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Schede dei testi
A seconda del contenuto i testi si possono dividere in tre grandi gruppi:
Il dramma e la storia - L'ironia e la satira - Lo specchio di dentro
Il dramma e la storia
I più applauditi:
La vicenda del Don Giovanni tradizionale (il "Burlador de Sevilla") sempre alla ricerca di nuove avventure, ma con precise coscienza e ragione del proprio operato, accanto a un moderno Don Giovanni che ha sostituito la conquista delle donne con la conquista di industrie, banche, imprese diverse. Ma come il Don Giovanni della tradizione rappresenta un pericolo per la società del suo tempo, così il Don Giovanni moderno, nel momento in cui il suo operato entra in contrasto con le leggi della finanza, costituisce un ostacolo da eliminare. Sono queste le cause dell'identica fine che accomuna ancora una volta i due personaggi. Nel dramma le estreme vicende della turbinosa vita di Don Giovanni Tenorio si alternano a corrispettivi fatti che accadono nella nostra epoca. Mister Johann è un magnate dell'industria che ama gli affari e la carriera con lo stesso ardore spregiudicato con cui Don Giovanni conquista le sue innumerevoli donne, e cerca sempre di dominare e di distruggere finanziariamente gli uomini d'affari in cui gli è dato di imbattersi. Per il potere assoluto è disposto a tutto. Ma il piano non riesce fino in fondo: Mister Johann, come Don Giovanni ucciso da nobili al servizio del re Alfonso di Castiglia, morirà per mano di sicari del suo trust.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
11 personaggi (9 uomini e 2 donne)
Premio dell’Istituto del Dramma
Italiano (1967)
Pubblicata da “Il dramma”, da “Italian Theatre Review” e da Serarcangeli Editore, a cura della Società Italiana Autori Drammatici
Trasmessa dalla RAI
Tradotta in
inglese,
da Hugh Barty-King,
in
francese e
in ceco.
Nel DON GIOVANNI AL ROGO, Balducci porta avanti il suo discorso umanistico, sia pure in chiave metaforica, in cui la difesa dell’uomo, del suo essere più profondo, quindi della sua “sensibilità” si sposa all’impegno del drammaturgo “politico” nel più ampio senso della parola.
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
Ruggero Jacobbi: “Alcune scene del ‘Don Giovanni al rogo’ sono tra le migliori del teatro italiano del nostro tempo. Tutto l’insieme è di una singolare novità di concezione e di un’alta dignità letteraria”
Un episodio di odio e di violenza che cresce ed
esplode sulla terrazza di un fortino, in un paese invaso da truppe straniere.
La ragnatela del complotto si avvolge lentamente intorno a un uomo, vittima e
carnefice insieme, fino a soffocarlo con il suo stesso terrore.
8 personaggi (2 attori e
6 figuranti)
Rappresentata a Roma dal Teatro
Italiano Moderno (regìa di Ruggero Jacobbi)
Pubblicata da Serarcangeli Editore, a
cura della Società Italiana Autori Drammatici
Trasmessa dalla Televisione della
Svizzera Italiana
Trasmessa dalla Radio iugoslava
Trasmessa dalla RAI (interpreti: Glauco Mauri e Osvaldo Ruggeri)
Hanno scritto:
In UN CIELO DI CAVALLETTE abbiamo a che fare con una dichiarazione di guerra alla guerra, un’aperta e coraggiosa, per il tempo, denuncia allo sfruttamento neocolonialista.
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
“Balducci ha al suo attivo una produzione non priva di qualità e continuità di ispirazione.“
(Giorgio Prosperi, su Il Tempo, per “Un cielo di cavallette“)
Una giovane cameriera assunta al castello di Elsinor si innamora perdutamente del principe Amleto. E’ un amore senza speranza (il principe non si accorge neppure di lei), tuttavia ciò che avviene al castello è visto e filtrato attraverso il sentimento della ragazza.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
11 personaggi (7 uomini e 4 donne)
Premio "Luigi Antonelli – 1998"
Festa in casa del sindaco: la figlia si è sposata con il figlio di un industriale del paese. I due sposi si preparano a partire per il viaggio di nozze, attorniati da parenti ed amici. Ma l'attenzione di tutti si sposta sulla piazza sottostante dove si sta radunando una folla che agita strani, sconcertanti cartelli. Che cosa vuole quella gente? contro chi si leva quella silenziosa, ma preoccupante protesta?
Premio Pozzale 1950
Pubblicata su "Filmcritica" (1961) e su "Nuovo Teatro Italiano"
Trasmessa dalla RAI
Anno 1949
Durata: Atto unico
Genere: drammatico
Personaggi: 14 (10 uomini e 4 donne)
"In questo atto unico, la presenza di un'invisibile massa di lavoratori all'esterno di un palazzo dove i rappresentanti delle classi dominanti continuano la loro vita inutile tragicamente crudele, è resa con una bellissima forza teatrale, tanto che l'opera può essere senza nessuna esitazione consigliata agli editori per la pubblicazione e alle compagnie per la rappresentazione."
Un gruppo di attori ingaggiati per portare uno spettacolo di varietà a soldati impegnati in operazioni di guerra, di fronte alle atrocità alle quali assiste, si domanda se il loro mestiere abbia ancora una funzione in questo mondo lacerato.
Forse il rifiuto del testo di evasione che avrebbero dovuto rappresentare, e la scelta di recitare uno spettacolo pacifista e anticonformista, potrebbe essere la soluzione.
Non si sa se l’esperimento sia destinato a riuscire, comunque si tratta di una positiva presa di coscienza degli attori che scoprono all’improvviso, in questo impegno, la loro dignità umana.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
8 personaggi (5 uomini e 3 donne)
Rappresentata:
– nel 1969 al Teatro Sangenesio di Roma dalla Compagnia dell’Atto (interpreti: Carmen Scarpitta, Roberto Herlitzka, Renato Campese), regìa di Luigi Tani;
– nel 1977 al Teatro Arsenale di Milano dalla Compagnia del Teatro Verticale, regìa di Daniele Abbado.
Jean-Jacques Rousseau alla Bastiglia, undici anni prima della rivoluzione che avrebbe sconvolto la Francia e il mondo intero.
Non come un comune condannato, però: Jean-Jacques Rousseau è diventato un uomo famoso che il potere - nella sua miopia reazionaria - non ha il coraggio di perseguitare, ma trova più comodo tollerare, non riuscendo a rendersi ben conto delle conseguenze che il pensiero del filosofo sta per provocare negli animi.
Per la classe dirigente, dunque, Jean-Jacques Rousseau rappresenta un solo pericolo: quello di rendere noti i rapporti che ha avuto con personaggi in vista, nel libro di memorie che ha l'intenzione di pubblicare. La scoperta di questo piano potrebbe provocare nel filosofo uno stato di grave delusione, ma, per fortuna, l'incontro con alcuni giovani, suoi naturali seguaci che porteranno avanti le sue idee, puntualizzerà l'importanza e l'utilità delle dottrine che per tutta la vita ha predicato.
Nessuno è in grado di prevedere quello che sta per accadere, ma ci sono nell'aria immateriali segni premonitori la cui impossibile eco può giungere soltanto a menti illuminate e a privilegiate coscienze.
Personaggi: otto uomini, due donne e quattro figuranti, ma il lavoro può essere interpretato da un minimo di sei uomini ed una donna.
Gli altri:
Uno sciopero prolungato mette in ginocchio l’economia di un piccolo stato. Per farlo cessare si ricorre a metodi brutali e disumani. Che cosa deve fare l’osservatore straniero calato all’improvviso in questo dramma? Accettare l’accaduto e far finta di niente, oppure ribellarsi? Il protagonista ascolta la voce della propria coscienza e sceglie la via più pericolosa, ma la sola che gli permetta di sentirsi ancora un uomo.
Durata: due parti e tre quadri
Genere: drammatico
5 personaggi (4 uomini e 1 donna)
Facciamo un’ipotesi: la Rivoluzione Francese scoppia ai nostri giorni e coinvolge alcuni rappresentanti dell’alta borghesia. L’azione si svolge in una cantina-prigione dove vengono condotti gli arrestati e dove avviene di tutto: dal proposito di sopprimere chi è pronto a confessare, all’amore sbocciato fra due giovani. La vicenda sembra avviata verso una soluzione pacifica, quando giunge la notizia agghiacciante: al potere è arrivato Robespierre con il quale si dovranno fare i conti.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
12 personaggi (10 uomini e 2 donne)
Caio Cesare, l'imperatore romano soprannominato Caligola, è stato un pazzo sanguinario, come ci è stato consegnato dalla storia, oppure un filosofo che ha alimentato una sorta di lucida follia assolutamente inedita per l'epoca? Di contribuire a questo dibattito si occupa l'azione di "Caio Cesare, detto Caligola".
Durata: due tempi
Genere: drammatico
10 personaggi (9 uomini e 1 donna, ma può essere interpretato da un numero minimo di 7 attori: 6 uomini ed 1 donna)
Due improbabili cantastorie alle prese con l’Orestea. L’azione si svolge ai nostri giorni e la vicenda nel suo sviluppo rispecchia il nostro modo di pensare e la nostra morale. Ma non mancano i punti di contatto che ci portano a riflettere sul mito di Elettra, fondamentale per la nostra storia e la nostra cultura.
Genere: Dramma
Durata: Due tempi
Personaggi: 9 (5 uomini e 4 donne)
Eroi che escono dalla leggenda e si confrontano con l’odierna realtà. Il loro giudizio sulla nostra epoca è estremamente negativo. Non ci sono attenuanti che possano servire a mitigare il destino del nostro mondo, che si avvia verso un fatale annientamento.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
6 personaggi (5 uomini e una donna)
Dopo più di due
secoli è doveroso parlare di un autore teatrale un po’ dimenticato perché
oscurato, forse, dalla fama poetica del fratello.
Giovanni
Pindemonte rivive con le sue avventure, i suoi sforzi per un rinnovamento del
teatro, la sua passione politica, e, perché no, con le sue debolezze amorose
che rivelano un senso di umanità che lo avvicina al nostro sentire.
Durata: due parti
Genere: drammatico
12 personaggi (9 uomini e 3 donne)
L'ironia e la satira
I più applauditi:
Breve
sinossi
Due compagnie di ventura stanno per scontrarsi in battaglia, quando i soldati delle due bande scoprono di essere reciprocamente legati da fraterna amicizia, per un precedente fatto d’armi cui hanno partecipato da alleati. Lo scontro quindi non è più possibile, anche se i rispettivi generali, per ragioni diverse, si affannano perché lo scontro ci sia. Ma la pace trionfa, nonostante i trucchi messi in atto per accendere gli animi ed aizzare l’una contro l’altra le due parti. La sconfitta tocca proprio ai due generali: il buonsenso, l’amicizia e l’amore, almeno per il momento sono i soli vincitori.
Svolgimento della commedia
L'azione si svolge all'epoca delle compagnie di ventura in un medioevo non precisato.
Due formazioni di questo genere, composte da mercenari, stanno per scontrarsi: la prima è stata ingaggiata dal feudatario del castello di Boslavo che ha deciso di non pagare più le tasse al re dal quale dipende, mentre la seconda, al soldo del re, dovrebbe espugnare il castello per ricondurre il ribelle ai suoi doveri.
Atto primo
Accampamento della compagnia assediante: le due ordinanze del generale comandante conversano fra loro: la prima ordinanza racconta al collega meravigliato di un'avventura che ha avuto con una ragazza dei dintorni, ma il racconto è interrotto dall'entrata in scena del generale e del suo aiutante di battaglia, il marchese Von Hauser, giovane di importante casata, più interessato al gioco dei dadi che alle attività guerresche. Infatti, nella notte appena trascorsa, in cui avrebbe dovuto uscire in perlustrazione con una pattuglia intorno al castello, ha giocato a dadi il suo incarico, riuscendo a scaricare l'impegno sulle spalle di Salardier, un ufficiale della compagnia.
Ecco appunto Salardier che viene a riferire della sua missione: è stupito e preoccupato perché la pattuglia che comandava, trovandosi al cospetto dei nemici, invece di aggredirli, è andata ad abbracciarli. In più, il suo ordine di arrestare i soldati della pattuglia, al rientro al campo, non è stato eseguito. Insomma, il castello di Boslavo è difeso dalle truppe di Gutierrez, una formazione che in un recente passato ha aiutato la loro compagnia. Fra i soldati dei due schieramenti si è creata in quell'occasione una solida amicizia per cui adesso non intendono darsi battaglia. Ma il generale non si impressiona per questo: sa ben lui come spingere i soldati al combattimento, infiammandoli con un discorso. Adunata delle truppe: il comandante parla e la compagnia si mette in marcia verso il castello. Il generale è entusiasta e controlla da lontano l'azione. Ma cosa succede intorno al castello di Boslavo? gli assediati non impugnano le armi, ma hanno allestito una lunga tavola per banchettare, inoltre hanno alzato un albero della cuccagna come per una festa popolare.
