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due parti e tre quadri
(Premio Giuseppe Fava
– Catania,
1991)
[Testo tutelato
dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]
Una sordida ed inquietante storia di sopraffazione, subita da due coppie di amici, viene da ciascuno dei quattro recepita e gestita in modo diverso. Come diverso per tutti noi è, nella realtà, il modo di affrontare il fenomeno mafioso.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
4 personaggi (2 uomini e 2 donne)
PERSONAGGI
MARC
CLARA
NATALIE
JACQUES
LA SCENA
Soggiorno elegante. Al centro un divano con un tavolino
basso davanti. Sul fondo un'ampia vetrata. Due uscite a sinistra e a destra.
PARTE PRIMA
I QUADRO
(La scena è vuota. All’improvviso si alzano forti e aspre strida di uccelli. Marc entra da sinistra e si ferma davanti alla vetrata: è visibilmente disgustato. Lo stridio a poco, a poco cessa; Marc va a un mobile bar, si mesce qualcosa e beve, quindi, con il bicchiere in mano, va a sedersi sul divano e abbandona la testa sulla spalliera. Da destra entra Clara che parla sistemando qualcosa nella stanza.)
Clara
– Sei tu, Marc?... mi sembrava di averti sentito entrare,
ma non ero sicura... alla radio c'era uno di quei pezzi assordanti che coprono
tutto... bisogna convivere con il rock, no? e allora dobbiamo abituarci ai
rumori... e poi, francamente, bisogna riconoscere che qualcuno di quei pezzi
non è male... se lo paragoni, poi, a certe sviolinate languide e appiccicose…
Sei rientrato più presto del solito oggi... dovresti farlo più spesso, ci
guadagneresti in salute a lavorare di meno, è tanto che te lo dico... per
fortuna hai perso il vizio di portarti il lavoro a casa: quello proprio non
riuscivo a mandarlo giù... io qui a leggere o a guardare la televisione, e tu
nel tuo studio con i libri contabili, oppure a dettare lettere nel
magnetofono... Lo sai che è la prima volta che ti vedo bere a quest’ora...?
Marc
– E’ anche la prima volta che mi sento in queste
condizioni.
Clara
– C'è qualcosa che non va?
Marc
– Lo stomaco.
Clara
– Chissà che cosa hai mangiato oggi! te l’ho detto mille
volte di non fermarti alla mensa della fabbrica. A casa avresti mangiato
carne ai ferri, o pesce in bianco... tutta roba leggera...
Marc
– Non è quello che ho mangiato a pranzo, ma quello che ho
visto poco fa.
Clara
– Visto dove?
Marc
– Sul marciapiede di fronte... un branco di corvi sul corpo di un cane.
Clara
– Disgustoso!
Marc
– Il cane era stato investito da una macchina, ma non era
ancora morto... ci hanno pensato loro a finirlo.
Clara
– E non c'era nessuno a scacciarli?
Marc
– Nessuno se l'è sentita di muovere un dito. I corvi da
noi stanno diventando come le vacche sacre in India.
Clara
– Distruggono i topi, è vero, ma non per questo devono
diventare i padroni della città.
Marc
– O i topi, o loro. Chi scegli?
Clara
– Spaventosa come alternativa, non trovi?
Marc
– Basta rivedere un po' le vecchie categorie dell'orrore.
Clara
– Sei piuttosto pessimista stasera.
(Marc s'è abbandonato sul divano)
Stanco?
Marc
– Come al solito.
Clara
– Vuoi un po' di musica?
Marc
– No, grazie…
Clara
– Di solito la trovi molto distensiva.
Marc
– Sì, ma non oggi.
Clara
(si avvicina e l'accarezza maternamente)
– Vediamo un po' il perché... oggi questo signore,
nonostante sia arrivato a casa più presto, ha lavorato troppo.
Marc
– Non più degli altri giorni.
Clara
– Appunto. Ma facendo la somma con il lavoro di ieri, di
ieri l’altro e del giorno prima...
Marc
– No, non è questo.
Clara
– E che cos'è, allora? Hai appetito?
Marc
– Come al solito.
Clara
– Cioè, non troppo.
Marc
– Infatti.
Clara
– Sai perché te l'ho chiesto? perché stasera la cena
tarderà un po'... vengono Jacques e Natalie...
Marc
– E' vero, me n'ero dimenticato!
Clara
– … e sai cosa succede con loro: l'ora della cena è un
momento imprecisato fra le sette e la mezzanotte.
Marc
– Stasera proprio non mi fa nulla aspettare.
Clara
– Non è ancora passato, eh?... vuoi un altro goccio?
Marc
– Basta così, o lo stomaco me lo rovino davvero.
Clara
– Sai che a volte li invidio Jacques e Natalie, con il
loro modo di vita?
Marc
– Proprio tu, così attaccata alla precisione, alla
programmazione.
Clara
– E' il fascino del disordine che mi attira
misteriosamente.
Marc
– Come un precipizio nel quale verrebbe la voglia di
saltare.
Clara
– Ti rendi conto che la nostra vita è fatta delle stesse
azioni che compiamo sempre alla stessa ora... un monotono tran–tran, io a casa,
tu in fabbrica... Non hai guardato la posta.
Marc
– Ah, sì...
(fruga svogliatamente con la mano fra la corrispondenza sul tavolino)
Clara
– Non vale la pena di aprirla, vero?
Marc
– Basta leggere le intestazioni.
Clara
– E poi tu sarai anche un po' stufo di corrispondenza,
con tutta quella che ricevi in ufficio.
Marc
– Infatti.
Clara
– Tornando a Jacques e a Natalie, io magari lavoro troppo con la fantasia: a loro capitano le stesse cose che capitano a noi, solo che loro le ricevono in modo più confuso... tutto lì il fascino della loro esistenza: oggetti smarriti, impegni dimenticati, appuntamenti a cui si giunge in ritardo... Non ti senti bene, Marc?
Marc
– Come dovrei sentirmi, secondo te?
Clara
– E' da quando sono entrata che ti osservo... hai una
faccia!
Marc
– Una buona parte l’avranno fatta anche i corvi. E' difficile
cancellarsela dagli occhi quella scena. Non li avevo mai visti attaccare un
animale ancora vivo.
Clara
– E quando assalgono i topi?
Marc
– Topi a parte, naturalmente.
Clara
(prende un libro sul tavolino)
– Sto leggendo questo libro e lo trovo affascinante. Tu
l'hai già letto?
Marc
– Ho tentato di farlo, ma non ci sono riuscito.
Clara
– Come sarebbe a dire?
Marc
– Non riesco a concentrarmi. Gli occhi mi corrono sulle
righe, ma il cervello rimane assente.
Clara
– Un po'di stanchezza. Lavori troppo, te l'ho già detto.
Marc
– Lo sai anche tu che la ragione è un'altra.
Clara
– E' sempre più difficile, oggi, trovare un libro che ti
interessi veramente. Non so dirti da quanto tempo non mi capitava...
(Marc porta le mani al capo)
Lo vedi che hai il mal di testa.
Marc
– Non ho nulla, te l'ho detto.
Clara
– Come spieghi, allora…?
Marc
– C'è proprio bisogno di spiegazioni?
Clara
(indica la corrispondenza sul tavolino)
Là in mezzo c'è l'invito per andare ad assistere al
torneo di tennis... sabato e domenica. Tu sei libero, vero?
Marc
– Vai tu al torneo, io non ne ho voglia.
Clara
– Sai che senza te io non ci vado. Come mai non vuoi
andarci? Ti piaceva tanto il tennis, prima.
Marc
– Appunto. Prima.
Clara
(si alza e si avvicina alla vetrata)
– Oggi l’aria è più pesante del solito, non trovi? a
tirare un respiro fino in fondo si ha l'impressione che resti qualcosa in gola.
E pensare che quando abbiamo comprato questa casa volevo riempire di fiori qui
davanti... tutto un tappeto di fiori fino al cancello, fiori dal profumo forte
come gelsomini, mughetti, giacinti, tanto da confondere un po' il cattivo odore
della città… che ingenua! non sapevo che i fiori non crescono più all'aperto...
qui vengono su soltanto cespugli gialli e legnosi ...
(squilla il telefono; Clara fa l'atto di andare a rispondere, ma un gesto del marito la blocca. Ancora uno squillo, poi nulla)
... niente... hanno cambiato idea... puoi metterti
tranquillo... e puoi anche smetterla di guardare il telefono come un animale
pericoloso dal quale bisogna stare alla larga, senza però perderlo di vista.
Marc
– Vorresti farmi credere che ti domandi il perché?
Clara
– Vorrei vederti abbandonare questo stato di continua
agitazione.
Marc
– Ti sembra ingiustificato? hai dimenticato tutto?
Clara
– Non ho dimenticato nulla. Però è passato tanto tempo
che...
Marc
– Ventisei giorni.
Clara
– Ecco, ventisei giorni. Ormai non si faranno più vivi.
Marc
– Come fai a dirlo?
Clara
– Certe cose si sentono, o almeno... si crede di
sentirle.
Marc
– Così va meglio.
Clara
– Però, dopo un mese...
Marc
– Ventisei giorni.
Clara
– E va bene, ventisei giorni! Ormai ti hanno dimenticato.
Marc
– Un cane non dimentica l'osso che non ha finito di
spolpare. E' da stamani che aspetto di essere chiamato al telefono.
Clara
– E ancora nessuno l'ha fatto: ti sei preoccupato
inutilmente.
Marc
– Nessuna telefonata oggi? non te l’avevo ancora chiesto
per paura che tu mi dicessi di sì.
Clara
– Nessuna telefonata, almeno finché sono stata in casa.
Marc
– E sulla segreteria?
Clara
– Solo un paio di chiamate a vuoto: nessuno aveva
parlato.
Marc
– Lo vedi?
Clara
– Ma se succede tutti i giorni.
Marc
– Erano loro.
Clara
– Come fai a dirlo?
Marc
– Erano loro. Come quello squillo di poco fa.
Clara
– Mi sembra che tu esageri adesso.
(va ad accarezzare il marito)
Cerca di non pensarci più... provaci.
Marc
– Comincia a far caldo, vero?
(ritorna alla vetrata)
… vuoi che apra la finestra?... no, meglio di no: a
quest'ora l'odore diventa più pesante, più acuto... chissà perché, poi... Hai
preso la pillola contro le infezioni stamani?
Marc
– Sì, l'ho presa.
Clara
– Non bisogna dimenticarsene mai. Prima bastava infilare
i guanti quando di usciva, ma ora bisogna stare attenti a quello che si
respira, soprattutto. Vuoi che accenda il televisore?
Marc
– Mi hai mai visto guardare la televisione a quest'ora?
Clara
– E di fare qualcosa di diverso non ti viene mai voglia?
di uscire un po' dai binari delle abitudini non senti il bisogno? E' lo
stabilimento che ti ha ridotto così: tutto razionale, preciso, catalogato...
non potresti dimenticartene qualche volta di quel maledetto lavoro?
Marc
– Non sono stato in fabbrica oggi.
Clara
– Un appuntamento con qualche cliente?
Marc
– No, nessun appuntamento.
Clara
– E dove sei
stato, allora?
Marc
– Ai giardini pubblici.
Clara
– Ai giardini pubblici... e a che fare?
Marc
– Nulla.
Clara
– Come, nulla?… sei proprio tu il tipo che...
