superbe vergini, figlie
della madre Notte, con il corteo.
Cantate in festa, popolo di Atene!
Onori, offerte, vittime immolate
nelle caverne e negli antri verranno.
Cantate in festa, popolo di Atene!
Con chi vi ospita miti e benigne,
laggiù recatevi anche voi, dèe.
Pace e festa sul vostro cammino.
Tutte il mio canto gioioso intonate!
Pace in eterno, insieme alla fortuna,
faccio voti per la gente di Atene.
Porgano aiuto Zeus con le Moire.
Tutte il mio canto gioioso intonate!
FINE DELLA TRAGEDIA
Estratti da opere storico – letterarie