per ogni eventualità, rivolgersi ad:
Alessandro Balducci – Via Cicco Simonetta, 12 – 20123 Milano – Italia
Telefoni: (+39) 02.58.10.79.79 – (+39) 338.83.02.412
www.alfredobalducci.it – alessandrobalducci@tiscali.it
(Due
tempi)
[Testo tutelato dalla
Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]
Durata:
due tempi
Genere:
comico-satirico
15 personaggi (12 uomini e
3 donne)
Breve sinossi
Una strana famiglia prende alloggio alla "Zattera", un albergo al confine fra due stati. E' la famiglia di Cobby, un piccolo mercante di armi sempre in cerca di una guerricciola, un colpo di stato, una rivoluzioncella per piazzare la sua merce. Solo che, quando sparano i fucili, non si sa mai che cosa può succedere: le armi possono servire anche a chi è deciso a fare pulizia. Allora può capitare di assistere al crollo improvviso di ingiustizie, soprusi, disonestà. Di assistere al "naufragio" del male, insomma, nel vero senso della parola.
Svolgimento della commedia
Nel lussuoso albergo «La zattera» costruito, per ragioni di eccentricità e di sicurezza, sulle acque di un fiume, capita un giorno una strana famiglia. La compongono Cobby (il marito: irascibile e intrattabile, soggetto a violente crisi di avarizia che gli fanno perdere la conoscenza nei momenti in cui ciò può essergli utile), Flor (la moglie: casalinga borghese, docile e tranquilla, distaccata e imperturbabile anche nei momenti più drammatici), la figlia Leo con l'aspirante fidanzato Maxì, cui Cobby non ha ancora dato il proprio beneplacito, in attesa di chiare e valide prove della sua attitudine a portare avanti l'attività che Cobby stesso esercita: il commercio delle armi. La scelta dell'albergo in mezzo al fiume non è stata casuale: il fiume fa da confine a due staterelli l'uno retto da un governatore, l'altro da un presidente, che producono ambedue ferro e legname, e che la logica della concorrenza sta per scagliare in guerra l'uno contro l'altro. Cobby che ha maturato una prodigiosa abilità nel fiutare le situazioni favorevoli alla vendita delle armi: guerre, attentati o rivoluzioni che siano, ha scelto «La Zattera» perché lì può incontrare i capi militari e politici dei due campi. E in effetti, ecco che Maxì viene spinto all'attacco di un generale, che potrebbe acquistare la merce che Cobby ha provveduto ad accumulare in zona, e che attende di essere impiegata al più presto. Il tentativo di Maxì è però maldestro e rischia di fallire miseramente, quando interviene Cobby, che mette bruscamente da parte l'aspirante genero, e fa pieno sfoggio della propria abilità di venditore. Il generale è interessato alle armi: ha messo in piedi, sia pure ancora solo sulla carta, un piccolo esercito mercenario, che deve appunto essere armato, e che poi sarà posto al servizio del miglior offerente tra i due staterelli alle soglie del conflitto. Ma il progetto del generale si infrange contro una notizia sconvolgente: il figlio del governatore dello stato A sposa la figlia del presidente dello stato B, e le nozze faranno scoppiare la pace! Il generale però ha le idee chiare: «Non mi direte che un matrimonio possa risolvere la faccenda e mandare a monte ogni piano. Non sono i figli dei governatori a decidere la pace o la guerra, e neppure i loro genitori: sono i contrasti economici tra i due paesi che decidono...». Ma il generale non è stato ancora informato di tutto: c'è un’altra goccia che può far traboccare il vaso: «Che cosa? C'è di peggio? Stamani è stato firmato un cartello intemazionale del ferro e del legname? Questa sì che è veramente la rovina!»
Secondo tempo
Ma la ragion di stato non prevale sulla forza dell'amore. Vikin, il figlio del governatore, non ama la figlia del presidente rivale, si è innamorato di una cantante d'opera, e per sfuggire alle nozze volute dal padre organizza una finta rivoluzione, con l'aiuto sia dei suoi colleghi allievi dell'accademia militare, che dei fans della sua amata, membri dell' «Associazione amici del melodramma». Tutto, in effetti, sembra filare alla perfezione: all'ora prestabilita alcuni colpi di fucile dànno il via all'operazione. I clienti dell'albergo, al corrente di ciò che sta succedendo, gioiscono o restano indifferenti. Ma gli spari crescono di intensita, e si prolungano ben al di là del tempo stabilito: comincia a diffondersi un certo allarme. Il generale vorrebbe rendersi conto della situazione, tenta di uscire dall'albergo, ma ne viene ricacciato dentro a fucilate. È il segretario della cantante, che arriva trafelato dalla città, a dare la notizia: l'insurrezione è scoppiata davvero. Mentre cresce la preoccupazione tra gli ospiti della «Zattera», Cobby sorride sotto i baffi: neanche stavolta il suo buon naso per gli affari lo ha tradito. Ma ecco un altro arrivo: è nientemeno che il governatore in persona, che raggiunge l'albergo a nuoto, dopo che un mortaio ha colpito la lancia con la quale stava cercando di tornare in patria, dopo l'inutile incontro con il presidente. Per reprimere l'insurrezione e riconquistare il potere, ha bisogno degli armamenti di Cobby; al quale, tra l'altro, aveva già fatto ricorso trent'anni prima, per le armi con le quali aveva vinto la sua rivoluzione. «Vedete -commenta Cobby- i vantaggi di una spesa fatta bene al momento opportuno?» Ma non è di questo che il governatore ha bisogno di essere convinto: i suoi soli dubbi riguardano il danaro con cui pagare le armi. Dove trovarlo, dal momento che le casse statali sono rigorosamente vuote? Il governatore, trepidante, si consulta col proprio ministro degli interni: «Useremo i fondi stanziati per i lavori pubblici». «Non esistono stanziamenti per i lavori pubblici» risponde il ministro. Ma malgrado la situazione sia questa anche per tutti gli altri settori della pubblica finanza, l'accordo con Cobby va in porto. Il governatore pagherà una volta riconquistato il potere e riportato l'ordine nel paese. Ma come far arrivare, agli arsenali di Cobby, l'ordine di consegnare le armi agli uomini del governatore, dato che «La Zattera» è completamente circondata dagli insorti, e tutte le comunicazioni sono interrotte? Cobby sorride, compiaciuto e sicuro di sé: apre la borsa a soffietto che non lo abbandona mai, e ne tira fuori un piccione viaggiatore, alle cui zampette viene legato il messaggio. Il piccione spicca il volo, ma va poco lontano: un colpo di fucile lo abbatte. Nello sgomento generale, Cobby ha un motivo di stupefazione in più. Nello sparo ha riconosciuto la «voce» di uno dei suoi fucili, e si chiede angosciato come è possibile che le sue armi siano già in circolazione. All'interrogativo risponde Maxì, che confessa impaurito e tremante di essere stato lui a vendere la merce. «E a chi l'avete venduta?» chiede preoccupato il governatore. «Ai vostri uomini, naturalmente!» «Allora è in corso il contrattacco!» si rallegra il governatore. E Cobby quasi non crede alle proprie orecchie: «Hai venduto la merce?... Ma è meraviglioso! E non mi dicevi nulla?». Ma la figlia Leo scoppia in singhiozzi: «Perdonaci, pa'... Non ti abbiamo detto nulla perché avevamo deciso di fuggire con quei danari». «Allora Maxi mi voleva truffare?» esclama Cobby sorpreso e ammirato: «E io che l'avevo sottovalutato e non volevo dargli mia figlia! Sposala anche domani, te lo meriti!». Ma improvviso lo coglie un piccolo dubbio: ha venduto a contanti? «No, Cobby» risponde Maxì: «Però ho un regolare mandato di pagamento». E porge al suocero uno stampato governativo, con timbri, bolli, firme... ma con una piccola clausola aggiunta in calce, che dice: «... il pagamento del presente mandato sarà effettuato a vista, in qualsiasi momento, nella nuova residenza del governatore... all'inferno».
Le
armi dunque sono in mano agli insorti. Esasperato,Cobby si scaglia su Maxì per
avere almeno la soddisfazione di strangolarlo... quando una forte scossa, come
per un terremoto, fa tremare i muri e fa barcollare le persone. «La Zattera» è
stata sganciata dalla riva ed ora va alla deriva, trascinata dalla corrente.
Sulle opposte sponde del fiume, folle di uomini armate di pertiche sono ben
decisi ad impedire all'albergo di toccar terra. E il fiume è un grande tubo di
scarico che serve ad espellere dai due paesi gli affaristi e gli avventurieri
che si sono rifugiati su «La Zattera». Cobby è rimasto solo nel suo furore
impotente, tra la paura, le speranze, la disperazione dei suoi compagni
d'avventura. La moglie vorrebbe confortarlo, ma egli rifiuta ogni conforto. Ad
un ultimo tentativo di lei, egli risponde con un colpo di bastone sul tavolo...
che fa partire un registratore su cui è un nastro inciso dalla cantante. In
drastico e grottesco contrasto con la disperata situazione de «La Zattera» che
va alla deriva, si diffonde nella sala un lezioso coretto, che potrebbe
appartenere a un'operina settecentesca: le parole invitano a superare lo
sconforto dell'animo e le contrarietà della vita, poiché a trionfare è sempre
l'Amore, che alla fine vince ogni cosa.
Rappresentata da: (1962) Compagnia del Piccolo Teatro di Milano (interpreti: Enzo Tarascio, Pina Cei, Mimmo Craig, Carlo Cataneo, Luigi Pistilli, Narcisa Bonati, Relda Ridoni, Luigi Montini). Regìa di Virginio Puecher.
Pubblicata su: "Il Dramma" (1962)
Trasmessa dalla Rai
Hanno
scritto:
La commedia è piacevole e divertente, è carica di satira e di humor e offre il piacere di riscontrare la presenza di un commediografo notevolmente abile nell'indicare il succo dei personaggi. Nel complesso è uno spettacolo di ottimo gusto e di beffa cordiale. Molti gli applausi.
Eligio Possenti su "il Corriere della Sera"
Qui
l'autore comico c'è ed è in possesso di uno strumento espressivo di prim'ordine, pronto ad essere usato
per maggiori impegni. Osi e rischi. Un divertito successo, con applausi a scena
aperta e numerose chiamate alla fine, anche all'autore.
Carlo Terron – "il Corriere Lombardo"
La commedia di Balducci si snoda brillantemente con un vivo gusto della caricatura, una serie di personaggi di stampo operettistico, assai ben collocati nella loro voluta convenzionalità e soprattutto un dialogo vivacissimo, di molto mestiere e di intelligente comicità. Ecco un autore francamente comico. Esito assai lieto con molti applausi all'autore.
Roberto De Monticelli – "il Giorno"
Tra pace e guerra una zattera alla deriva
Alfredo Balducci, il secondo autore prescelto dal Piccolo Teatro per la sua «rassegna italiana» al Teatro dell’Arte, colse tempo fa un bel successo con una commedia di vena tra ironica e farsesca, I dadi e l’archibugio, in cui erano le premesse d’un mondo e d’un linguaggio assai personali. La formula – se così si può dire – a cui è arrivato Balducci, cioè la mescolanza di elementi grotteschi su un fondo di polemica sociale, è assai moderna e ha vari antecedenti nella commedia europea, ma non troppi in Italia. E questa stessa formula ritorna, in modi asciutti e rapidi, anzi a volte addirittura schematici, nel suo nuovo lavoro andato in scena iersera, L’equipaggio della «Zattera».
Cobby, il gran vecchio, anzi il sinistro vegliardo è il deus ex machina dell’azione. Chi è costui? Un trafficante d’armi, che di tale attività ha fatto uno scopo di vita, un’arte sottile, un piacere demoniaco. Accanto a lui si muovono la moglie Flor, complice della sua oscura rivalsa contro il mondo, la figlia Leo e il suo fidanzato Maxì, innocuo apprendista stregone.
Capita, la strana comitiva, in un paese dilaniato dalla guerra civile. Ma non guerra fra popolo oppresso e governo oppressore; guerra fra due forme d’oppressione, di ricatto, d’imbroglio. E il loro giuoco potrebbe, dovrebbe riuscire, con l’aiuto d’alcuni loschi militari da operetta. Sennonché il terzo incomodo, l’imprevisto, il popolo insomma si sveglia e manda all’aria i loro piani.
Qui l’ambientazione si fa simbolica: infatti la commedia si svolge nella «Zattera», che è un albergo galleggiante, non ci vuol nulla a tagliare gli ormeggi e mandarla alla deriva. Così potessimo tutti noi liberarci di coloro che mantengono in vita le ingiustizie del mondo: riunirli su un barcone e spedirli via, in balìa delle acque.
A questa trama principale (fitta, del resto, di tipi e tipetti minori) si aggiunge la buffa storia del figlio del governatore del paese immaginario. Costui, Vikin, è un cospiratore da burla, e dei suoi compagni di congiura – e dello stile di tale congiura – Balducci si serve per farsi beffe, assai garbatamente, di certi intellettuali pseudorivoluzionari. Vikin è innamorato d’una cantante d’opera, che si porta dietro il suo «pappa», e che viene travolta anch’essa nella rovina del paese, nel naufragio della zattera, non senza prima aver congruamente delirato in duetti e gorgheggi.
Situazioni minute ed esilaranti riempiono, popolano la breve e veloce commedia, i cui significati vanno al di là dell’apparenza burlesca e che rivela in Balducci una comprensione acuta del giuoco dialettico del mondo in cui viviamo oltre a qualità tecniche, di struttura teatrale, tutt’altro che disprezzabili.
Virginio Puecher l’ha messo in scena con una inventiva continua, scintillante, e a volte addirittura congestionata. E’ una regìa di forza, una regìa che non lascia margini.
Tra gli interpreti si distinguono il Tarascio, comico e potente Cobby, la Cei, la Ridoni, la Bonati e i molti tipi disegnati con estrosa comicità dal Craig e dal Bartolucci, dal Cannas e dal Cataneo, dal Varisco, dal Pistilli e dal Montini, dal Buttarelli, da tutti.
La commedia, che ha per sfondo scenografico una serie d’ingrandimenti da foto liberty di Ugo Mulas, è stata vivamente applaudita da un folto pubblico. La «rassegna italiana» è in marcia.
Da: “MASCHERE ALLA RIBALTA – Cinque anni di cronache teatrali 1961 – 1965” di Ruggero Jacobbi – Bulzoni Editore
Alfredo Balducci (Livorno, 1920), si è dedicato con continuità alla scrittura drammatica, ma appartiene alla generazione che più ha pagato nell'immediato dopoguerra l'ondata di esterofilia (o anche -più positivamente- la necessità di aggiornamento culturale) con cui il teatro e il pubblico italiano reagirono al periodo dell'autarchia fascista. Scrittore socialmente impegnato, di acuta osservazione e di vasti interessi, la sua opera si può dividere in due filoni: un filone drammatico («Don Giovanni al rogo», «Un cielo di cavallette»), ed un filone satirico-ironico («I dadi e l'archibugio», e questo «Equipaggio della Zattera»), in cui raggiunge forse i suoi risultati più convincenti per l'eleganza del dialogo, la robustezza della scrittura drammaturgica e la puntuale pregnanza e attualità dei temi. Apprezzato dalla critica, vincitore di numerosissimi premi e concorsi, Balducci raggiunse però raramente per le ragioni suddette i grandi palcoscenici. Una felice eccezione riguarda appunto «L'equipaggio della Zattera» sarcastica denuncia del militarismo e del mondo dei commercianti d'armi, che il Piccolo Teatro di Milano rappresentò nel 1962, con la regìa di Virginio Puecher, nell'ambito di una Rassegna del Teatro Italiano voluta e curata dall'autore di questa nota.
Luigi Lunari nel volume "Cento trame del Teatro Italiano", Biblioteca Universale Rizzoli, 1993
Balducci ha raggiunto i suoi risultati migliori nei suoi primi due testi, I dadi e l'archibugio (1960) e L'equipaggio della zattera (1962), di un antimilitarismo sottile e divertito, mai insidiato dal didascalismo.
Giovanni Antonucci – Storia del teatro italiano del novecento
Personaggi:
Cobby
Flor
Leo
Maxì
Generale
Deccan
Capitano
KIutzer
Vikin
Gossel
Annalisa
Pierre
Governatore
Crab
Cameriere
Conducente
Un
facchino
La
scena:
Una
sala a piano terreno dell'albergo «La zattera». Il locale è molto elegante:
poltrone, tavolini, tappeti. Il fondo della sala è costituito da un'ampia
vetrata semicircolare. Le pareti sono rivestite in legno; intorno sono appesi,
come motivo decorativo, alcuni salvagenti con la scritta: «La zattera». Accanto
alla parete più vicina al boccascena, un piccolo tavolino con un apparecchio
telefonico. A sinistra l'apertura della scala che porta al piano superiore;
subito dopo, un'altra apertura che conduce al salone d'ingresso dell'albergo.
Davanti alla apertura della scala sono allineate alcune valigie vecchie e
logore.
Sono
in scena Cobby, Flor, Leo e Maxì. Cobby è davanti alla vetrata e guarda fuori:
ha in mano una vecchia valigia a soffietto ricoperta da un panno nero, e
nell'altra un bastone con il manico ricurvo. Gli altri, fermi al centro della
stanza, lo stanno osservando. Sono le dieci del mattino.