Marc
– Mi sono seduto su una panchina, davanti al laghetto dei
cigni.
Clara
– E sei rimasto lì senza muoverti?
Marc
– Tutto il pomeriggio.
Clara
– Guarda, Marc,
che io proprio non ti ci vedo seduto su una panchina davanti ai cigni.
Marc
– Non ho fatto altro.
Clara
– E sei arrivato a casa così stanco?!
Marc
(si tocca la testa)
– E' qui la stanchezza, capisci?
Clara
– Lo so.
E' proprio lì che devi cancellarla.
Marc
– Non ce la faccio, Clara.
Clara
– Devi sforzarti, in tutti i modi.
Marc
– Inutile, non ci riesco… dalla testa la sento scendere
per tutto il corpo, lungo la colonna vertebrale, le braccia, le gambe è
tremendo!
Clara
– E non potevi venire a casa a riposarti, scusa?
Marc
– Qui c'è il telefono, come in ufficio.
Clara
– Per quello, basta non rispondere.
Marc
– Non è così facile.
Clara
– No, non è facile.
Marc
– Dove ho sbagliato, Clara?
Clara
– Via, Marc,
mi avevi promesso di non pensarci più.
Marc
– Io non ho promesso nulla. Come posso promettere
qualcosa che so di non poter mantenere?
Clara
–Ero stata io a chiederti di non tornar sopra quella
cosa, e tu non hai detto di no.
Marc
– Non sono io a tornarci sopra: è quella cosa che s'è
collocata sopra di me. Vedi bene che è diverso.
Clara
– E’ molto più grave: è un'ossessione che ti consuma a
poco, a poco, ora.
Marc
– Io devo riuscire a scoprirlo dove ho sbagliato.
Clara
– Perché parli al singolare? anch'io sono responsabile.
Marc
– Sai bene che sono stato sempre io a decidere.
Clara
– Anch'io ho avuto la mia parte, e se ti ho lasciato
l'ultima parola, è stato per paura di assumermi troppe responsabilità. Ecco,
per vigliaccheria.
Marc
– Mi sono arreso troppo facilmente; ero terrorizzato e
non ho fatto nulla per nasconderlo.
Clara
– Che importanza ha ritornarci su, Marc? Ormai le cose
sono a questo punto e non serve sapere come ci sono arrivate. Serve, se mai,
sapere in che modo possiamo liberarcene.
Marc
–– Sì, hai ragione. Devo smetterla di torturarmi in
questo modo.
Clara
– Un discorso positivo, finalmente!
Marc
– Basta con i processi inutili! perché piangere sugli
errori commessi?... ma sono stati poi errori?
Clara
– Ecco che il processo ricomincia.
Marc
– No, hai ragione, scusami. Non parlerò più di quello che
è stato. E non ci penserò neanche più: lo cancellerò completamente, come se non
fosse mai accaduto.
Clara
– Ci riuscirai se lo vorrai veramente.
Marc
– Oh, se lo voglio! Vedrai, tutto ritornerà come prima,
la nostra solita vita, un po' monotona forse, ma serena, questo è quello che
conta: tranquilla e senza problemi. No, quelli non telefoneranno più, adesso ne
sono convinto anch'io.
Clara
– Da quanto tempo aspettavo che tu parlassi così!
finalmente!
Marc
– Basta volerlo con tutto noi stessi: ora l'ho capito, è
solo una questione di volontà. L’unica realtà è quella che il nostro cervello
accetta; è il cervello che decide ciò che è vero e ciò che non lo è. Niente che
da esso sia stato rifiutato può avere un'esistenza per noi. Qualunque problema
che...
(L’improvviso squillare del telefono cade sui due come un colpo di frusta. Si guardano desolati; Clara allunga una mano verso il ricevitore e interroga con gli occhi il marito che con un cenno della testa blocca il suo gesto. Il telefono continua a squillare.)
Clara
– Non vuoi che risponda? ma se è come pensi non smetterà
tanto presto, lo sai…. oppure smetterà e ricomincerà fra dieci minuti: sarai
costretto a rispondere e a inventarti una scusa... E se dicessi che non sei in
casa?... non servirebbe a nulla, lo so, vorrebbero sapere dove sei e quando
rientri: non servirebbe a nulla...
(indica con la testa il telefono che squilla)
… e questo serve, forse? Lascia che risponda... dirò che
rientri tardi, così prenderemo del tempo, e per stasera, forse... e poi non è
detto che siano loro... rispondo?...
(Marc fa un piccolo gesto di rassegnazione e Clara solleva il ricevitore)
… pronto?… scusatemi, ero in giardino e… ah, è lei,
signorina? (al marito)... è la tua segretaria... (Marc ha un piccolo
moto di sollievo; Clara nell'apparecchio)... no, non in questo momento... (al
marito)… voleva sapere se eri stato tu a telefonare in ufficio... era
uscita, ha sentito il telefono fuori dalla porta... è tornata subito indietro,
ma non ce l'ha fatta... (nell'apparecchio)... no, signorina, non è stato
mio marito... ma non stia a preoccuparsi, chiunque fosse ritelefonerà
domattina... vada pure a casa, buona sera...
(abbassa il ricevitore)
allarme a vuoto, come vedi.
Marc
E chi ha chiamato, secondo te, in ufficio?
Clara
Qualche tuo cliente sarà stato.
Marc
– A quest'ora?
Clara
– Non è poi così tardi.
Marc
– A quest'ora gli uffici sono chiusi.
Clara
– E perché, secondo te, quelli ti avrebbero telefonato,
se a quest’ora gli uffici sono chiusi?
Marc
– Perché sanno che spesso mi trattengo laggiù anche dopo
le ore di lavoro.
Clara
– E non potrebbe saperlo anche qualche cliente?
Marc
– No, escluso.
Clara
– Se fossero stati loro avrebbero richiamato subito qui.
Marc
– Stanno calcolando il tempo che mi occorre per tornare a casa e poi chiameranno qui, stai certa, non sono disposti a perdonarmela, stai certa.
Clara
– Per l'amor di Dio, Marc, smettila, vuoi farmi
impazzire?!
Marc
– E alla mia pazzia non ci pensi?… c'è' un coltello che a
poco, a poco mi entra nella scatola cranica... io non posso più aspettare,
capisci?...
Clara
(gli si avvicina e l'accarezza)
– Calmati, caro, ti prego.
Marc
– … mi metterò a gridare fra un attimo se quel maledetto
telefono non suona… non ce la faccio più!...
(lamentandosi)
…ah… ah… ah…
(squillo di telefono; Marc fissa l'apparecchio come paralizzato)
Clara
– Ecco, adesso puoi andare a rispondere… .non ti
muovi?... non era quello che volevi? avanti, perché non rispondi?
Marc
– E chi ce la fa a sollevare un braccio?... neanche un
dito riesco a muovere… c'è un mio nemico mortale che mi aspetta, lì in quella
scatola… su per un filo che vuole strangolarmi... come faccio a infilare il
collo nel cappio?
Clara
– Vado io, allora.
Marc
– No, fermati!
Clara
– Dirò che non ci sei.
Marc
– No! non mi hanno trovato in ufficio e devo essere a casa.
Da quale altra parte potrei essere? non è nelle mie abitudini.
Clara
– Le abitudini cambiano.
Marc
– Non toccare quel telefono!
Clara
– Vuoi lasciarlo suonare, allora?
Marc
– No! ogni squillo mi entra nel cervello a straziarmi...
(allunga una mano verso l'apparecchio)
... ma non ce la faccio... un po' di pietà, Clara...
Clara
(alza la cornetta)
– Pronto?... pronto... hanno riattaccato... no, aspetta,
qualcuno c'è: sento il suo respiro...
Marc
– Domanda chi è… digli di parlare!
Clara
– Pronto?... chi c'è da quella parte?... parlate, per
favore... ora hanno riattaccato davvero.
Marc
– Era un respiro profondo, regolare?
Clara
– Sì.
Marc
– Come altre volte: sono loro.
Clara
– Allora vogliono intimidirti, è chiaro.
Marc
– E allora?
Clara
– Non devi cadere nel loro gioco: devi mostrare calma e
fermezza.
Marc
– Prima avrei dovuto farlo, ora è troppo tardi.
Clara
– Sei ancora in tempo se ti dimostri sicuro nel
rifiutarti.
Marc
– Sai bene quali sono i loro metodi.
Clara
– Sopporteremo le conseguenze, stringeremo i denti...
torneremo dalla polizia.
Marc
– E a far che? a farci ripetere quello che ci hanno già
detto?… nomi e cognomi, fatti concreti, denunce precise...
Clara
– Eppure, il principio di incendio nel nostro villino al
mare, era un fatto concreto.
Marc
– Un cortocircuito, ci dissero.
Clara
– E se proprio di quello si fosse trattato?
Marc
– In coincidenza con le minacce?... strano. E quando ci
tagliarono le gomme dell'auto?... quelli li chiamarono atti di teppismo.
Clara
– Così per il proiettile. che fracassò il parabrezza.
Marc
– Che cosa mai potevamo denunciare alla polizia? quello
che possiamo denunciare oggi: una voce contraffatta che viene da un telefono
pubblico qualsiasi.
Clara
– Non dovevamo arrenderci.
Marc
– E quei ritagli di giornale che incominciarono ad
arrivare, non te li ricordi più? parlavano di attentati, ferimenti, omicidi...
episodi misteriosi e tutti inspiegabili. Ne rimanesti terrorizzata, rammenti?
Clara
– Forse si trattava di fatti di cronaca di cui loro si
erano appropriati per presentarli a scopo intimidatorio.
Marc
– Anche allora abbiamo detto lo stesso, ma rimaneva un
dubbio: e se non si fosse trattato di appropriazioni?
Clara
– E' stato quel dubbio a tradirci; invece dovevamo
continuare a dire di no.
Marc
– Ma poi abbiamo pensato che non valeva la pena correre
dei rischi, quando bastava così poco per mettersi al sicuro. Ricordi qual'è
stato il primo ordine che ho dovuto eseguire? Andare di notte a scrivere su un
muro con una bomboletta di vernice: "Karl è tornato".
Clara
– Sembrava trattarsi di uno scherzo innocente.
Marc
– Invece era il segno di accettazione di una sudditanza.
Una settimana dopo è arrivato il secondo incarico: bloccare per dieci minuti il
traffico su una strada di montagna con la scusa di un guasto all’auto.
Clara
– A chi poteva servire quell'interruzione di traffico?
Marc
– L'hai scoperto tu?!… e hai mai saputo chi era quel
Karl, e da dove era tornato, e perché?!
Clara
– Abbiamo passato intere serate a discuterne. Dicevamo:
"Karl è tornato" è una parola d'ordine per far scattare un piano
criminoso...
Marc
– Dicevamo che anche il delitto più atroce può essere
diviso in più tronconi, innocui all'apparenza, da affidare a diversi esecutori.
Poi tutto si è chiarito: quei primi incarichi non contavano niente, era
soltanto una prova della mia obbedienza ai loro ordini. E' arrivato il terzo
incarico, e allora abbiamo finalmente capito il significato del mio
reclutamento.
Clara
– Una faccia pulita, una persona insospettabile...
Marc
– … qualcuno che potesse trasportare il loro veleno in
polvere con il minor rischio possibile.
Clara
– Pensi che ci fosse della droga in quel pacchetto che
hai dovuto trasferire?