Atto secondo
La ragazza conosciuta dalla prima ordinanza viene all'accampamento per chiedere al generale un permesso per recarsi al castello: deve andare da sua madre che si trova laggiù. Il generale l'interroga e la costringe a confessare che vuole andare dal fidanzato e non dalla madre. La ragazza l'accontenta senza capire il perché: ma il perché lo sa il generale; è sua intenzione portare un'offesa nel campo nemico, proprio per provocare uno scontro armato. Se la ragazza riceverà offesa dai suoi soldati, che cosa succederà quando al castello lo verranno a sapere? Il piano, però, fallisce perché i suoi soldati non se la sentono di recare offesa a una ragazza che forse sta a cuore a un loro amico al castello. C'è però la possibilità di convincere la vivandiera della compagnia ad accusare i soldati di Gutierrez di averla violentata: questo fatto accenderebbe sicuramente gli animi dei suoi soldati, che vorrebbero di sicuro vendicarsi. La vivandiera è disposta a recitare, entra nel bosco e torna piangente e con il vestito stracciato. Il generale fa adunare la sua compagnia per mostrare a tutti il misfatto e provocare lo sdegno di tutti: - Chi ti ha ridotto in questo stato? - le chiede fra l'indignazione generale. La vivandiera si asciuga le lacrime e punta il dito verso il marchese Von Hauser che sta arrivando: - E' stato lui!
Atto terzo
E' in scena la marchesa Von Hauser, amante del re e madre dell'aiutante di battaglia del generale, accompagnata da due dame: è venuta a trovare il figlio. Il generale scambia le tre donne per quelle che il re gli aveva promesso per intrattenere i soldati e ordina che siano messe a disposizione della truppa. Intanto al campo c'è un altro arrivo: è Gutierrez, il comandante nemico che supplica il suo amico generale di attaccare battaglia e di sconfiggerlo. Si trova in una situazione disperata: la sera prima ha perso al gioco le paghe dei suoi soldati che oggi stesso reclameranno il loro compenso. Se venisse sconfitto, invece, nessuno gli chiederebbe conto dei denari che, in quel caso, si presumerebbero caduti nelle mani dei vincitori. Arriva un ufficiale della compagnia a dire che le tre donne si rifiutano ai soldati; il generale ride e consiglia di aumentare il prezzo. Intanto al campo giunge addirittura il re che, preoccupato per la scomparsa della marchesa, ha voluto seguirla. Ordina al generale di avvertire la donna che è arrivata con le sue dame. Il generale si rende conto dell'equivoco in cui è caduto e, disperato, per crearsi almeno qualche merito agli occhi del re, mette le mani su Gutierrez: -Abbiamo catturato il generale nemico- dice. -Rimettetelo in libertà- risponde il re -la guerra è finita: il marchese di Boslavo ha fatto atto di sottomissione.
Il generale è soddisfatto di potersi sottrarre all'autorità del re, anche perché la marchesa Von Hauser, prima di andarsene, gli ha giurato un'atroce vendetta. Gutierrez invece è distrutto perché non sa come nascondere l'ammanco nella cassa. -Dovevi pensarci prima di giocare a carte con uno sconosciuto- gli dice il generale. -Non ho giocato a carte- risponde Gutierrez -ma a dadi. -A dadi?!- esclama il generale -allora io conosco il tuo vincitore.- Il marchese Von Hauser, che viene subito convocato, non è disposto a restituire la vincita, ma, come si addice a un gentiluomo, accetta di concedere una rivincita. Farà fede il generale con la cassa della sua compagnia. Gutierrez perde ancora: Von Hauser è ora padrone delle due casse. Intanto un sordo rumore allarma i due comandanti. -Che cos'è?- domanda il generale. -E' il rumore di un esercito in marcia- risponde Von Hauser -l'esercito di Gutierrez. Infatti, poco fa ho fatto un salto al castello e ho fatto spargere la voce che Gutierrez era fuggito con i denari delle paghe e che si trovava qui, sotto la vostra protezione, generale. All'inizio del bosco ci sono due cavalli a vostra disposizione.- I due non hanno altra scelta che tagliare la corda.
Von Hauser si autonomina generale, riunisce le due compagnie e dà ordine di pagare le truppe. Intanto sulla scena irrompono la prima ordinanza del generale con la ragazza che aveva conosciuto. La ragazza finge di essere infastidita dal militare: - Cacciatelo dalla compagnia - chiede a Von Hauser, lasciandogli capire che poi sarà generosa con lui. Von Hauser manda la ragazza ad aspettarlo nella sua tenda e firma il foglio di congedo.
E' sera e le operazioni di pagamento sono finite. Von Hauser va nella sua tenda, ma la ragazza non c'è. All'alba le compagnie riunite si mettono in marcia verso un nuovo impegno bellico. La prima ordinanza sventola il suo foglio di congedo mentre stringe a sé la ragazza: l'amore ha vinto.
Durata: tre atti
Genere: comico - satirico
Personaggi: 15 (10 uomini e 5 donne)
Pubblicata da:
- “Sipario”, 1960.
- “Sufler” (“Il suggeritore”, rivista di teatro russa), 1990.
Trasmessa dalla RAI
Tradotta in inglese da Hugh Barty - King, e in russo da Lev Verscinin.
Rappresentata da:
- Teatro Stabile di Trieste, 1960 (con Leonardo Cortese, Omero Antonutti, Carlo Bagno, Pina Cei, Carlo Montini), regìa di Sergio Velitti, scene e costumi di Dario Fo.
- Minack Theatre – Portcurno (Inghilterra), 1966.
- Teatro dei Satiri – Roma, 1967.
Ha scritto la critica:
"Balducci ravviva con linguaggio pungente e acerbo l'immagine di un mondo militaresco che per natura dovrebbe essere eroico e invece mostra le sue proprie miserie con atteggiamenti millantatori ... ha dato una figurazione di tipi ben coloriti e un dialogo vivo e leggero, aderente al carattere particolare della rappresentazione. L'esecuzione è stata fortemente ritmata, svelta e serrata con la regìa di Sergio Velitti ... le scene e i costumi di Dario Fo hanno inquadrato con magnifico rilievo di colori, di taglio e di forme i tre atti di Alfredo Balducci, fervidamente e ripetutamente applaudito insieme al regista e agli interpreti.” (V.T. - "Il Piccolo" - Trieste)
"La commedia di Balducci è divertente e di notevole impegno, essa ci intrattiene con fine umorismo: la fresca invenzione, il dialogo scorrevole, vivace, spassoso, i personaggi caricaturali dànno ai tre atti un andamento estremamente divertente, con un ritmo comico che la regìa di Sergio Velitti ha giustamente sottolineato … a questo punto ci accorgiamo che il riassunto della trama non rende (né poteva rendere) tutto lo spirito della commedia di Balducci, l'arguzia delle battute, l'efficacia delle trovate, il senso della sua gustosa polemica contro il militarismo, contro la guerra e i suoi profittatori ... un grande successo. Dobbiamo dire che, attribuendo al Teatro Stabile di Trieste tutto il merito per avere rappresentato questa commedia di Balducci, ci auguriamo che possa essere presto rappresentata anche in altre città ed anche stampata.” ("l'Unità" - Roma)
"L'autore ha posto un tema e ha svolto una storia teatralmente valida, confezionata con mestiere, ricca di colpi di scena. Le scene spiritose e allusive e i costumi sono di Dario Fo, la regìa di Sergio Velitti. Da queste componenti: autore, attori, scenografo, regista è nato uno spettacolo saporoso di gusto e di significati ... Vivissimo successo.” ("Il Giorno" - Milano)
"Balducci ha condiviso gli applausi che il pubblico ha indirizzato agli interpreti del suo lavoro. Applausi che meritatamente erano rivolti all'autore chiamato al proscenio: "I dadi e l'archibugio" è infatti un buon testo, ricco di inventiva, di trovate di buon gusto e -anche- di una raggiunta padronanza di linguaggio teatrale...” (G.B. - "Il Gazzettino" - Venezia)
"La commedia possiede un pregio indubbio, non facile e non frequente, che subito si avverte alla lettura o all'ascolto: lo stile. La commedia è raccolta, appunto in grazia del suo stile, intorno a un'intenzione satirica che non vuole e non può essere rappresentata che da se stessa, cioè dalle parole che la rivelano ... il sapore della commedia è affidato in modo quasi determinante alla felicità del dialogo sottile ed educato…” (Roberto Rebora - "Sipario")
“ ... la commedia ci appare complessivamente ottima, argutamente dialogata e teatralmente colorita. Un testo senza dubbio importante che pone subito Balducci tra i nostri commediografi di più sottile e raffinato estro satiro. Il pubblico ha dimostrato di intuire l'umorismo garbato e intelligente della commedia ed ha applaudito con calore l'autore e gli interpreti...” (Sol. - "il Messaggero Veneto")
Balducci ha raggiunto i suoi risultati migliori nei suoi primi due testi, I dadi e l'archibugio (1960) e L'equipaggio della Zattera (1962), di un antimilitarismo sottile e divertito, mai insidiato dal didascalismo."
Giovanni Antonucci – Storia del teatro italiano del novecento
Ne "I dadi e l'archibugio" e "L'equipaggio della Zattera", Balducci raggiunge forse i suoi risultati più convincenti per l'eleganza del dialogo, la robustezza della scrittura drammaturgica e la puntuale pregnanza e attualità dei temi.
Luigi Lunari – Cento trame del teatro italiano – Rizzoli Editore
Breve sinossi
Una strana famiglia prende alloggio alla "Zattera", un albergo al confine fra due stati. E' la famiglia di Cobby, un piccolo mercante di armi sempre in cerca di una guerricciola, un colpo di stato, una rivoluzioncella per piazzare la sua merce. Solo che, quando sparano i fucili, non si sa mai che cosa può succedere: le armi possono servire anche a chi è deciso a fare pulizia. Allora può capitare di assistere al crollo improvviso di ingiustizie, soprusi, disonestà. Di assistere al "naufragio" del male, insomma, nel vero senso della parola.
Svolgimento della commedia
Primo tempo
Nel lussuoso albergo «La Zattera» costruito, per ragioni di eccentricità e di sicurezza, sulle acque di un fiume, capita un giorno una strana famiglia. La compongono Cobby (il marito: irascibile e intrattabile, soggetto a violente crisi di avarizia che gli fanno perdere la conoscenza nei momenti in cui ciò può essergli utile), Flor (la moglie: casalinga borghese, docile e tranquilla, distaccata e imperturbabile anche nei momenti più drammatici), la figlia Leo con l'aspirante fidanzato Maxì, cui Cobby non ha ancora dato il proprio beneplacito, in attesa di chiare e valide prove della sua attitudine a portare avanti l'attività che Cobby stesso esercita: il commercio delle armi. La scelta dell'albergo in mezzo al fiume non è stata casuale: il fiume fa da confine a due staterelli l'uno retto da un governatore, l'altro da un presidente, che producono ambedue ferro e legname, e che la logica della concorrenza sta per scagliare in guerra l'uno contro l'altro. Cobby che ha maturato una prodigiosa abilità nel fiutare le situazioni favorevoli alla vendita delle armi: guerre, attentati o rivoluzioni che siano, ha scelto «La Zattera» perché lì può incontrare i capi militari e politici dei due campi. E in effetti, ecco che Maxì viene spinto all'attacco di un generale, che potrebbe acquistare la merce che Cobby ha provveduto ad accumulare in zona, e che attende di essere impiegata al più presto. Il tentativo di Maxì è però maldestro e rischia di fallire miseramente, quando interviene Cobby, che mette bruscamente da parte l'aspirante genero, e fa pieno sfoggio della propria abilità di venditore. Il generale è interessato alle armi: ha messo in piedi, sia pure ancora solo sulla carta, un piccolo esercito mercenario, che deve appunto essere armato, e che poi sarà posto al servizio del miglior offerente tra i due staterelli alle soglie del conflitto. Ma il progetto del generale si infrange contro una notizia sconvolgente: il figlio del governatore dello stato A sposa la figlia del presidente dello stato B, e le nozze faranno scoppiare la pace! Il generale però ha le idee chiare: «Non mi direte che un matrimonio possa risolvere la faccenda e mandare a monte ogni piano. Non sono i figli dei governatori a decidere la pace o la guerra, e neppure i loro genitori: sono i contrasti economici tra i due paesi che decidono...». Ma il generale non è stato ancora informato di tutto: c'è un’altra goccia che può far traboccare il vaso: «Che cosa? C'è di peggio? Stamani è stato firmato un cartello intemazionale del ferro e del legname? Questa sì che è veramente la rovina!»