COBBY –
(lascia
la vetrata e si avvicina agli altri)
Non
mi sono sbagliato.
MAXÌ –
Eppure, Cobby, io credo...
COBBY –
(interrompendolo battendo con stizza per
terra il bastone) – Ho detto
che non mi sono sbagliato.
FLOR – Lo
sai, Maxì, che in queste cose Cobby non sbaglia mai.
LEO – Ma
non vuole mettere in dubbio il tuo fiuto, pa', però potresti anche ascoltare la
sua opinione.
MAXÌ – Non
ho mai fallito una piazza quando viaggiavo per la Adam and Sons.
COBBY –
(Ironico) Reggiseni e ventriere elastiche.
MAXÌ – Un
articolo vale l'altro, quando si tratta di scegliere il mercato in grado di
assorbire la merce.
COBBY – Non
esageriamo: nel tuo caso bastava prima guardarsi un po' intorno, e vedere...
(aiutandosi con il gesto)...
se c'erano pance o altra roba da sostenere.
LEO –
Perché respingi come sbagliate le idee di Maxì, prima ancora che te l'abbia
esposte?
COBBY – Non è
vero. Da buon democratico, non giudico mai prima di avere ascoltato. Sentiamo
dunque le stupidaggini di Maxì.
MAXÌ –
Stamani, appena arrivato, dato un'occhiata ai bollettini di borsa: tutto
tranquillo. Titoli, azioni, obbligazioni... calma assoluta.
COBBY –
Tutto qui?
MAXÌ – Fatto
anche
un
salto
ai mercati generali: merce in abbondanza di qualsiasi genere...
(sottolineando le parole)... e nessun aumento di prezzo
COBBY – Non
c'è altro?
MAXÌ – Mi
sembra che ce ne sia abbastanza.
COBBY –
Quando il termometro è salito a quaranta, chiunque è capace di dirti che sei
ammalato.
MAXÌ – Ma
tutti i testi di economia insegnano...
COBBY
(interrompendolo) – Lo sappiamo, Maxì, che tu il commercio l'hai studiato sui
libri. Io invece non l'ho mai studiato, ma so cos'è perché l'ho sempre fatto,
fin da quando avevo otto anni e, mi ricordo, feci un cambio con un altro
ragazzetto: gli diedi una scatola di matite colorate per un temperino. L'altro
rideva perché credeva di aver fatto un buon affare, ma rise per poco, perché,
appena ebbi in mano il temperino, l'aprii, e mi feci restituire le matite.
MAXÌ – Però,
dovete ammettere....
COBBY – Non
sei ancora convinto?
LEO
– Ma
lascialo parlare, pa'!
COBBY –
E non l'ho lasciato
parlare? Io sono un democratico, Leo. Ognuno di noi ha esposto le sue idee e,
dopo la discussione, secondo la buona democrazia, lui è rimasto delle sue
opinioni, io delle mie... e si continua a fare quello che voglio io.
(Entra
un facchino che si ferma davanti alle valigie. Cobby le conta col bastone,
quindi fa cenno di portarle di sopra. Il facchino fa per prendere anche la
valigia a soffietto che Cobby ha in mano, ma questo la tira indietro. Il
facchino scompare con i bagagli sulla scala. Cobby,
Flor e Leo siedono nelle poltrone. Maxì va a guardar fuori dalla
vetrata. Entra un uomo che si avvicina a Cobby, togliendosi il berretto a
visiera).
COBBY – Chi è
questo?
FLOR
– E' il conducente; penso che voglia il prezzo della corsa.
(Cobby estrae una moneta dal panciotto, l'esamina al tasto, quindi la
lascia cadere nel berretto. L'uomo guarda la moneta).
IL
CONDUCENTE
(timidamente) –
Questo è
un solo pezzo da cinque, signore.
COBBY
(guarda la moneta, la getta ancora nel
berretto) – Sì, è un pezzo
da cinque.
IL CONDUCENTE – La
corsa faceva due pezzi da cinque, signore.
COBBY
(cominciando
a balbettare)... come du... due pezzi?
IL CONDUCENTE – Così
avevamo pattuito, signore.
COBBY – Pe...
pe... perché... du... du... due pezzi?...
per... perché?
IL
CONDUCENTE
– Ma non ricorda, signore...
(Si interrompe vedendo Cobby portare una
mano al cuore e ricadere sullo schienale della poltrona).
COBBY –
Oh... oh!...
FLOR
(accorrendo) – Cobby!
COBBY
(tremando dalla testa ai piedi) – ... aiuto...
Flor... du... du... due pezzi.
FLOR
(al conducente che guarda impacciato) – Siete contento, adesso? la crisi...
(Alla figlia)... Leo: presto il plaid...
LEO
(porgendo un plaid) – Ecco, ma'.
COBBY – Pe...
pe... perché due pezzi, Flor?
FLOR
(accarezzandolo) – No, caro, stai tranquillo.
IL CONDUCENTE
(imbarazzato) – Mi spiace, signora, ma anche voi ricorderete...
FLOR
(interrompendolo, brusca) – Basta così! Lo volete veder morto!?
IL
CONDUCENTE
– No, per carità!... solo che io...
FLOR
(ad alta voce) – E andate al diavolo, voi e il vostro maledettissimo denaro!
Avaraccio che non siete altro!
IL CONDUCENTE –
Sissignora, sì... (Indietreggia
spaventato ed esce in fretta).
FLOR – E'
andato via, Cobby. (Cobby smette di
tremare e allontana il plaid con un gesto brusco. Entra il cameriere).
IL CAMERIERE
(avvicinandosi) –
Benvenuti alla "Zattera", signori!
(Vede
la valigia a soffietto e fa per prenderla) Facciamo portar su anche questa...
COBBY
(colpendo
la valigia con una bastonata prima che il cameriere la tocchi) –
Lascia stare!
IL
CAMERIERE
(un po' interdetto) –
Scusi,
signore... I signori desiderano qualcosa?
COBBY – No.
IL
CAMERIERE
(preparandosi ad andar via)
– Bene,
signori.
FLOR – Un
momento, giovanotto.
IL
CAMERIERE
–
Comandate, signora.
FLOR –
Toglietemi una preoccupazione. Noi abbiamo preso alloggio a
"La
Zattera" perché ci hanno detto che è frequentata
molto bene.
IL
CAMERIERE – Esatto, signora.
FLOR – Ma si
tratta di una costruzione solida?
IL
CAMERIERE
–
Assolutamente, signora. "La Zattera" venne costruita cinquant'anni fa dal
compianto governatore: era il suo padiglione per la caccia alle folaghe. Dopo la
sua morte è stata trasformata in albergo.
FLOR –
Insomma, qui sopra siamo sicuri?
IL
CAMERIERE
– E' il
primo albergo della città, signora: qui alloggiano le persone più in vista, e se
non fosse sicuro...
FLOR –
Questo è già qualcosa. E' almeno ben ancorata a terra?
IL
CAMERIERE
– Non
troppo stabilmente, signora, e questo fatto accresce notevolmente la sicurezza
che può offrire.
FLOR –
Spiegatevi meglio.
IL
CAMERIERE
– Si
racconta che il compianto governatore l'abbia fatta staccare dalla riva per ben
due volte, portandola all'ancoraggio dell'isolotto in mezzo al fiume.
FLOR – E
perché questo?
IL
CAMERIERE
– La
prima volta in occasione di una epidemia; e la seconda, quando scoppiò una grave
carestia. Il governatore era molto sensibile e non poteva reggere alla vista
delle sofferenze del popolo.
FLOR – Così,
salì su "La Zattera"...
IL
CAMERIERE
– Con
tutti i familiari e con il governo al completo...
FLOR –
Comprendo benissimo. (Al marito) Sì, Cobby, tutto sommato, credo
proprio che "La Zattera" sia un ottimo albergo.
(Al
cameriere) Andate pure.
IL
CAMERIERE
– Ai
vostri comandi, signora. (Esce).
MAXÌ
(ritornando dalla sua esplorazione) – Lo sapete che siamo circondati
dall'acqua?
FLOR
(che ha tirato fuori dalla borsa il lavoro a
maglia, con tono di sufficienza)
– Ah, ah...
MAXÌ
(meravigliato per l'indifferenza generale) –Dico che quest'albergo è costruito
sul fiume, ma non sulla riva: su una grande zattera.
COBBY
(gli
indica uno dei salvagente appesi alla parete, poi, come se parlasse a un
bambino) –
Cosa c'è
scritto là sopra, Maxì?
MAXÌ
(leggendo) – La... Zattera... (Fa un
gesto di disappunto) Io non
sapevo niente. Nessuno me lo aveva detto.
FLOR – Ma
c'era una grossa insegna là fuori.
MAXÌ – E io
non l'ho guardata.
COBBY – Per
un buon commerciante il colpo d'occhio è essenziale.
MAXÌ – Non
l'ho guardata perché tanto so che siete sempre voi, Cobby, a decidere, che a voi
non si può mai dare un consiglio.
COBBY – Io
sono un democratico e ascolto il parere di tutti...
(gridando e dando un colpo di bastone sul tavolo)... e non permetto a nessuno di
criticarmi!
LEO
(quasi con le lacrime agli occhi) – Via, pa', questo non è giusto...
(accarezzando le mani di Maxì)... sempre
pronto a riprenderlo per ogni stupidaggine.
COBBY – Il
fatto è che per te avevo sognato un marito diverso.
LEO –
Dovresti dargli un'occasione, pa', una vera occasione: sono sicura che Maxì ti
farebbe vedere di che cosa è capace. (Dalla
scala entra in fretta un signore elegante con il monocolo).
IL
SIGNORE
(a voce alta) –
Cameriere!
Dove sono
i miei
giornali?
(Sparisce dall'altra uscita).
MAXÌ
(rincuorato dalle parole di Leo) – Naturale, quand'ero alla "Adam and Sons"...
COBBY
(annoiato, alza il bastone per chiedere
silenzio, poi, con un cenno verso la scala) – Chi era?
MAXÌ –
Quaranta... cinquanta, ben vestito.
COBBY –
Militare o borghese?
MAXÌ –
Borghese.
COBBY – E che
ne sai? Poteva essere un militare in borghese.
MAXÌ
(scoraggiato) – Oh, insomma!
COBBY – Mai
lasciarsi ingannare dalle apparenze: un buon commerciante non deve dimenticarlo.
MAXÌ –
Chissà come potevo accorgermi se quello era un militare in borghese.
COBBY – Dal
modo di camminare, per esempio.
MAXÌ –
Allora bisognerebbe scrutare dalla testa ai piedi tutti quelli che passano.
COBBY – E per
cosa credi che ti mantenga in un albergo di lusso, per farti stare sprofondato
in una comoda poltrona?
MAXÌ –
Comunque, state tranquillo, quello che è passato un militare non lo era di
certo. (Il signore entra di nuovo con un
fascio di giornali e prende posto a un tavolo vicino a quello di Cobby).
IL
SIGNORE
(al cameriere che l'ha seguito) –
... e da bere portami il solito.
IL CAMERIERE –
Bene, generale.
(Esce. A questa parola i quattro sollevano la testa di scatto. Cobby,
FLOR e Leo guardano Maxì).
MAXÌ
(disperato) –
Io non sapevo... come avrei potuto
immaginare...?
COBBY
(fra
i denti) –
Generale!...
LEO – Non
ti arrabbiare, pa'. Può capitare a tutti di sbagliare.
COBBY – E
questo sarebbe l'uomo che hai scelto per marito?
LEO –
L'aveva guardato appena, pa'... non poteva supporre...
COBBY – Per
fortuna non ho ancor detto l'ultima parola: siete ancora fidanzati.
FLOR –
Anch'io, mi pare, avrei il diritto di essere informata.
(Mostra il lavoro a maglia)
E' già il terzo completino di lana che faccio.
MAXÌ
(vincendo con sforzo un'interna esitazione) – Aspettate a giudicarmi, Cobby...
datemi la possibilità di riparare.
COBBY – E' un
pezzo che aspetto queste
«riparazioni».
MAXÌ –
Potrebbero venire proprio in questo momento.
COBBY – Che
cosa vorresti fare?
MAXÌ
(indicando con la testa il generale) – Lasciate andar me, Cobby.
COBBY –
Nientemeno!
MAXÌ – Vi
assicuro che non ve ne pentirete.
COBBY
(dà uno sguardo al generale) – E' un osso duro, non potrai mai
farcela.
MAXÌ
(con voce rotta dall'emozione) – Ce la farò.
COBBY – E se
rovini tutto?
FLOR – I
generali non si possono sprecare: anche in guerra li tengono di conto.
LEO –
Perché non gli dai quest'occasione, pa'?
MAXÌ –
Vedrete che ce la farò.
COBBY – Tu
che ne dici, Flor?
FLOR – Beh,
in fondo, qui ci siamo noi, no? Anche il droghiere di Tannug un bel giorno mise
la figlia al banco, però alla cassa rimase lui, e tutto andò avanti lo stesso.
COBBY – Bene,
Maxì, se proprio ci tieni...
MAXÌ
(al colmo della gioia) – Grazie, pa', vedrete che non
sarete scontento. (Estrae in fretta
alcune carte da una busta di pelle).
COBBY –
Calma, mi raccomando: soprattutto calma.
MAXÌ
(va a piantarsi di fronte al generale che
sta leggendo un giornale) – Generale
Grumik?
IL
GENERALE
(sollevando appena gli occhi) –
No,
giovanotto, avete sbagliato.
MAXÌ – Non
ci siamo incontrati l'anno scorso a Londra... o a Parigi?
IL
GENERALE
– No!
MAXÌ
(getta un'occhiata disperata verso Cobby,
poi, con cocciuta insistenza) –
Allora
ho visto la vostra fotografia sull'Almanacco Militare... sicuro... ho letto la
motivazione della vostra medaglia... l'atto eroico che vi ha distinto...
IL GENERALE
(interrompendolo
piuttosto seccato) –
Giovanotto,
non ho intenzione di assicurarmi contro gli incendi...
(Cobby fa un gesto irritato, Flor abbassa rassegnata il lavoro a
maglia).
LEO
(piagnucolando) – Ma lasciatelo fare, povero Maxì: in questo modo lo
scoraggiate.
MAXÌ
(si appresta a giocare l'ultima carta e
appoggia i
fogli che ha in mano sul tavolo, davanti al
generale) – E questa roba
non vi interessa? (Il generale continua a
leggere il giornale, ma, piano, piano, la sua attenzione è attratta dalle carte,
finché non le prende in mano. Maxì
dà un'occhiata trionfante verso Cobby e si avvicina al generale) Guardate queste fotografie,
generale... che ne dite? (Il generale,
interessato, inforca il monocolo e fa un fischietto dl ammirazione)...
belle, eh?... Vedo che vi piacciono...
siete un intenditore, si capisce subito... guardate questa che linea!...
(Nel frattempo è entrato il cameriere con la
consumazione del generale. Il cameriere che ha ascoltato le ultime battute,
lascia il bicchiere sul tavolo e si avvicina alle spalle di Maxì).
IL
CAMERIERE – Scusate un attimo, signore.
MAXÌ – Che
c'è? (I due si allontanano di un
passo, fermandosi vicino alla poltrona di Flor).
IL
CAMERIERE – Dovreste essere più prudente, signore, qui bazzica spesso la polizia.
MAXÌ – Non
vi capisco.
IL
CAMERIERE – Quella... roba, signore, è pericolosa... e certe
fotografie...
FLOR
(interrompendolo) – Di che cosa state parlando, giovanotto?
IL
CAMERIERE – Il signore mi ha capito benissimo.
FLOR
(alzando la voce) – Sono io che vorrei capire. Per chi ci avete preso, giovanotto,
per gente che va in giro a spacciare fotografie sconce?
IL
CAMERIERE – Scusate, signora, ma io ho inteso...
FLOR
(indignata) – Come vi siete permesso?!... Come avete osato?!... Sospettare
una simile bassezza! (Va al tavolo del
generale e prende una manciata di fotografie) Guardatela pure questa roba!
(Getta le fotografie contro il cameriere) Noi non vendiamo porcherie... noi vendiamo queste, giovanotto...
COBBY
(picchiando una bastonata sul tavolo) – E' un'indecenza!
IL
CAMERIERE (chinandosi a
raccogliere le foto) – Chiedo scusa, signora... sono mortificato... scusatemi, vi prego... è stato un
equivoco... (Depone le foto sul tavolo ed
esce rapidamente).
FLOR
(a Maxì) – A queste figure io non sono abituata.
MAXÌ
(imbarazzatissimo) – Neppure io... chi poteva immaginare
che quell'imbecille...!
IL
GENERALE (si avvicina ed
esegue un inchino militaresco) –
Generale
Deccan. Sono spiacente dell'equivoco. (Indicando
una poltrona accanto a Cobby)... Se posso permettermi...
(Fa per spostare la valigia a soffietto, ma Cobby lo ferma col bastone,
quindi egli stesso rimuove la valigia).
COBBY –
Sedete, generale. (Il generale siede. Un
breve silenzio).
IL
GENERALE (un po'
contrariato per dovere essere il primo a parlare) – Ho esaminato la merce... (altro silenzio)... sì, ho
dato un'occhiata al catalogo... (ancora
silenzio)... voi mi
domanderete se l'articolo mi interessa... al che potrei rispondere... che in
linea generale potrebbe anche interessarmi...
FLOR –
Visto, Maxì? Un buon venditore non è mai il primo a parlare: è la legge della
domanda e dell'offerta.