Marc
– Non credo che, per la prima volta, abbiano rischiato
merce così preziosa, ma lo faranno in seguito, stai certa.
Clara
– Ora il gioco è chiaro e non è più possibile illudersi…
Marc
– Non abbiamo più alibi, ora, vuoi dire?
Clara
– “Alibi”non mi pare il termine giusto.
Marc
– E' l'unico giusto, pensaci bene. Non l'avevamo intuito
che cosa c'era in fondo a quest'operazione?
Clara
– C'era qualche sospetto, ma non eravamo sicuri.
Marc
– Lo sapevamo bene, invece, ma non volevamo confessarlo
nemmeno a noi stessi. Mentivamo a noi stessi: vedi a che punto era arrivata la
nostra ipocrisia?
Clara
(dopo un attimo di riflessione)
– Sì, è come dici tu, lo sapevamo bene. Io almeno lo
sapevo, ma lottavo con tutta me stessa per respingere questa certezza.
Marc
– Ora non sono più possibili proroghe: è il momento di
decidere.
Clara
– Lo sai tu che cosa fare?
Marc
– Certo. Rifiutarmi.
Clara
(si avvicina alla vetrata)
– Si annuvola verso la collina; non mi meraviglierei se
scoppiasse un temporale: oggi ha fatto troppo caldo... Hai notato negli ultimi
anni come sono diventati frequenti i temporali? Prima capitavano soltanto in
estate, ricordi?... adesso, invece... Voglio scrivere a un giornale per
domandare il parere di un meteorologo... perché una ragione ci sarà pure... E
così, hai deciso di dire di no?
Marc
– Sì, ho deciso.
Clara
– Senza preoccuparti delle conseguenze?
Marc
– Mi stanno strangolando e ormai non mi resta più fiato.
Clara
– Lasciami pensare un momento, Marc, vuoi decidere in
questo momento?
Marc
– Adesso, sì, perché stanno per telefonare.
Clara
– Non è ancora detta.
Marc
– E' detta! non continuare ad illuderti.
Clara
– E’ una decisione grave che può avere effetti tremendi.
Marc
– Dobbiamo essere forti e dire di no, costi quello che
costi.
Clara
– Ci hai pensato bene, Marc?
Marc
– Non faccio altro da ventisei giorni: io non sono più
disponibile!
Clara
(dopo una breve pausa, con calma)
– Sì, Marc, non c'è altro da fare... resisteremo insieme
e ne usciremo, vedrai... sì, finalmente hai trovato il coraggio e l'hai dato
anche a me... ora sono pronta a tutto, sai... la nostra vita dovrà tornare
quella di prima...
Marc
– Quella di prima, certo: non siamo gli schiavi di
nessuno!
Clara
– Calma, ora, calma... dobbiamo pensare bene a quello che
dovrai dire.
Marc
– Un no forte e chiaro, senza possibilità di equivoci.
Pensa, basta un solo no per cancellare tutta la disperazione di questi
giorni... ah, come mi sento leggero ora che ho preso questa decisione!... un
solo no... e io che non osavo pensarci!
Clara
– Calmati, Marc, sei tutto sudato... hai caldo, vero?...
devo mettere in moto il condizionatore?... perché non vai a rinfrescarti il
viso?
Marc
– Andrò a fare un doccia, invece, tanto per la cena c'è
ancora tempo.
Clara
– Tutto il tempo che vuoi.
Marc
(si avvia verso destra)
– Vado, allora...
(si ferma e indica il telefono con la testa)
... e se per caso...
Clara
– Dirò di ritelefonare più tardi.
Marc
– No, falli aspettare e chiamami subito: voglio
sbarazzarmi di questa faccenda il più presto possibile. Che vita sarà la nostra
senza più sentir parlare di loro!
Clara
– Eppure c'è stata una vita così per noi, fino a poco
tempo fa.
Marc
– Eravamo felici e non lo sapevamo. Questa è dunque la
felicità: una bella donna che passa e che noi apprezziamo soltanto voltandoci
indietro.
(Marc esce, ma uno squillo di telefono lo richiama precipitosamente in scena. Clara muove la mano verso il ricevitore, ma Marc la ferma con un gesto, quindi avanza deciso verso l'apparecchio.)
Clara
– Come abbiamo deciso?
Marc
– Come abbiamo deciso.
Clara
– Senti di potercela fare?
Marc
– Ad ogni costo devo farcela...
(afferra il ricevitore)
... pronto?... chi?... Susanna!... tu?!... cara Susanna,
come stai?... la mamma è qui, vicino a me ... sì, stiamo bene... tutti e due
bene... e la scuola, dimmi, come va?... ieri hai preso otto nel compito in
classe di francese?... brava la mia bambina!... e in matematica, hai rimediato
a quell'insufficienza?… brava, bravissima!… come dici?… eri in pensiero per
noi?... e perché mai?... dopo la telefonata... quale telefonata?… telefonata di
chi?!... un mio amico… quale amico?!... senti, Susanna, raccontami tutto per
bene... poco fa un tale ti ha telefonato in collegio... e ha cercato di me?...
pensava che fossi venuto da te perché non mi aveva trovato né a casa, né in
ufficio... e ha detto di essere un mio amico ... e che io avrei capito subito
chi era... no, non so di chi si tratti, e neppure che cosa voglia... è strano,
certo, molto strano... anche perché il nome del tuo collegio non l'ho dato a
nessuno... e anche a te avevo raccomandato... neppure tu l'hai fatto... neanche
alle tue amiche hai dato l'indirizzo... come l'avrà scoperto quel tale?… è
strano, si capisce... e non ti ha detto altro quel tizio?... solo che voleva
parlare con me... beh, ora sono in casa e può trovarmi quando vuole... ti passo
la mamma... ciao, ti abbraccio... (passa il ricevitore a Clara)
Clara
– … ciao, amore... ho sentito quello che hai detto al
babbo... complimenti per la scuola... ti aspetto per la metà del mese prossimo:
andremo in montagna e ci divertiremo tanto... un bacione anche da me...
(depone
il ricevitore. Marc e Clara si guardano in silenzio scoraggiati)
Marc
(con un filo di voce)
– Sono riusciti a scoprirlo.
Clara
– Come ci sono arrivati?
Marc
– E chi lo sa come diavolo hanno fatto... chi lo sa!
Clara
–– Nessuno poteva saperlo il nome del collegio, nessuno!
Marc
– Ma loro l'hanno scoperto! niente può essergli nascosto:
siamo nelle loro mani.
Clara
– Sì, ora ne sono convinta anch'io. A loro è bastato
alzare il telefono e chiamare un disgraziato come te, capitato nella loro rete,
per sapere il nome del collegio.
Marc
– Gliel'hanno ordinato e lui è riuscito a scoprirlo,
chissà per quale via. Del resto, non mi risulta che i collegi tengano segreto
il nome dei loro allievi.
Clara
– Un'informazione apparentemente innocua che non poteva
turbare la coscienza di nessuno.
Marc
– "Karl è tornato", vero?
Clara
– Appunto. E ora?
Marc
– Perché me lo domandi, non sai che cosa vuol dire quella
telefonata a Susanna?
Clara
– Sì, lo so.
Marc
–Allora perché me lo domandi, maledizione!?
Clara
– C'è sempre bisogno di controllare i propri sospetti in
casi come questo.
Marc
– Non è un sospetto, Clara: è una realtà indiscutibile,
una muraglia sulla quale si spezzano le nostre sciocche fantasticherie.
Clara
– Sembrava lo sapessero cos'avevamo intenzione di fare.
Marc
– Certo che lo sapevano, o almeno se l'aspettavano.
Conoscono l'animo umano, sanno fino a che punto può giungere la
sopportazione... per andare più in là ci vogliono carte sicure da giocare...
Clara
– La sicurezza di nostra figlia.
Marc
– Appunto. Ora per me è finita: hanno ribadito la catena.
Ora possono affidarmi tranquillamente la loro droga o gli incarichi più
impegnativi... sono un collaboratore prezioso, adesso.
(si abbatte sulla spalliera del divano con le mani al viso. Un silenzio)
Clara
– E se tentassimo ancora con la polizia?
Marc
– Per sapere che siamo affetti da allucinazioni morbose o
da mania di persecuzione?… e poi, hai riflettuto bene sulla polizia?
Clara
– Riflettuto, come?
Marc
– Che anche i poliziotti hanno famiglia, hanno figli...
sono sottoposti al ricatto come noi.
Clara
– Vuoi dire che loro sono entrati anche lì?!
Marc
– Ti sei mai chiesta come mai, loro, sono sempre stati
informati delle nostre visite alla polizia?...
Clara
– Sì che me lo sono chiesta.
Marc
– ... ma che, in fondo, non erano troppo turbati per
quelle visite...
Clara
– Pensavo che si sentissero al sicuro perché agivano nel
più assoluto anonimato.
Marc
– Anche a me quella sembrava una spiegazione valida, ma
se poi guardi il modo in cui la polizia ha trattato le nostre denunce…
Clara
– … sempre minimizzate, o addirittura ridicolizzate...
Marc
– … non puoi fare a meno di pensare che anche la polizia
è caduta nella loro rete.
Clara
– E' spaventoso, te ne rendi conto?! Fermiamoci qui,
Marc.
Marc
– Non te la senti di andare fino in fondo?
Clara
– Ci siamo già in fondo, se la polizia non può più proteggerci.
Marc
– Allora c'è un'altra strada da seguire.
Clara
– Quale?
Marc
– Cercare di convincerci di avere sbagliato tutto, che si
tratta davvero di atti di teppismo, di coincidenze spiacevoli e di scherzi di
cattivo gusto.
Clara
– Basta, Marc, o impazziremo a continuare così!
(si allontana dal divano)
Fa caldo stasera, un caldo umido che entra nelle ossa: l’estate è arrivata in anticipo... l'anno scorso, a questa data, faceva ancora freddo e adesso si soffoca... E neanche quest'anno potremo andare al mare a fare un po' di bagni... ma lo sai dire che cosa ce ne facciamo del villino al mare se non possiamo fare i bagni?... potremmo anche venderlo, che ne dici?
Marc
– Nessuno compra più case al mare.
Clara
– Nemmeno quelli che aspettano il risanamento delle
coste?
Marc
– Non ci sono risanamenti da fare, è meglio levarselo
dalla testa.
Clara
– E i progetti di cui hanno sempre parlato?
Marc
– Chiacchiere per calmare l'opinione pubblica. Ma intanto
la crosta di alghe e di petrolio aumenta sempre, invece di diminuire. Le onde
ormai si arrestano lontano dalla costa, contro la barriera dei rifiuti, e sulla
riva giungono solo le carogne dei pesci o degli uccelli marini…
(Improvvisamente si scatena un clamore di scappamenti di motociclette. Marc e Clara corrono alla vetrata)
Clara
– Che cosa succede?!
Marc
– Non lo so.
Clara
– Ma… proprio davanti al cancello!…
Marc
– Si muovono, però... vedi...
Clara
– ... è tutto un gruppo che va e che viene...
Marc
– Stanno girando intorno a qualcosa... o a qualcuno...
(Suono ripetuto di campanello.)
Clara
– Vogliono entrare, adesso?!
Marc
– Ma sono Jacques e Natalie a suonare!...
Clara
– Loro là in mezzo!... bisogna aprire subito!...