Secondo tempo
Ma la ragion di stato non prevale sulla forza dell'amore. Vikin, il figlio del governatore, non ama la figlia del presidente rivale, si è innamorato di una cantante d'opera, e per sfuggire alle nozze volute dal padre organizza una finta rivoluzione, con l'aiuto sia dei suoi colleghi allievi dell'accademia militare, che dei fans della sua amata, membri dell' «Associazione amici del melodramma». Tutto, in effetti, sembra filare alla perfezione: all'ora prestabilita alcuni colpi di fucile dànno il via all'operazione. I clienti dell'albergo, al corrente di ciò che sta succedendo, gioiscono o restano indifferenti. Ma gli spari crescono di intensita, e si prolungano ben al di là del tempo stabilito: comincia a diffondersi un certo allarme. Il generale vorrebbe rendersi conto della situazione, tenta di uscire dall'albergo, ma ne viene ricacciato dentro a fucilate. È il segretario della cantante, che arriva trafelato dalla città, a dare la notizia: l'insurrezione è scoppiata davvero. Mentre cresce la preoccupazione tra gli ospiti della «Zattera», Cobby sorride sotto i baffi: neanche stavolta il suo buon naso per gli affari lo ha tradito. Ma ecco un altro arrivo: è nientemeno che il governatore in persona, che raggiunge l'albergo a nuoto, dopo che un mortaio ha colpito la lancia con la quale stava cercando di tornare in patria, dopo l'inutile incontro con il presidente. Per reprimere l'insurrezione e riconquistare il potere, ha bisogno degli armamenti di Cobby; al quale, tra l'altro, aveva già fatto ricorso trent'anni prima, per le armi con le quali aveva vinto la sua rivoluzione. «Vedete -commenta Cobby- i vantaggi di una spesa fatta bene al momento opportuno?» Ma non è di questo che il governatore ha bisogno di essere convinto: i suoi soli dubbi riguardano il danaro con cui pagare le armi. Dove trovarlo, dal momento che le casse statali sono rigorosamente vuote? Il governatore, trepidante, si consulta col proprio ministro degli interni: «Useremo i fondi stanziati per i lavori pubblici». «Non esistono stanziamenti per i lavori pubblici» risponde il ministro. Ma malgrado la situazione sia questa anche per tutti gli altri settori della pubblica finanza, l'accordo con Cobby va in porto. Il governatore pagherà una volta riconquistato il potere e riportato l'ordine nel paese. Ma come far arrivare, agli arsenali di Cobby, l'ordine di consegnare le armi agli uomini del governatore, dato che «La Zattera» è completamente circondata dagli insorti, e tutte le comunicazioni sono interrotte? Cobby sorride, compiaciuto e sicuro di sé: apre la borsa a soffietto che non lo abbandona mai, e ne tira fuori un piccione viaggiatore, alle cui zampette viene legato il messaggio. Il piccione spicca il volo, ma va poco lontano: un colpo di fucile lo abbatte. Nello sgomento generale, Cobby ha un motivo di stupefazione in più. Nello sparo ha riconosciuto la «voce» di uno dei suoi fucili, e si chiede angosciato come è possibile che le sue armi siano già in circolazione. All'interrogativo risponde Maxì, che confessa impaurito e tremante di essere stato lui a vendere la merce. «E a chi l'avete venduta?» chiede preoccupato il governatore. «Ai vostri uomini, naturalmente!» «Allora è in corso il contrattacco!» si rallegra il governatore. E Cobby quasi non crede alle proprie orecchie: «Hai venduto la merce?... Ma è meraviglioso! E non mi dicevi nulla?». Ma la figlia Leo scoppia in singhiozzi: «Perdonaci, pa'... Non ti abbiamo detto nulla perché avevamo deciso di fuggire con quei danari». «Allora Maxi mi voleva truffare?» esclama Cobby sorpreso e ammirato: «E io che l'avevo sottovalutato e non volevo dargli mia figlia! Sposala anche domani, te lo meriti!». Ma improvviso lo coglie un piccolo dubbio: ha venduto a contanti? «No, Cobby» risponde Maxì: «Però ho un regolare mandato di pagamento». E porge al suocero uno stampato governativo, con timbri, bolli, firme... ma con una piccola clausola aggiunta in calce, che dice: «... il pagamento del presente mandato sarà effettuato a vista, in qualsiasi momento, nella nuova residenza del governatore... all'inferno».
Le
armi dunque sono in mano agli insorti. Esasperato, Cobby si scaglia su Maxì per
avere almeno la soddisfazione di strangolarlo... quando una forte scossa, come
per un terremoto, fa tremare i muri e fa barcollare le persone. «La Zattera» è
stata sganciata dalla riva ed ora va alla deriva, trascinata dalla corrente.
Sulle opposte sponde del fiume, folle di uomini armate di pertiche sono ben
decisi ad impedire all'albergo di toccar terra. E il fiume è un grande tubo di
scarico che serve ad espellere dai due paesi gli affaristi e gli avventurieri
che si sono rifugiati su «La Zattera». Cobby è rimasto solo nel suo furore
impotente, tra la paura, le speranze, la disperazione dei suoi compagni
d'avventura. La moglie vorrebbe confortarlo, ma egli rifiuta ogni conforto. Ad
un ultimo tentativo di lei, egli risponde con un colpo di bastone sul tavolo...
che fa partire un registratore su cui è un nastro inciso dalla cantante. In
drastico e grottesco contrasto con la disperata situazione de «La Zattera» che
va alla deriva, si diffonde nella sala un lezioso coretto, che potrebbe
appartenere a un'operina settecentesca: le parole invitano a superare lo
sconforto dell'animo e le contrarietà della vita, poiché a trionfare è sempre
l'Amore, che alla fine vince ogni cosa.
Durata: due tempi
Genere: comico - satirico
15 personaggi (12 uomini e
3 donne)
Rappresentata da: (1962) Compagnia del Piccolo Teatro di Milano (interpreti: Enzo Tarascio, Pina Cei, Mimmo Craig, Carlo Cataneo, Luigi Pistilli, Narcisa Bonati, Relda Ridoni, Luigi Montini). Regìa di Virginio Puecher
Pubblicata su: "Il Dramma" (1962)
Trasmessa dalla RAI
Hanno
scritto:
La commedia è piacevole e divertente, è carica di satira e di humor e offre il piacere di riscontrare la presenza di un commediografo notevolmente abile nell'indicare il succo dei personaggi. Nel complesso è uno spettacolo di ottimo gusto e di beffa cordiale. Molti gli applausi.
Eligio Possenti - “il Corriere della Sera”:
Qui l'autore comico c'è ed è
in possesso di uno strumento espressivo di prim'ordine, pronto ad essere usato
per maggiori impegni. Osi e rischi. Un divertito successo, con applausi a scena
aperta e numerose chiamate alla fine, anche all'autore.
Carlo Terron – "il
Corriere Lombardo"
La commedia di Balducci si snoda brillantemente con un vivo gusto della caricatura, una serie di personaggi di stampo operettistico, assai ben collocati nella loro voluta convenzionalità e soprattutto un dialogo vivacissimo, di molto mestiere e di intelligente comicità. Ecco un autore francamente comico. Esito assai lieto con molti applausi all'autore.
Roberto De Monticelli – "il Giorno"
Tra pace e guerra una zattera alla deriva
Alfredo Balducci, il secondo autore prescelto dal Piccolo Teatro per la sua «rassegna italiana» al Teatro dell’Arte, colse tempo fa un bel successo con una commedia di vena tra ironica e farsesca, I dadi e l’archibugio, in cui erano le premesse d’un mondo e d’un linguaggio assai personali. La formula – se così si può dire – a cui è arrivato Balducci, cioè la mescolanza di elementi grotteschi su un fondo di polemica sociale, è assai moderna e ha vari antecedenti nella commedia europea, ma non troppi in Italia. E questa stessa formula ritorna, in modi asciutti e rapidi, anzi a volte addirittura schematici, nel suo nuovo lavoro andato in scena iersera, L’equipaggio della «Zattera».
Cobby, il gran vecchio, anzi il sinistro vegliardo è il deus ex machina dell’azione. Chi è costui? Un trafficante d’armi, che di tale attività ha fatto uno scopo di vita, un’arte sottile, un piacere demoniaco. Accanto a lui si muovono la moglie Flor, complice della sua oscura rivalsa contro il mondo, la figlia Leo e il suo fidanzato Maxì, innocuo apprendista stregone.
Capita, la strana comitiva, in un paese dilaniato dalla guerra civile. Ma non guerra fra popolo oppresso e governo oppressore; guerra fra due forme d’oppressione, di ricatto, d’imbroglio. E il loro giuoco potrebbe, dovrebbe riuscire, con l’aiuto d’alcuni loschi militari da operetta. Sennonché il terzo incomodo, l’imprevisto, il popolo insomma si sveglia e manda all’aria i loro piani.
Qui l’ambientazione si fa simbolica: infatti la commedia si svolge nella «Zattera», che è un albergo galleggiante, non ci vuol nulla a tagliare gli ormeggi e mandarla alla deriva. Così potessimo tutti noi liberarci di coloro che mantengono in vita le ingiustizie del mondo: riunirli su un barcone e spedirli via, in balia delle acque.
A questa trama principale (fitta, del resto, di tipi e tipetti minori) si aggiunge la buffa storia del figlio del governatore del paese immaginario. Costui, Vikin, è un cospiratore da burla, e dei suoi compagni di congiura – e dello stile di tale congiura – Balducci si serve per farsi beffe, assai garbatamente, di certi intellettuali pseudorivoluzionari. Vikin è innamorato d’una cantante d’opera, che si porta dietro il suo «pappa», e che viene travolta anch’essa nella rovina del paese, nel naufragio della zattera, non senza prima aver congruamente delirato in duetti e gorgheggi.
Situazioni minute ed esilaranti riempiono, popolano la breve e veloce commedia, i cui significati vanno al di là dell’apparenza burlesca e che rivela in Balducci una comprensione acuta del giuoco dialettico del mondo in cui viviamo oltre a qualità tecniche, di struttura teatrale, tutt’altro che disprezzabili.
Virginio Puecher l’ha messo in scena con una inventiva continua, scintillante, e a volte addirittura congestionata. E’ una regìa di forza, una regìa che non lascia margini.
Tra gli interpreti si distinguono il Tarascio, comico e potente Cobby, la Cei, la Ridoni, la Bonati e i molti tipi disegnati con estrosa comicità dal Craig e dal Bartolucci, dal Cannas e dal Cataneo, dal Varisco, dal Pistilli e dal Montini, dal Buttarelli, da tutti.
La commedia, che ha per sfondo scenografico una serie d’ingrandimenti da foto liberty di Ugo Mulas, è stata vivamente applaudita da un folto pubblico. La «rassegna italiana» è in marcia.
Da: “MASCHERE ALLA RIBALTA – Cinque anni di cronache teatrali 1961 – 1965” di Ruggero Jacobbi – Bulzoni Editore
Alfredo Balducci (Livorno, 1920), si è dedicato con continuità alla scrittura drammatica, ma appartiene alla generazione che più ha pagato nell'immediato dopoguerra l'ondata di esterofilia (o anche -più positivamente- la necessità di aggiornamento culturale) con cui il teatro e il pubblico italiano reagirono al periodo dell'autarchia fascista. Scrittore socialmente impegnato, di acuta osservazione e di vasti interessi, la sua opera si può dividere in due filoni: un filone drammatico («Don Giovanni al rogo», «Un cielo di cavallette»), ed un filone satirico-ironico («I dadi e l'archibugio», e questo «L'equipaggio della Zattera»), in cui raggiunge forse i suoi risultati più convincenti per l'eleganza del dialogo, la robustezza della scrittura drammaturgica e la puntuale pregnanza e attualità dei temi. Apprezzato dalla critica, vincitore di numerosissimi premi e concorsi, Balducci raggiunse però raramente per le ragioni suddette i grandi palcoscenici. Una felice eccezione riguarda appunto «L'equipaggio della Zattera» sarcastica denuncia del militarismo e del mondo dei commercianti d'armi, che il Piccolo Teatro di Milano rappresentò nel 1962, con la regìa di Virginio Puecher, nell'ambito di una Rassegna del Teatro Italiano voluta e curata dall'autore di questa nota.”
Luigi Lunari - “Cento trame del Teatro Italiano”, Biblioteca Universale Rizzoli, 1993
Balducci ha raggiunto i suoi risultati migliori nei suoi primi due testi, I dadi e l'archibugio (1960) e L'equipaggio della Zattera (1962), di un antimilitarismo sottile e divertito, mai insidiato dal didascalismo.
Giovanni Antonucci – Storia del teatro italiano del novecento
Un caso di "triangolo coniugale" in una famiglia di leoni che vive in un giardino zoologico. La situazione fa scaturire riflessioni e similitudini brillanti, ma anche amare, con il mondo degli umani.
Durata: due tempi
Genere: ironico-satirico
13 Personaggi: (10 uomini e 3 donne)
Una scalcagnata compagnia di provincia ottiene finalmente un ingaggio a Milano, ma arriva allo scoppio delle Cinque Giornate, e deve subirne tutte le relative vicissitudini.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
5 personaggi (3 uomini e 2 donne)
Premio Anticoli Corrado
Rappresentata al Teatro Filodrammatici
di Milano
Rappresentata alla Casa del Teatro di Montevideo (Uruguay)
Trasmessa dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana
Pubblicata su “Ridotto”
Pubblicata su Novi Prolog, in
serbocroato
Ha scritto Renato Palazzi sul “Corriere della sera”: “ … astutamente costruita con tutti i suoi effetti al posto giusto, con una sua robustezza romanzesca…“
Tre attori girovaghi raccontano – partendo da un’idea di Anatole France – la storia di un santo miope che, avendo battezzato dei pinguini scambiandoli per uomini, deve sottostare a tutti i guai che il suo errore ha provocato sulla terra e nel regno celeste.
Durata: due tempi.
Genere: comico-satirico
3 personaggi (2 uomini e 1 donna)
Premio Riccione 1973
Rappresentata a Roma dalla Compagnia del Teatro San Genesio
Rappresentata dal Nuevo Teatro di
Montevideo (Uruguay)
Pubblicata su “Sipario”
Tradotta in spagnolo, romeno e russo
Pubblicata su “Sipario”
Hanno scritto:
“Onorata dal Premio Riccione di quest’anno, la
commedia di Balducci dimostra alla prova scenica di essere sicuramente
meritevole del riconoscimento. Tre attori girovaghi provano sulla pubblica
piazza una sorta di sacra rappresentazione in onore di un “beato”, il cui rito
di canonizzazione viene celebrato in una vicina chiesa: i tre poveracci,
insomma, si ripromettono i favori dei fedeli che tra poco usciranno dalla
funzione. Nella loro ignoranza, ma forti tuttavia di istinto dialettico, i
comici devono mettere insieme un canovaccio agiografico: il “beato” di cui si
parla fece un curioso miracolo, convertì in uomini certi pinguini che aveva
battezzato tra il lusco e il brusco. Ma quale insegnamento offrire alle
mansuete bestie? Come organizzare la loro società? Di ragionamento in
ragionamento, i frastornati attori scoprono che la pacifica convivenza
comunitaria dei pinguini andrebbe purtroppo “civilizzata” con una struttura
sociale che prevede servi e padroni, potenti e nullatenenti, ricchi e poveri:
insomma il “beato” avrebbe combinato un bel guaio se delle creature sinora
innocenti e felici dovranno scontare la loro “promozione” ad esseri umani con
le delizie dell’ingiustizia istituzionalizzata. Le stesse scelte della Chiesa
(dato che dell’operato di un suo membro illustre si tratta) non risultano
all’analisi dei comici, come dettate dal precetto evangelico dell’eguaglianza.