IL
GENERALE – Naturalmente ho bisogno di qualche ragguaglio.
MAXÌ
(precipitosamente) – Certo, generale, noi...
(Cobby batte rabbiosamente il bastone a terra
per intimare il silenzio. Maxì continua con voce spenta)... sì, volevo dire che noi...
(Cobby lo guarda severamente e Maxì tace).
IL GENERALE
(dopo un altro silenzio) –
Fa proprio caldo oggi. Potremmo bere qualcosa di fresco, non vi pare?
MAXÌ – Ma
certo, generale... (Battendo le mani) Cameriere!
COBBY
(allarmato) – Maxì... Maxì! (Maxì si volta verso
Cobby,
ma in quel momento arriva il cameriere).
MAXÌ
(al cameriere) – Qualcosa di fresco da bere per tutti.
IL
CAMERIERE – Bene, signore. (Esce).
COBBY
(cominciando a balbettare) – ... co... come da be... bere?
MAXÌ – Fa
caldo e il generale vuol bere.
COBBY
(cominciando a tremare) – ... Pe... Perché da be... bere pe...
pe... per tutti?
MAXÌ –
E' il generale che ha fatto ordinare.
COBBY – ...
pe... per tutti?
FLOR
(avvicinandosi con il plaid) – Cobby!
MAXÌ
(a voce alta) – E' il generale che offre, Cobby!
COBBY
(improvvisamente ristabilito, respinge il
plaid, poi, al generale) – Parlavate
di ragguagli, mi pare.
IL
GENERALE – Dove si trova la merce?
COBBY – In
città: è arrivata stamani. La consegna può essere fatta in un paio d'ore.
IL
GENERALE (sorridendo) – Un paio d'ore... pensate che le
cose siano già a questo punto?
COBBY – E
perché sarei venuto qui, allora?
IL
GENERALE – Pensavo che, trovandovi da queste parti...
COBBY No,
da queste parti non mi trovo per caso: ci sono venuto.
(Toccandosi il cuore)
Proprio
come se qui dentro ci fosse stato un ago calamitato a guidarmi. Io il mestiere
ce l'ho nel sangue.
FLOR – La
nostra è una famiglia di commercianti, generale Deccan.
LEO – Se è
per questo, anche la famiglia di Mazi...
COBBY
(interrompendola) – Ti prego, Leo.
LEO – Sì,
pa'.
IL
GENERALE – Siete al corrente della situazione, allora?
COBBY – Non
nei suoi particolari.
IL
GENERALE – E' molto facile capirla. Questo fiume è il confine
fra due stati: di qua il governatore, di là il presidente Baden. Ferro e legname
di qua, legname e ferro di là. Non ci vuol molto a capire che le cose non
possono andare.
COBBY –
Evidentemente.
IL
GENERALE – Il pasticcio è dunque inevitabile: non resta che da
conoscerne la data.
COBBY – So
che non è importante, ma, per pura curiosità, voi siete di qua o di là del
fiume... voglio dire governatore o presidente?
IL
GENERALE – Disponibile. L'organico delle mie truppe si può dire
al completo... sulla carta, naturalmente, ma per raccoglierlo si fa in fretta;
basta un po' di denaro.
COBBY – La
cosa principale, in definitiva, è sapere chi assumerà questa spesa.
IL
GENERALE – Esatto.
COBBY – E se
ho ben capito, quando queste truppe, ora sulla carta, si troveranno sui terreno,
avranno bisogno dei miei articoli?
IL
GENERALE – ... e di una direzione di marcia. Ma questo, è
ovvio, dipenderà dal fatto che ad assumere la spesa sia il governatore o il
presidente Baden.
MAXÌ
(che ha seguito attentamente il dialogo) –E' ovvio.
(Il generale e Cobby guardano
Maxì un po' sorpresi Il cameriere arriva con le bibite, lascia il vassoio sul
tavolo ed esce).
COBBY
(prende un bicchiere) –
Allora, al successo della vostra impresa, generale.
IL
GENERALE – Vorrete dire della "nostra" impresa.
COBBY –
Speriamo... "nostra".
FLOR –
Sentito, Maxì? Questo è il commercio: offrire provocando la richiesta,
trattenere la merce senza rifiutarla.
LEO – Sono
sicura che anche Maxì ci sarebbe arrivato.
IL
GENERALE (facendosi
vento con un giornale) –Che
caldo terribile! Era un bel pezzo che non ricordavo una temperatura eguale...
tre anni, per essere esatti... ero nel sud con un incarico piuttosto
delicato...
COBBY –
L'affare
delle concessioni?
IL
GENERALE –
Appunto. Viaggiavo da cinque giorni con un
reggimento; l'acqua era finita e faceva un caldo come questo. Indovinate un po'
che cosa salta in testa ai miei uomini? Vuotano i radiatori degli autocarri e
si bevono l'acqua... nove macchine ferme...
COBBY – E
voi?
IL
GENERALE – Non potevo certo passarci sopra. Ne scelsi
ventisette... (Batte le mani) Cameriere!
LEO – E
poi?
IL
GENERALE – ... già, ne scelsi ventisette, tre per macchina...
(Arriva il cameriere)... apri quella
vetrata: fai entrare un po' d'aria...
LEO – E che
cosa faceste di quei ventisette?
IL
GENERALE – Naturalmente...
(al cameriere, che, dopo aver aperto la vetrata, sta per andarsene)
un'altra limonata
(A Leo, secco)... li
impiccai. (A Cobby) Vogliamo vedere la merce con calma?
COBBY– Ottima
idea. Maxì, i cataloghi! (Maxì prende le
carte sul tavolo e incomincia a mostrarle al generale).
MAXÌ
(meccanicamente) – Moschetto automatico Rudolf... calibro sette e trentotto...
caricatori da venti, quaranta e sessanta colpi... modello a canna corta e a
canna lunga...
COBBY – Dài a
me, Maxì.
MAXI Posso fare benissimo anch'io.
LEO –
Perché non lo lasci provare?
COBBY –
Provare? ma, dico, siamo a scuola, Per caso?
FLOR – E
anche a scuola le prove non sono sempre possibili.
(A Leo) Tua cugina
Corinna, per esempio, studia da infermiera, eppure non trova mai nessuno che,
per prova, si lasci fare una puntura.
COBBY
(mostrando una foto al generale) –
Ecco il Kumbler... lo riconoscete, vero?
IL
GENERALE – Come no.
COBBY – Me ne
sono accorto da come l'avete
guardato. Eh, il Kumbler è un
vecchio amico che non tradisce!... ne saranno stati fatti di nuovi modelli: ma
chi è riuscito mai a superare il Kumbler?
IL
GENERALE –
Ci sono modelli più pratici.
COBBY La
sicurezza
sul calcio. Me l'aspettavo. Il solo piccolissimo neo di
questa meraviglia, di questo capolavoro della tecnica. Che cos'è una piccola
leva spostata di qualche centimetro avanti oppure indietro?
(Impugna il bastone come se fosse un fucile) Clic, clic, clic... una piccolissima
leva di sicurezza... clic, clic, clic... come un piccolo cuore di acciaio che
batte. E quando spara, poi, che musica! una raffica a cinquanta metri: un uomo
tagliato in due. A cento metri, una pallottola ogni cinque centimetri. A
duecento, nove probabilità su dieci di stenderlo secco!
FLOR – Hai
sentito, Maxì? Sono trent'anni che ascolto Cobby parlare di queste cose, eppure
mi affascina ancora, come se fosse la prima volta.
(Il cameriere porta la bibita ed esce. Il generale beve, quindi indica
una foto).
IL
GENERALE – E questa?
COBBY – Vi
interessa la Living–Makison? mi
congratulo: fa piacere parlare
con un intenditore. Certo che il proiettile del Kumbler penetra più in
profondità, ma le ferite della Living–Makison sono più larghe, e il
dissanguamento è garantito in un'ora.
FLOR
(mentre mostra alla figlia il golfino da neonato
che sta lavorando) –
Ti
prego, Cobby. Ho sempre davanti agli occhi quando lo zio Patrick cadde per la
scala della cantina! che cosa sarebbe successo se non fosse arrivato subito
Enea?
COBBY
(mostrando altre foto) – Ed ecco la serie dei mortai:
precisi, autorevoli, tremendi! Ecco gli Strauss cinquanta, la nuova
generazione... oh, niente da dire: congegni di puntamento perfetti, massimo
rendimento... ma giù il cappello davanti a un Oliver Kap!... un'arma
ineguagliabile, un gioiello di meccanica. Ne ho venduti in tutti i paesi, a est
e a ovest, a nord e a sud... ho persino un attestato d
benemerenza
della fabbrica e, per due anni di seguito, ho vinto il premio del miglior
venditore.
Guardatelo bene... che ne dite?
IL GENERALE
– Mai
adoperato, ma l'ho avuto di fronte parecchie volte.
COBBY – Si
capisce: non c'è mai stata un'operazione militare di qualche rilievo, senza che
i Kap abbiano
fatto udire la loro voce...
(ridacchiando)...
eh, eh, vecchio Oliver Kap, quante teste hai sulla
coscienza!...sì, lo so, dite pure che sono un sentimentale, un romantico... ma
non mi vergogno di confessare che, davanti a un Oliver Kap, mi sento commosso.
(Il generale osserva la fotografia).
MAXÌ – Io
credo, generale, che...
COBBY
(alza prontamente il bastone per chiedere
silenzio) –
Zitto,
Maxì!
MAXÌ
(offeso) – Poiché la mia presenza mi sembra
superflua,
io... vado a fare quattro passi.
LEO
(alzandosi)
– Maxì ha ragione, anch'io vado con lui.
FLOR – Non
penserai che ti lasci andar da sola con Maxì: siete soltanto fidanzati.
(Si alza e ripone il lavoro nella borsa)
Torniamo presto,
Cobby.
(Cobby
agita il bastone in segno di saluto. Escono tutti e tre. Il generale guarda le
foto).
IL
GENERALE – E, a bombe di mortaio, come stiamo?
COBBY –
Dotazione completa: dirompenti, fumogene, alto esplosivo, detonazione
maggiorata.
IL
GENERALE
(stupito) –
Detonazione maggiorata?
COBBY –
Certo. Bisogna pensare anche al lato morale della cosa.
IL
GENERALE
– Quale lato morale?
COBBY – Voi,
forse, non ci fate
caso, ma per me il lato morale è importantissimo.
Se una bomba, scoppiando, oltre a sbrigare il suo lavoro, fa anche un rumore più
forte, me lo sapete dire dove va a finire il morale del nemico?
IL
GENERALE – Osservazione giusta. Ne terremo conto.
(Restituisce a Cobby le carte) L'assortimento è completo: c'è quello
che serve. Ora non resta che
trovare l'acquirente. In
fondo, i nostri problemi sono identici, Cobby, perché chi comprerà le vostre
armi,
avrà bisogno anche delle mie truppe, e viceversa. Che ne direste di una
combinazione d'affari?... di qualcosa, insomma, che ci permetta di portare
direttamente la merce dalla... per così dire, produzione, al consumo?
(Sottolinea le parole con un gesto della
mano).
COBBY – Se
devo parlar chiaro, io in affari preferisco aver sempre le mani libere.
IL
GENERALE
– E credete che io non ce l'abbia? Se mi trovo a
"La Zattera", anziché su una delle due sponde del fiume, è proprio perché voglio
averle libere anche se qualche trattativa è già iniziata.
COBBY
(allegro) – Ah, ma questo cambia tutto! Non mi avevate detto che c'era in
serbo una simile carta.
IL
GENERALE – Per la verità,
i fatti hanno una loro
dinamica: non si tratta che di apportare qualche piccola correzione...
COBBY – ...
nel tempo.
IL
GENERALE – ... in modo di poter stabilire con precisione la
data.
COBBY – E, se
posso permettermi, esiste già un piano?
IL
GENERALE – Non ancora. Aspetto proprio stamani un mio
collaboratore per trattare con lui la questione.
COBBY –
Perché, se fosse necessario un consiglio... assolutamente disinteressato,
s'intende...
IL
GENERALE – Grazie, Cobby, ma la cosa non mi preoccupa
eccessivamente. Vi dirò che in proposito, poi, ho le mie idee: sono un
sostenitore dell'aggressione pura. A che serve, dico io, perdere tempo per
organizzare una provocazione ai confini, quando anche i bambini dell'asilo sanno
distinguere una provocazione vera da una falsa.
COBBY – E'
sempre possibile simulare una falsa provocazione per scatenare una reazione vera
che apparirebbe chiaramente provocatoria.
IL
GENERALE – Ma c'è il pericolo che il nemico non abbocchi e alla
nostra falsa provocazione risponda con una simulata reazione, in modo di
smascherare la nostra successiva azione come un'autentica provocazione.
COBBY –
Finora, però, abbiamo esaminato solo possibili incidenti di frontiera.
IL
GENERALE – Sono gli unici da prendere in considerazione. Un
attentato contro il governatore o il presidente o qualcuno dei loro ministri, ad
esempio, trasformerebbe l'attentatore in una specie di eroe popolare.
COBBY – Voi
allora consigliereste...
IL
GENERALE – ... l'aggressione
pura: è la via migliore,
credetemi. Eventualmente, volendo proprio essere scrupolosi, prima di puntare le
batterie verso la riva opposta, potremmo puntarle su qualche villaggio di questa
sponda: così avremmo una provocazione autentica, inequivocabile. Ma in questo
modo mi sembrerebbe di eccedere in pignoleria.
COBBY – La
coscienziosità, non è mai troppa.
IL
GENERALE – Che ne dite, allora, Cobby, per la nostra società?
COBBY –
Perché no. Potremmo riparlarne.
IL
GENERALE
– Vi ho detto tutto molto chiaramente: ora si
tratta di decidere.
COBBY –
Certo... vedremo... esamineremo...
IL
GENERALE – Vuol dire: sì o no?
COBBY
(cominciando a balbettare e a tremare) – Pe... per... perché volete che...
che... Oh... oh!
IL
GENERALE
(molto
freddo) –
State
male, Cobby?
COBBY – Oh..
oh... il cuore!... oh...
IL
GENERALE – Peccato: proprio ora che dovevate rispondermi.
COBBY – Oh... oh...
(Entra Klutzer che si avvicina al generale e lo saluta militarmente).
KLUTZER –
Generale!
IL
GENERALE – Buongiorno, Klutzer...
(A Cobby)
Questo è il mio collaboratore, il capitano
Klutzer.
COBBY
(prontamente ristabilito) – Benvenuto, Klutzer.
KLUTZER –
Salve, borghese.
IL
GENERALE – Cobby commercia in armi e vorrebbe trattarne con noi
una partita piuttosto interessante.
KLUTZER
(a Cobby) – Eravate tutti sottovento per sentire da lontano il tanfo
della carogna?
COBBY – Che
cosa?
KLUTZER – Dico:
sullo sterco, le mosche ci sono
piovute per caso, o c'è stato
qualcuno che ha soffiato in una tromba per suonare una fottutissima adunata?
IL
GENERALE
– Spiegati, Klutzer.
KLUTZER
– Sembra
che, in questa stagione, fucili e cannoni piovano giù dal cielo come grandine.
Poco fa, là fuori, ho domandato a un borghese che ore erano, e quello mi ha
proposto una partita di sessanta e centodieci con deflettori di culatta.
IL
GENERALE
– Un altro mercante di armi?
KLUTZER – Più
che armi, mi ha fatto l'impressione che vendesse ventriere elastiche.
COBBY – Maxì!
KLUTZER – E' un
vostro concorrente?
COBBY –
Peggio: lavora per me.
KLUTZER
–
Guardate a come spende i vostri soldi, allora: se ne stava appiccicato a una
sgualdrina che aveva tutta l'aria di volergli succhiare il portafogli.
COBBY – Non
c'è pericolo: era mia figlia Leo.
KLUTZER
(un po' interdetto)
... è il mio sporco viziaccio maledetto di
sputare sempre troppe parole fuori da questa boccaccia. Per dire la verità, a
farmi pensare queste cose di vostra figlia, non è stata la sua faccia, ma una
vecchia strega che s'era fermata a una certa distanza, come una ruffiana che
sorveglia il cliente.
COBBY – Ho
capito: era mia moglie Flor. (Un breve
silenzio imbarazzato).
IL
GENERALE – E
così hai conosciuto tutta la famiglia.
KLUTZER
(si asciuga il sudore con il braccio) – Fa un caldo maledetto quest'oggi!
(Batte le mani) Cameriere!... ehi, cameriere!
(Compare il cameriere)
Una
birra! (Il cameriere esce. A Cobby) Allora, ce le date o non ce le date
queste armi, borghese?
COBBY –
Vedremo, Klutzer, vedremo.
KLUTZER – Cosa
c'è da vedere?
IL
GENERALE – Cobby ha bisogno di saperne di più di tutta la
faccenda, prima di impegnarsi. Diglielo tu, Klutzer, come stanno le cose.
KLUTZER – Il
reclutamento è finito. La gente che ho radunato è decisa e disposta a tutto.
Basta che ci diano il via, siamo pronti per il governatore o per il presidente
Baden.
COBBY – Sono
tanti anni che faccio questo mestiere,
Klutzer, eppure un'attività come la vostra per me è ancora un po'
miracolosa, avvolta nel mistero.
KLUTZER – Come
sarebbe a dire?