(Escono in fretta a sinistra. Rumore delle motociclette che continua, poi quello di un cancello che si richiude pesantemente. Voci confuse e agitate. Entrano Clara e Natalie abbracciate, poi Jacques e Marc.)
Natalie
(molto agitata)
– Ce l'abbiamo fatta!... è un miracolo, ma ce l'abbiamo
fatta!
Clara
(fa sedere Natalie accanto a lei sul divano)
– Calma, Natalie... è tutto finito.
Natalie
– E il cancello?!... l'hai chiuso bene il cancello?
Clara
– Ho dato anche il paletto, stai tranquilla.
Natalie
– Ma sono ancora lì fuori!
Jacques
– Hai paura che le motociclette passino attraverso le
sbarre?
Clara
– Su, Natalie, calmati... non è successo niente.
Marc
– Perché non siete entrati con l'auto direttamente nel
garage?
Clara
– Perché, piuttosto, siete scesi dall'auto quando li
avete visti?
Jacques
– Siamo senza macchina.
Marc
– Senza macchina?!
Jacques
– S'è fermata a duecento metri da qui.
Marc
– Un guasto?
Jacques
– No, Natalie s'era dimenticata di metterci dentro la
benzina.
Clara
– Ma come?!... avete fatto duecento metri a piedi... a
quest’ora?!
Natalie
– Per strada non c'era nessuno e credevano di farcela... e
invece, all'improvviso, questi dannati ci sono saltati addosso.
Jacques
– Erano nascosti dietro l'angolo della casa.
Marc
– Della nostra casa?!
Jacques
– Proprio all'ingresso del garage. Anche se avessimo
avuto l'auto, non saremmo potuti entrare.
Natalie
– Ci stavano aspettando.
Clara
– Ma no, cosa vai a pensare!
Natalie
– Perché sono qui, allora?
Clara
– Sono qui come potrebbero essere da un'altra parte.
Natalie
– Ma intanto sono qui, e non hanno voglia di andarsene.
Jacques
– Senti, Natalie, la prossima volta che dài un
appuntamento a qualcuno, cerca gente meno rumorosa.
Marc
– Avete fatto un ingresso trionfale, degno di un'opera
lirica.
Jacques
– La carica dei centauri, ti va come titolo?
Natalie
– Io sono qui col cuore in gola, e lui ha voglia di scherzare.
Clara
– Lo fa per te, non hai capito? vuole sdrammatizzare...
ma per scaricare la tensione, io dico che ci vuole qualcosa da bere…
(va al mobile–bar. Gli scoppiettii sono cessati)
Natalie
– Se ne sono andati?
Marc
(alla vetrata con Jacques)
– Hanno spento i motori ma sono ancora qui davanti.
Natalie
– Ci aspettano
all'uscita.
Marc
– Allora resteranno a bocca asciutta perché a casa vi
riporterò con la mia macchina.
Natalie
– Ma se non
aspettano noi, che cosa fanno lì fuori?
Clara
(arrivando con i bicchieri)
– Non ci pensare, cara... e bevi questo.
Natalie
(beve, poi si alza)
– Eppure, qualcosa in mente la devono avere.
Clara
– Dove vai, adesso?
Natalie
(andando alla vetrata)
– Voglio dare un'occhiata.
Clara
– Siediti, Natalie, non te ne preoccupare.
Natalie
– Guardali là, spavaldi, con le mani in tasca e la
sigaretta accesa in bocca.
Jacques
– Sai di un altro posto dove si possa mettere una
sigaretta accesa, quando si tengono le mani in tasca?
Natalie
– Chi staranno aspettando, se non noi?
Jacques
– Chissà... forse un'altra signora che ha dimenticato di
riempire il serbatoio.
Clara
(che ha terminato la distribuzione dei bicchieri, abbraccia Natalie alle spalle)
– Su, Natalie, vieni con me.
Natalie
– Come fai, Clara, a essere così tranquilla? non li leggi
i giornali, non sai nulla di quello che accade ogni notte?
Clara
– Ma sì che lo so.
Natalie
– E non sei preoccupata?
Jacques
– Magari si preoccupa di più di non restare all'asciutto
quando esce di notte con la macchina.
Clara
– Insomma, Jacques, la potresti anche piantare, no?!
Natalie
– Tutti lì, fermi, silenziosi, come se aspettassero un
ordine.
Clara
– Meglio non occuparsi più di loro; non trovi?
Natalie
– Come faccio a dimenticarmene? sento ancora il loro
sguardo viscido e freddo di quando mi sfioravano con le loro moto...
Jacques
– Erano i fanali accesi, non i loro sguardi.
Clara
– Calmati, Natalie, in fondo non è successo nulla.
Natalie
– ... e se avvertissimo la polizia?
Jacques
– Buon'idea! Pronto, commissario... ho uno sguardo
viscido e freddo su di me.
Natalie
(a Jacques)
– Io non so dove lo trovi il coraggio di scherzare
davanti a un gruppo così minaccioso.
Jacques
– Quali minacce, scusa?
Marc
– Per dire la verità, neppure io ho visto o sentito
minacce.
Natalie
– E il carosello di moto intorno a noi?
Jacques
– Un omaggio, forse un po' eccessivo, al tuo aspetto
fisico… Dovresti esserne lusingata.
Natalie
– E tutti questi ceffi qui davanti, immobili, silenziosi,
come belve pronte a scattare da un momento all'altro?
Marc
– Ecco, tutt'al più si potrebbe parlare di assembramento
preoccupante.
Natalie
– Giusto! alla polizia potremmo dire che siamo tutti
preoccupati.
Jacques
– A proposito di preoccupazioni da togliere, dì loro
anche che hai una cambiale in scadenza, chissà se...
Natalie
(a Clara, accennando al marito)
– Io quello lì, stasera, non lo sopporto più!
Clara
– Ma non vedi che si preoccupa di te? ti vede impaurita e
vuole minimizzare l’accaduto.
Natalie
– Vuole sfogare il suo sadismo, invece...
Clara
– Ma no…
Natalie
(a Marc)
– ... tu dici che la polizia non verrebbe?
Marc
– Molto difficile: hanno fatti più concreti a cui
badare... e se venisse, forse sarebbe peggio, perché il gruppo si disperderebbe
per tornare più tardi gonfio di rabbia …
Clara
– ... e non dimenticare poi che noi abitiamo qui, e che
quelli saprebbero subito chi ringraziare.
Natalie
– Non ci avevo pensato.
Clara
– Ecco, brava, adesso non pensiamo più a nulla...
(la riconduce al divano)
... anzi, ci dimentichiamo di tutto...
Jacques
– Non vorrei che quest'oblio comprendesse anche la cena
di stasera, però.
Clara
– La cena!…
è vero!… devo preparare la tavola…
(a Natalie)
… vieni a darmi una mano?
Natalie
– Certo.
(escono tutte e due a destra)
Marc
– Puoi riprendere fiato.
Jacques
– Accidenti, che fatica!
Marc
– Eri perfetto come uomo coraggioso.
Jacques
– Là fuori ho preso anch'io una paura dannata, ma se me
ne fossi fatto accorgere, Natalie sarebbe svenuta.
Marc
– E' stata una bella imprudenza la vostra.
Jacques
– Ci ne rendiamo conto sempre troppo tardi. In fondo
Natalie ha ragione, questi ceffi fermi
accanto al cancello sono davvero preoccupanti.
Marc
– Anche perché non si sa cos'abbiano in mente.
Jacques
– Quale mente? loro non pensano, non ne hanno la facoltà:
agiscono soltanto dietro un impulso che proviene da qualche parte del loro
corpo. Ma il cervello non c'entra.
Marc
– Sì, a volte può essere un suono o un colore, oppure un
odore particolare che percepiscono nell'aria.
Jacques
– La nostra foresta ha creato il suo abitatore.
(Squillo di telefono; Marc trasale e si stacca dalla vetrata; guarda l'apparecchio che suona come se stesse raccogliendo le forze. Da destra appare Clara; sguardo fra i due; Marc fa un piccolo. cenno verso Jacques che volta le spalle.)
Clara
– Jacques, ho bisogno del tuo aiuto: c’è da scegliere il vino per stasera e Marc non ne capisce nulla.
Jacques
– Ai suoi ordini, madama.
(segue Clara a destra)
Marc
(solleva il ricevitore)
– Pronto?… sì… come ha detto?… un momento per favore...
(a Clara che è riapparsa a destra)
... è per Jacques...
Clara
(a voce alta verso destra)
– Jacques è per te...
(a Jacques che appare)
... ti chiamano al telefono...
(sparisce, mentre Jacques avanza molto incerto)
Jacques
– Che... che cosa c'è?...
Marc
(porgendogli il ricevitore)
– Una chiamata per te.
Jacques
– Per... per me?... ma com'è possibile?!...
Marc
– E’ possibile, se m'hanno detto nome e cognome.
Jacques
(avanza traballando fino ad appoggiarsi alla spalliera del divano)
– … Ma nessuno sa che stasera sono venuto qui!
Marc
– Evidentemente qualcuno lo sa.
Jacques
– Incredibile!
(si passa una mano sul viso per asciugarsi il sudore)
Marc
– Vuoi che dica che non ci sei, che sei già andato via?
Jacques
– No... è inutile... tanto vale che...
(si trascina accanto a Marc che gli porge il ricevitore)
Marc
(facendo l'atto di alzarsi)
– Ti lascio solo…
Jacques
(prendendolo per il braccio, come per trovare forza accanto a lui)
– No, rimani, ti prego... pronto?... sì, sono io... come
avete saputo che stasera ero qui?!... i vostri informatori?... ma questa è una
persecuzione...
(a voce alta)
... e io non tollero...
(smorzando il tono)
... io vi supplico di lasciarmi in pace... no, ora non
posso... vi ho detto che non posso... sono in casa di amici, lo sapete…
(a voce alta)
... come potete pensare che io...
(abbassando il tono)
... adesso per me è impossibile persino starvi a
sentire... telefonatemi più tardi a casa... dopo mezzanotte... va bene...
(depone il ricevitore e si prende il viso nelle mani. Un silenzio)
Scusami, Marc... non avrei dovuto, ma non è dipeso da
me... scusami.
Marc
– Ma che dici, Jacques, di che vuoi scusarti? Piuttosto,
posso fare qualcosa per te?
Jacques
– Ti ringrazio, ma non puoi far nulla... devo sbrigamela
da solo... tu non puoi capire...
Marc
(fissandolo)
– Ne sei proprio sicuro?
Jacques
– Perché dici questo?... o tu forse sai...?
Marc
– Sì, so tutto: ho riconosciuto la voce... anch'io, come
te...
Jacques
– Anche tu?!
(va ad abbracciare l’amico)
... in questa rete maledetta... in attesa degli
ordini?!...
Marc
– Sì, anch'io!
Jacques
– Ma com'è potuto
accadere?!
Marc
– E credi che non
me lo domandi in ogni momento? Non abbiamo saputo rifiutarci all'inizio,
abbiamo chinato la testa invece di opporci.
Jacques
– Sì, è stato così... sembrava quasi un gioco al
principio, uno scherzo studentesco destinato a durare poco...
Marc
– … e invece hanno continuato con i loro ordini... quella
voce falsata sospesa su un vuoto orrendo... Natalie è al corrente?
Jacques
– Finora sono riuscito a tenerglielo nascosto: lei non
riuscirebbe a sopportarlo. E Clara?
Marc
– Sa tutto.