Questo è il senso dell’apologo di Alfredo Balducci:
ma al di là dei significati fin troppo trasparenti, la commedia conta molti
altri pregi. Intanto il disegno dei tre girovaghi popolarescamente (ma, in
realtà, con buona finezza filologica) impegnati in una miscellanea di dialetti
che offrono al dialogo una presa assai efficace e che rendono “colta”
un’indagine sociopolitica apparentemente balbettata a livello di analfabetismo.
Ne risulta un autentico vigore polemico, velenoso e candido insieme.”
(Ghigo De Chiara su “l’Avanti” - 19 dicembre 1973)
“Sebbene il nome di Alfredo Balducci non sia ancora noto al grande pubblico. si può affermare senza tema di smentite, che sia una delle poche voci nuove, degne di attenzione, che si sono affacciate alta ribalta della scena drammatica.
Non per i premi ricevuti (ormai divenuti una specie
di manifestazione che nulla ha da spartire con la cultura: "Diamo a tutti
un cavallo a dondolo" era il titolo di un soggetto cinematografico scritto
da un umorista purtroppo dimenticato), ma per la qualità dei lavori andati in
scena negli ultimi dieci anni, fra i quali spiccano "L'equipaggio della
Zattera", "I dadi e l'archibugio" e "Un cielo di
cavallette". La nuova commedia intitolata:
"La nuova isola", messa in
scena con lodevole coraggio da Luigi Tani al San Genesio, uno dei rari teatri
capitolini che porti avanti un suo discorso intelligente e differenziato,
cercando di reperire un pubblico diverso, nuovo, dal solito che affolla i
teatri della zona centrale, conferma puntualmente le sue capacità inventive,
che uniscono una notevole dose di fantasia ad una mordente carica polemica,
ravvivate dall'apporto d'una solida cultura. Mai pero fine a se stessa,
d'impianto estetizzante, perché inserita nel vivo d'una costruzione tesa a
restituire la complessa temperie morale di un tempo che troppi amano definire
minore, scaduto, mentre al contrario mostra di cercare affannosamente e
dolorosamente una soluzione ai problemi che l'affliggono. In fondo nella sua
commedia che vuole essere insieme favola, apologo e parabola, quello che più
attrae e persuade nella singolare avventura di San Mael, che, travolto dal suo
fervore e dalla sua svagatezza, si affatica a battezzare i pinguini, scatenando
perplessità e interrogativi di natura teologica inquietanti, è la curvatura
attualistica che traspare dietro l'apparenza del divertimento, del gioco
clownesco realizzato con un gusto ed una misura sorprendenti, in cui si
alternano scene d'una sanguigna concretezza, ad altre d'una surreale levità.”
("Il Giornale d’Italia" – 8 gennaio 1974)
“…
Il maggior segno di tale disillusione è possibile avvertirlo nella commedia
La
nuova isola (del 1972, uno dei suoi risultati più significativi) dove si nota
un ardente passaggio dall'esattezza dimostrativa alla manifestazione drammatica
suggerita con una ipotesi poetica che sfiora l'irrazionalità. Ma è, lo dico
ancora, irrazionalità come strumento di ricerca della coscienza individuale
nelle dimensioni della realtà concreta. Nella quale Balducci mostra una
capacità nuova, una capacità che sembra una conclusione (anche se provvisoria)
e consiste in una cauta presenza dell'inconscio da rilevare -non è una
contraddizione- nei segni concreti dell'esperienza, appoggiata costantemente a
un'idea dell'uomo, che qui, ne
La nuova isola, assume gli aspetti e i contorni
di un mito. Derivata da “L'isola dei pinguini” di Anatole France, più che altro
come suggerimento, utile a uno svolgimento del tutto autonomo (quasi contrario
nelle conclusioni e nel tono intimo della vicenda dei pinguini resi liberi e
responsabili dal miracolo di Mael, santo e visionario frate che fonda tra loro
una comunità nell'isola), vediamo nell'ipotesi scenica di Balducci non tanto
l'applicazione della tecnica del «teatro nel teatro» quanto il manifestarsi
naturale dei tre protagonisti (guitti girovaghi, due uomini e una donna) che
cercano -e non trovano- la corrispondenza che il teatro dovrebbe dare alla loro
espressione. Il teatro, mi pare, inteso come luogo dal quale si cerca un
rapporto. Che qui viene doppiamente eluso, nel cuore della stessa rappresentazione
in primo luogo, e poi dal mondo che dovrebbe accoglierla. Un mondo che è là,
dietro le quinte o il fondale, ed esclude in un costante silenzio astrattamente
drammatico ogni possibilità di contatto. Non è possibile credere alla comunità
dei pinguini resi coscienti dal miracolo di Mael attraverso il battesimo, una
coscienza fatta di contraddizioni e di impacci negli stessi comici-missionari
che la sostengono, accaniti nelle loro patetiche figurazioni di un riscatto
umano originario, e disperati (o meglio, irrazionalmente sbalorditi) di fronte
al mondo che rifiuta di ascoltarli per sospetto o per egoismo. Quel mondo crede
di difendersi e invece si distrugge negandosi ogni possibilità di evoluzione o,
meglio, di giustizia. Perché la giustizia si paga, per raggiungerla occorre
cedere l'ingiustizia che ci fa forti. La rappresentazione fantastica, libera e
svincolata da ogni sottomissione, anche celeste (un mondo celeste del tutto
concretizzato nel testo fedelmente laico di Balducci) dove si celebra l'ingenua
fiducia nella verità nelle figurazioni mitiche del santo Mael che dà coscienza
alla bestia primordiale raffigurata nei pinguini (bestia primordiale ma, anche
e di più, il nostro eterno egoismo che sempre ricomincia e si ritrova pronto ad
ogni viltà o prepotenza, vivo nella cieca conservazione dei privilegi), mostra
la realtà dell'uomo che, se badiamo bene, non regge all'idea di libertà. La
sordità ottusa della difesa di un mondo che non ammette l'esistenza di altri
uomini e di altri pensieri, la sentiamo tragicamente e comicamente operare
contro l'impotenza dei guitti che recitano la prova dello spettacolo della
libertà dei pinguini-emblemi davanti alla porta chiusa di una chiesa che
dovrebbe aprirsi alla fine di una funzione che sta svolgendosi nel suo interno.
I patetici guitti che girano per le contrade inseguendo le loro stesse parole,
istintivamente legati alla ricerca di una comunicazione-verità (come san Mael
che cerca l'innocenza originaria nei pinguini), saranno una volta di più delusi
nella loro grottesca fiducia. Durante la prova si crea, pur tra ironie,
dispetti, impacciate polemiche, andirivieni di sai frateschi e di aureole
angeliche, esplicite presenze di elementari dimensioni (e finzioni) teatrali,
si crea -dicevo- la necessaria condizione che deve portare inesorabilmente al
punto d'arrivo. Alla comunicazione, cioè, che non avverrà o avverrà a rovescio.
Tra la vita effettiva dei guitti, la loro rappresentazione, confessione e
inconscia pretesa d'urto e di allarme, la vita del mondo dietro la porta chiusa
della chiesa (e più avanti, all'infinito), non si produce nulla. Rimane,
drammaticamente, il senso di una generale responsabilità evitata, di un
problema non voluto affrontare, ricacciato nel silenzio. La porta non si
aprirà, i fedeli usciranno dall'altra parte, non sapranno neppure forse di
avere tradito un'immagine assoluta dell'uomo, la possibilità di ritrovarsi su
questa terra. I guitti vivono la loro vita individuale condizionata, diciamo,
dall'ordine egoistico del mondo, mentre la loro rappresentazione di San Mael e
della comunità dei pinguini non riesce a svolgersi che come prova. La porta
della chiesa che avrebbe dovuto aprirsi per permettere al popolo la conoscenza
di una giustizia possibile (in teatro... ma è proprio il teatro il luogo delle
rivelazioni) non si apre. Il popolo non è venuto dalla parte dei tre guitti
missionari. Il vecchio attore vagabondo che impersona il santo Mael esce dalla
sua parte, torna nei limiti della propria esperienza umana, impreca contro il
sacrestano che non è stato ai patti e non ha aperta la porta dalla parte
giusta. «Dov'è quel figlio di puttana?! … quel sacrista maledetto, dov'è che lo
voglio strozzare?... non c'è rimasto più nessuno là dentro... questa doveva
essere l'unica porta per uscire e invece è stata l'unica che ha chiuso
all'ultimo momento... Lo voglio tra le mani quel vigliacco!... dove s'è
nascosto? a chi la raccontiamo adesso la storia di Mael?... bastardo
maledetto... non ha voluto che la gente venisse dalla nostra parte!». L'altro
attore (nella vita è il figlio del primo, nello spettacolo è il discepolo di Mael) risponde con le seguenti parole: «Pa'... non vengono mai da questa
parte... sempre da un'altra uscita, non lo sai?... nessuno che viene da questa
parte... verso di noi... mai! Non l'hai ancora capito?... ma la vita, allora,
non ti ha insegnato nulla?... alla tua età?!... oh povero pa' che non ha capito
niente... povero Pa'!». Sono le ultime parole della commedia. E c'è una didascalia finale che
val la pena di trascrivere perché suggerisce un commento. Eccola. «Strappa un
accordo sull'organetto, un suono che non è di chiusura e che rimane sospeso,
incompiuto, sul silenzio». Non è una chiusura né un tentativo di suggestione.
Sospeso, incompiuto, non sono parole indicanti un'estenuazione sentimentale o
un abbandono emotivo. Sono invece precisazioni oggettive, come lo è in un certo
senso lo stesso suono dell'organetto che abbiamo appena ascoltato. E non
costituisce un finale o il compiersi di una storia. Balducci ci dice sempre
tutto quello che gli preme, fino in fondo. A un certo punto tace, ma potrebbe
continuare perché l'ultima testimonianza in favore di quanto ha detto è al di
là dell'ultima battuta o delle possibili suggestioni dell'avvenimento scenico.
Ne
La nuova isola lo scontro o, meglio, il confronto tra ragione e inconscio è
evidente ma non ha soluzione (come si dice alle volte troppo superficialmente).
L'interesse della commedia è di avere indicato lo sgomento interno a una
situazione che ci comprende tutti nelle nostre contraddizioni drammatiche e
nelle nostre cieche difese. Nelle quali agonizza un pensiero tormentato, e
temuto, di libertà. Il rimanere sospeso di fronte alle conclusioni indica
l'allarme provocato dal prevalere della macchina più o meno mitica che sembra
dirigere il destino degli uomini che sempre di più diventano elementi di un
ingranaggio.”
(Roberto Rebora -
Rivista Italiana di drammaturgia –
1976)
"... Impegno che trova riscontro ne LA NUOVA ISOLA (DEI PINGUINI), ove si realizza, per poco perché contrastata dagli dèi, l’utopia egualitaria di San Mael, che vuole tutti gli uomini-pinguini in parità di diritti e doveri."
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
Rappresentazione a séguito dell'assegnazione del "Premio Riccone - ATER", nel 1973.
Locandina della rappresentazione da parte del "GRUPPO DI RICERCA TEATRALE" di Varese, al Teatro del Vecchio Verziere di Milano, nel febbraio 1976.
E’ possibile impadronirsi di un personaggio della storia e farlo proprio, vivergli assieme, entrargli dentro? O non è meglio, forse, creare il proprio personaggio e tirare avanti con lui, rassegnandosi alla sua modestia e alle sue limitazioni? Sullo sfondo ci sono i piani avventurosi di un professore di storia-Napoleone Bonaparte, dello Zar Alessandro I-aiuto fornaio e di Proserpina, una devota di San Giorgio.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
4 Personaggi: (2 uomini e 2 donne)
“E’ una commedia scritta su un delicato filone ironico-lirico.”
Gli altri:
Fantasticando su un personaggio di Luigi Pirandello (Zi’ Dima, l’interprete de “La Giara”) che si muove in un’altra avventura nella quale riesce ad aiutare due giovani che si vogliono bene, così come, nel suo mestiere, riesce a collegare le due parti di un vaso che s’è rotto. E tutto si svolge sull’aia di una cascina, sotto lo sguardo di una luna incredibilmente grande e luminosa.
Durata: atto unico
Genere: realistico
5 personaggi (3 uomini e 2 donne)
Premio
Pirandello-Brecht project – New York
(La scelta - Il naufragio - Superiorità dell'attore - Delirio all'ufficio postale)
Naufraghi e naufragi, reali e simbolici.
1° minim'atto - La scelta
Sta accadendo un avvenimento inspiegabile nella sua natura e nel suo sviluppo, ma qualcuno non si rassegna all’attesa ed effettua una scelta precisa nel buio più profondo. E’ un atto di coraggio o di sfacciato opportunismo?