COBBY – Per
esempio, mi sono domandato tante volte come fa un capo di stato a rivolgersi a
dei... professionisti come voi che non offrite certo la fiducia di un esercito
regolare.
KLUTZER –
Vogliamo scherzare, borghese? volete mettere i vantaggi di un esercito come il
nostro nei confronti di un esercito regolare?
COBBY –
Addirittura!
KLUTZER – I
soldati regolari combattono per questioni politiche, noi soltanto per i denari.
COBBY – E'
proprio qui la differenza.
KLUTZER – Ma è
proprio qui che il nostro esercito si rivela come una valvola di sicurezza per
la democrazia.
COBBY –
Questo non mi è ben chiaro.
KLUTZER – E'
semplice. Il capo di stato è ben visto dal popolo? Il popolo paga le tasse
perché i nostri salari siano alti e noi difendiamo il governo. Il capo di stato
è odiato dal popolo? basta con le tasse, basta con le paghe, e noi ce ne
andiamo. Ecco il vantaggio per i cittadini: per fare una rivoluzione, non c'è
bisogno di farsi scannare, basta chiudere la porta in faccia all'esattore delle
imposte.
COBBY – E se
il capo di stato è odiato dal popolo, e ciò nonostante continua a pagarvi?
KLUTZER – Vuol
dire che spende del suo o che riesce e trovare quattrini da qualche altra parte.
E in tutti e due i casi è segno che è stato mal giudicato.
COBBY – Il
ragionamento fila come l'olio, non c'è che dire.
(Arriva il cameriere con la birra. La valigia a soffietto gli ostacola
il passo ed egli si china per rimuoverla, ma Cobby è pronto a sbarrargli la
strada col bastone, quindi egli stesso provvede a spostarla. Klutzer beve e si
pulisce la bocca con il braccio).
KLUTZER
–Il problema ora è uno solo: far presto. Fra due o tre giorni dobbiamo pagare il
premio di ingaggio, o tutto il mio lavoro va a farsi fottere.
IL
GENERALE – Il ministro della guerra del governatore mi ha
fissato un colloquio per stasera.
KLUTZER – Se
fossi in voi non mi fiderei tanto di quello sporco borghese.
IL
GENERALE – Sai bene che il ministro è un amico e che è già
esposto in questo affare.
KLUTZER – Per
quei quattro miserabili, pidocchiosi soldi che ha tirato fuori? Ma se non sono
bastati nemmeno per pagare uno schifoso bicchiere di birra a tutti quelli che
sono andato a reclutare!
COBBY – Il
costo della vita aumenta paurosamente, generale. Mi ricordo che, solo qualche
anno fa, con un Fournier e un pacco di caricatori, potevo pagare l'albergo per
una settimana a tutta la famiglia. Oggi di Fournier ce ne vogliono quattro,
baionette comprese.
KLUTZER – Avete
detto "Fournier"?
COBBY – Un
fucile magnifico. Lo conoscete?
KLUTZER – Se lo
conosco! Il pezzo di ferro che mi ha bucato la spalla dieci anni fa, l'aveva
sputato fuori proprio un Fournier.
COBBY – E
allora?
KLUTZER – Mi fa
ancora male ogni
volta che cambia il tempo.
COBBY
(allegro) – Che vi dicevo! vedete come lavorano... a dieci anni di
distanza!... ma li ho visti fare cose ancora più belle. I Fournier sono
insuperabili, armi che oggi non si fanno più... oggi, con l'automazione, come la
chiamano... volete metterla a confronto con la lavorazione artigiana di una
volta? quella bella lavorazione a mano, scrupolosa, coscienziosa... sissignori,
una rigatura che era una rigatura, uno spessore che era uno spessore...
(Maxì entra in fretta seguito dalle due donne).
MAXÌ –
Fermo, Cobby, non vendete le armi! ho trovato un altro cliente e forse possiamo
strappare un prezzo migliore.
COBBY – E'
per caso lui il nuovo cliente? (Indica
Klutzer con il bastone. Maxì si accorge della presenza di Klutzer e fa un gesto
di dispetto)... fuori tempo
anche questa volta.
LEO– Che
cosa poteva saperne lui che il cliente era già arrivato qui?
MAXÌ– Io non
faccio l'indovino, faccio il commerciante.
COBBY
(violento) – Sentitelo questo sciagurato che vuole parlare di commercio!
chi vende deve prevedere la pioggia o il solleone, deve saper fiutare nel vento
quando arriva il poliziotto, sentire in quali tasche ballano i quattrini. Questo
è il commercio!
(Maxì alza le spalle e si allontana seguito da
Leo.
Flor siede in poltrona e tira fuori il lavoro a maglia).
KLUTZER
(batte le mani) –
Cameriere!...
(Al cameriere che appare)...
un'altra birra...
(A Cobby)
Insomma, qui si continua a ronzare come tanti
moscerini intorno a un puzzolente
lume a petrolio: queste armi,
ci saranno o no?
COBBY –
Perché non dovrebbero esserci... se quello che mi avete detto è la verità... se
tutto andrà come avete previsto... e se nel frattempo non arriverà un'altra
richiesta più vantaggiosa?
IL
GENERALE – Se ho ben capito, Cobby, voi vorreste rimandare ogni
accordo fra noi ad operazioni iniziate.
COBBY –
Operazioni finanziarie iniziate, per essere esatti.
KLUTZER – E la
merce quando la consegnereste?
COBBY – La
merce è in città, pronta per la consegna. Dovreste vederla nei magazzini, sulle
banchine di carico: file perfette di colli allineati, miracolose piramidi di
casse. Un colpo d'occhio che vale la
pena! Non manca nulla: la c'è
il reparto frutta... confezioni speciali da ottanta libbre ciascuna... una
qualità
di mele un po' strana: se le mordi ti salta la
dentiera
con la testa attaccata. E per chi ama il giardinaggio, c'è tutto l'occorrente...
arnesi un po' ingombranti, è vero, e maledettamente pesanti... ma un sacrificio
lo può fare chi ha veramente a cuore il proprio giardino, e vuole vederlo
fiorito, tappezzato di verde... mimetico... e poi, barattoli di marmellata in
quantità... via quella sigaretta! non sai che qui è rigorosamente vietato
fumare? Avanti, caricate i camion per la distribuzione: è arrivato Cobby con la
borsa dell'abbondanza... ce n'è per tutti, prendete... nascondetela bene sotto
la giacca: è merce delicata e sta per piovere... sentite questi scoppi lontani?
è il temporale che si avvicina... e questi spari? sono razzi antigrandine...
presto; nelle
strade non c'è più nessuno:
sono tutti dietro le
finestre a guardare la pioggia... da una scuola
lontana si sente cantare... ma le voci sono rauche, e la canzone è di guerra.
Ora, l'impiegato postale davanti allo sportello dà un colpo di timbro, e
inchioda il pugnale sul tavolo... gli spazzini che iniziano il turno di lavoro
aprono gli armadi delle ramazze, e le
trovano lucide di grasso,
tutte in fila, con le baionette già inastate...!
KLUTZER
(ride a lungo) – Avete un modo di raccontare, borghese, che è un piacere starvi
a sentire!
COBBY
(a Flor) – Hai dato un'occhiata in città, stamani?
FLOR –
Certo, Cobby, come al solito.
COBBY –
Avanti, allora: piano e con ordine.
FLOR – Prima
di tutto, le donne: ce ne sono molte per la strada, troppe direi, e quasi tutte
giovani... (arriva il cameriere con
la birra per Klutzer)... vestono abiti attillati a colori violenti, il
trucco è sfacciatamente accentuato... camminano muovendo le anche e guardano gli
uomini a lungo negli occhi...
IL
CAMERIERE – Forse vi interesserà sapere che in città hanno
aperto due nuove case: sono arrivate
le donne in questi giorni.
COBBY –
Bravo. Questa sì che è una notizia!
(Ad
alta voce)
Maxì!
dagli un colpo di mancia.
(Maxì
mette una mano in tasca e getta sul piattino del cameriere qualcosa che suona).
IL
CAMERIERE – Grazie, signore.
(Guarda nel piattino stupito)...
e questo che cos'è?
COBBY
(prende dal piattino un proiettile e l'esamina) E'
un Keronen, un proiettile Keronen calibro nove.
IL
CAMERIERE
(ancor
più stupito)
– E io
che me ne
faccio, scusate?
COBBY
(indignato)
– Sentitelo questo disgraziato!
non
sa cosa farsene di un proiettile perfetto come un Keronen. Tutto puoi farci,
animale; da una rapina a una rivoluzione, tutto!... e puoi anche ficcartelo
nel cervello, se ci tieni, razza di animalaccio
ignorante!
(Il cameriere indietreggia impaurito ed
esce.)
COBBY
(a
Flor)
–
Bambini?
FLOR – Pochi
in giro, e quasi tutti tenuti per mano. Quando giocano badano a non fare rumore.
COBBY –
Questo è molto importante. E operai?
FLOR – Ne ho
visto un gruppo che tornavano dal lavoro: camminavano silenziosi accanto ai
muri.
Ogni tanto qualcuno si fermava per guardarsi alle spalle... bastava un
rumore improvviso per farlo trasalire...
COBBY
(emozionato) – E qualcuno che ride, l'hai
sentito? l'hai vista
la gioia in qualche occhio, l'hai riconosciuta in un gesto?
FLOR – Ho
visto solo rassegnazione e paura.
COBBY
(esaltandosi) –
Non esiste più la speranza, vero?
FLOR – No,
Cobby: non c'è più speranza, in nessuno.
COBBY
(ad alta voce)
– Ci siamo! i "segni", generale, i "segni"!
IL
GENERALE – Sì, effettivamente... sembra che non
ci
sia nessun dubbio.
COBBY – Si
respira già fumo di polvere da sparo, là fuori... e noi siamo qui, seduti!
KLUTZER – E
muoviamole, finalmente, queste rachitiche gambe!... ci lasciamo
far fessi da quattro borghesi pidocchiosi.
IL
GENERALE
(risoluto) –
Bene, Klutzer: è il momento di agire...
(Si alza)...
telefono al ministro
della
guerra.
KLUTZER –
Cantate
chiaro con quel bastardo!
(Il
generale si avvicina al telefono e forma il numero).
IL
GENERALE
(secco) – ...
datemi il ministero della
guerra... generale Deccan, voglio parlare col ministro...
(mellifluo) ... caro
amico, come state?... grazie, siete molto gentile... perché vi ho telefonato?
via, cercate di indovinarlo... non avete dato in questi giorni un'occhiata in
città?... che ne dite dell'umore della popolazione?... cambierà?... certo, ma
non in meglio... bene, caro amico non è più il caso di perdere tempo... adesso
abbiamo anche la merce che aspettavamo, bisogna subito provvedere all'ordinazione... che cosa?... vi occorrono confetti?...
(ridendo)
sì, sì,
qui ci sono molti confetti... ed anche delle
graziosissime
confettiere a canna rigata di tutti i calibri...
(rabbuiandosi)... che cosa?!... confetti, confetti?... ma per
chi?... eh?!... il figlio del governatore si sposa con la figlia del
presidente?!... e quando è stato deciso?... stamani?... il governatore è già
partito
per la firma del contratto di nozze... ma è inaudito!... incredibile!... sono
veramente sconvolto...
anche voi?... immagino...
(ripensandoci) ... ma,
caro amico, scusate, pensandoci bene, questo, cosa cambia?... non mi direte che
un matrimonio possa mandare a monte ogni piano... sono forse il governatore o
il presidente a decidere la pace o la guerra?...
bisogna subito prender
contatto con gli ambienti interessati, con i gruppi responsabili... come?... c'è
di peggio?... che cosa è accaduto, parlate!... eh?!... un cartello
internazionale del ferro e del legname
firmato stamani!... soltanto
per cinque anni... (gridando)... e
dove saremo noi, fra cinque anni?!... per voi che fate il ministro, non è un
problema... ma per noi... per noi!... (con
il cuore lacerato)... questa sì che è una sciagura!... questa è veramente la
rovina!... (La mano che impugna il
ricevitore gli cade lungo il corpo; agli altri, affranto)... la pace!
La stessa scena del
primo tempo. Entra Vikin, il figlio del governatore, in una fiammante divisa di
allievo dell'accademia militare. Sono le tre del pomeriggio dello stesso
giorno.
VIKIN
(si guarda intorno come per cercare
qualcuno) – Gossel!... dove
ti sei cacciato, Gossel? sento il tuo odore qui intorno... Gossel!
GOSSEL
(esce dal vano della scala) – Sono qui, eccellenza.
VIKIN – Puoi
fare a meno di nasconderti finché adoperi questa roba...
(Gli mette una mano fra i capelli, poi, con
un gesto di schifo, si pulisce le dita sulla giacca di Gossel)... ancora alle mie calcagna, eh?
GOSSEL – Così
proprio non è, eccellenza.
VIKIN
– Vuoi
dire che sono io a seguire te?
GOSSEL – A voi
viene l'idea di andare in un posto,
e io che lo capisco, in quel
posto ci arrivo prima
di voi.
VIKIN –
Io
sono stufo, lo capisci questo?
GOSSEL – E'
per via dell'ordine di vostro padre che, purtroppo, è il governatore.
VIKIN – Come,
purtroppo?
GOSSEL –
Sicuro: se non fosse governatore, ce ne potremmo anche infischiare di
quell'ordine.
VIKIN – Mio
padre, forse, esagera un po'. Non credo che qualcuno pensi a farmi del
male.
GOSSEL – Lo
dite voi, lo dite. Sapeste che festa farebbero in città se vi accadesse
qualcosa.
VIKIN – Come,
come?
GOSSEL –
Quelli che vi vogliono male, si capisce.
VIKIN – Ma,
per fortuna, non tutti mi vogliono
male.
GOSSEL –
Tutti, tutti, no. Io, per esempio, non ho nulla contro di voi.
VIKIN – Ah, tu
solo!
GOSSEL – No,
anche alla polizia ce ne sono altri che la pensano come me: "in fin dei conti,
dicono, cosa c'entra il figlio del governatore che è un irresponsabile..."
VIKIN
(offeso)
– Come
sarebbe a dire?
GOSSEL –
Voglio dire che voi non ne avete colpa... insomma, Voi non ne fate del male:
siete un incapace. (Vikin sta per andare in collera, ma si
ode in quel momento il gorgheggio di una cantante. Vikin guarda verso la scala
e con la mano fa cenno a Gossel di tacere).
VIKIN
– Zitto!...
è lei... la senti?... presto,
mandale a dire che sono qui ad aspettarla...
(Gossel sta andando via)...
fammi anche portare una limonata. (Gossel
esce. Vikin ascolta estasiato i gorgheggi. Gossel ritorna. I gorgheggi cessano).
GOSSEL – La
signorina è stata avvertita.
VIKIN
– In
fondo sei un buon diavolaccio, Gossel, un po' ingombrante e impomatato... però,
quando mi vieni dietro, potresti anche evitare di far vedere
a
tutti che sei della polizia.
GOSSEL – Cosa
devo fare, eccellenza?
più che mettermi la divisa borghese!
VIKIN –
Voialtri
poliziotti siete come le comparse
nel secondo atto del "Barbaro
sconfitto". Andate
in processione vestiti da frate, ma sotto le
tonache si vedono gli stivali che calzavate nel quadro precedente, quando
eravate cavalieri di Attila.
GOSSEL – Mai
stato in processione e mai conosciuto quest'Attila.
VIKIN
(ironico)
– Altra
caratteristica che vi distingue è la prontezza di cervello.
GOSSEL
(prendendolo per un complimento) – Troppo buono, eccellenza.
(Arriva il cameriere con la limonata. Vikin
fa per prenderla, ma Gossel allunga la mano prima di lui e afferra il
bicchiere).
VIKIN –
Beh!... che succede?
GOSSEL –
Eseguo gli ordini, eccellenza. (Beve un
sorso di limonata, la assapora, ne beve un altro sorso abbondante, quindi porge
quello che e rimasto a Vikin).
VIKIN
(seccato) –
Io non ho bisogno di
assaggiatori.
GOSSEL –
Perché rischiare di essere avvelenato? proprio ora che dovete servire per
il
matrimonio.
(Vikin sta per andare in
collera, ma in quel momento scende la scala Annalisa, la cantante; Vikin le va
incontro. Dietro Annalisa, a rispettosa distanza, viene Pierre, il segretario).
ANNALISA
–
Perché, caro amico, avete voluto inasprire la mia ferita con questo incontro?
VIKIN – Vi
risponderò come Zagar nel "Guerriero normanno": "Conservate ognor la speme
in un puro, eterno amor:
morto ancor non è quel seme che gettaste nel mio
cuor"
ANNALISA
(canterellando)
– "Che dolcissima favella..."
(Accenna un gorgheggio, ma porta subito una
mano alla gola)... la mia povera voce!... e voi
ne
siete la causa.
VIKIN – Io?!
(Annalisa chiama con un gesto
il segretario che si avvicina per porgerle uno spruzzatore per la gola. Gossel
taglia prontamente la strada del segretario, gli strappa di mano lo
spruzzatore, lo scuote, l'ascolta, l'annusa, poi, parzialmente rassicurato, lo
porge ad Annalisa. Il segretario esce)
Perché
sarei io la causa del vostro abbassamento di voce?
ANNALISA
(dopo essersi spruzzata la gola)
– E me
lo domandate? la notizia...
crudele, tremenda, scellerata, mi ha colto tre ore fa... con la cioccolata
del
mattino.