Jacques
– E' già una fortuna per te.
Marc
– Aspettavo anch'io una loro telefonata stasera.
Jacques
– Ti era stata annunciata?
Marc
– No.
Jacques
– E come potevi sapere che ti avrebbero telefonato?
Marc
– Così, un'intuizione confusa... non so nemmeno io come.
Jacques
– Tutta la nostra vita, ora, si svolge in attesa di una
telefonata.
Marc
– Hai parlato con la polizia?
Jacques
– Sì, ma è stato inutile: vogliono fatti concreti, e
soprattutto persone concrete. Una voce al telefono non basta.
Marc
– Anche a me hanno risposto lo stesso. E' chiaro che
anche la polizia è nella rete.
Jacques
– Non può essere che così. Spaventoso, vero?
Marc
– Lo sai che cosa avevamo deciso io e Clara stasera?
Jacques
– Che cosa?
Marc
– Di non accettare più i loro ordini, di farla finita per
sempre, a qualunque costo.
Jacques
– E credi che io non abbia tentato?... hai visto anche tu
i risultati.
Marc
– Quali risultati?
Jacques
– I motociclisti che ci hanno quasi assaliti e che sono ancora là fuori.
Marc
– Vuoi dire che...?
Jacques
– Sono stati loro a mandarli, non c'è dubbio.
Marc
– E perché mai?
Jacques
– Erano due giorni che non rispondevo alle loro chiamate
al telefono.
Marc
– Si tratta di un avvertimento.
Jacques
– Hai capito ora qual'è il loro stile?
Marc
– Quello lo conoscevo già, solo che non gli attribuivo
anche questo episodio.
Jacques
– Io sarei disposto anche a resistere, ma ho un punto
debole: Natalie. Loro lo conoscono e se ne servono per il loro ricatto.
Marc
– Così come si servono di Susanna con me e con Clara...
(fissa per qualche attimo Jacques in silenzio)
dimmi la verità, Jacques… non mentirmi, ti prego...
Jacques
– Cosa c'è, Marc?
Marc
– … il nome del collegio di Susanna sei stato tu a
dirglielo?...
Jacques
– Ma no, cosa ti metti in mente?!
Marc
– … eri l'unico a saperlo... l'abbiamo scelto insieme
quel collegio, ricordi?
Jacques
– Ma perché vuoi che io...?!
Marc
– Non mentire, Jacques, sei stato tu!
(afferra l'amico per le spalle e lo scuote)
Jacques
– Ti ho detto di no!... e tu, piuttosto, a chi hai detto
che stasera sarei venuto qui?
Marc
– Accusi me per salvarti, vero?
Jacques
– Perché quella banda là. fuori ci aspettava? perché mi
hanno chiamato al telefono proprio a casa tua?...
Marc
– La verità, Jacques,
la verità...!
Jacques
– E la tua qual'è?! ... io mi fidavo di te...
Marc
– Ti credevo un amico... e mi hai consegnato per sempre
nelle loro mani.
(Un silenzio. Marc lascia Jacques; sono tutti e due avviliti)
Jacques
– Anche a questo
sono riusciti!... a far calare il sospetto fra noi... a spingerci uno contro
l'altro... ad impedire ogni atto di solidarietà, ogni possibile alleanza...
Marc
– Hai detto alleanza?
Jacques
– Perché no?
Marc
– E come potremmo allearci, e a quale scopo?
Jacques
– Non lo so nemmeno io, ma so che in due è meglio che da soli... potremmo consigliarci, magari cercare qualche altra vittima come noi, e forse riuscire anche a scoprire chi c'è dietro quelle telefonate.
Marc
– Sì, è possibile, perché no? Se riusciamo a trovare
altri come noi, possiamo formare un gruppo, una forza contrastante... tutti
insieme potremo opporci, riuscire a spuntarla...
Jacques
– E come fare per metterci in contatto con gli altri?
Marc
– Aspetta ... ho un'idea!
(corre ad aprire il cassetto di un mobile, fruga fra alcune carte, ne estrae una e legge ad alta voce)
"Laboratorio di pellami in fiamme. Il proprietario
salvato a stento dai vigili del fuoco."
(a Jacques)
… è un ritaglio di giornale che mi hanno mandato tempo fa
a scopo intimidatorio...
(continua a leggere)
”… le fiamme si sono scatenate all'improvviso per cause
ancora sconosciute. All'interno del laboratorio c'era soltanto il signor Hubert
Lubinski, proprietario dello stesso…"
(prende la guida del telefono e la scorre in fretta)
... Lubinski... ecco qua ... Lubinski Hubert...
(forma un numero al telefono)
... pronto?...
il signor Hubert Lubinski?...
le telefono a proposito
dell'attentato di cui è stato vittima… come quale attentato? quello del...
(consulta il ritaglio di giornale)
… sedici settembre, l'incendio al suo laboratorio… come?…
non si è trattato di un attentato?… l'incendio non era doloso... un banale
cortocircuito... mi scusi tanto, allora... buona sera.
(a Jacques)
... è stato intimidito: ora sarebbe perfino disposto a
negare di aver subito un incendio.
Jacques
– Forse negare l'attentato è un'astuzia per riscuotere l'assicurazione.
Marc
– Può darsi. Possiamo fare un altro tentativo, però...
(prende un giornale sul tavolo e lo sfoglia)
... è una notizia che ho letto ieri… eccola qui!…
"Misteriosa aggressione a un pacifico cittadino"...
(scorre l'articolo riassumendo i punti salienti)
... gli sono saltati addosso all'uscita di un bar e
l'hanno pestato duramente... non si conosce il motivo... ricoverato
all'ospedale è stato dimesso in giornata ... la polizia indaga… dov'è il
nome?... eccolo qui!... John Conelly…
(cerca il numero sulla guida telefonica e lo compone)
...pronto... il signor John Conelly?... volevo parlare
dell'aggressione che ha subito recentemente… no, non sono della polizia…
diciamo che io sono una vittima come lei… sì, anche se non negli stessi
termini, anch'io sono stato sottoposto ad atti di violenza, a feroci
aggressioni... come dice?... è stato uno sbaglio?... lei sostiene che si tratta
di uno scambio di persona?… di me può fidarsi, signor Conelly: io cerco
soltanto un alleato... non sa di che cosa parlo?... nessuno le ha mai rivolto
minacce o avanzato ricatti?... nessuno... Vuole che ci incontriamo per parlarne
faccia a faccia?… non ne vede la necessità... va bene, mi scusi per il disturbo
allora...
(depone il ricevitore; a Jacques)
… l’omertà ha raggiunto i confini dell’assurdo.
Jacques
Non c'è da illudersi: nessuno è disposto a parlare.
Marc
– Dobbiamo rassegnarci, allora? trascorrere la nostra
esistenza in attesa di una chiamata al telefono?
Jacques
– Per il momento non c'è altro per noi.
Marc
– Sento che sto per impazzire, Jacques.
Jacques
– Fatti coraggio, Marc.
Marc
– Oggi ho passato il pomeriggio al parco, seduto su una
panchina, con gli occhi fissi davanti a me, senza vedere nulla.
Jacques
– Io cerco di convincermi che tutto finirà
improvvisamente, cosi come è incominciato, che si è trattato di un gioco e che,
come tutti i giochi, a un certo punto verrà a noia.
Marc
– Fino a poco tempo fa ho pensato anch'io al gioco, ma
l'ultima volta mi hanno fatto trasferire un pacchetto.
Jacques
– A me è toccato ritirare una borsa.
Marc
– Che cosa c'era dentro?
Jacques
– Niente. Come nel tuo pacchetto.
Marc
– Non siamo noi adesso a giocare?
Jacques
– Perché, tu l'hai aperto il tuo pacchetto?
Marc
– No, naturalmente.
Jacques
– Naturalmente, perché era vuoto. Vuoto come la mia
borsa. Un pacchetto e una borsa vuoti: di questo si trattava.
(leggera pausa)
Marc
– Quanto tempo potremo ancora andare avanti in questo
modo?
Jacques
– Ce n’è un altro che conosci?
Marc
– No, maledizione, no!
Jacques
– Allora, questo è tutto quello che abbiamo: un gioco da
portare avanti, anche se non ne conosciamo le regole, anche se sappiamo che
saremo sempre sconfitti. Oppure...
(fragore di motori che sale e poi si attenua. Tutti e due vanno alla vetrata)
... se ne stanno andando... vedi...
Marc
– Pensi che quelli conoscano i loro datori di lavoro?
Jacques
– Sicuramente no. Hanno ricevuto l'ordine sull'azione da
compiere e il pagamento adeguato. Non hanno bisogno d'altro.
Marc
– Le uniche coordinate sicure nell'universo di dubbi e di
incertezze. Dove sono le nostre?
Jacques
– C'è una poesia che dice:
Non sempre
là dove nasce il vento gelido
puoi trovare la stella polare.
Marc
– Una poesia, dici?
Jacques
– Magari è soltanto un proverbio.
Marc
– Perché "soltanto"? un proverbio può essere
molto più importante di una poesia e...
(squilla il telefono. Marc e Jacques hanno un moto di trasalimento)
Jacques
– Per chi sarà la chiamata?
(Girano intorno al tavolino fissando con timore l'apparecchio che continua a suonare.)
PARTE SECONDA
II QUADRO
(Tre mesi dopo. Clara entra da destra, mette a posto
qualche soprammobile, poi apre la finestra ma la.richiude subito, con una
smorfia di disgusto, quindi spruzza intorno con una bomboletta. Siede e sfoglia
distrattamente una rivista.
Da
sinistra entra Marc.)
Marc
– Ciao,
Clara.
(va a dare un bacetto alla moglie)
Clara
– Ciao, Marc.
Oggi è stata una buona giornata,
vero?
Marc
– Come lo sai?
Clara
– Te lo leggo in faccia.
Marc
– Sì, è stata una buona giornata, a parte un po' di noia.
Clara
– Noia?
Marc
– Tutto il giorno alle costole dei giapponesi che
volevano
vedere le macchine in funzione.
Clara
– Sono rimasti soddisfatti?
Marc
– Secondo l'interprete, sì.
Clara
– Allora faranno l’ordinazione.
Marc
– E’ molto probabile.
Clara
– Che percentuale di probabilità?
Marc
– Diciamo... un ottanta… novanta per cento.
Clara
– Evviva! è quasi fatta, allora?
Marc
– Sembrerebbe di sì.
Clara
– Da quanto tempo l'aspettavi quest'ordinazione, eh?
Marc
– Meglio non alzare il calice prima di averlo riempito.
Clara
– Hai ragione.
Marc
– Hai già preparato per la cena?
Clara
– No, ma faccio
in un attimo.
Marc
– E invece non
fare nulla: andiamo a cena fuori. Stasera ho voglia di svagarmi, vedere gente
e, magari, perché no, fare quattro salti. Che ne dici?
Clara
– Dico che certe cose non si domandano nemmeno a una
donna che passa intere giornate a casa, da sola. Lo sai da quanto tempo non
andavamo fuori a cena?
Marc
– Da un bel pezzo, lo so.
Clara
– Da quando sono incominciate quelle maledette
telefonate.
Marc
– Sì, dev'essere stato da allora.
Clara
– Adesso finalmente è finita.
Marc
– Già.
Clara
– Non ti hanno più chiamato neppure in ufficio, vero?
Marc
– Non si sono più fatti vivi.