2 personaggi (uomo - donna)
2° minim'atto - Il naufragio
Il testo si sviluppa attraverso alcuni colpi di scena, proprio come accade nei lavori a più personaggi. La vicenda narrata non vuole soltanto intrattenere l’uditorio, ma ha un’ambizione più alta: quella di svolgere - nei limiti di un divertimento sempre presente - anche una critica di costume. E’ una certa mentalità da ricchi sfaccendati che viene presa di mira, insieme con la loro convinzione che fra i privilegi di cui godono, ci sia anche il diritto alla spregiudicatezza. Nessuno sfoggio di moralismo, però, nessuna pesantezza didascalica, nessun lancio di messaggi: tutto è trattato con leggerezza, all’insegna del buonumore.
Monologo (1 personaggio femminile)
Rappresentata al Teatro Zazie di Milano
Rappresentata al
Castello di Padenghe sul
3° minim'atto - Superiorità dell'attore
A tutti la vita offre talvolta situazioni incresciose da affrontare, ma solo alcuni, grazie al mestiere che svolgono, hanno la forza e la spregiudicatezza necessarie per superarle. In questi casi si può giustamente parlare di una vera e propria superiorità.
Monologo (1 personaggio maschile)
Rappresentata a Roma da Steano Zanoli, produzione Teatro di Roma
Rappresentata al
Castello di Padenghe sul
Rappresentata al teatro della Gloria (Firenze)
4° minim'atto - Delirio all'ufficio postale
La storia racconta con
divertita e bonaria satira dei sogni, delle illusioni, ma soprattutto delle
frustrazioni di chi è costretto a svolgere un lavoro anonimo e ripetitivo.
Accanto a personaggi della nostra realtà quotidiana appaiono figure irreali
evocate da una fantasia esasperata. Uno squallido ufficio postale diventa anche
palcoscenico sul quale si eseguono numeri di cabaret ed esibizioni canore. Il
rullo compressore dell’esistenza passa insomma su individui comuni,
schiacciando illusioni e speranze. Lo spettacolo nell’insieme è ricco di
movimento e di trovate, cui fa da legame un solido filo di risate spontanee.
2 personaggi (uomo - donna)
Genere: tragicomico
da 2 a 9 personaggi a scelta (da uno a
sei uomini e da una a sei donne)
Un povero diavolo cerca nell’illusionismo un’affermazione sociale e un’occasione per riconquistare la moglie. Questa circostanza favorevole gli si presenta nel corso di un allucinante spettacolo del quale egli è, suo malgrado, il protagonista. Entusiasmo e disperazione si succedono a breve distanza; finalmente il surreale intervento del padre defunto riuscirà a fargli raggiungere lo scopo.
Durata: atto unico
Genere: ironico - brillante
10 personaggi (9 uomini e 1 donna)
Tradotta in ceco
Rappresentata nel 1980 al Teatro Sistina di Roma, per la regìa di Daniele Danza e l'interpretazione di Stefano Satta Flores
Trasmessa
dalla Televisione italiana (Rai), da Telemontecarlo, e dalla Tv nazionale
cecoslovacca.
Durata: due tempi
Genere: ironico
7 personaggi (5 uomini e 2
donne)
E’ la vita di uno scapolo diviso tra il puro amore per l’innocente fidanzata, e la travolgente passione per la sensuale amante. A quale delle due donne rinunciare? e come effettuare la scelta, se si tratta di sentimenti così diversi? Il nostro Ugo compie sinceri sforzi per uscire dal pasticcio, ma le difficoltà sono tante: è inutile nasconderlo; specialmente quando la fidanzata e l’amante si scambiano le parti, o quando i due ruoli rischiano addirittura di riunirsi in una nuova arrivata.
Durata: due tempi
Genere: ironico - brillante
6 personaggi (1 uomo e 5 donne, che possono ridursi ad una sola)
Rappresentata in Germania nel 2005 dal "Teatro in cerca" di Würzburg. Regìa di Wilsy Hofmann Theophilo
Come potremmo definire Mario, il protagonista, un autentico disadattato, un eterno insoddisfatto, un inguaribile pessimista? Forse andrebbero bene tutte e tre le definizioni, e magari qualcun’altra. In realtà Mario si sente escluso da una vita normale e fallisce tutti i tentativi compiuti per rimediare a questa carenza. Ciò nonostante la sua esistenza non si svolge nella solitudine, ma è ricca di esperienze interessanti affrontate con lucida consapevolezza.
Genere: ironico - satirico
Durata:
due tempi
Personaggi: 6 uomini e 4 donne,
che possono ridursi a due uomini ed una donna.
Il testo cerca di scendere alle radici della comicità teatrale, quella che non si accontenta delle battute più o meno salaci, più o meno brucianti, ma si propone di muovere il riso puntando sull’assurdità dei personaggi e delle situazioni. Qui si affronta con ironia un anomalo rapporto di coppia, dove la fantasia e l’immaginazione giocano un ruolo fondamentale che riesce a riscattare la vicenda, elevando il protagonista dalla ridicola posizione di marito ingannato, a un piano di purezza e di innocenza. La vita insomma non è brutta per chi riesce a evadere e ad appoggiarsi su un’illusione che, all’occorrenza, può anche trasformarsi in un alibi.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
5 personaggi (2 uomini e 3 donne)
Rappresentata al Teatro d'Alpiaz di Montecampione (Bs)
Due giovani balordi, con tutto l’accessorio del loro linguaggio triviale, parlano dei loro furti e della loro vita, mentre architettano un grave progetto di stupro, dal quale uno dei due uscirà piuttosto malconcio.
Genere: comico -
realistico
2 personaggi (uomini)
Camera di Motel, l’ambiente dove di solito avvengono incontri di coppie di amanti, il più delle volte clandestini. E’ il luogo dove ha particolarmente sede l’adulterio, e le “istruzioni per l’uso” sono ironicamente quelle che si possono fornire per cavarsela in simili situazioni. Ecco Ottavio che arriva in anticipo per attendere l’amata, e che già pregusta le gioie che proverà tra poco nelle sue braccia. Bisogna che l’ambiente sia il più possibile tranquillo ed accogliente perché l’incontro, oltre che di due corpi, sia anche di due spiriti. Ma quante non sono mai le circostanze sfavorevoli in una situazione del genere! Ottavio cerca in ogni modo di fronteggiare gli eventi e, ogni volta che crede di essere giunto in porto si trova di fronte un nuovo ostacolo: tutto sembra congiurare perché il desiderato amplesso non possa avere luogo. Non mancano le rivelazioni né i colpi di scena e nemmeno un inaspettato intervento che potrebbe preludere un’eccitante avventura. Ma il destino è implacabile e ad Ottavio non resta che rassegnarsi al fallimento o accontentarsi del poco che ancora rimane sulla strada della seduzione.
Durata: atto unico.
Genere: comico-satirico
4 personaggi (2 uomini e 2 donne)
Ripensando alla celebre favola, si cerca di dare una ragione al fatto che un numeroso gruppo di ragazzi abbia ceduto alla musica del magico pifferaio.
Nello stesso tempo, ecco venir fuori il finale della storia. Inaspettato, anche se logico, ma soprattutto, fedele all’ironia satirica che caratterizza l’intera vicenda.
Durata: atto
unico
Genere: ironico-satirico
7
personaggi (6 uomini e 1 donna); 2 agenti, che non parlano
Lo specchio di dentro
I più applauditi:
Un uomo e una donna si
incontrano casualmente: non si sa chi siano, da dove vengano, né dove siano
diretti. I due protagonisti si gettano addosso l’un l’altra accuse e sospetti
in un “labirinto” di supposizioni, prima abilmente costruite e poi
meticolosamente smontate da essi stessi. Chi sono realmente? come si sono
svolti veramente i fatti? Tutto lo svolgimento della commedia è teso alla ricerca
di una probabile/improbabile verità. Non riusciranno mai a raggiungere una
qualche certezza: fra loro sussisteranno sempre dubbi e sospetti. Unica
consapevolezza, la disperazione dell’esistere.
Genere: drammatico
2 personaggi (un uomo e una donna)
Rappresentata a Fondi per il Festival
del Teatro Italiano Contemporaneo
Rappresentata al Teatro Filodrammatici
di Milano
Trasmessa dalla Radio greca
Pubblicata su “Ridotto”
Ha scritto “il Giornale” di Milano: “…E’ un vero e proprio triller psicologico, ricco di tensione e di emozionanti sorprese…”
Due uomini su una barca di fronte all’infinito naturale e a quello delle loro coscienze. L’uomo, però, non è abituato ai grandi spazi dentro e fuori di lui: ogni profondità lo atterrisce e lo condiziona.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
2 personaggi (uomini)
Premio Pirandello (Agrigento)
Pubblicata su “Ridotto”
Un gioco di scatole cinesi, ognuna delle quali, aprendosi, ne contiene un’altra, fino a trovare nell’ultima la verità: una piccola, amara verità di solitudine e di innocenza.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
Monologo (1 donna)
E' veramente un caso difficile da risolvere quello di un capitano dell'esercito che, nel corso di un conflitto armato, decide di disertare. Un problema di coscienza condotto sull'onda di un dibattito vivo e spietato, arricchito da vicende insospettabili. La soluzione che viene trovata è in grado di aprire un orizzonte di speranza per tutti.
Durata: due
tempi
Genere:
drammatico
5 personaggi (4 uomini ed una donna)
Gli altri:
Un fallito attentato ad un uomo politico scatena in lui una serie di riflessioni: quelle sul suo passato di impegno che gli ha fatto trascurare la moglie e la figlia. Come rimediare al senso di solitudine che lo attanaglia? Il protagonista cerca una via d’uscita, ma tornare indietro è impossibile e deve sopportare la sua condanna, adesso che anche il successo conquistato gli sembra cosa trascurabile.
Genere: dramma
Durata: due tempi
Personaggi: 8 (5 uomini e 3 donne). Il lavoro può essere interpretato da un numero minimo di 4 uomini ed una donna.
Pubblicata da Serarcangeli Editore per conto della Società Italiana degli Autori Drammatici (S.I.A.D.)
Una sordida ed inquietante storia di sopraffazione, subita da due coppie di amici, viene da ciascuno dei quattro recepita e gestita in modo diverso. Come diverso per tutti noi è, nella realtà, il modo di affrontare il fenomeno mafioso.
Durata: due tempi.
Genere: drammatico
4 personaggi (2 uomini e 2 donne)
Premio Giuseppe Fava - Catania, 1991
Un giorno qualunque di un qualunque Marcello Rossi, un giornalista sempre in conflitto con la sua coscienza per il lavoro che svolge in un giornale contrario alle sue idee. E' colpevole oppure vittima?
Anno 1970
Durata: due tempi
Genere: drammatico
5
personaggi (4 uomini - una donna)
Pubblicata su “Ridotto”
Due operai e un'impiegata vengono assunti da un'azienda "fantasma": quale lavoro devono svolgere? per quanto tempo? dove? tutti interrogativi apparentemente senza risposta, se non si entra in un'altra dimensione del pensiero, se non ci si apre a nuovi orizzonti dei sentimenti. Allora può anche accadere che questi ultimi riservino qualche sorprendente regalo.
Durata: Atto unico
Personaggi: 3 (2 uomini ed una donna)
Oppure in quattro gruppi più piccoli:
La guerra - Il teatro - I personaggi - La società
La guerra
Il dramma della guerra:
Un episodio di odio e di violenza che cresce ed
esplode sulla terrazza di un fortino, in un paese invaso da truppe straniere.
La ragnatela del complotto si avvolge lentamente intorno a un uomo, vittima e
carnefice insieme, fino a soffocarlo con il suo stesso terrore.
8 personaggi (2 attori e
6 figuranti)
Rappresentata a Roma dal Teatro
Italiano Moderno (regìa di Ruggero Jacobbi)
Pubblicata da Serarcangeli Editore, a
cura della Società Italiana Autori Drammatici
Trasmessa dalla Televisione della
Svizzera Italiana
Trasmessa dalla Radio iugoslava
Trasmessa dalla RAI (interpreti: Glauco Mauri e Osvaldo Ruggeri)
Hanno scritto:
In UN CIELO DI CAVALLETTE abbiamo a che fare con una dichiarazione di guerra alla guerra, un’aperta e coraggiosa, per il tempo, denuncia allo sfruttamento neocolonialista.
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
“Balducci ha al suo attivo una produzione non priva di qualità e continuità di ispirazione.“
(Giorgio Prosperi, su Il Tempo, per “Un cielo di cavallette“)
E' veramente un caso difficile da risolvere quello di un capitano dell'esercito che, nel corso di un conflitto armato, decide di disertare. Un problema di coscienza condotto sull'onda di un dibattito vivo e spietato, arricchito da vicende insospettabili. La soluzione che viene trovata è in grado di aprire un orizzonte di speranza per tutti.
Durata: due
tempi
Genere:
drammatico
5 personaggi (4 uomini ed una donna)
Un gruppo di attori ingaggiati per portare uno spettacolo di varietà a soldati impegnati in operazioni di guerra, di fronte alle atrocità alle quali assiste, si domanda se il loro mestiere abbia ancora una funzione in questo mondo lacerato.
Forse il rifiuto del testo di evasione che avrebbero dovuto rappresentare, e la scelta di recitare uno spettacolo pacifista e anticonformista, potrebbe essere la soluzione.
Non si sa se l’esperimento sia destinato a riuscire, comunque si tratta di una positiva presa di coscienza degli attori che scoprono all’improvviso, in questo impegno, la loro dignità umana.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
8 personaggi (5 uomini e 3 donne)
Rappresentata:
– nel 1969 al Teatro Sangenesio di Roma dalla Compagnia dell’Atto (interpreti: Carmen Scarpitta, Roberto Herlitzka, Renato Campese), regìa di Luigi Tani;
– nel 1977 al Teatro Arsenale di Milano dalla Compagnia del Teatro Verticale, regìa di Daniele Abbado.