VIKIN – Ha
colto
di sorpresa anche me, ve lo giuro: è stato mio padre a decidere tutto.
ANNALISA –
Dovevo immaginarlo. Ricordate il primo atto della "Duchessina di Clermont"?
(Canterellando) "Al severo genitore / ci convien chinare il capo"...
VIKIN – Ah,
no: io ricordo bene il secondo atto, quando Vilfredo, in ginocchio davanti al
padre, grida: "Con la spada che vi offro /
il mio
petto trapassate / ma d'amore il sacro fuoco / padre mio non soffocate!"
ANNALISA
(andando verso la tenda canterellando) – "Chi la vita ti ha donato /
ha
deciso la tua sorte; /
le parole che m'hai dato / or convien che siano
morte".
VIKIN
–
"Impegnato fu il mio onore / e difenderlo saprò: / pugnerò per il mio amore, /
pugnerò, sì: pugnerò!"
(Si
avvicina alla tenda, prende la mano che sbuca e tira a sé la donna, ma si trova
Gossel fra le braccia).
VIKIN
(respingendolo infuriato) –
Ma cosa fai qui?!
ANNALISA
(uscendo dalla tenda) –
La
stagione è terminata ieri
sera, amico mio: devo sapermi rassegnare.
VIKIN
–
Incomincerà subito un'altra stagione basterà che voi apriate bocca.
ANNALISA – Non
parlavo di quella del teatro dell'opera, ma della nostra.
VIKIN – E io
alludevo proprio a quella.
(Con
tono più basso)
Voi
non sapete quello che si sta preparando.
ANNALISA
(canterellando)
–
«Orsù datemi novelle...».
(Accenna a un gorgheggio ma la voce le manca; si precipita al tavolo e
afferra lo spruzzatore).
VIKIN – Pensavate che io, venuto a
conoscenza della decisione di mio padre, mi sarei rassegnato?
ANNALISA – Le
mie povere corde vocali!
VIKIN –
Nossignora.
ANNALISA
(canterellando) – "No, non mi rassegnerò... no, non mi rassegnerò"...
VIKIN – Ecco,
così voglio sentirvi sempre.
ANNALISA – In
questo stato?! siete dunque senza
cuore!
VIKIN – No,
non questo.
ANNALISA –
A
ridurmi così è stato l'
«Ercole innamorato»
VIKIN
(sospettoso) –
Chi?!... (Ripensandoci)... ah,
già!...
ANNALISA –
Il
direttore d'orchestra era un bruto,
un sadico: non dovrà mai più
rimettere piede nel vostro teatro. Me lo promettete, amico mio?
VIKIN – Sarà
fatto. Ma io vi stavo parlando del
mio progettato matrimonio.
ANNALISA
– Non è
niente male la figlia del presidente: ama la poesia ermetica, la pittura
bizantina e la pollicoltura.
VIKIN – Ma a
me non importa nulla della figlia del presidente: io amo voi!
ANNALISA
(canterellando)
– "Il tuo amor si rinnovella..."
(Tenta inutilmente un gorgheggio)
Sentite?... oh, la mia povera
voce!
(Si spruzza la gola)
VIKIN
(con tono basso e deciso) – Ostacolerò i progetti di
mio padre. Non sposerò una donna che non amo.
ANNALISA
– Anche
nella "Schiava di Babilonia"...
VIKIN
(interrompendola dolcemente) – Vi prego, Annalisa: è necessario
che voi siate a conoscenza
del piano.
ANNALISA –
Piano?
VIKIN
– Piano.
Non siamo soli, abbiamo molti amici. All'Accademia militare si vivono ore
drammatiche; tutti gli ambienti culturali della città sono in tumulto;
l'agitazione si stende dai circoli musicali a quelli letterari, nei caffè
d'avanguardia serpeggia una parola d'ordine: "Abbasso il progettato matrimonio"
ANNALISA
– Mi
spaventate, amico mio.
VIKIN
–
Stamani, appena si è sparsa la notizia, c'è stata una riunione all'Hotel
Excelsior: duemila partecipanti, e forse anche tremila.
ANNALISA – Non
sapete
il numero esatto?
VIKIN – No,
lo saprò domani quando pagherò il conto delle consumazioni che ho dovuto
offrire.
ANNALISA – E lo
scopo di questa riunione?
VIKIN –
Stabilire i particolari dell'azione. Ascoltate,
dunque: tra un'ora e
mezzo, alle diciassette in punto, i miei colleghi dell'Accademia militare
indosseranno la divisa da operazione e scenderanno in campo impadronendosi
dell'armeria. Quindi, si divideranno in due squadre: la prima, dirigendosi
verso il Corso della Vittoria – onde evitare la caserma della polizia urbana –
si recherà a prendere sotto controllo il salone da ballo del giardino d'inverno,
mentre la seconda scenderà verso il centro per sostenere l'occupazione
delle gallerie d'arte e dei caffè d'avanguardia.
ANNALISA – E
tutto questo... per me?
VIKIN –
Sì,
Annalisa: è la mia prova d'amore.
ANNALISA – Oh,
amico mio, è tutto come nelle "Astuzie d'Ulisse"!
(Canterellando) "Sol per Elena
la bella..."
VIKIN
(interrompendola dolcemente)
– Vi prego,
Annalisa, fatemi terminare.
ANNALISA
– Vi
ascolto.
VIKIN – Gli
"Amici del melodramma" agiranno
per conto loro e, dopo
essersi impadroniti del teatro
dell'opera, requisiranno le armi di scena del
"Bandito gentiluomo"...
ANNALISA – Ma
sono vecchi ferri arrugginiti.
VIKIN – Hanno
pur sempre un loro effetto coreografico.
ANNALISA – E
dopo la presa del teatro, che cosa
faranno gli "Amici del
melodramma"?
VIKIN –
Raggiungeranno la sede della "Gazzetta Artistica" dove chiederanno la consegna
del critico
musicale – quello che osò scrivere tante infamie
sulla
vostra ultima interpretazione – e l'impiccheranno sulla piazza.
ANNALISA –
Davvero commovente quest'attenzione nei miei riguardi.
VIKIN – E' il
meno che si possa fare.
ANNALISA – E
pensate che questi tumulti distoglieranno il governatore dalle trattative col
presidente?
VIKIN – Al
primo colpo di fucile mio padre tornerà
immediatamente qui. E così il
matrimonio andrà in fumo.
ANNALISA
– E voi
dove sarete, amico mio, mentre
accadrà tutto questo?
VIKIN – Qui
accanto a voi, naturalmente.
ANNALISA –
Oh,
ne ero certa.
VIKIN – Vi
potrei lasciare sola in queste circostanze? So bene dov'è il mio
posto.
ANNALISA
– Mi
sarete di grande conforto.
VIKIN – Sarò
vicino a voi come l'albero alle sue radici, come Prometeo alla sua roccia...
già, "Prometeo e la montagna", fu un vostro grande
successo, ve lo ricordate?
ANNALISA – E
potrei dimenticarlo? (Canterella, prima
da sola, poi in coro con Vikin)..."poiché
un giorno m'hai donato / una piccioletta face, / su te ora incatenato / cala
l'aquila rapace..."
VIKIN – Vi
lascio per breve tempo, Annalisa; devo recarmi a dare le ultime disposizioni.
ANNALISA – Vi
prego
di non esporvi troppo.
VIKIN – Non
dubitate, sarò prudentissimo.
(Vikin
bacia la mano di Annalisa ed esce preceduto da Gossel. La donna incomincia a
lucidarsi le unghie. Entra Pierre molto agitato).
PIERRE – Sei
già al corrente di quello che sta per
accadere in città?
ANNALISA
(con indifferenza)
– Sì, quel ragazzo m'ha raccontato tutto. Anche
tu sei informato?
PIERRE
– Mi
sono trattenuto un momento al bar con
un agente della polizia
segreta.
ANNALISA – Hai
prenotato i posti sull'aereo?
PIERRE – Ma
che domande mi fai, con il baccano che sta per scoppiare in città!
ANNALISA – Ma
noi non lo sentiremo perché saremo
già partiti.
PIERRE – Dico:
sei impazzita? proprio adesso vorresti andartene?
ANNALISA – Mi
hai promesso un viaggio in Occidente. Vorresti rimangiarti la parola?
PIERRE –
Macché viaggio in Occidente!
ANNALISA
(risentita) –
E non essere volgare.
PIERRE –
"Occidente" ho detto. Ma non sai che quello che deve accadere, accade per causa
tua?
ANNALISA –
E
allora?
PIERRE – Ai
giornali di tutto il mondo non ci pensi? ai giornali che aspettano fotografie e
notizie come un assetato aspetta l'acqua?
ANNALISA – Per i
giornali abbiamo materiale a sufficienza in valigia: abbiamo le lettere di quel
bamboccio, un diario e un memoriale, senza contare gli articoli che tu hai
preparato per la catena dei giornali femminili.
PIERRE – Ma
questa è un'altra cosa, lo vuoi capire: questa è roba che vale a peso d'oro per
la tua carriera.
ANNALISA –
Adesso la mia carriera: hai sempre una scusa pronta tu.
PIERRE –
Naturale, perché finora alla tua carriera non ci ho pensato io? Chi ti ha
appiccicato all'impresario che ti ha dato la prima particina? Chi ha organizzato
il fidanzamento con il petroliere? Chi ti ha messo sotto il naso il figlio del
governatore, eh?
ANNALISA
(scoppiando in lacrime)
– Sì, sarà tutto
vero... ma ora non mi ami
più!
PIERRE – Ma
certo che ti amo, sciocchina.
ANNALISA – E
allora potresti lasciarmi andare avanti con la mia arte.
PIERRE – ...
"La mia arte"... come se fosse possibile.
Hai letto che cosa ha
scritto di te il critico musicale della "Gazzetta Artistica"?
ANNALISA – Gli
costerà caro: Vikin ha deciso di
farlo impiccare.
PIERRE –
E non
vuoi essere presente? ma una soddisfazione simile non l'ha
mai avuta nessuna cantante, nessuna attrice... Adelina Patti, Sarah Bernardt,
Greta Garbo... nessuna!
ANNALISA – Se
pensi che io voglia rinunciare al viaggio in Occidente per vedere un impiccato,
ti sbagli.
PIERRE –
Eccola la riconoscenza
per chi le ha dato
un
nome!
Sentitela questa sciagurata che meriterebbe
di
tornare
a cantare stendendo i panni, come faceva prima che io l'incontrassi e la
mettessi su
un palcoscenico!
ANNALISA
(ha uno scoppio di collera; battendo il piede
per terra) –
Villano...
villano... villano! (Scappa in
singhiozzi verso la scala).
PIERRE
(andandole dietro) –
Annalisa... Annalisa,
ascolta.
(Scompare dietro di lei. Entrano Cobby,
Flor, Leo e Maxì. Cobby, che ha sempre la sua valigia a soffietto, si avvicina
al tavolo dov'è rimasto lo spruzzatore; esamina l'oggetto da tutti i lati, lo
scuote, quindi lo porge a Flor che lo ripone nella sua borsetta. Siedono tutti e
quattro nelle poltrone).
COBBY
(irritato) –
Venti pezzi a testa per attraversare un fiume... è un
furto! (Batte con il bastone sul tavolo).
IL
CAMERIERE
(accorrendo) –
Il signore ha chiamato?
COBBY
(brusco) – No. (Il cameriere si
ritira).
FLOR
(tranquillamente) –
Venti pezzi a testa buttati
via:
un viaggio assolutamente inutile.
MAXÌ –
Dovevamo pur renderci conto se dall'altra parte c'era la possibilità di vendere
la nostra
merce.
LEO – I
clienti non cadono dal cielo.
FLOR – Il
cugino Norman, che ha fatto buonissimi
affari, non si preoccupava se
la gente girava al
largo dal suo negozio, "tanto, diceva, un giorno
o l'altro entreranno lo stesso".
LEO – Sfido
io: vendeva arredamenti funebri! (Si
odono alcuni gorgheggi. I quattro guardano verso la scala).
COBBY
(cupo) –
Il commercio è diventato un mestiere buono solo per chi ha deciso di
morire di fame.
LEO – E' da
quando son nata che ti sento fare questi discorsi, pa'.
COBBY –
Perché è da quando sei nata che le cose
vanno in questo modo.
(Pierre entra dalla scala e si avvicina al
tavolo).
PIERRE –
Scusate, cercavo uno spruzzatore.
(Pierre
si guarda in giro, quindi ritorna verso la scala mentre gli altri tacciono).
LEO
(a Flor) – Non era uno spruzzatore quello che
poco
fa hai messo nella borsa?
COBBY – E con
questo?
(Solenne)
Io non restituisco
mai
quello che ho preso: è questione di principio!
FLOR
(a Leo) –
Dovresti saperlo che Cobby, su certe cose, non transige.
COBBY
(dopo una pausa)
– Il commercio è un mestiere finito, credete a
me.
FLOR – Forse
solo per qualche articolo. Il droghiere di Pennington, per esempio, mi diceva
che le vendite della marmellata sono crollate in modo pauroso, mentre il lucido
da scarpe si mantiene ancora a un livello soddisfacente.
COBBY – E'
finito veramente, io ve lo posso
dire, io che ho vissuto in
tempi felici, quando una cassetta di cartucce te la compravano all'asta, te la
strappavano
dalle mani come fosse una borraccia
d'acqua nel deserto. Che
tempi quelli! Congiure di
palazzo... generali ribelli... cortigiani
ambiziosi...
anarchici dinamitardi... Nel sud si lavorava con gli
schiavi
che si ribellavano ai padroni, nel nord con i
padroni che volevano
reclutare schiavi... a est c'era la caccia agli ebrei aperta tutto l'anno, a
ovest i
professionisti della rivoluzione... eh, quella sì che era vita!... concorrenza?
c'era anche allora, certo... ma chi se n'è mai veramente accorto? non esistevano
intoppi alla libera iniziativa. Poi è venuto
il
cataclisma... il 1914, la prima guerra mondiale...
l'anno
del monopolio, del primo colossale "trust"del commercio: accaparramento totale
dalle fonti di produzione e immediato trasferimento della merce al consumo...
decine e decine di divergenze locali
che avrebbero potuto darci da
vivere per almeno un secolo, bruciate in un'unica gigantesca operazione
controllata...
FLOR – Ti fa
male ricordare certe cose, Cobby, lo sai.
COBBY – ...
Noi fummo esclusi dal banchetto, e anche dalle briciole: non c'era rimasto
nemmeno il coltello per tagliare il pane... giravamo come mendicanti, a cercare
nei rifiuti qualche rottame di
metallo... E le abbiamo ricostruite, pezzo per
pezzo, vite su vite, le nostre armi... ma
il mondo di prima,
siamo
stati capaci di ricostruirlo?... eppure anche noi avevamo diritto a un po' di
sole... e, invece,
all'improvviso, quell'austriaco con i baffi...
come si chiamava, Flor?
FLOR –
Adolfo Hitler.
COBBY – Sì,
proprio lui!
MAXÌ – Io
credo, Cobby, che noi...
COBBY
(interrompendolo)
– Stai zitto, Maxì: questo
discorso
lo faccio per te: è per i giovani che parlo. Anch'io ero giovane nel '14 e
credevo che tutto si
sarebbe aggiustato: ero pieno di speranza, di
entusiasmo... proprio come mio nonno e mio padre che
per
tutta la vita si sono cullati nell'illusione che la Confederazione degli stati
del Nord America si sarebbe sfasciata... e invece ha retto benissimo, e la
guerra di secessione di un secolo fa, alla mia famiglia, non fruttò neanche un
soldo: il monopolio delle armi stava facendosi le ossa. Per un po' di
tempo
rimasero soltanto i pellirosse come clienti...
ma era un commercio che
doveva finire, e infatti è finito...
LEO – Ce
l'hai già raccontata un sacco di volte
questa storia, pa'.
COBBY –
Dobbiamo ricordarcela bene per non cadere nelle stesse illusioni,
ora che la storia si ripete. Che cosa credi che sia il cartello
internazionale del ferro e del legname, che hanno appena firmato, se non una
nuova manovra del monopolio per impedire una piccola operazioncella militare,
che era già quasi fatta, e preparare invece un'operazione di portata più vasta,
una guerra
in piena regola, dalla quale, come al solito, noi
resteremo esclusi?
FLOR –
Proprio come nel quartiere dove
abitavamo
a
Gorassen: hanno aperto un supermercato e i negozianti della zona sono falliti.
Dove arriveremo di questo passo? Oltretutto, poi, mi sembra una
manovra
piuttosto sciocca, buona solo per fare il
gioco dell'economia
socialista.
COBBY
(a Flor) –
A proposito di economia socialista: dove sono andate a finire le mie
calze rosse?
FLOR – Le ho
gettate via, Cobby.
COBBY – Senza
dirmi niente?!
FLOR – Ma
erano piene di buchi...
come se ci avessero sparato con un
Gordon Kassel quarantanove!
COBBY –
Dovevo essere informato lo stesso: bisogna evitare ogni spreco.
LEO
(a Maxì)
– Perché
non esponi la tua idea?
MAXÌ – Ho i
miei dubbi che Cobby voglia ascoltarmi.
COBBY –
E
ti
sbagli, Maxì: fra
noi deve esistere
la più ampia democrazia.
Ognuno ha il diritto di parlare, anche se poi si fa quello che voglio io.
MAXÌ – Se
proprio ci tenete...