Clara
– Come te lo spieghi, Marc?
Marc
– Non lo so.
Clara
– Io ci penso sempre, e ogni volta che squilla il
telefono ho il terrore che siano loro.
Marc
– Non pensarci più. Probabilmente si sono stancati.
Clara
– Come "stancati"? dopo aver fatto tanto per
averti in loro potere...
Marc
– Si saranno accorti che con me il gioco non valeva la
candela, che non ero un tipo affidabile per gli incarichi importanti.
Clara
– E come hanno fatto ad accorgersene se non hanno mai
provato ad affidartene?
Marc
– Questo proprio non lo so. Avranno il loro modo di
giudicare.
Clara
– Dev'essere proprio cosi: di altre possibilità non ne
vedo.
Marc
– Perché continui a pensarci, piuttosto?
Clara
– Come fai tu a non pensarci?
Marc
– Dobbiamo continuare a vivere, no? Questo devi ripeterti
ogni volta che ti torna in mente quell'idea.
Clara
– Sì, hai ragione. Anch'io devo fare come te. Sforzarmi,
almeno. Incomincerò proprio da stasera. Vado a mettermi qualcosa addosso.
(si avvia verso destra)
Marc
– Niente di troppo elegante, però.
Clara
– D'accordo. E tu non ti cambi?
Marc
– Ti do un po' di vantaggio, tanto arriverò primo lo
stesso.
Clara
– Sei proprio sicuro?
(Clara esce a destra; Marc accende il televisore ed esplora diversi canali con il telecomando. Squillo di telefono: Marc alza prontamente il ricevitore. Parla a voce bassa con durezza)
Marc
– Pronto?... sì, sono io... perché telefonate qui?!...
dovete chiamare solamente in ufficio, lo sapete... non m'importa se oggi non mi
avete trovato, qui non dovete cercarmi... mai più!... cancellate questo numero
dal vostro elenco!...
(abbassa il ricevitore e torna a schiacciare il
telecomando. Da destra entra Clara con il vestito mezzo infilato)
Clara
– Mi abbottoni dietro, per piacere?
Marc
– Certo.
(spegne il televisore e va ad aiutare la moglie)
Clara
– Ho sentito il telefono di là. Chi era?
Marc
– La mia segretaria: voleva delle informazioni riguardo a
una pratica in corso.
Clara
– Ancora in ufficio a quest'ora, la tua segretaria?
Marc
– Sta facendo degli straordinari: c'e parecchio lavoro
arretrato.
Clara
– Ah!
Marc
(alle spalle di Clara)
– ... questo bottone che non vuole entrare... ah, ecco,
finalmente!… sarà, ma non mi sembra un granché pratico questo vestito... rende
necessaria la presenza di un marito... dev'essere un modello inventato dalla
lega contro il divorzio… te l'immagini poi se la separazione avvenisse proprio
quando una donna ce l'ha indosso?... dovrebbe subito cercare un altro uomo per
farselo togliere...
(ha finito il lavoro e la bacia sul collo)
... va bene che per te non sarebbe un problema...
Clara
(si allontana di un passo e rimane immobile e silenziosa)
– Perché ho perso lai tua fiducia, Marc?
Marc
– Come dici?
Clara
– Finora mi hai sempre tenuta al corrente di ciò che ti
accadeva, di bene e di male.
Marc
– Non capisco.
Clara
– Ho preso anch'io poco fa la comunicazione sull'altro
apparecchio... ho sentito tutto.
Marc
– Ah.
Clara
– Scusa per l'indiscrezione, ma da quelle telefonate in
poi io vivo col fiato sospeso. Perché non mi hai detto che continuavano?
Marc
– E perché dirtelo? c'ero già io a preoccuparmi.
Clara
– Prima l'hai fatto. Abbiamo sofferto insieme e ci siamo
fatti forza l'un l'altra. Non puoi restare solo, capisci? Io voglio dividere
con te ogni paura, ogni disperazione.
Marc
– Tutte cose che volevo risparmiarti.
Clara
– Ma non è giusto. Lo capisci, vero?
Marc
– Sì, forse hai ragione. Continuerò a tenerti al
corrente.
Clara
– Così quelle telefonate non sono mai cessate?
Marc
– No.
Clara
– A che intervalli?
Marc
– Più o meno come prima.
Clara
– E gli ordini, quali erano?
Marc
– Quasi gli stessi... azioni molto semplici, a volte
incomprensibili; qualche pacchetto da trasferire da un luogo all'altro.
Clara
– Pacchetti pieni di droga, vero?
Marc
– Questo non lo so: io non li ho mai aperti.
Clara
– E che cosa ci potrebbe essere altrimenti?
Marc
– Non lo so e non voglio saperlo.
Clara
– E ti basta questo per far tacere la tua coscienza?!...
no, scusami, caro... lo so che la tua coscienza non c'entra, non può
entrarci... sono loro che approfittano della tua faccia di uomo onesto, della
tua posizione insospettabile per obbligarti ad azioni infami...
(abbraccia il marito)
… oh, Marc, cosa sarà di noi?
Marc
– Adesso ricominci. Ecco perché volevo tenerti
all'oscuro, per non vederti in questo stato. Così vorresti aiutarmi?
Clara
– Sì, hai ragione, scusami: sono una stupida donnicciola.
Devo ragionare, e non mettermi a piangere.
Marc
– Ora va meglio.
Clara
– E' per Susanna che temiamo di più, vero? e allora
perché non la trasferiamo segretamente in un altro collegio?
Marc
– Proprio all'inizio dell'anno scolastico! a rischio di
farglielo perdere.
Clara
– Cosa vuoi che conti un anno di scuola!
Marc
– E sei certa che loro non scoprirebbero il nuovo
collegio?
Clara
– Magari potremmo cercarlo all'estero.
Marc
– Così ci sarebbe anche la difficoltà della lingua.
Clara
– Tutte difficoltà che si possono superare.
Marc
– E pensi che così sia risolto tutto? non ti viene in
mente, per esempio, che Susanna potrebbe restare orfana?
Clara
– Vuoi che arrivino a...?
Marc
– Non lo so, ma proprio ieri c'era una notizia
preoccupante sul giornale: un'auto con marito e moglie a bordo è saltata per aria.
Clara
– Pensi che siano stati loro?
Marc
– Nessuno sa spiegarsi il perché, quindi ogni
supposizione è ammessa.
Clara
– Dobbiamo rassegnarci, allora, senza neanche tentare di
trovare una via d'uscita?
Marc
– Potrebbe venir fuori quando meno l'aspetti, la via
d'uscita. Non ci pensare ora.
Clara
– Come fai a essere tanto calmo, Marc? prima non eri
così.
Marc
– Mi vuoi ancora vedere come una volta, sull'orlo della
pazzia?
Clara
– No, certo.
Questo no. Solo vorrei sapere
com'è scesa dentro di te questa calma.
Marc
– Con la riflessione; soffocando ogni emotività dentro di
me.
Clara
– Anch'io lo vorrei, ma non ci riesco.
Marc
– Provaci. Incomincia stasera. Abbiamo deciso di andare a
cena fuori e poi a ballare, no?
Clara
– Come fai... come fai...?! ... con quelli che hanno
telefonato poco fa.
Marc
– Ci risiamo!
Clara
– No, scusami... sono una sciocca. E' da te che devo
prendere esempio. Tu sei forte: hai saputo raggiungere la calma, e io devo
cercare di imitarti. Ci riuscirò, vedrai... incomincerò proprio da stasera,
sì... solo uno sguardo al trucco e sono pronta per uscire...
Marc
– Io intanto vado a cambiarmi.
(vanno tutti e due a destra, ma sono bloccati da uno squillo di campanello)
Clara
– Chi sarà?
Marc
– E' dalla porta del garage.
(Escono tutti e due a sinistra. Rumore di voci indistinte ma allegre, poi entrano Natalie, Jacques, Clara e Marc)
Clara
– Che bella sorpresa ci avete fatto!
Natalie
– Voi stavate per uscire e noi siamo arrivati a guastare
tutto.
Marc
– Non avete guastato un bel nulla perché andiamo tutti a
cena fuori. Vi va?
Clara
– Sì, sì... sarà molto più bello se venite anche voi.
Jacques
– A turbare la cenetta intima di questi due piccioncini?
Non sia mai detto.
Marc
– Non fare lo sciocco, Jacques. A noi le occasioni per
tubare non mancano.
Jacques
– Ma come, Marc, abbandoni la casa proprio ora che sta
per incominciare il combattimento per il titolo mondiale dei massimi?
Marc
– E' vero! non me ne ricordavo più. Senti, Clara, che ne
diresti di preparare uno spuntino a casa?
Clara
– E' l'idea migliore. Vieni a darmi una mano, Natalie?
Natalie
– Vedi che guai ad avere degli amici rompiscatole
Clara
– Noi siamo felici di avervi qui. Andiamo di là a
preparare qualcosa... lasciamoli al loro pugilato.
(escono a destra. Jacques si abbandona sul divano; Marc lo guarda in silenzio)
Jacques
– Grazie, Marc.
Marc
– E di che cosa?
Jacques
– Di averle mandate di là. Ci sono momenti in cui mi
sento scoppiare; devo fare sforzi sovrumani per non mettermi a urlare.
Marc
– Per primo, dovresti dir tutto a Natalie.
Jacques
– Vuoi scherzare? lo sai com'è fatta, no?
Marc
– Devi arrivarci a poco, a poco.
Jacques
– Sarebbe una crudeltà inutile. Che aiuto mi può dare
lei?
Marc
– Intanto, non saresti più costretto a recitare.
Jacques
– Nemmeno per sogno. Dovrei continuamente fare la parte
dell'uomo coraggioso, tanto per dare un po' di coraggio a lei. Un copione
diverso: tutto lì.
Marc
– Come te la cavi quando loro telefonano e Natalie è
presente?
Jacques
– Prova a immaginartelo. Devo far finta di parlare con un
amico e sorvegliare ogni possibile espressione del viso, ogni inflessione di
voce.
Marc
– E quando devi eseguire un ordine?
Jacques
– Alta scuola di menzogna: "… era Walter al
telefono, cara... ha bisticciato con la moglie e vuole che vada a mettere una
buona parola..." oppure: "… sono gli amici del Circolo: hanno bisogno
di un quarto a poker... cosa dici, ci vado?"... non ce la faccio più,
Marc!
Marc
– Su, Jacques, fai uno sforzo, bisogna restare in piedi
ad ogni costo.
Jacques
– E come si fa, Marc, insegnamelo tu... tu che riesci a
parlare con tanta calma... come fai... come?!
Marc
– Con il ragionamento. Capisco che la disperazione non è
una via d'uscita e mi impongo la calma.
Jacques
– Io non ci riesco.
Marc
– Stringi i denti e provaci.
Jacques
– Non sono capace di rassegnarmi. Sono tornato alla
polizia il mese scorso.
Marc
– E cos'hai ottenuto?
Jacques
– Un topo morto nella cassetta delle lettere. L'ha
trovato Natalie che per lo spavento è
quasi svenuta. C'è voluto del buono e del bello per convincerla che si
trattava dello scherzo di qualche ragazzaccio.
Marc
– La polizia è nel complotto, ricattata come noi, te
l'avevo detto.
Jacques
– C'era un funzionario paziente e gentile e gli ho
raccontato tutto.
Marc
– E lui?