La guerra vista con ironia:
Breve
sinossi
Due compagnie di ventura stanno per scontrarsi in battaglia, quando i soldati delle due bande scoprono di essere reciprocamente legati da fraterna amicizia, per un precedente fatto d’armi cui hanno partecipato da alleati. Lo scontro quindi non è più possibile, anche se i rispettivi generali, per ragioni diverse, si affannano perché lo scontro ci sia. Ma la pace trionfa, nonostante i trucchi messi in atto per accendere gli animi ed aizzare l’una contro l’altra le due parti. La sconfitta tocca proprio ai due generali: il buonsenso, l’amicizia e l’amore, almeno per il momento sono i soli vincitori.
Svolgimento della commedia
L'azione si svolge all'epoca delle compagnie di ventura in un medioevo non precisato.
Due formazioni di questo genere, composte da mercenari, stanno per scontrarsi: la prima è stata ingaggiata dal feudatario del castello di Boslavo che ha deciso di non pagare più le tasse al re dal quale dipende, mentre la seconda, al soldo del re, dovrebbe espugnare il castello per ricondurre il ribelle ai suoi doveri.
Atto primo
Accampamento della compagnia assediante: le due ordinanze del generale comandante conversano fra loro: la prima ordinanza racconta al collega meravigliato di un'avventura che ha avuto con una ragazza dei dintorni, ma il racconto è interrotto dall'entrata in scena del generale e del suo aiutante di battaglia, il marchese Von Hauser, giovane di importante casata, più interessato al gioco dei dadi che alle attività guerresche. Infatti, nella notte appena trascorsa, in cui avrebbe dovuto uscire in perlustrazione con una pattuglia intorno al castello, ha giocato a dadi il suo incarico, riuscendo a scaricare l'impegno sulle spalle di Salardier, un ufficiale della compagnia.
Ecco appunto Salardier che viene a riferire della sua missione: è stupito e preoccupato perché la pattuglia che comandava, trovandosi al cospetto dei nemici, invece di aggredirli, è andata ad abbracciarli. In più, il suo ordine di arrestare i soldati della pattuglia, al rientro al campo, non è stato eseguito. Insomma, il castello di Boslavo è difeso dalle truppe di Gutierrez, una formazione che in un recente passato ha aiutato la loro compagnia. Fra i soldati dei due schieramenti si è creata in quell'occasione una solida amicizia per cui adesso non intendono darsi battaglia. Ma il generale non si impressiona per questo: sa ben lui come spingere i soldati al combattimento, infiammandoli con un discorso. Adunata delle truppe: il comandante parla e la compagnia si mette in marcia verso il castello. Il generale è entusiasta e controlla da lontano l'azione. Ma cosa succede intorno al castello di Boslavo? gli assediati non impugnano le armi, ma hanno allestito una lunga tavola per banchettare, inoltre hanno alzato un albero della cuccagna come per una festa popolare.
Atto secondo
La ragazza conosciuta dalla prima ordinanza viene all'accampamento per chiedere al generale un permesso per recarsi al castello: deve andare da sua madre che si trova laggiù. Il generale l'interroga e la costringe a confessare che vuole andare dal fidanzato e non dalla madre. La ragazza l'accontenta senza capire il perché: ma il perché lo sa il generale; è sua intenzione portare un'offesa nel campo nemico, proprio per provocare uno scontro armato. Se la ragazza riceverà offesa dai suoi soldati, che cosa succederà quando al castello lo verranno a sapere? Il piano, però, fallisce perché i suoi soldati non se la sentono di recare offesa a una ragazza che forse sta a cuore a un loro amico al castello. C'è però la possibilità di convincere la vivandiera della compagnia ad accusare i soldati di Gutierrez di averla violentata: questo fatto accenderebbe sicuramente gli animi dei suoi soldati, che vorrebbero di sicuro vendicarsi. La vivandiera è disposta a recitare, entra nel bosco e torna piangente e con il vestito stracciato. Il generale fa adunare la sua compagnia per mostrare a tutti il misfatto e provocare lo sdegno di tutti: - Chi ti ha ridotto in questo stato? - le chiede fra l'indignazione generale. La vivandiera si asciuga le lacrime e punta il dito verso il marchese Von Hauser che sta arrivando: - E' stato lui!
Atto terzo
E' in scena la marchesa Von Hauser, amante del re e madre dell'aiutante di battaglia del generale, accompagnata da due dame: è venuta a trovare il figlio. Il generale scambia le tre donne per quelle che il re gli aveva promesso per intrattenere i soldati e ordina che siano messe a disposizione della truppa. Intanto al campo c'è un altro arrivo: è Gutierrez, il comandante nemico che supplica il suo amico generale di attaccare battaglia e di sconfiggerlo. Si trova in una situazione disperata: la sera prima ha perso al gioco le paghe dei suoi soldati che oggi stesso reclameranno il loro compenso. Se venisse sconfitto, invece, nessuno gli chiederebbe conto dei denari che, in quel caso, si presumerebbero caduti nelle mani dei vincitori. Arriva un ufficiale della compagnia a dire che le tre donne si rifiutano ai soldati; il generale ride e consiglia di aumentare il prezzo. Intanto al campo giunge addirittura il re che, preoccupato per la scomparsa della marchesa, ha voluto seguirla. Ordina al generale di avvertire la donna che è arrivata con le sue dame. Il generale si rende conto dell'equivoco in cui è caduto e, disperato, per crearsi almeno qualche merito agli occhi del re, mette le mani su Gutierrez: -Abbiamo catturato il generale nemico- dice. -Rimettetelo in libertà- risponde il re -la guerra è finita: il marchese di Boslavo ha fatto atto di sottomissione.
Il generale è soddisfatto di potersi sottrarre all'autorità del re, anche perché la marchesa Von Hauser, prima di andarsene, gli ha giurato un'atroce vendetta. Gutierrez invece è distrutto perché non sa come nascondere l'ammanco nella cassa. -Dovevi pensarci prima di giocare a carte con uno sconosciuto- gli dice il generale. -Non ho giocato a carte- risponde Gutierrez -ma a dadi. -A dadi?!- esclama il generale -allora io conosco il tuo vincitore.- Il marchese Von Hauser, che viene subito convocato, non è disposto a restituire la vincita, ma, come si addice a un gentiluomo, accetta di concedere una rivincita. Farà fede il generale con la cassa della sua compagnia. Gutierrez perde ancora: Von Hauser è ora padrone delle due casse. Intanto un sordo rumore allarma i due comandanti. -Che cos'è?- domanda il generale. -E' il rumore di un esercito in marcia- risponde Von Hauser -l'esercito di Gutierrez. Infatti, poco fa ho fatto un salto al castello e ho fatto spargere la voce che Gutierrez era fuggito con i denari delle paghe e che si trovava qui, sotto la vostra protezione, generale. All'inizio del bosco ci sono due cavalli a vostra disposizione.- I due non hanno altra scelta che tagliare la corda.
Von Hauser si autonomina generale, riunisce le due compagnie e dà ordine di pagare le truppe. Intanto sulla scena irrompono la prima ordinanza del generale con la ragazza che aveva conosciuto. La ragazza finge di essere infastidita dal militare: - Cacciatelo dalla compagnia - chiede a Von Hauser, lasciandogli capire che poi sarà generosa con lui. Von Hauser manda la ragazza ad aspettarlo nella sua tenda e firma il foglio di congedo.
E' sera e le operazioni di pagamento sono finite. Von Hauser va nella sua tenda, ma la ragazza non c'è. All'alba le compagnie riunite si mettono in marcia verso un nuovo impegno bellico. La prima ordinanza sventola il suo foglio di congedo mentre stringe a sé la ragazza: l'amore ha vinto.
Durata: tre atti
Genere: comico - satirico
Personaggi: 15 (10 uomini e 5 donne)
Pubblicata da:
- “Sipario”, 1960.
- “Sufler” (“Il suggeritore”, rivista di teatro russa), 1990.
Trasmessa dalla RAI
Tradotta in inglese da Hugh Barty - King, e in russo da Lev Verscinin.
Rappresentata da:
- Teatro Stabile di Trieste, 1960 (con Leonardo Cortese, Omero Antonutti, Carlo Bagno, Pina Cei, Carlo Montini), regìa di Sergio Velitti, scene e costumi di Dario Fo.
- Minack Theatre – Portcurno (Inghilterra), 1966.
- Teatro dei Satiri – Roma, 1967.
Ha scritto la critica:
"Balducci ravviva con linguaggio pungente e acerbo l'immagine di un mondo militaresco che per natura dovrebbe essere eroico e invece mostra le sue proprie miserie con atteggiamenti millantatori ... ha dato una figurazione di tipi ben coloriti e un dialogo vivo e leggero, aderente al carattere particolare della rappresentazione. L'esecuzione è stata fortemente ritmata, svelta e serrata con la regìa di Sergio Velitti ... le scene e i costumi di Dario Fo hanno inquadrato con magnifico rilievo di colori, di taglio e di forme i tre atti di Alfredo Balducci, fervidamente e ripetutamente applaudito insieme al regista e agli interpreti.” (V.T. - "Il Piccolo" - Trieste)
"La commedia di Balducci è divertente e di notevole impegno, essa ci intrattiene con fine umorismo: la fresca invenzione, il dialogo scorrevole, vivace, spassoso, i personaggi caricaturali dànno ai tre atti un andamento estremamente divertente, con un ritmo comico che la regìa di Sergio Velitti ha giustamente sottolineato … a questo punto ci accorgiamo che il riassunto della trama non rende (né poteva rendere) tutto lo spirito della commedia di Balducci, l'arguzia delle battute, l'efficacia delle trovate, il senso della sua gustosa polemica contro il militarismo, contro la guerra e i suoi profittatori ... un grande successo. Dobbiamo dire che, attribuendo al Teatro Stabile di Trieste tutto il merito per avere rappresentato questa commedia di Balducci, ci auguriamo che possa essere presto rappresentata anche in altre città ed anche stampata.” ("l'Unità" - Roma)
"L'autore ha posto un tema e ha svolto una storia teatralmente valida, confezionata con mestiere, ricca di colpi di scena. Le scene spiritose e allusive e i costumi sono di Dario Fo, la regìa di Sergio Velitti. Da queste componenti: autore, attori, scenografo, regista è nato uno spettacolo saporoso di gusto e di significati ... Vivissimo successo.” ("Il Giorno" - Milano)
"Balducci ha condiviso gli applausi che il pubblico ha indirizzato agli interpreti del suo lavoro. Applausi che meritatamente erano rivolti all'autore chiamato al proscenio: "I dadi e l'archibugio" è infatti un buon testo, ricco di inventiva, di trovate di buon gusto e -anche- di una raggiunta padronanza di linguaggio teatrale...” (G.B. - "Il Gazzettino" - Venezia)
"La commedia possiede un pregio indubbio, non facile e non frequente, che subito si avverte alla lettura o all'ascolto: lo stile. La commedia è raccolta, appunto in grazia del suo stile, intorno a un'intenzione satirica che non vuole e non può essere rappresentata che da se stessa, cioè dalle parole che la rivelano ... il sapore della commedia è affidato in modo quasi determinante alla felicità del dialogo sottile ed educato…” (Roberto Rebora - "Sipario")
“ ... la commedia ci appare complessivamente ottima, argutamente dialogata e teatralmente colorita. Un testo senza dubbio importante che pone subito Balducci tra i nostri commediografi di più sottile e raffinato estro satiro. Il pubblico ha dimostrato di intuire l'umorismo garbato e intelligente della commedia ed ha applaudito con calore l'autore e gli interpreti...” (Sol. - "il Messaggero Veneto")
Balducci ha raggiunto i suoi risultati migliori nei suoi primi due testi, I dadi e l'archibugio (1960) e L'equipaggio della Zattera (1962), di un antimilitarismo sottile e divertito, mai insidiato dal didascalismo."
Giovanni Antonucci – Storia del teatro italiano del novecento
Ne "I dadi e l'archibugio" e "L'equipaggio della Zattera", Balducci raggiunge forse i suoi risultati più convincenti per l'eleganza del dialogo, la robustezza della scrittura drammaturgica e la puntuale pregnanza e attualità dei temi.
Luigi Lunari – Cento trame del teatro italiano – Rizzoli Editore
Breve sinossi
Una strana famiglia prende alloggio alla "Zattera", un albergo al confine fra due stati. E' la famiglia di Cobby, un piccolo mercante di armi sempre in cerca di una guerricciola, un colpo di stato, una rivoluzioncella per piazzare la sua merce. Solo che, quando sparano i fucili, non si sa mai che cosa può succedere: le armi possono servire anche a chi è deciso a fare pulizia. Allora può capitare di assistere al crollo improvviso di ingiustizie, soprusi, disonestà. Di assistere al "naufragio" del male, insomma, nel vero senso della parola.