COBBY
(ironico)
– Beh...
proprio tenerci... per essere sincero... non è che me l'abbia ordinato il
medico... per fortuna... ma giacché hai deciso di parlare...
LEO –
Insomma, lo vuoi ascoltare o no?
COBBY – Ma
certo. (Alla moglie che sta
lavorando a maglia) Fermati
anche tu, Flor: Maxì deve
esporre
il suo piano... ogni tanto uno svago ci vuole.
LEO
(offesa per Maxì) –
Come sarebbe a dire?
COBBY – Lo
dicevo per tua madre che non smette
mai di lavorare. Avanti, Maxì,
incomincia pure: mi raccomando la calma.
MAXÌ
(lentamente) – Dunque... se noi... ci proponiamo... di esaminare...
COBBY – Ho
detto calma, ma non esageriamo!
LEO
(irritata) –
Ma perché lo interrompi sempre, pa'?
COBBY – Era
solo un suggerimento. Avanti, Maxì,
raccontaci per bene la tua
storia.
MAXÌ–
Dunque... dicevo che se noi riandiamo con la mente ai vecchi tempi di cui voi ci
parlavate,
Cobby...
COBBY
(interrompendolo) – Ho detto "storia", Maxì, non preistoria!
LEO
(scattando) – E lascialo parlare!
COBBY – Una
semplice chiarificazione.
MAXÌ –
Insomma, Cobby, per farla breve, sono d'accordo con voi che la situazione dal
'14 in poi è cambiata, ma a una mutata condizione del "market"...
del
mercato, si risponde con nuove forme di "sales"... di vendita.
COBBY
(picchiando il bastone per terra) –
Bravo,
Maxì! Era l'ora che qualcuno
mi insegnasse come si fa a vendere.
MAXÌ
(un po' confuso) – Beh...
forse... non proprio questo...
LEO –
Avanti, Maxì, senza paura.
MAXÌ – Non
possiamo certo opporci al "dumping"del monopolio: sono troppo forti nella loro
"holding"... e nemmeno possiamo eliminare le "shipping charges", le "unboarding
charges", le "storage charges"... cioè le spese d'imbarco, di scarico, di
magazzinaggio... no, non possiamo... eppure sono voci che gravano nel "trading
account"... nel conto di esercizio che non possiamo dimenticare...
COBBY
(interrompendolo; tutto d'un fiato) – Ma
non possiamo neanche stare a
sentire chi ci elenca tutto quello che non possiamo fare: non è possibile, Maxì,
che tu non possa capirlo!
MAXÌ
– ...
c'è una cosa, invece, che possiamo fare...
COBBY –
Finalmente!
MAXÌ – ...
adeguare i nostri sistemi di vendita alla realtà del mercato. In che modo
abbiamo venduto finora? Cessione dietro pagamento immediato... ma si può vendere
anche in altri modi...
COBBY
(ironico) – Certo: c'è la vendita rateale con trattenuta sullo stipendio.
LEO – Ti
prego, pa'.
MAXÌ– ...
c'è la vendita con garanzie bancarie... le cessioni in conto deposito... le
forniture con riservato dominio...
COBBY
(perdendo la pazienza)
– ... c'è la vendita di beneficenza... e la
vendita con il concorso a premi!... avanti, proponi anche quella: una figurina
in ogni proiettile... chi completa la raccolta vince una cassa di mine
anticarro!
MAXÌ
(turbato) – In fondo, la mia era solo una proposta da discutere.
COBBY – Ma ti
sembra che io abbia tempo da perdere con queste corbellerie?
MAXÌ
(offeso) – Le mie non sono corbellerie. Ripeto che sono soltanto
proposte.
COBBY – E va
bene. Diciamo allora che, quando
parli, non si sentono che...
proposte grosse come case.
MAXÌ
(sempre più offeso) – Visto che non è possibile
discutere, io... vado a fare quattro passi.
COBBY
– Ecco, questa è una buona idea!
(Maxì esce impettito. Leo fa per
seguirlo, ma Cobby la ferma col
bastone)
COBBY
– Fermati, Leo: dobbiamo parlare fra noi.
LEO – E'
inutile, pa', tu Maxì non lo
puoi vedere.
COBBY –
Perché dici questo?
LEO – Non
perdi un'occasione per metterlo in
imbarazzo, per farlo apparire
ridicolo.
FLOR – Credo
proprio che sia venuto il momento
di fare l'autocritica, Cobby.
COBBY – Anche
tu sei contro di me?
FLOR – In
fondo, il ragazzo non aveva tutti i torti: quando un sistema di vendita non va,
se ne cerca un altro, come fece la zia Dorothy con quella partita di sapone che
non riusciva a levarsi di torno.
COBBY – Ah,
dovrei mettermi anch'io una bancarella sulla piazza del mercato!... come se
vendessi stringhe o caramelle di regolizia!
LEO – Maxì
non ha parlato di bancarelle: ha proposto solo qualche sistema per sbarazzarci
di una
merce che non va.
COBBY – E chi
ha detto che la nostra è merce che
non va?
FLOR – Ma
non l'hai detto tu stesso che il nostro
è un mestiere finito?
COBBY – E
quando mai avete sentito un commerciante parlar bene dei propri affari?
LEO –
Abbiamo sbagliato piazza: qui non sanno che farsene delle nostre armi.
COBBY – Chi
ha detto queste bestialità? Io oggi me li sono guadagnati i venti pezzi che ho
speso: ho guardato bene in giro, oggi. E se la merce non l'avessi già scaricata,
la farei scaricare adesso.
FLOR – Ma se
ancora non c'è stata una richiesta seria!
COBBY
(duro) –
Ci
sarà: che cos'hai imparato nei
trent'anni
che mi sei venuta dietro?
FLOR – Io,
Cobby, dicevo così per...
COBBY
(batte sul tavolo col bastone) –
Zitta!... non
c'è richiesta ... Basta
capitare al momento giusto e c'è sempre richiesta, perché ci sono sempre
politicanti ambiziosi e militari disoccupati... sempre! Questo è quello che
dovrebbe imparare Maxì.
LEO –Sei tu
che non gliene dai la possibilità.
COBBY – Non
ci arriverà mai: è fatto di una stoffa diversa.
LEO – Ma io
lo amo, pa'.
COBBY
(sbalordito) –
Che cosa?
LEO – Sì,
pa', lo amo.
COBBY
(drammatico) –
Anche questo doveva capitarmi! Innamorarsi
di un tipo simile... come se io vendessi sogni e chiari di luna...
(Gridando)... O
ventriere
elastiche!
(Cobby si alza e muove
qualche passo irritato, mentre la figlia si avvia piangendo verso la scala,
seguita da Flor. Entrano il generale e Klutzer)
Bentornato, generale.
KLUTZER –
Salve,
borghese. (Il
generale e Klutzer si avviano verso le poltrone. Klutzer si china per spostare
la valigia a soffietto, ma Cobby
gli sbarra la strada col bastone. Klutzer giunge alla poltrona girando al
largo. Anche Cobby torna a
sedersi).
IL
GENERALE
(cupo) –
Vengo dagli uffici del "trust"...
ho voluto controllare la notizia di stamani.
COBBY –
Esatta?
IL
GENERALE – Il cartello è stato firmato. Non c'è
più
nulla da sperare.
KLUTZER – Tutto
da rifare, borghese: un esercito
massacrato ancor prima di
sparare un colpo. Siamo stati fottuti. Voi almeno avete la vostra ferraglia:
potete ricaricarla e venderla altrove.
COBBY
(al generale) – Dunque, non c'è più nulla da sperare... da quella parte.
IL
GENERALE – Non comprendo.
COBBY – Non
mi direte che "quella parte" era
l'unica che potesse offrire
una speranza.
IL
GENERALE – E
dove volete andarla a chiedere una guerra, se
non al ministero della guerra?
COBBY – Ma a
me non serve una guerra: serve un qualcosa in cui vengono impiegate delle armi.
IL
GENERALE – Per esempio?
COBBY – Voi
sapete meglio di me che un pronunciamento militare potrebbe accadere quando meno
si aspetta.
IL
GENERALE – Impossibile. Tanto il governatore quanto il
presidente Baden sono al sicuro da ogni
rivolta dell'esercito.
COBBY – E
perché?
KLUTZER –
Perché non hanno esercito, ma soltanto qualche migliaio di morti di fame armati
di fucili arrugginiti.
COBBY – E nei
governi va tutto liscio? Non c'è nessuno che voglia sostituire il governatore o
il presidente?
IL
GENERALE – Certo che ce n'è, ma sono tutti nel legno e nel
ferro fino al collo: dipendono tutti dal "trust", e guerre, rivoluzioni,
attentati si svolgono nei consigli di amministrazione, in borsa, nelle direzioni
generali... e le loro armi sono pacchetti azionari,
scandali, ricatti.
KLUTZER – Siamo
a terra, borghese. Qui, l'unica
cosa giusta, è fare una croce
sulle spese e tagliare la
corda.
COBBY
– No,
Klutzer: la merce è qui, e qui la venderò, ve lo dice Cobby. La gente qui ha i
vestiti che sanno già di fumo...
una buca nel selciato fa
pensare subito a una trincea in costruzione... bettole, bische, postriboli che
si moltiplicano...
KLUTZER –
Fottuti anche loro, come noi.
COBBY – Io
resto qui, perché se è vero che sono nato con questo mestiere nel sangue, è
anche vero che non ho mai respirato così bene come qui. Oggi, mentre
attraversavo il fiume, guardavo gli operai
delle ferriere che andavano
al lavoro: silenziosi,
a capo chino, come un gruppo di profughi, o
meglio, come una colonna di prigionieri... e allora ho pensato che, in fondo, i
maggiori danneggiati dal cartello saranno proprio loro, perché i salari verranno
allineati al livello più basso... e allora m'è
venuta
un'idea... (guarda verso Klutzer)... se qualcuno andasse da quella
gente a spiegare tutta la faccenda...
KLUTZER –
Spieghiamoci bene, borghese, io faccio
un mestiere: il reclutatore,
e sui sindacati ci sputo sopra.
COBBY – Io
parlavo genericamente.
KLUTZER –
Bisogna intenderci subito: io lavoro con i professionisti, e quelle carogne di
dilettanti che ci rubano il pane di bocca, io non li posso vedere. E poi, oltre
ai ferri vecchi, avete anche ideali da vendere?
COBBY – Come
sarebbe a dire?
KLUTZER – Loro
sono pronti a farsi ammazzare gratis, ma vogliono saperlo prima contro chi
devono sparare, e pretendono, nientemeno, che gli si spieghi il perché. Basta
questo fatto, vedete, per sentirmi rivoltare lo stomaco. E poi è il principio
che non mi va giù: la guerra gratis... sarebbe come se uno si mettesse a
regalare pagnotte a tutti quelli che passano... e i fornai, dove andrebbero a
finire?
Carogne maledette! Noi abbiamo un mestiere e loro
se ne
fregano.
COBBY – Non
dico che abbiate torto, Klutzer... però,
se non si trattasse
che di trovare uno straccio di ideale... del resto, anche voi ne avrete bisogno
di ideali da sventolare per il vostro lavoro.
KLUTZER – No,
borghese, io non m'insudicio le mani con quella roba.
COBBY – E
come fate a convincere la gente che reclutate, solo con il denaro?
KLUTZER – Non
soltanto con quello, anche perché ce ne
vorrebbe troppo: ci metto un
po' di passione, ecco tutto. Quando ho adocchiato il tipo che va bene,
aspetto
il momento giusto e gli faccio il discorso:
«Levati
quei luridi stracci di dosso, gli dico, così sei uno zero e con un fucile al
fianco e le giberne a tracolla, invece, diventi qualcuno. Vieni con noi e avrai
finito di far funzionare il cervello: c'è chi si piglia la preoccupazione di
pensare al posto tuo... e se hai paura, che in tua assenza, qualcuno possa
pensare anche a tua moglie, devi fottertene: con noi puoi sempre rifarti sulle
mogli degli altri». Poi gli parlo della vita che facciamo, del gusto che c'è a
far secco un pidocchioso bastardo, a sfilargli, dopo, l'anello dal dito o il
borsellino dalla saccoccia. "Tu ti credi un uomo, gli dico, ma non sai come si
fa a spaccare un cranio con una pallottola, o a sfondare una pancia con la
baionetta...". Insomma, borghese, per convincerli, io cerco dentro di loro
quello che c'è di meglio e lo tiro fuori.
COBBY– No,
effettivamente, voi non lavorate con gli ideali... ma, scusate, caro Klutzer,
possibile che un tipo come voi, un uomo del vostro talento, si arresti di fronte
alla prima difficoltà? Possibile che in una circostanza come questa, non vediate
altra soluzione, se non quella di fare fagotto?
KLUTZER – Beh,
se proprio volete saperlo, una strada c'è per uscire da questo pantano con le
scarpe pulite. Finanziatela voi una rivolta qualsiasi.
COBBY
(sbalordito) –
Io?!
KLUTZER – Sì,
voi.
Bastano pochi spiccioli, tanto per pagare un acconto sull'ingaggio.
COBBY – Ma io
faccio il commerciante, non il finanziere!
KLUTZER – Lo
so, ma se volete fare un affare con la vostra ferraglia, questo è il momento
buono. Voi ci prestate gli spiccioli per incominciare e le armi... e noi
facciamo il lavoro a regola d'arte... e alla prima banca che ci capita in mano,
vi consegno le chiavi della cassaforte. Vi va quest'idea?
COBBY – Ma
io, veramente...
KLUTZER –
Rispondere: sì o no!
COBBY
(cominciando a balbettare e a tremare) –Pe... pe... perché i... io do...
do... dovrei... (si porta una mano al
cuore) ...oh! ...oh!
IL
GENERALE
– E' inutile, Klutzer: Cobby ha il cuore troppo
debole, per reggere alla fatica di certe decisioni...
COBBY
(tirandosi addosso il plaid) – Oh!... Oh!...
(Preceduto da Gossel, entra Vikin. Il generale solleva di colpo la
testa).
IL
GENERALE – Ma quello è il figlio del governatore!
(Il generale si alza in fretta e si avvicina
a Vikin, incurante di Gossel che tenta di sbarrargli il passo) Permettete, eccellenza, che mi
congratuli di tutto
cuore per il vostro prossimo matrimonio.
VIKIN –
Grazie, generale Deccan, ma aspettate pure per rallegrarvi: questo matrimonio
non avverrà.
IL
GENERALE
(in coro
con Cobby che, prontamente ristabilito, è saltato in piedi) –
Come, non avverrà?!
VIKIN – Per
il momento non ho alcuna intenzione di sposarmi.
COBBY – Però
il cartello è stato firmato lo stesso.
VIKIN
(meravigliato) – Che cosa c'entra il cartello?
IL
GENERALE – Ma se il governatore si trova dal presidente!
VIKIN
(ironico) – Tornerà qui, state tranquillo... ed ora scusatemi, generale...
(Si allontana, parla con
Gossel che esce).
IL
GENERALE – Io non ci capisco niente, e voi, Cobby?
COBBY – Non
vedo chiaro in questa faccenda.
KLUTZER – Beato
voi: per me è buio assoluto.
(Vikin, vicino alla scala, sta aspettando
Annalisa. Gossel è rientrato ed esamina sospettoso i tre in scena. La valigia
colpisce la sua attenzione e si avvicina per esaminarla, ma Cobby gli sbarra il
passo con il bastone. Ancor più insospettito, durante le battute seguenti,
Gossel si interesserà della valigia, ora cercando di muoverla col piede, senza
averne l'aria, ora tendendo l'orecchio, come per scoprire il battito di una
bomba a orologeria. Cobby, però,
continuando a discutere, ostacolerà sempre i suoi movimenti).
IL
GENERALE – Come faceva ad essere così sicuro del ritorno del
governatore?
KLUTZER –
Lasciate perdere, generale, è un maledetto rompicapo.
COBBY – C'è
qualcosa che sta maturando a nostra insaputa.
IL
GENERALE – Non è possibile che il ministro ne fosse all'oscuro.
KLUTZER – E'
molto possibile, invece, con un ministro di quella fatta.
(Arriva il cameriere con una bevanda per Vikin.
Gossel gli fa cenno di avvicinarsi e assaggia il liquido, mentre il figlio del
governatore fa un gesto di dispetto. In quel momento entra Annalisa dalla parte
della scala; Vikin si allontana con lei e Gossel, che è rimasto con il bicchiere
in mano, visto che Vikin non pensa più alla bevanda, alza le spalle e vuota il
bicchiere).
VIKIN – Tutto
è a posto, Annalisa; la macchina
è pronta a scattare.
ANNALISA
– Sono
veramente emozionata, amico mio.
VIKIN
(cavando un pacchetto di tasca) –
Ecco intanto qualcosa che vi farà piacere.
ANNALISA – Che
cos'è?
VIKIN – E'
l'incisione di un vostro grande successo: "Il trionfo d'amore". Volete
ascoltarlo?
ANNALISA –
Grazie, Vikin: è un pensiero molto gentile.
VIKIN
(chiamando) –
Gossel!... fai portare il registratore.
(Gossel esce e rientra subito dopo) "Il trionfo d'amore" è un'opera
che vorrei fosse replicata nella prossima stagione.
ANNALISA
–
Parlate della prossima stagione come se fosse certa la mia presenza: sapete bene
che, per quanto riguarda i miei impegni, decide il mio segretario.