Jacques
– Mi ha dato l'indirizzo di uno psicanalista. Allora io
gli ho detto: "va bene... la prossima volta che mi fanno trasferire un
pacchetto, lo porto qui... vedremo cosi se sono un visionario. "
Marc
– E l’hai fatto?
Jacques
– E' capitato tre giorni fa... ho portato là il pacchetto
e gliel'ho fatto aprire: era pieno di sabbia.
Marc
– Erano stati avvertiti: è chiaro.
Jacques
– Adesso mi rimane una sola via d'uscita.
Marc
– E quale?
Jacques
– E' un po' che ci penso, ma continuavo a rimandare...
Marc
– Di che cosa parli?
Jacques
– Ora non ho più dubbi: è quella l'unica strada.
Marc
– Insomma, di che strada si tratta?!
Jacques
– Del suicidio.
Marc
– Cos’hai detto?!
Jacques
– Andarmene da questo mondo, Marc.
Marc
– Non voglio sentirti parlare in questo modo.
Jacques
– Perché mai? se rifletti un po' ti convincerai anche tu
che è l'unica cosa da fare...
Marc
– Basta così, Jacques!
Jacques
– ... almeno per me che non sono riuscito a superare come
te quello che ci è capitato.
Marc
– Anche tu puoi superarlo, se lo vuoi.
Jacques
– No, per me non c'è che scomparire. E' un pezzo che ci
penso e ornai l'idea mi è diventata familiare, amichevole.
Marc
– Stai scherzando, vero?
Jacques
– Mai stato così serio.
Marc
– E che ne sarebbe poi di Natalie?
Jacques
– Morto io la lascerebbero in pace.
Marc
– Come puoi parlare di certe cose in questo modo?
Jacques
– Perché è una decisione che ho maturato da tempo. L'ho
guardata a fondo, rovesciata da tutte le parti, fino a convincermi che è la
soluzione più conveniente.
Marc
– Ti rendi conto di quello che stai dicendo?
Jacques
– Ma perché tanto sdegno? vuoi dirmi che tu, davvero, non
ci hai mai pensato?
Marc
– Neppure per un solo momento, te lo posso giurare.
Jacques
– Evidentemente, hai una capacità di resistenza che io
non ho.
Marc
– Parlerò con Natalie perché ti stia accanto.
Jacques
– No, per carità! Natalie non mi starebbe accanto, mi
crollerebbe addosso. Morirei soffocato e, anziché di un suicidio, si
tratterebbe di un delitto.
Marc
– Levati dalla testa queste idee: c'è qualcos'altro da
fare...
Jacques
– Cosa vuoi che faccia altrimenti? Io non so rassegnarmi
come te.
Marc
– Non è rassegnazione la mia.
Jacques
– Che cosa vuoi dire?
Marc
– Che arche per me il ruolo di vittima è inaccettabile.
Jacques
– E allora?
Marc
– E allora me lo sono scrollato di dosso.
Jacques
– E come hai fatto... come?!
Marc
– Davvero vuoi saperlo?
Jacques
– E me lo domandi?!
Marc
– Potresti anche non approvarmi e giudicarmi in modo
severo.
Jacques
– Ma che stai dicendo?! le cosa principale è riacquistare
la libertà, per te e per me.
Marc
– Vuoi veramente sapere come ho fatto?
Jacques
– Sì, se è qualcosa che posso fare anch'io.
Marc
– Lo puoi fare.
Jacques
– E allora avanti, non tenermi sulle spine.
Marc
– Mi devi promettere di non parlarne con nessuno. Neanche
Clara sa nulla.
Jacques
– Certo che te lo prometto.
Marc
– L'hai voluto tu, allora, non te ne scordare.
Jacques
– Che cosa vorresti dire?
Marc
– Che io non mi sento compiaciuto di quello che ho fatto.
Jacques
– Hai trovato il modo di continuare a vivere, non basta?
Che bisogno c'è degli applausi?
Marc
– E’ quello che continuo a ripetermi, ma non riesco
sempre a convincermi.
Jacques
– Insomma, qual’è questo problema? lascia che sia io a
giudicare.
Marc
– Ho paura, Jacques.
Jacques
– Vuoi piantarmi a questo punto?
Marc
– No, parlerò... certo... ti dirò tutto... ma ricordati
che se lo faccio, è solo per aiutarti nelle condizioni in cui ti trovi.
Jacques
– E io te ne sono grato... parla!
Marc
– Ho trovato una persona che opera per me.
Jacques
– Che cosa significa?
Marc
– Gli ordini che loro mi trasmettono non sono più io a
eseguirli: ho trovato qualcun altro che agisce per mio conto.
Jacques
– Qualcun altro?!... e chi?!... e come hai fatto a
trovarlo?!
Marc
– Nello stesso modo come loro hanno trovato te e me.
Jacques
– Vuoi dire che...?
Marc
– Sì, nello stesso modo. Io adesso mi limito a trasferire
degli ordini: sono solo il punto di passaggio di una comunicazione. Quando loro
mi telefonano io registro il loro ordine, e poi lo ritrasmetto a chi dovrà
eseguirlo. Nemmeno la mia voce ho voluto impegnare.
Jacques
– Ah!... questo proprio...!
Marc
– Non te l'aspettavi, eh?
Jacques
– No... certo che no... avrei potuto pensare a tutto, ma
a questo no... no di sicuro...
Marc
– Non mi credevi capace di un'azione del genere, vero?
Jacques
– Non so cosa dirti... sono sconcertato.
Marc
– Puoi tirar fuori tutto quello che ti viene in mente:
non temere di offendermi.
Jacques
– Ma io non voglio giudicare.
Marc
– Vuoi che ti aiuti?
Jacques
– Lasciami riflettere, Marc. Non pretendere che abbia in
tasca quello che è giusto e quello che non lo è… e dov'è, poi, il giusto in una
situazione come la nostra?
Marc
– Ecco, è da qui che bisogna partire: tu l'hai capito
subito.
Jacques
– Sì, è da qui. Bisogna incominciare dalle attenuanti
prima di affrontare il reato. Ma, trasmettere ordini, è poi davvero un reato?
Sempre abbiamo obbedito a degli ordini, ora venivano da Dio, ora
dall'imperatore...
Marc
– ... ma noi, né Dio, né l'imperatore abbiamo mai visto;
fra noi e il potere c'è stato sempre un intermediario: è lui il responsabile.
Jacques
– Hai già pronunciato il verdetto, allora: la mia
opinione non ti serve.
Marc
– Ne ho bisogno come dell'aria. Non sai che cosa sta
avvenendo dentro di me.
Jacques
– E allora dimmelo tu che cosa potrebbe aiutarti.
Marc
– Non lo devi chiedere a me se hai deciso di aiutarmi
davvero.
Jacques
– Vuoi che giudichi il fatto che hai legato un altro
schiavo alla catena? ora la macchia s'è allargata e la giungla è divenuta più
fitta. Ma basta che tu tiri fuori la vita disperata degli ultimi mesi, il
dovere di difendere tua figlia e tua moglie, per ingoiare subito qualunque
rimorso, hai giustificazioni da vendere.
Marc
– Credi che possa bastarmi?
Jacques
– Che altro posso dirti? che la mia stima per te non è
diminuita, che ti sarò sempre amico, qualunque cosa possa accadere.
Marc
– Non ho bisogno di parole, Jacques, dovresti capirlo.
Jacques
– E che cosa posso darti più di quelle?
Marc
– Un atto semplice ma preciso di partecipazione.
Jacques
– Cioè?
Marc
– Devi seguire il mio esempio, passare a un altro gli
ordini che ti arrivano.
Jacques
– Allora, anch'io dovrei...?
Marc
– Sì, ti aiuterò io. Posso anche indicarti l'individuo
con cui metterti in contatto. Pensa, Jacques, riuscire a liberarti per sempre
dal peso che ti schiaccia!...
Jacques
– E scaricarlo addosso a un altro?
Marc
– Perché, non hai anche tu giustificazioni valide? se hai
davvero accettato le mie, anche le tue ti devono bastare. Solo così puoi dare
pace alla mia coscienza.
Jacques
– E alla mia non ci pensi?
Marc
– Ecco che torniamo da capo. Dov'è andata a finire la tua
comprensione, la tua dichiarazione di stima?
Jacques
– Ma tu mi chiedi qualcosa di più: mi chiedi di
partecipare.
Marc
– E' l'unico modo di dimostrare la tua approvazione.
Jacques
– Ma io non posso seguirti: non ne sarei capace.
Marc
– Preferisci l’esistenza disperata che continui a
condurre?
Jacques
– Non la continuerò ancora per molto, te l'ho già detto.
Marc
– Non è una via d'uscita, quella.
Jacques
– Non lo so cosa sia, ma so che è l'unica cosa che mi
resti da fare.
Marc
– E mi lasci solo ad affrontare l'inferno che ho dentro?!
Jacques
– Riuscirai a superarlo. Hai la struttura. che occorre.
Ce la puoi fare, Marc.
Marc
– E' il tuo rifiuto a impedirmelo. Ora so che non ho la
tua approvazione.
Jacques
– Hai però tutta la mia comprensione.
Marc
– Non mi basta. Perché se le tue giustificazioni non ti
sembrano sufficienti, neanche le mie lo sono.
Jacques
– Ma io non vado cercando giustificazioni, Marc: io per
continuare a vivere ho bisogno di certezze.
(Clara
entra da destra)
Clara
– Di là è pronto... ma come, non stavate guardando
l'incontro pugilistico?
Jacques
– Abbiamo spento il televisore: il match è finito.
Clara
– Così presto?
Jacques
– Già... K.O.alla prima ripresa...
(a Marc)
... a proposito, lo sai che non ho capito bene chi dei
due è andato al tappeto!
III QUADRO
(Tre mesi dopo. Marc sta ascoltando della musica con grande attenzione. Da sinistra entra Clara; ha il passo stanco e un'espressione triste sul viso. Marc, al termine del pezzo, va a spegnere lo stereo.)
Marc
– E’ una nuova incisione... formidabile, vero?... già! tu
sei arrivata solo alla fine... vuoi sentirla da principio?
Clara
– Non ne ho voglia ora, grazie.
Marc
– Non sai quello che perdi. E' un'esecuzione
sconvolgente: non si riesce a riprendersi, subito dopo averla ascoltata. Tu
però è un pezzo che non ti avvicini allo stereo: me ne accorgo dai dischi che
sono sempre come li ho lasciati… neanche uno spostato.
Clara
– Infatti.
(va alla vetrata)
Marc
– Da Natalie anche oggi?
Clara
– Già.
Marc
– Come sta?
Clara
– Puoi immaginartelo.
Marc
– C'è sempre l'infermiera da lei?
Clara
– Non la lascia sola un momento.
Marc
– Cosa si può fare perché torni a una vita normale?
Clara
– Lasciar passare il tempo.
Marc
– Sono passati due mesi e non c'è stato alcun
miglioramento.
Clara
– Appunto, sono passati soltanto due mesi.
Marc
– Dovrebbe lasciare la città, Natalie, allontanarsi dai luoghi che le ricordano Jacques.
Clara
– Questo è stato già deciso. Anch’io andrò con lei.
Marc
– E quando contate di partire?
Clara
– Domattina.
Marc
– Addirittura?!
Clara
– Cosa c’è che non va?
Marc
– Mi sembra una decisione un po' affrettata: di solito si
programma con un certo anticipo.