Svolgimento della commedia
Primo tempo
Nel lussuoso albergo «La Zattera» costruito, per ragioni di eccentricità e di sicurezza, sulle acque di un fiume, capita un giorno una strana famiglia. La compongono Cobby (il marito: irascibile e intrattabile, soggetto a violente crisi di avarizia che gli fanno perdere la conoscenza nei momenti in cui ciò può essergli utile), Flor (la moglie: casalinga borghese, docile e tranquilla, distaccata e imperturbabile anche nei momenti più drammatici), la figlia Leo con l'aspirante fidanzato Maxì, cui Cobby non ha ancora dato il proprio beneplacito, in attesa di chiare e valide prove della sua attitudine a portare avanti l'attività che Cobby stesso esercita: il commercio delle armi. La scelta dell'albergo in mezzo al fiume non è stata casuale: il fiume fa da confine a due staterelli l'uno retto da un governatore, l'altro da un presidente, che producono ambedue ferro e legname, e che la logica della concorrenza sta per scagliare in guerra l'uno contro l'altro. Cobby che ha maturato una prodigiosa abilità nel fiutare le situazioni favorevoli alla vendita delle armi: guerre, attentati o rivoluzioni che siano, ha scelto «La Zattera» perché lì può incontrare i capi militari e politici dei due campi. E in effetti, ecco che Maxì viene spinto all'attacco di un generale, che potrebbe acquistare la merce che Cobby ha provveduto ad accumulare in zona, e che attende di essere impiegata al più presto. Il tentativo di Maxì è però maldestro e rischia di fallire miseramente, quando interviene Cobby, che mette bruscamente da parte l'aspirante genero, e fa pieno sfoggio della propria abilità di venditore. Il generale è interessato alle armi: ha messo in piedi, sia pure ancora solo sulla carta, un piccolo esercito mercenario, che deve appunto essere armato, e che poi sarà posto al servizio del miglior offerente tra i due staterelli alle soglie del conflitto. Ma il progetto del generale si infrange contro una notizia sconvolgente: il figlio del governatore dello stato A sposa la figlia del presidente dello stato B, e le nozze faranno scoppiare la pace! Il generale però ha le idee chiare: «Non mi direte che un matrimonio possa risolvere la faccenda e mandare a monte ogni piano. Non sono i figli dei governatori a decidere la pace o la guerra, e neppure i loro genitori: sono i contrasti economici tra i due paesi che decidono...». Ma il generale non è stato ancora informato di tutto: c'è un’altra goccia che può far traboccare il vaso: «Che cosa? C'è di peggio? Stamani è stato firmato un cartello intemazionale del ferro e del legname? Questa sì che è veramente la rovina!»
Secondo tempo
Ma la ragion di stato non prevale sulla forza dell'amore. Vikin, il figlio del governatore, non ama la figlia del presidente rivale, si è innamorato di una cantante d'opera, e per sfuggire alle nozze volute dal padre organizza una finta rivoluzione, con l'aiuto sia dei suoi colleghi allievi dell'accademia militare, che dei fans della sua amata, membri dell' «Associazione amici del melodramma». Tutto, in effetti, sembra filare alla perfezione: all'ora prestabilita alcuni colpi di fucile dànno il via all'operazione. I clienti dell'albergo, al corrente di ciò che sta succedendo, gioiscono o restano indifferenti. Ma gli spari crescono di intensita, e si prolungano ben al di là del tempo stabilito: comincia a diffondersi un certo allarme. Il generale vorrebbe rendersi conto della situazione, tenta di uscire dall'albergo, ma ne viene ricacciato dentro a fucilate. È il segretario della cantante, che arriva trafelato dalla città, a dare la notizia: l'insurrezione è scoppiata davvero. Mentre cresce la preoccupazione tra gli ospiti della «Zattera», Cobby sorride sotto i baffi: neanche stavolta il suo buon naso per gli affari lo ha tradito. Ma ecco un altro arrivo: è nientemeno che il governatore in persona, che raggiunge l'albergo a nuoto, dopo che un mortaio ha colpito la lancia con la quale stava cercando di tornare in patria, dopo l'inutile incontro con il presidente. Per reprimere l'insurrezione e riconquistare il potere, ha bisogno degli armamenti di Cobby; al quale, tra l'altro, aveva già fatto ricorso trent'anni prima, per le armi con le quali aveva vinto la sua rivoluzione. «Vedete -commenta Cobby- i vantaggi di una spesa fatta bene al momento opportuno?» Ma non è di questo che il governatore ha bisogno di essere convinto: i suoi soli dubbi riguardano il danaro con cui pagare le armi. Dove trovarlo, dal momento che le casse statali sono rigorosamente vuote? Il governatore, trepidante, si consulta col proprio ministro degli interni: «Useremo i fondi stanziati per i lavori pubblici». «Non esistono stanziamenti per i lavori pubblici» risponde il ministro. Ma malgrado la situazione sia questa anche per tutti gli altri settori della pubblica finanza, l'accordo con Cobby va in porto. Il governatore pagherà una volta riconquistato il potere e riportato l'ordine nel paese. Ma come far arrivare, agli arsenali di Cobby, l'ordine di consegnare le armi agli uomini del governatore, dato che «La Zattera» è completamente circondata dagli insorti, e tutte le comunicazioni sono interrotte? Cobby sorride, compiaciuto e sicuro di sé: apre la borsa a soffietto che non lo abbandona mai, e ne tira fuori un piccione viaggiatore, alle cui zampette viene legato il messaggio. Il piccione spicca il volo, ma va poco lontano: un colpo di fucile lo abbatte. Nello sgomento generale, Cobby ha un motivo di stupefazione in più. Nello sparo ha riconosciuto la «voce» di uno dei suoi fucili, e si chiede angosciato come è possibile che le sue armi siano già in circolazione. All'interrogativo risponde Maxì, che confessa impaurito e tremante di essere stato lui a vendere la merce. «E a chi l'avete venduta?» chiede preoccupato il governatore. «Ai vostri uomini, naturalmente!» «Allora è in corso il contrattacco!» si rallegra il governatore. E Cobby quasi non crede alle proprie orecchie: «Hai venduto la merce?... Ma è meraviglioso! E non mi dicevi nulla?». Ma la figlia Leo scoppia in singhiozzi: «Perdonaci, pa'... Non ti abbiamo detto nulla perché avevamo deciso di fuggire con quei danari». «Allora Maxi mi voleva truffare?» esclama Cobby sorpreso e ammirato: «E io che l'avevo sottovalutato e non volevo dargli mia figlia! Sposala anche domani, te lo meriti!». Ma improvviso lo coglie un piccolo dubbio: ha venduto a contanti? «No, Cobby» risponde Maxì: «Però ho un regolare mandato di pagamento». E porge al suocero uno stampato governativo, con timbri, bolli, firme... ma con una piccola clausola aggiunta in calce, che dice: «... il pagamento del presente mandato sarà effettuato a vista, in qualsiasi momento, nella nuova residenza del governatore... all'inferno».
Le
armi dunque sono in mano agli insorti. Esasperato, Cobby si scaglia su Maxì per
avere almeno la soddisfazione di strangolarlo... quando una forte scossa, come
per un terremoto, fa tremare i muri e fa barcollare le persone. «La Zattera» è
stata sganciata dalla riva ed ora va alla deriva, trascinata dalla corrente.
Sulle opposte sponde del fiume, folle di uomini armate di pertiche sono ben
decisi ad impedire all'albergo di toccar terra. E il fiume è un grande tubo di
scarico che serve ad espellere dai due paesi gli affaristi e gli avventurieri
che si sono rifugiati su «La Zattera». Cobby è rimasto solo nel suo furore
impotente, tra la paura, le speranze, la disperazione dei suoi compagni
d'avventura. La moglie vorrebbe confortarlo, ma egli rifiuta ogni conforto. Ad
un ultimo tentativo di lei, egli risponde con un colpo di bastone sul tavolo...
che fa partire un registratore su cui è un nastro inciso dalla cantante. In
drastico e grottesco contrasto con la disperata situazione de «La Zattera» che
va alla deriva, si diffonde nella sala un lezioso coretto, che potrebbe
appartenere a un'operina settecentesca: le parole invitano a superare lo
sconforto dell'animo e le contrarietà della vita, poiché a trionfare è sempre
l'Amore, che alla fine vince ogni cosa.
Durata: due tempi
Genere: comico - satirico
15 personaggi (12 uomini e
3 donne)
Rappresentata da: (1962) Compagnia del Piccolo Teatro di Milano (interpreti: Enzo Tarascio, Pina Cei, Mimmo Craig, Carlo Cataneo, Luigi Pistilli, Narcisa Bonati, Relda Ridoni, Luigi Montini). Regìa di Virginio Puecher
Pubblicata su: "Il Dramma" (1962)
Trasmessa dalla RAI
Hanno
scritto:
La commedia è piacevole e divertente, è carica di satira e di humor e offre il piacere di riscontrare la presenza di un commediografo notevolmente abile nell'indicare il succo dei personaggi. Nel complesso è uno spettacolo di ottimo gusto e di beffa cordiale. Molti gli applausi.
Eligio Possenti - “il Corriere della Sera”:
Qui l'autore comico c'è ed è
in possesso di uno strumento espressivo di prim'ordine, pronto ad essere usato
per maggiori impegni. Osi e rischi. Un divertito successo, con applausi a scena
aperta e numerose chiamate alla fine, anche all'autore.
Carlo Terron – "il
Corriere Lombardo"
La commedia di Balducci si snoda brillantemente con un vivo gusto della caricatura, una serie di personaggi di stampo operettistico, assai ben collocati nella loro voluta convenzionalità e soprattutto un dialogo vivacissimo, di molto mestiere e di intelligente comicità. Ecco un autore francamente comico. Esito assai lieto con molti applausi all'autore.
Roberto De Monticelli – "il Giorno"
Tra pace e guerra una zattera alla deriva
Alfredo Balducci, il secondo autore prescelto dal Piccolo Teatro per la sua «rassegna italiana» al Teatro dell’Arte, colse tempo fa un bel successo con una commedia di vena tra ironica e farsesca, I dadi e l’archibugio, in cui erano le premesse d’un mondo e d’un linguaggio assai personali. La formula – se così si può dire – a cui è arrivato Balducci, cioè la mescolanza di elementi grotteschi su un fondo di polemica sociale, è assai moderna e ha vari antecedenti nella commedia europea, ma non troppi in Italia. E questa stessa formula ritorna, in modi asciutti e rapidi, anzi a volte addirittura schematici, nel suo nuovo lavoro andato in scena iersera, L’equipaggio della «Zattera».
Cobby, il gran vecchio, anzi il sinistro vegliardo è il deus ex machina dell’azione. Chi è costui? Un trafficante d’armi, che di tale attività ha fatto uno scopo di vita, un’arte sottile, un piacere demoniaco. Accanto a lui si muovono la moglie Flor, complice della sua oscura rivalsa contro il mondo, la figlia Leo e il suo fidanzato Maxì, innocuo apprendista stregone.
Capita, la strana comitiva, in un paese dilaniato dalla guerra civile. Ma non guerra fra popolo oppresso e governo oppressore; guerra fra due forme d’oppressione, di ricatto, d’imbroglio. E il loro giuoco potrebbe, dovrebbe riuscire, con l’aiuto d’alcuni loschi militari da operetta. Sennonché il terzo incomodo, l’imprevisto, il popolo insomma si sveglia e manda all’aria i loro piani.
Qui l’ambientazione si fa simbolica: infatti la commedia si svolge nella «Zattera», che è un albergo galleggiante, non ci vuol nulla a tagliare gli ormeggi e mandarla alla deriva. Così potessimo tutti noi liberarci di coloro che mantengono in vita le ingiustizie del mondo: riunirli su un barcone e spedirli via, in balia delle acque.
A questa trama principale (fitta, del resto, di tipi e tipetti minori) si aggiunge la buffa storia del figlio del governatore del paese immaginario. Costui, Vikin, è un cospiratore da burla, e dei suoi compagni di congiura – e dello stile di tale congiura – Balducci si serve per farsi beffe, assai garbatamente, di certi intellettuali pseudorivoluzionari. Vikin è innamorato d’una cantante d’opera, che si porta dietro il suo «pappa», e che viene travolta anch’essa nella rovina del paese, nel naufragio della zattera, non senza prima aver congruamente delirato in duetti e gorgheggi.
Situazioni minute ed esilaranti riempiono, popolano la breve e veloce commedia, i cui significati vanno al di là dell’apparenza burlesca e che rivela in Balducci una comprensione acuta del giuoco dialettico del mondo in cui viviamo oltre a qualità tecniche, di struttura teatrale, tutt’altro che disprezzabili.
Virginio Puecher l’ha messo in scena con una inventiva continua, scintillante, e a volte addirittura congestionata. E’ una regìa di forza, una regìa che non lascia margini.
Tra gli interpreti si distinguono il Tarascio, comico e potente Cobby, la Cei, la Ridoni, la Bonati e i molti tipi disegnati con estrosa comicità dal Craig e dal Bartolucci, dal Cannas e dal Cataneo, dal Varisco, dal Pistilli e dal Montini, dal Buttarelli, da tutti.
La commedia, che ha per sfondo scenografico una serie d’ingrandimenti da foto liberty di Ugo Mulas, è stata vivamente applaudita da un folto pubblico. La «rassegna italiana» è in marcia.