VIKIN – Sono
certo che riuscirò a convincerlo. (Entra
il cameriere reggendo fra le braccia un registratore. Gossel ferma il cameriere
ed esamina attentamente la macchina
premendo a caso i pulsanti; a un
certo punto porta una mano alla bocca perché, evidentemente, gli è rimasto un
dito fra gli ingranaggi) Dài
qua, presto... (Gossel depone il
registratore su un tavolo. Vikin introduce la bobina di nastro magnetofonico)...
è un'incisione perfetta... ascoltate: è la romanza del secondo atto...
(Mette in moto il registratore: si ode la
voce di Annalisa).
ANNALISA – "Sollevato
è il duro peso / che opprimeva questo cuor: si rianima l'offeso /dalle pene
dell'amor..." (Entra Pierre in fretta,
dalla parte della scala, con macchina fotografiche e scatole di pellicole a
tracolla. Vikin ferma il registratore).
ANNALISA –
Potete fare con calma, Pierre, tanto
Vikin m'ha detto che per
l'impiccagione c'è ancora tempo.
PIERRE
– Ma ci
sono anche altre cose che m'interessa fotografare: il corteo di protesta,
l'assalto al teatro dell'opera... tutta la manifestazione, insomma. Io vado: ci
vediamo all'impiccagione. (Si allontanano
tutti e tre verso l'uscita. Cobby, il generale e Klutzer, intanto, hanno
continuato a discutere animatamente).
COBBY
(si alza irritato e batte il bastone per terra) –
No, no e no! Io non m'inganno perché non mi sono
mai ingannato: stanno per tornare i bei tempi, me li sento zampillare dentro
come l'albero
sente la primavera o il gabbiano la tempesta.
KLUTZER –
Levatevi le mosche dal capo, borghese, e diciamola, una volta per tutte, questa
fottuta verità: è meglio farci una croce sui nostri mestieri. Non è più come una
volta, né per voi, né per me. Se vendere la ferraglia è difficile, reclutare
carne da schioppo è più difficile ancora... e con quei rammolliti che riesci a
incastrare, non c'è più gusto: se gli dài un calcio negli stinchi si mettono a
piangere.
COBBY
(va davanti alla vetrata)
– L'aria è ferma sulla città, il fumo dei camini
sale in verticale nel
cielo; non un alito di vento: bonaccia. Anche i
rumori sembrano assopiti: la gente cammina in punta di piedi. Il sudore
scorre sul viso per il calore di fuori e per la febbre di dentro, febbre di
attesa
e di paura per ciò che... deve accadere...
(Si odono alcuni colpi di fucile in
lontananza. Il generale e Klutzer balzano in piedi; Cobby si volta lentamente
verso i due).
IL
GENERALE
(emozionato) –
Ma... questi... sono colpi di fucile!
VIKIN
(allegro e spavaldo) –
Dalla parte del giardino
d'inverno: sono i miei colleghi dell'Accademia
militare che
manifestano contro l'attuale situazione.
COBBY
(ansioso) –
Quale situazione?
VIKIN
– Il
matrimonio di stato al quale mio padre voleva costringermi...
(Altri colpi)... Sentite? In questo
momento hanno scaricato i loro fucili in aria.
IL
GENERALE
(deluso) –
Allora, non si tratta che di una manifestazione
pacifica?
VIKIN
–
Diciamo... pacificamente rumorosa... (Un
colpo più forte: Annalisa lancia un grido; Vikin corre verso di lei) Annalisa!...
(Ma si trova fra le braccia Gossel che aveva l'intenzione di fargli da
scudo col proprio corpo)... ma
cosa fai sempre fra i piedi?!... (Lo
respinge e corre dalla donna).
FLOR
(entra dalla parte della scala; agitata e
allegra) –
Cobby...
Cobby! Hai sentito?... Stanno sparando!
COBBY
(irritato) –
Che bella scoperta! Pensavi che fossi diventato sordo
all'improvviso?!
(Cobby picchia un colpo
di bastone sul tavolo sopra il quale si trova il registratore. Per effetto del
colpo, la macchina si mette in moto. Si ode la voce di Annalisa che canta la
romanza del "Trionfo d'amore".)
ANNALISA –"Nelle
danze che intrecciate / si rinnovi il vostro ardor; / su gioite, su cantate /
perché regna solo amor... (Vikin si volta
meravigliato, quindi si avvicina al tavolo e ferma il registratore. Ancora
colpi).
FLOR – E che
cosa sono questi spari?
COBBY
(cupo) – Una specie di sagra militare con mortaretti e girandole.
(Altri spari più vicini).
KLUTZER –
Questi, però, non vengono
dal giardino d'inverno.
VIKIN –
Infatti: questi sono gli "Amici del melodramma" che dànno l'assalto al teatro
dell'opera.
KLUTZER –
Cos'è,
un nuovo sistema per prenotare i posti?
IL
GENERALE – E
siete ben certo che si tratta di una
rivoluzione... simbolica?
VIKIN
–
Naturalmente. Al termine della manifestazione, al palazzo verrà presentata una
petizione contraria al matrimonio: siamo ancora in tempo
perché
l'annuncio ufficiale
verrebbe dato domani. Spero, generale, che, fra
le altre, non manchi la vostra firma.
IL
GENERALE – Potete contarci, eccellenza: io sono
sempre
dalla parte di chi spara.
VIKIN –
Questa volta, però, solo a salve.
IL
GENERALE
(stringendosi
nelle spalle) –
In
mancanza di meglio. (I colpi si
infittiscono).
COBBY – Mi
sembra che questi allievi dell'accademia abbiano preso il loro compito
abbastanza sul serio.
VIKIN – Si
capisce: l'esercitazione a fuoco deve essere il più vicino possibile alla
realtà. (Uno scoppio più forte).
COBBY – Molto
vicino... sentite?
VIKIN –
Mortaio 86... mi pare.
COBBY –
Cannone da campagna, calibro 140. Modello Bressard 1947.
(Entra Leo dalla parte della scala).
LEO
(agitata; alla madre) – Maxì è ancora fuori, ma', vero?
COBBY –
Tornerà sano e salvo... purtroppo. Pare
che là fuori non facciano per
davvero: è una specie di carnevale anticipato.
(Ancora colpi).
KLUTZER – Beh,
mi
pare che a quest'ora, quelli del melodramma dovrebbero
averlo già preso questo sgangheratissimo teatro. Che cosa continuano a sparare?
IL
GENERALE – Va bene l'esercitazione a fuoco, va
bene la
realtà, ma qui mi pare che si esageri un po'.
(Entra Maxì).
COBBY
(ironico) –
Eccolo qua il nostro Maxì...
in
piena forma, vero?
MAXÌ –
Certo, Cobby, come al solito.
COBBY
(alla figlia) – Che ti dicevo, Leo... neanche uno sgraffio. E come vanno le
cose in città?
MAXÌ – Come
vanno che cosa?
COBBY – Non
hai notato niente di strano in giro?
MAXÌ – No.
Che cosa avrei dovuto notare?
COBBY
(ironico)
– Nulla,
si capisce. Dovevi andartene a spasso con la testa in un sacco, proprio come hai
fatto.
MAXÌ –
Insomma, Cobby, io vorrei...
COBBY
(interrompendolo)
– Alto là! Se per
Maxì
tutto è tranquillo, vuol dire che in città la situazione è
veramente preoccupante. (Maxì alza le spalle e si allontana con
Leo e Flor verso la vetrata. Scariche di fucile. Cobby ascoltando i colpi) Wellington 28...
(Altre scariche) ... Pankaufen vecchio modello...
(Scariche più forti) ...
Ed
ecco il Kumbler!... il caro vecchio Kumbler.
IL
GENERALE – Scusate se insisto, eccellenza, ma siamo ben certi
che si tratta di una dimostrazione pacifica?
VIKIN – State
tranquillo: a dirigerla ci sono i miei
colleghi di corso.
(Un violentissimo scoppio seguito dal rumore
di vetri infranti. Annalisa caccia uno strillo acuto. Vikin si precipita verso
di lei. Cobby, il generale e Klutzer si guardano in faccia).
KLUTZER
(lentamente) –
Strani questi colleghi dell'Accademia.
IL
GENERALE – Non è
possibile restare in
quest'incertezza: bisogna che vada personalmente a rendermi conto di quello che
accade. (Il generale esce in fretta. Si
ode un secondo violentissimo colpo. Il generale riappare barcollando sulla
soglia della porta: ha la giacca stracciata e il viso sporco di terra. Klutzer
e Vikin corrono a sorreggerlo).
KLUTZER –
Generale, vi hanno beccato?
VIKIN – Siete
ferito, generale?
COBBY
(lentamente) –
Strani questi "Amici del melodramma"!
(Il generale viene accompagnato verso una poltrona. C'è la valigia di Cobby da
superare: Cobby taglia la strada col bastone e rimuove da solo la valigia).
KLUTZER – Ci
vuole qualcosa da bere. (Ad alta voce) Cameriere!
VIKIN – Ma
che cosa mai è accaduto?
KLUTZER
(urlando) –
Ehi, cameriere!... Maledetto piedipiatti, te la sei squagliata?
VIKIN
(a Gossel)
– Vai a prendere da bere.
(Gossel esce di corsa)
Davvero non riesco a capire che cos'è accaduto.
COBBY
(scrivendo su un libretto e ridacchiando)
Eh, eh... Cobby non sbaglia mai, eccellenza:
c'erano i "segni", chiari, perfetti, precisi.
(Ritorna Gossel con una bottiglia e un bicchiere. Klutzer dà da bere al
generale).
VIKIN –
Gossel, fai un salto fuori a vedere che cosa succede.
GOSSEL
(visibilmente impaurito)
– Eh, no, eccellenza:
io sono addetto alla vostra persona e non
mi allontanerò di un solo
passo.
(Pierre entra a
precipizio, anche lui in cattivo stato).
PIERRE –
In città
è scoppiata l'insurrezione!
ANNALISA
(corre ad abbracciarlo) –
Pierre!... caro
Pierre... da bere,
presto.
VIKIN
(un po' imbarazzato per le effusioni di
Annalisa, fa per trattenere la donna) –
Ci penserà Gossel a Pierre.
ANNALISA
(strappa la bottiglia dalle mani di Gossel e
la porge a Pierre) – Bevi,
su...
PIERRE
(dopo aver bevuto, con voce rotta dall'emozione) –
Sono vivo per miracolo... in città si spara da
ogni parte... non so come ho fatto ad arrivare qui... c'è un assembramento di
rivoltosi sull'argine, proprio qui davanti.
VIKIN – Si
preparano ad assaltare "La Zattera", allora!
IL
GENERALE
(che
intanto s'è ripreso) –
Un
momento. Avete detto sull'argine? Ma allora sono allo scoperto! Con un pugno di
uomini sulla salita della chiesa si potrebbero spazzar via in pochi secondi...
bisogna avvertire subito le truppe fedeli al governatore... da questo momento
io assumo il comando
delle operazioni controrivoluzionarie...
(Guarda Vikin)
...Ho
il vostro benestare, eccellenza?
VIKIN –
L'avete, generale Deccan.
IL
GENERALE (si alza, va al
telefono e chiama il centralino)
–... Pronto?... datemi il comando di fanteria... pronto? voglio parlare
col comandante... è il generale Deccan... pronto?... ma chi è quell'idiota al
telefono?!... (La comunicazione è stata
interrotta; il generale richiama
il centralino)... Passatemi
subito il ministero della guerra... pronto?... voglio parlare
immediatamente col ministro... che cosa?!... chi è stato arrestato?...
pronto?...
(La comunicazione è
interrotta; il generale richiama il centralino)...il palazzo del governo... pronto?... chiamate al
telefono il comandante della guardia... chi parla?...
il
generale Deccan!... sì, in persona... insolente!... pronto... pronto...
(abbandona il ricevitore; agli altri,
drammatico) ... la linea è
stata tagliata: siamo completamente isolati.
VIKIN – Ma
perché arrestare il ministro della guerra?
KLUTZER
(ironico) –
Non era nel programma dei festeggiamenti, vero? Bisognerà che qualcuno
spieghi a "sua eccellenza" che le cose non sono proprio andate com'era previsto
dal suo sballatissimo piano.
VIKIN
(punto sul vivo) – La nostra era una dimostrazione assolutamente pacifica.
KLUTZER –
Vuol
dire che, per strada, quelli del melodramma hanno trovato qualche altro
appassionato.
IL
GENERALE – Una rivolta popolare... chi l'avrebbe immaginato!
COBBY
– Io
l'avevo immaginato, generale.
KLUTZER – E'
vero: è accaduto proprio quello che diceva il borghese.
(Altri spari).
COBBY – C'è
da dire, però, che ad eccezione di qualche Kumbler, gli altri sono vecchi ferri
arrugginiti: si fa poca strada con quelli.
KLUTZER –
Gliene basta farne tanta quant'è quella
che separa l'argine da "La
Zattera", e per noi è già schifosamente troppa. Non vi pare, borghese?
COBBY – Non è
ancora detto, Klutzer.
VIKIN
(ad Annalisa che si prodiga ancora attorno a
Pierre) – Non vi pare di
esagerare, Annalisa? ormai il vostro segretario sta benissimo.
ANNALISA –
Dovreste vergognarvi, Vikin: è colpa
vostra quello che accade.
VIKIN – Colpa
mia?
ANNALISA –
Sissignore... e tutto per impiccare un tale che, in questo momento, magari, sta
scrivendo un altro articolo contro di me.
VIKIN
(mortificato) –
Annalisa, come potete parlare
in
questo modo?
FLOR
(che è davanti alla vetrata; ad alta voce) –C'è un motoscafo che sta venendo verso di noi.
(Tutti corrono verso la vetrata, ad
eccezione di Cobby che continua a far conti).
VOCI –
Eccolo là... sì, sì... è diretto proprio qui... chi sarà?... saranno i
rivoluzionari... e che bisogno avrebbero di venire in motoscafo?
VIKIN – Ma
quella... è la lancia del Governatore!
KLUTZER – E
così, ora, possiamo anche giurarci che quelli dell'argine daranno l'assalto a
"La Zattera"
VIKIN –
Bisogna fargli cenno di tenersi al largo... aprite quella vetrata! (Mentre
Gossel cerca di aprire la vetrata, si ode un violento scoppio. Annalisa grida).
VOCI –
Colpita in pieno!... schiantata!...
VIKIN (drammatico)
– A bordo, forse c'era mio padre!
KLUTZER – Che
colpo meraviglioso! con i ribelli devono esserci anche gli artiglieri: questo
tiro non era di un fottuto dilettante.
VOCI – C'è
qualcuno in acqua... si sta avvicinando a quel rottame... dov'è... eccolo là!...
un salvagente,
presto! (Gossel
che ha aperto la vetrata, corre a staccare un salvagente dalla parete della
sala e lo lancia in acqua) L'ha afferrato!... viene verso di noi... forza... forza... su... ma... ma è il
Governatore!... il Governatore!... (Alcune
mani si sporgono dalla porta della vetrata e tirano su il Governatore grondante
di acqua. Vikin si slancia avanti a braccia aperte).
VIKIN –
Padre!
IL
GOVERNATORE
(abbraccia
il figlio) –
Vikin...
figlio mio. (Piange).
VIKIN – Siete
ferito?
IL
GENERALE – No, non è ferito... portiamolo là.
(Il generale e Vikin portano il Governatore su
una poltrona).
IL
GOVERNATORE – Ma
che cos'è accaduto? io non
l'ho
ancora capito.
(Piange).
VIKIN – Dopo,
dopo... ditemi prima come vi sentite... (Togliendogli gli indumenti)... e via questa giacca... gli
stivali... (Si odono alcuni colpi battuti
alla porta della vetrata che è stata richiusa. Tutti coloro che fanno circolo
attorno al Governatore, si voltano un po' impressionati).
IL
GENERALE –
Chi c'è là fuori?
IL
GOVERNATORE – Dev'essere Crab, il ministro degli interni.
VIKIN
(meravigliato) –
Crab?
IL
GOVERNATORE – C'era anche
lui sulla lancia...
(Piange).
IL
GENERALE
– Aprite, presto... che aspettate?
VIKIN
(a Gossel)
– Vai su a cercare qualcosa di asciutto.
(Alcuni aprono la vetrata e aiutano Crab a
raggiungere una poltrona, mentre Gossel scompare sulla scala).
IL
GOVERNATORE – Crab... vecchio Crab!...
(Piange; poi, in tono stizzito) Ma, insomma, si può sapere chi ha sparato sulla mia lancia?!
IL
GENERALE – Gli insorti che, momentaneamente, controllano la
situazione.
IL
GOVERNATORE
(a
Crab)
– Ma se
la manifestazione
doveva essere assolutamente pacifica?!
CRAB –
Quelli erano i piani, eccellenza.
IL
GENERALE
(meravigliato) – Ah!
voi, dunque, eravate al
corrente?
IL GOVERNATORE – Al
corrente? sono stato io a organizzare tutto: dovevo pur avere una buona scusa
per piantare in asso il presidente con sua figlia, quella vecchia zitella
bisbetica.
KLUTZER – Ci
avrei giurato! il piano era così smisuratamente idiota che Vikin da solo non
poteva arrivarci.
ANNALISA
(a Vikin, indispettita)
– Questo è un particolare del tutto nuovo.