Clara
– Oggi ne abbiamo parlato e domani partiamo.
Marc
– Incredibile! Di solito sei più misurata nelle tue
decisioni. E dove andrete?
Clara
– Ancora non lo sappiamo.
Marc
– Di bene in meglio! questa non è una partenza: è una
fuga.
Clara
– Forse è proprio questo il termine da adoperare.
Marc
– Capisco per Natalie
che deve cercare di allontanarsi da un ricordo, ma tu non hai motivo di
fuggire.
Clara
– Pensi davvero che non abbia alcun motivo?
Marc
– Sì, preoccupazioni e timori, lo so. Ma sei ben sicura
di non ritrovarteli davanti, là dove andrai?
Clara
– Il mio è un tentativo e non c'è alcuna sicurezza sul
risultato.
Marc
– Apprezzo la tua sincerità. Non potreste riandare la
partenza? domani ho una giornata piena di impegni: non posso neanche venirvi a
salutare.
Clara
– Domani devi andare al mare, no?
Marc
– E… come lo sai?!
Clara
– C'è un pacco in arrivo su un peschereccio, e tu devi
controllare che venga ritirato regolarmente e consegnato nel luogo stabilito.
Marc
(sbalordito)
– Eh?!… ma… ma come fai a sapere queste cose?!
Clara
– Ieri sera. non sono stata da Natalie fino a tardi...
tornando a casa mi sono fermata allo stabilimento... il custode mi conosce e mi
ha fatto entrare nel tuo ufficio... gli ho detto che mi avevi mandato tu a
cercare una certa pratica.
Marc
– E perché hai fatto questo?
Clara
– Ti chiedo scusa per quest'indiscrezione, ma c'erano
cose che dovevo chiarire. Per me era molto importante dare risposta ad alcune
domande.
Marc
– Non sarebbe stato più semplice chiederle a me quelle
risposte?
Clara
– Perdonami, ma non volevo che mi restassero dubbi sulla
loro esattezza.
Marc
– Che cosa volevi sapere, insomma?
Clara
– Volevo capire le ragioni del tuo atteggiamento negli
ultimi tempi. Perché, per esempio, non ti vedevo più trasalire quando squillava
il telefono.
Marc
– Perché loro non telefonano più a casa, ma in ufficio.
Questo però lo sapevi da tempo.
Clara
– Ma possibile che di quelle telefonate non ti restasse
dentro niente: né ansia, né timore, né disgusto? Com'era avvenuta la tua
trasformazione?
Marc
– Mi trovi trasformato?
Clara
– Incredibilmente. Una sicurezza che non ti ho mai visto,
neanche prima che incominciassero quelle maledette telefonate.
Marc
– Purtroppo, sono le difficoltà, i dispiaceri e le
preoccupazioni che fanno maturare l'individuo.
Clara
– Ma in te non c'è traccia di tutto questo: sei pieno di
allegria e di voglia di vivere.
Marc
– Non hai pensato che il mio potrebbe essere un
atteggiamento calcolato, proprio per evitare a te delle preoccupazioni?
Clara
– Come faceva Jacques con Natalie? No, escluso. Natalie
ne aveva bisogno, ma non io. E questo tu l'hai sempre saputo.
Marc
– E allora, com'è andata la tua indagine, sei riuscita a
chiarire i tuoi dubbi?
Clara
– Completamente. Mi è bastato leggere la copia di una
lettera che ho trovato in un cassetto, per scoprire quello che cercavo.
Marc
– Quale lettera?
Clara
– Quella che hai mandato a Jacques prima che si
uccidesse.
Marc
– Quel suicidio è
un grosso rimorso per me. Fino all'ultimo ho creduto che Jacques non ne fosse
capace.
Clara
– Un rimorso per tutti: essergli stati accanto e non
averlo capito.
Marc
– A me però aveva rivelato le sue intenzioni, solo che io
continuavo a sperare che seguisse la strada che gli avevo indicato.
Clara
– Già: "la tua strada". E' stato questo che mi
ha incuriosito nella tua lettera. Così ho continuato a cercare, finché non ho
trovato le registrazioni e i numeri di telefono di coloro ai quali ritrasmetti
gli ordini che ricevi.
Marc
– Ora sai tutto, dunque! meglio così, del resto. Mi
pesava dovertelo nascondere... e poi penso che anche per te sia un sollievo
sapere che mi sono liberato dalle ossessioni e dagli incubi.
Clara
– Te ne sei veramente liberato?
Marc
– Certo. Ormai non agisco più direttamente: sorveglio da
lontano che l’ordine venga eseguito.
Clara
– E questa per te è una liberazione?
Marc
– Il massimo che le circostanze possano permettere.
Clara
– Voglio dire: non sei turbato dal fatto che un altro
debba compiere le azioni che avresti dovuto compiere tu?
Marc
– Certo non me ne rallegro, ma quando è in gioco la
nostra esistenza non si possono fare considerazioni morali.
Clara
– E se
l'incaricato non fosse disposto ad obbedire, quali mezzi adopereresti per
convincerlo?
Marc
– Gli stessi che adoperavano con me quand'ero al suo
posto.
Clara
– Hai cambiato collocazione, insomma: sei passato
dall'altra parte.
Marc
– Sono esattamente nel punto dove mi hanno spinto
avvenimenti che io non ho provocato.
Clara
– Mi sembri molto sicuro nelle tue convinzioni.
Marc
– M'è costata fatica, ma ci sono arrivato.
Clara
– Splendidamente arrivato. Al punto che adesso potresti
perfino vantartene.
Marc
– E' umano che ad ogni battaglia vinta si affianchi un
legittimo orgoglio.
Clara
– Attento, Marc! Non puoi marciare a testa alta, ma camminare di nascosto, per i sentieri al coperto.
Marc
– Io, in fondo, sto esercitando il mio diritto alla
difesa. Sono rimasto in piedi quando un altro si sarebbe lasciato travolgere.
Clara
– Come ha fatto Jacques, vero?
Marc
– Jacques non
ha voluto ascoltarmi.
Clara
– Non se l'è sentita di seguirti sulla tua strada. Non
era da tutti, lo so.
Marc
– Nella foresta sono i più forti che sopravvivono.
Clara
– Vorrei sentirti addolorato nell'ammettere l'esistenza
di una legge così spietata.
Marc
– E' la legge della selezione naturale: ogni
sentimentalismo è di troppo.
Clara
– Certo. L'importante è sopravvivere, a qualunque costo.
Ma chi ci riuscirà, Marc, te lo sei chiesto? saranno veramente i più forti, che
battendosi possono soccombere, oppure i più deboli, coloro che rinunciano alla
lotta e si rassegnano?
(Un silenzio. Clara prende un giornale sul tavolo e lo apre)
Le avrai lette anche tu le nuove norme contro
l'inquinamento atmosferico... in casa finestre chiuse e depuratori in
funzione... quando la concentrazione velenosa raggiunge valori più alti, c'è un
allarme che suona: allora bisogna aprire le bombole dell'ossigeno e in strada,
nei punti più critici, entrano in azione macchine con eliche agitatrici, per
spingere verso l'alto le colonne di aria e disperderle.
Marc
– Sono misure spiacevoli, ma necessarie se vogliamo
difenderci.
Clara
– Per difenderci dall’inquinamento esterno; ma per quello
dentro di noi, che misure ci sono?
Marc
– Che cosa vuoi dire?
Clara
– Come rimediare a tutto il male che c'è nei nostri
rapporti? non certo moltiplicando i focolai di peste come hai fatto tu.
Marc
– Io sto solo difendendomi, lo sai.
Clara
– E io che mi chiedevo perché i fiori non nascono più!
Marc
– Il mondo è malato, forse moribondo.
Clara
– Ci saranno pure da qualche parte degli angoli dove è
ancora possibile vivere.
Marc
– Non ti illudere: il vento porta qui l'odore di
putredini lontane.
Clara
– Vale la pena cercare, non ti sembra?
Marc
– Cercare come?
Clara
– Abbandonare la città, prima di tutto.
Marc
– Abbandonare la città? questo mai! qui c'è il lavoro a
cui ho dedicato la mia vita.
Clara
– Qui c'è anche un cappio che ti stringe la gola.
Marc
– Sono riuscito ad allentarlo quello, e ormai non mi fa
più paura.
Clara
– Non ti ho detto una cosa, Marc: domani parto con Natalie... ma non ho intenzione di tornare.
Marc
– Hai deciso di lasciarmi?
Clara
– Non ce la faccio più, Marc.
Marc
– Abbandoni la tua casa, la tua vita?!
Clara
– Vieni anche tu con me.
Marc
– E tutto quello che ho costruito in questi anni?
Clara
– Saprai ricostruirlo in un posto più pulito, più adatto
alla vita degli uomini.
Marc
– Io non lascio il mio lavoro, te l'ho detto. Restami
accanto.
Clara
– Che cosa vuoi fartene di me? io ora non posso aiutarti,
né capirti.
Marc
– Insieme abbiamo affrontato tante difficoltà, insieme
supereremo anche questa.
Clara
– Ora non me la sento, Marc.
Marc
– E Susanna?
Clara
– La porterò con me. So che non me l'impedirai. Neppure a
te può far piacere che tua figlia cresca in un luogo dove lo spazio esistente è
conteso fra i topi e gli uccelli rapaci.
Marc
– Qui non avete niente da temere, né tu, né Susanna.
Clara
– C'è la giungla a difenderci, adesso?
Marc
– E se fosse? se questo è l'ambiente cresciuto a nostra
insaputa, fuori dalla nostra volontà, perché non cercare di adeguarsi a
quest'ambiente, perché non cercare di essere fra coloro che sopravvivono?
Clara
– Affilare i denti e gli artigli, dunque? su questa
strada di sopravvivenza io non ti posso seguire.
Marc
– Neppure Jacques
l'ha fatto, e hai visto la strada che ha scelto.
Clara
– La mia non è molto differente, lo so: si tratta sempre
di una fuga. Ma neanche la tua è quella giusta.
Marc
– Quale bisognerebbe seguire, allora?
Clara
– Non puoi farmi domande precise, perché non esistono
risposte precise da dare.
Marc
– Esistono azioni precise, però: abbandonare il proprio
marito e la propria casa.
Clara
– Spero che sia una separazione breve e che tu verrai
presto a raggiungerci.
Marc
– Sarebbe una sconfitta per me, e io cercherò di evitarla
con ogni mezzo. A me non piace perdere, lo sai.
Clara
– Nemmeno in questo caso riesci a far tacere il tuo
orgoglio?
Marc
– Non puoi chiedermi di rinunciare a me stesso, qualunque
sia l'occasione.
(Una pausa. Si levano alte strida di uccelli. Clara va alla vetrata)
Clara
– Li senti? hanno fame... stanno cercando qualche vittima
da spolpare...
Marc
– C'è anche uno dei soliti temporali in arrivo: mi sembra
di aver sentito un tuono… com'è il cielo?
Clara
– Coperto... ma qui sopra c'è una ferita di sereno.
Marc
– Una ferita che sta per aprirsi o per chiudersi?
Clara
– Bisogna aspettare per saperlo.
(Marc si avvicina alla moglie davanti alla vetrata. Restano immobili a guardare fuori, mentre le strida dei corvi, sempre più acute e più aspre, riempiono tutto lo spazio.)
Fine
Estratti da opere storico – letterarie