VIKIN
(imbarazzato) – Annalisa, io vorrei... (La
donna si allontana. Vikin vorrebbe seguirla, ma sente il dovere di restare
vicino al padre. Arriva Gossel con due accappatoi da bagno. Vikin ne getta uno
a Crab e aiuta il padre ad indossare l'altro).
IL
GOVERNATORE – Perché
gli insorti controllano la
situazione? Cosa fa il ministro della guerra?
IL
GENERALE – E' stato arrestato, eccellenza.
IL
GOVERNATORE
(guarda
Crab) –
Arrestato?!...
e le mie truppe?
IL
GENERALE – Sopraffatte.
IL
GOVERNATORE
(guarda
ancora Crab)
– E la guardia di palazzo?
IL
GENERALE – Scomparsa.
IL
GOVERNATORE
(dopo un nuovo sguardo a Crab) –
E dove si trovano gli insorti, adesso?
IL
GENERALE – Sull'argine del fiume, a pochi metri da noi.
IL
GOVERNATORE
(guarda
ancora Crab) –
Crab...
vecchio Crab... (Piange).
CRAB
– La
corda si è spezzata, eccellenza; doveva accadere un giorno o l'altro io l'avevo
previsto.
IL
GOVERNATORE – Non dite stupidaggini, Crab: se
fosse
stato veramente previsto non ci troveremmo in questa situazione.
CRAB – La
condanna dell'ultimo gruppo di intellettuali è stata la goccia che ha fatto
traboccare il vaso.
IL
GOVERNATORE – Ma la vostra è un'idea fissa, Crab! Chi volete che
se la sia presa perché ho fatto impiccare quei quattro chiacchieroni... che cosa
se ne facevano della vita? La sciupavano standosene al caffè tutto il giorno a
sputacchiare su me e sul governo.
CRAB –
Si vede
che a loro piaceva vivere così.
IL GOVERNATORE – No,
no, Crab; per alcuni la vita non conta nulla. Mettetevi al corrente con le nuove
teorie filosofiche.
COBBY –
Scusate se mi intrometto, ma, giacché siamo in argomento, perché non pensiamo un
po' anche alle nostre vite?
IL
GOVERNATORE – Giusto. Dite un po', generale,
con
quali armi gli insorti hanno fatto la loro rivoluzione?
IL
GENERALE – Evidentemente, con quelle che hanno
strappato
all'esercito.
IL
GOVERNATORE – Ma era tutta vecchia ferraglia
arrugginita.
COBBY – Su
questo non ci sono dubbi.
IL
GOVERNATORE
(a
Crab) –
Vedete
che avevo ragione quando ai soldati non ho voluto dare armi moderne: gli
insorti ora avrebbero un armamento efficiente.
CRAB –
Forse, se fossero stati armati decentemente, i nostri soldati non si sarebbero
lasciati disarmare.
IL
GOVERNATORE – Tutte storie, Crab: da che mondo è mondo, le
rivoluzioni si fanno con le armi strappate all'esercito. Quindi,
meno armi si dànno ai soldati e meno rivoluzionari armati ci sono in
circolazione.
COBBY –
Questa volta, però, se vogliamo cavarci dai guai, le armi ai soldati bisogna
darle.
IL
GOVERNATORE – Chi siete voi?
COBBY.– Sono
Cobby, eccellenza: commerciante in
armi.
IL
GOVERNATORE
(pensando) –
Cobby... Cobby...
non mi è nuovo questo nome. Siete mai stato da queste parti?
COBBY
– Non credo... a meno che mi sia capitato proprio qui di vendere una
partita di Vossop a un imbecille che pretendeva di infilare i caricatori
dall'alto anziché dal basso.
IL
GOVERNATORE
– Allora ci siete già stato.
COBBY
– Perché
quel... tale sareste voi?... come ho fatto a non capirlo dalla vostra faccia?...
a non ricordare la fisionomia... e poi, ora che ci penso, quel... tale comprava
i Vossop proprio per diventare governatore.
IL
GOVERNATORE – Infatti.
COBBY – Si
tratta di una trentina d'anni fa... e in
tutto questo periodo...?
IL
GOVERNATORE – Salvo qualche breve parentesi.
COBBY – Una
bella durata, complimenti! Vedete i
vantaggi di una spesa fatta
bene, al momento opportuno? (Alla moglie) Ricordi, Flor, l'anello di
fidanzamento che ti regalai?
FLOR –
Certo, Cobby.
COBBY – Lo
comprai appunto con il guadagno che feci con la vendita di quei Vossop.
FLOR – E'
molto carino, Cobby, che tu ricordi ancora queste cose.
COBBY – Bene,
eccellenza, siamo dunque giunti alla seconda partita. La merce è in città e in
un paio d'ore al massimo potrà essere in mano ai vostri uomini che sferreranno
immediatamente il contrattacco.
IL
GOVERNATORE – Voi che ne dite, Crab?
CRAB – Io,
veramente... (Una scarica più
violenta) dico che non c'è
molto da scegliere.
COBBY
(strappa un foglio dal suo libretto di appunti e
lo porge al Governatore) –
Ho già
preparato un conticino...
IL
GOVERNATORE
(guarda
il foglio) –
Ma è una
cifra spaventosa! dove possiamo trovare questi soldi?!
(Un'altra scarica violenta: il Governatore trasale, quindi passa il
foglio a Crab)... dobbiamo
trovare immediatamente i denari.
CRAB – E...
dove, eccellenza?
IL
GOVERNATORE
– Useremo gli stanziamenti per i lavori pubblici.
CRAB –
Impossibile. Non esistono stanziamenti per i lavori pubblici.
IL
GOVERNATORE – E' vero. Ridurremo le spese della
polizia.
CRAB – Così,
appena soffocata questa rivoluzione se ne scatenerà un'altra fra i poliziotti.
IL
GOVERNATORE – E se noi facessimo consegnare
le
armi proprio a loro?
CRAB – Ai
poliziotti?
KLUTZER – Sarà
uno spettacolo vederli al lavoro.
IL
GOVERNATORE – La battaglia per riportare l'ordine
causerà
dei vuoti nelle loro file...
CRAB – Eh,
sì, purtroppo.
IL
GOVERNATORE – E tenuto conto del particolare affetto che la
popolazione nutre per la polizia, si può già prevedere che questi vuoti
saranno... piuttosto larghi...
CRAB
– ...
i caduti non saranno rimpiazzati...
IL
GOVERNATORE – ... e così, in due o tre anni, se ci
va
bene, potremo risparmiare la sommetta che oggi dobbiamo spendere per il nostro
Cobby.
COBBY –
Allora, affare fatto?
IL
GOVERNATORE – Affare fatto. Volete due righe
di
scritto?
COBBY – Non
c'è bisogno, eccellenza: siamo gentiluomini tutti...
(guarda Klutzer) .. o quasi.
KLUTZER – Però
il nostro Cobby ha dimenticato
un pidocchioso particolare:
quello che siamo circondati da questi fottuti rubamestiere, il telefono è
tagliato e nessuno può azzardarsi ad uscire da "La Zattera". Voglio proprio
vedere come se la caverà per far consegnare le armi ai poliziotti.
COBBY – Sono
affari miei, Klutzer, lasciatemela sbrigare da solo...
(Strappa un altro foglio dal libretto e lo
porge a Crab)... Scrivete il nome delle persone alle quali dovrà essere
consegnata la merce... (Crab scrive sul
foglietto mentre Cobby prende la sua valigia a soffietto e la mette sul
tavolino)... non sarei
qui... Klutzer, se non sapessi prevedere queste inezie; e non fossi pronto a
rimediarvi... a quest'ora sarei già morto di fame...
(Solleva la copertina nera che ricopre la valigia: appare una gabbia
nella quale c'è un piccione)... tubi, tubi, tubi, tubi...
KLUTZER
–
Formidabile, borghese! questa proprio non me l'aspettavo!
COBBY
–
Piccole precauzioni, Klutzer, niente di eccezionale...
(Toglie il piccione dalla gabbia; a Crab)
è
pronto
il biglietto?
CRAB –
Eccolo
qua. (Cobby
piega il biglietto e lo introduce in un anello alla zampetta del piccione) Avrei un'idea, eccellenza. Perché non
parlare agli insorti? sarebbe una buona occasione per lanciare il piccione come
simbolo di pace.
IL
GENERALE (allarmato) – Pace?... quale pace?
CRAB – Per
modo di dire.
IL
GOVERNATORE – Cosa dovrei fare?
IL
GENERALE
– Il nostro Governatore non deve esporsi davanti
a quegli energumeni.
IL
GOVERNATORE – Grazie, generale. Sentito, Crab:
io
non devo espormi.
COBBY
– Non serve, eccellenza: il piccione per volare non ha bisogno di
discorsi. (Cobby si avvicina alla vetrata
seguito da tutti. Qualcuno apre un vetro, Cobby mette fuori le mani e libera il
piccione. Tutti seguono con la testa le fasi del volo).
VOCI –
Eccolo lassù... torna indietro... cerca l'orientamento... ecco, ha trovato la
direzione giusta... vola, piccione, vola!...
(Un secco colpo di fucile, un mormorio di delusione: le teste seguono la
traiettoria del piccione colpito che cade oltre la vetrata. Cobby è rimasto come
paralizzato, poi si volta a fatica verso
Flor, Maxi e Leo).
COBBY
(con voce strozzata) –
Ma quello era un Robertson!...
(Guarda i tre forse sperando di essere
contraddetto, ma tutti tacciono)...
era un Robertson!... come può averlo quella gente un Robertson?
LEO
(emozionata) – Avanti, Maxì... diglielo a
Cobby.
COBBY
(drammatico) – Che cosa mi deve dire?
LEO –
Coraggio, Maxì, parla!
COBBY
(più forte) –
Che cosa mi deve dire?
LEO
(scoppiando in singhiozzi)
– ....
pa'!... pa'!..
COBBY
– E parlate, dunque!
LEO –
Pa'!... ha venduto la merce!
IL
GOVERNATORE – E a chi avete venduto le armi?
MAXÌ – Ai
vostri uomini, eccellenza.
IL
GENERALE – Allora è in corso il contrattacco.
COBBY
(sbalordito)
– Hai venduto la merce... meraviglioso! incredibile!...
capisci, Flor: Maxì, da solo, è
riuscito a vendere la merce... e non mi diceva nulla...
LEO
(sempre piangendo) ....
avevamo deciso di fuggire con
quei denari...
COBBY
(sempre più sbalordito) – ...
anche truffare mi voleva...
capisci, Flor... truffare!... (in un
impeto di gioia che aumenta)... e noi che l'avevamo sottovalutato!... vieni
fra le mie braccia, figlio mio... anche tu ce l'hai nel sangue questo
mestiere!... truffare, capisci?!... e io che non gli volevo dare mia figlia... è
tua! sposala anche domani... caro, caro Maxì, perdonami...
(Con tono improvvisamente mutato)... Hai ricevuto contanti?
MAXÌ – No,
Cobby, non ancora.
COBBY – Avrai
almeno una ricevuta.
MAXÌ –
Certo: un mandato di pagamento in piena regola.
COBBY – Dài
qua.
MAXÌ
(cava di tasca una carta) – Eccolo.
COBBY –
Perfetto...
(Leggendo e approvando col capo) Banca del governo... mandato di
pagamento... il presente mandato sarà pagato a vista in qualsiasi momento...
(cambiando tono)... nella nuova residenza del governatore... all'inferno!...
IL
GOVERNATORE (facendo un
passo avanti) – Dove?
COBBY
(rileggendo) –
...nella nuova residenza del governatore...
all'inferno. (Il Governatore incomincia a
piangere; Cobby guarda Maxì)...
all'inferno!...
e tu hai dato le mie armi per questo pezzo di carta?!...
(Urlando) Sciagurato!...
(Al colmo della collera, Cobby avanza verso Maxì e fa
per prenderlo alla gola, ma in quel momento un'improvvisa oscillazione de "La
Zattera" fa barcollare tutti i presenti. Contemporaneamente i mobili della
stanza si spostano e alcuni quadri cadono dalle pareti che vibrano. Il paesaggio
al di là della vetrata incomincia a muoversi).
PIERRE
(che è corso alla vetrata; gridando) – "La Zattera" è stata sganciata dalla riva!
(Voci, grida, confusione: tutti si spostano
verso la vetrata)
VOCI –
Stiamo navigando in mezzo al fiume!... la corrente ci porta via!... andiamo alla
deriva!... (Il Governatore, attaccato alla
vetrata, sta per svenire e viene adagiato su una poltrona dove incomincia a
piangere. Cobby è rimasto immobile vicino al boccascena; Flor e
Leo lasciano la vetrata e si
avvicinano
a lui, ma egli le allontana roteando il suo bastone).
COBBY –
Via!... via tutti!... (Piomba su una
poltrona)... assassini!...
mi avete strappato il cuore...
FLOR
(tentando di avvicinarsi) –
Cobby, caro...
COBBY
(alzando il bastone) – Via!...
(Lamentandosi come una bestia ferita)... ah... ah... è finita ormai...
ah... ah!... assassini!
VOCI –
Aiuto!.. non voglio morire!... "La Zattera" galleggia perfettamente... la
corrente ci travolgerà... dove andremo a finire?... in mare, dove vanno a finire
tutti i fiumi...
ANNALISA – Io
non voglio morire!... io non c'entro con le vostre porcherie.
PIERRE – Noi
siamo artisti non abbiamo fatto nulla di male a questa gente.
KLUTZER – Gli
avete fracassato i timpani con le vostre fottutissime opere.
ANNALISA – Non
possono toccarci: siamo cittadini
francesi.
KLUTZER – Puoi
sempre buttarti in acqua e andare a protestare al tuo consolato.
(Pianto del Governatore, lamenti di Cobby,
vocio confuso degli altri).
VOCI
– Calma, calma... "La Zattera" resiste
bene... vedrete che si capovolgerà... e io che non so nuotare... calma...
FLOR
(tenta di avvicinarsi al marito) – Cobby, lascia che ti aiuti...
COBBY
(alzando il bastone) – Via!...
FLOR –
Perché mi tratti così?... io ho cercato di essere una buona moglie... ti sono
stata vicina per trent'anni... ti ho consigliato e aiutato come meglio ho
potuto... (Solleva la borsa nella quale
c'è il lavoro a maglia)... e anche ai nipotini pensavo, a qualche
frugoletto per la nostra vecchiaia... e avevo un solo sogno per noi due: quello
di fermarci in un angolino tranquillo e aprire un negozietto di armi, munizioni
e articoli vari per la caccia e la pesca...
COBBY
(urlando) – Basta!
FLOR
(indietreggiando) – Sì, Cobby... come vuoi...
VOCI – Dove
andiamo a finire?... ci rovesceremo di certo... no, "La Zattera" resiste...
nessuno si salverà... Calma, calma...
PIERRE
(con i pugni alla testa) – Dover crepare per questi maledetti
imbecilli!... crepare proprio ora, quando stavamo per agguantare il successo.
ANNALISA – E io,
allora, che cosa non avevo fatto per arrivare?...
(Scoppiando in lacrime)... Persino al figlio del governatore mi
sono adattata!... (Vikin, colpito da
queste parole, abbraccia il padre come per trovare protezione).
VOCI
– Perché non hanno dato l'assalto a
"La Zattera"?... perché ci vogliono vedere affogati?... potevano distruggerci a
cannonate prima... io dico che in questo momento ci stanno prendendo di mira...
sì, vogliono spararci al volo!... calmatevi!... calmatevi!...
VIKIN – C'è
gente là sulla riva.
KLUTZER –
Vorranno godersi 'sto schifo di spettacolo.
VIKIN –
Si spostano insieme con noi... non capisco perché
hanno in mano delle lunghe pertiche...
KLUTZER – Ve
lo dirò io il perché: hanno paura che la corrente porti la "Zattera"
vicino alla riva, e sono pronti per rimandarla al largo.
VIKIN –
Ma, allora, hanno proprio deciso di scacciarci
dal paese, di espellerci dalla nostra patria?!
KLUTZER
(con
voce chiara) –
Non è
questo che cercano: vogliono disinfettare la zona e allora ci sputano fuori come
topi schifosi da un tubo di scarico, ci respingono come rifiuti attraverso
questo intestino che si chiama fiume. (Lungo
mormorio. Flor e Leo cercano nuovamente di avvicinarsi a Cobby).
FLOR – Cobby, come stai?
COBBY
(balza in piedi roteando il bastone) –
Via, ho detto!... voglio morire da solo, come un
cane rognoso... così come sono stato trattato... via!... io non ho più nessuno
al inondo... io sono già morto... (Scariche di fucile)... eccole, le mie armi... le sole,
uniche voci amiche... e non potrò più udirle... mai
più!
(Batte un colpo di bastone sul tavolo dov'è il
registratore, poi crolla di nuovo nella poltrona. Ma il registratore s'è messo
in moto. Si ode l'ultimo gorgheggio della romanza di Annalisa, subito dopo
incomincia il coro del "Trionfo d'amore")
CORO
–
"Via la
lacrima dal ciglio, / dalla guancia via il pallor: / attraverso ogni periglio /
chi trionfa è sempre amor. / Se lontano è ancora il porto, / non si spenga in
voi l'ardor, / non vi colga lo sconforto / perché vince solo amor. / E Cupido,
ai vostri mali / sarà esperto guaritor, / con i suoi languidi strali / ché
trionfa sempre amor. / Sì, trionfa sempre amor!
Estratti da opere storico - letterarie