Da: “MASCHERE ALLA RIBALTA – Cinque anni di cronache teatrali 1961 – 1965” di Ruggero Jacobbi – Bulzoni Editore
Alfredo Balducci (Livorno, 1920), si è dedicato con continuità alla scrittura drammatica, ma appartiene alla generazione che più ha pagato nell'immediato dopoguerra l'ondata di esterofilia (o anche -più positivamente- la necessità di aggiornamento culturale) con cui il teatro e il pubblico italiano reagirono al periodo dell'autarchia fascista. Scrittore socialmente impegnato, di acuta osservazione e di vasti interessi, la sua opera si può dividere in due filoni: un filone drammatico («Don Giovanni al rogo», «Un cielo di cavallette»), ed un filone satirico-ironico («I dadi e l'archibugio», e questo «L'equipaggio della Zattera»), in cui raggiunge forse i suoi risultati più convincenti per l'eleganza del dialogo, la robustezza della scrittura drammaturgica e la puntuale pregnanza e attualità dei temi. Apprezzato dalla critica, vincitore di numerosissimi premi e concorsi, Balducci raggiunse però raramente per le ragioni suddette i grandi palcoscenici. Una felice eccezione riguarda appunto «L'equipaggio della Zattera» sarcastica denuncia del militarismo e del mondo dei commercianti d'armi, che il Piccolo Teatro di Milano rappresentò nel 1962, con la regìa di Virginio Puecher, nell'ambito di una Rassegna del Teatro Italiano voluta e curata dall'autore di questa nota.”
Luigi Lunari - “Cento trame del Teatro Italiano”, Biblioteca Universale Rizzoli, 1993
Balducci ha raggiunto i suoi risultati migliori nei suoi primi due testi, I dadi e l'archibugio (1960) e L'equipaggio della Zattera (1962), di un antimilitarismo sottile e divertito, mai insidiato dal didascalismo.
Giovanni Antonucci – Storia del teatro italiano del novecento
Il teatro
Il teatro nel teatro:
Una scalcagnata compagnia di provincia ottiene finalmente un ingaggio a Milano, ma arriva allo scoppio delle Cinque Giornate, e deve subirne tutte le relative vicissitudini.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
5 personaggi (3 uomini e 2 donne)
Premio Anticoli Corrado
Rappresentata al Teatro Filodrammatici
di Milano
Rappresentata alla Casa del Teatro di Montevideo (Uruguay)
Trasmessa dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana
Pubblicata su “Ridotto”
Pubblicata su Novi Prolog, in
serbocroato
Ha scritto Renato Palazzi sul “Corriere della sera”: “ … astutamente costruita con tutti i suoi effetti al posto giusto, con una sua robustezza romanzesca…“
Tre attori girovaghi raccontano – partendo da un’idea di Anatole France – la storia di un santo miope che, avendo battezzato dei pinguini scambiandoli per uomini, deve sottostare a tutti i guai che il suo errore ha provocato sulla terra e nel regno celeste.
Durata: due tempi.
Genere: comico-satirico
3 personaggi (2 uomini e 1 donna)
Premio Riccione 1973
Rappresentata a Roma dalla Compagnia del Teatro San Genesio
Rappresentata dal Nuevo Teatro di
Montevideo (Uruguay)
Pubblicata su “Sipario”
Tradotta in spagnolo, romeno e russo
Pubblicata su “Sipario”
Hanno scritto:
“Onorata dal Premio Riccione di quest’anno, la
commedia di Balducci dimostra alla prova scenica di essere sicuramente
meritevole del riconoscimento. Tre attori girovaghi provano sulla pubblica
piazza una sorta di sacra rappresentazione in onore di un “beato”, il cui rito
di canonizzazione viene celebrato in una vicina chiesa: i tre poveracci,
insomma, si ripromettono i favori dei fedeli che tra poco usciranno dalla
funzione. Nella loro ignoranza, ma forti tuttavia di istinto dialettico, i
comici devono mettere insieme un canovaccio agiografico: il “beato” di cui si
parla fece un curioso miracolo, convertì in uomini certi pinguini che aveva
battezzato tra il lusco e il brusco. Ma quale insegnamento offrire alle
mansuete bestie? Come organizzare la loro società? Di ragionamento in
ragionamento, i frastornati attori scoprono che la pacifica convivenza
comunitaria dei pinguini andrebbe purtroppo “civilizzata” con una struttura
sociale che prevede servi e padroni, potenti e nullatenenti, ricchi e poveri:
insomma il “beato” avrebbe combinato un bel guaio se delle creature sinora
innocenti e felici dovranno scontare la loro “promozione” ad esseri umani con
le delizie dell’ingiustizia istituzionalizzata. Le stesse scelte della Chiesa
(dato che dell’operato di un suo membro illustre si tratta) non risultano
all’analisi dei comici, come dettate dal precetto evangelico dell’eguaglianza.
Questo è il senso dell’apologo di Alfredo Balducci:
ma al di là dei significati fin troppo trasparenti, la commedia conta molti
altri pregi. Intanto il disegno dei tre girovaghi popolarescamente (ma, in
realtà, con buona finezza filologica) impegnati in una miscellanea di dialetti
che offrono al dialogo una presa assai efficace e che rendono “colta”
un’indagine sociopolitica apparentemente balbettata a livello di analfabetismo.
Ne risulta un autentico vigore polemico, velenoso e candido insieme.”
(Ghigo De Chiara su “l’Avanti” - 19 dicembre 1973)
“Sebbene il nome di Alfredo Balducci non sia ancora noto al grande pubblico. si può affermare senza tema di smentite, che sia una delle poche voci nuove, degne di attenzione, che si sono affacciate alta ribalta della scena drammatica.
Non per i premi ricevuti (ormai divenuti una specie
di manifestazione che nulla ha da spartire con la cultura: "Diamo a tutti
un cavallo a dondolo" era il titolo di un soggetto cinematografico scritto
da un umorista purtroppo dimenticato), ma per la qualità dei lavori andati in
scena negli ultimi dieci anni, fra i quali spiccano "L'equipaggio della
Zattera", "I dadi e l'archibugio" e "Un cielo di
cavallette". La nuova commedia intitolata:
"La nuova isola", messa in
scena con lodevole coraggio da Luigi Tani al San Genesio, uno dei rari teatri
capitolini che porti avanti un suo discorso intelligente e differenziato,
cercando di reperire un pubblico diverso, nuovo, dal solito che affolla i
teatri della zona centrale, conferma puntualmente le sue capacità inventive,
che uniscono una notevole dose di fantasia ad una mordente carica polemica,
ravvivate dall'apporto d'una solida cultura. Mai pero fine a se stessa,
d'impianto estetizzante, perché inserita nel vivo d'una costruzione tesa a
restituire la complessa temperie morale di un tempo che troppi amano definire
minore, scaduto, mentre al contrario mostra di cercare affannosamente e
dolorosamente una soluzione ai problemi che l'affliggono. In fondo nella sua
commedia che vuole essere insieme favola, apologo e parabola, quello che più
attrae e persuade nella singolare avventura di San Mael, che, travolto dal suo
fervore e dalla sua svagatezza, si affatica a battezzare i pinguini, scatenando
perplessità e interrogativi di natura teologica inquietanti, è la curvatura
attualistica che traspare dietro l'apparenza del divertimento, del gioco
clownesco realizzato con un gusto ed una misura sorprendenti, in cui si
alternano scene d'una sanguigna concretezza, ad altre d'una surreale levità.”
("Il Giornale d’Italia" – 8 gennaio 1974)
“…
Il maggior segno di tale disillusione è possibile avvertirlo nella commedia
La
nuova isola (del 1972, uno dei suoi risultati più significativi) dove si nota
un ardente passaggio dall'esattezza dimostrativa alla manifestazione drammatica
suggerita con una ipotesi poetica che sfiora l'irrazionalità. Ma è, lo dico
ancora, irrazionalità come strumento di ricerca della coscienza individuale
nelle dimensioni della realtà concreta. Nella quale Balducci mostra una
capacità nuova, una capacità che sembra una conclusione (anche se provvisoria)
e consiste in una cauta presenza dell'inconscio da rilevare -non è una
contraddizione- nei segni concreti dell'esperienza, appoggiata costantemente a
un'idea dell'uomo, che qui, ne
La nuova isola, assume gli aspetti e i contorni
di un mito. Derivata da “L'isola dei pinguini” di Anatole France, più che altro
come suggerimento, utile a uno svolgimento del tutto autonomo (quasi contrario
nelle conclusioni e nel tono intimo della vicenda dei pinguini resi liberi e
responsabili dal miracolo di Mael, santo e visionario frate che fonda tra loro
una comunità nell'isola), vediamo nell'ipotesi scenica di Balducci non tanto
l'applicazione della tecnica del «teatro nel teatro» quanto il manifestarsi
naturale dei tre protagonisti (guitti girovaghi, due uomini e una donna) che
cercano -e non trovano- la corrispondenza che il teatro dovrebbe dare alla loro
espressione. Il teatro, mi pare, inteso come luogo dal quale si cerca un
rapporto. Che qui viene doppiamente eluso, nel cuore della stessa rappresentazione
in primo luogo, e poi dal mondo che dovrebbe accoglierla. Un mondo che è là,
dietro le quinte o il fondale, ed esclude in un costante silenzio astrattamente
drammatico ogni possibilità di contatto. Non è possibile credere alla comunità
dei pinguini resi coscienti dal miracolo di Mael attraverso il battesimo, una
coscienza fatta di contraddizioni e di impacci negli stessi comici-missionari
che la sostengono, accaniti nelle loro patetiche figurazioni di un riscatto
umano originario, e disperati (o meglio, irrazionalmente sbalorditi) di fronte
al mondo che rifiuta di ascoltarli per sospetto o per egoismo. Quel mondo crede
di difendersi e invece si distrugge negandosi ogni possibilità di evoluzione o,
meglio, di giustizia. Perché la giustizia si paga, per raggiungerla occorre
cedere l'ingiustizia che ci fa forti. La rappresentazione fantastica, libera e
svincolata da ogni sottomissione, anche celeste (un mondo celeste del tutto
concretizzato nel testo fedelmente laico di Balducci) dove si celebra l'ingenua
fiducia nella verità nelle figurazioni mitiche del santo Mael che dà coscienza
alla bestia primordiale raffigurata nei pinguini (bestia primordiale ma, anche
e di più, il nostro eterno egoismo che sempre ricomincia e si ritrova pronto ad
ogni viltà o prepotenza, vivo nella cieca conservazione dei privilegi), mostra
la realtà dell'uomo che, se badiamo bene, non regge all'idea di libertà. La
sordità ottusa della difesa di un mondo che non ammette l'esistenza di altri
uomini e di altri pensieri, la sentiamo tragicamente e comicamente operare
contro l'impotenza dei guitti che recitano la prova dello spettacolo della
libertà dei pinguini-emblemi davanti alla porta chiusa di una chiesa che
dovrebbe aprirsi alla fine di una funzione che sta svolgendosi nel suo interno.
I patetici guitti che girano per le contrade inseguendo le loro stesse parole,
istintivamente legati alla ricerca di una comunicazione-verità (come san Mael
che cerca l'innocenza originaria nei pinguini), saranno una volta di più delusi
nella loro grottesca fiducia. Durante la prova si crea, pur tra ironie,
dispetti, impacciate polemiche, andirivieni di sai frateschi e di aureole
angeliche, esplicite presenze di elementari dimensioni (e finzioni) teatrali,
si crea -dicevo- la necessaria condizione che deve portare inesorabilmente al
punto d'arrivo. Alla comunicazione, cioè, che non avverrà o avverrà a rovescio.
Tra la vita effettiva dei guitti, la loro rappresentazione, confessione e
inconscia pretesa d'urto e di allarme, la vita del mondo dietro la porta chiusa
della chiesa (e più avanti, all'infinito), non si produce nulla. Rimane,
drammaticamente, il senso di una generale responsabilità evitata, di un
problema non voluto affrontare, ricacciato nel silenzio. La porta non si
aprirà, i fedeli usciranno dall'altra parte, non sapranno neppure forse di
avere tradito un'immagine assoluta dell'uomo, la possibilità di ritrovarsi su
questa terra. I guitti vivono la loro vita individuale condizionata, diciamo,
dall'ordine egoistico del mondo, mentre la loro rappresentazione di San Mael e
della comunità dei pinguini non riesce a svolgersi che come prova. La porta
della chiesa che avrebbe dovuto aprirsi per permettere al popolo la conoscenza
di una giustizia possibile (in teatro... ma è proprio il teatro il luogo delle
rivelazioni) non si apre. Il popolo non è venuto dalla parte dei tre guitti
missionari. Il vecchio attore vagabondo che impersona il santo Mael esce dalla
sua parte, torna nei limiti della propria esperienza umana, impreca contro il
sacrestano che non è stato ai patti e non ha aperta la porta dalla parte
giusta. «Dov'è quel figlio di puttana?! … quel sacrista maledetto, dov'è che lo
voglio strozzare?... non c'è rimasto più nessuno là dentro... questa doveva
essere l'unica porta per uscire e invece è stata l'unica che ha chiuso
all'ultimo momento... Lo voglio tra le mani quel vigliacco!... dove s'è
nascosto? a chi la raccontiamo adesso la storia di Mael?... bastardo
maledetto... non ha voluto che la gente venisse dalla nostra parte!». L'altro
attore (nella vita è il figlio del primo, nello spettacolo è il discepolo di Mael) risponde con le seguenti parole: «Pa'... non vengono mai da questa
parte... sempre da un'altra uscita, non lo sai?... nessuno che viene da questa
parte... verso di noi... mai! Non l'hai ancora capito?... ma la vita, allora,
non ti ha insegnato nulla?... alla tua età?!... oh povero pa' che non ha capito
niente... povero Pa'!». Sono le ultime parole della commedia. E c'è una didascalia finale che
val la pena di trascrivere perché suggerisce un commento. Eccola. «Strappa un
accordo sull'organetto, un suono che non è di chiusura e che rimane sospeso,
incompiuto, sul silenzio». Non è una chiusura né un tentativo di suggestione.
Sospeso, incompiuto, non sono parole indicanti un'estenuazione sentimentale o
un abbandono emotivo. Sono invece precisazioni oggettive, come lo è in un certo
senso lo stesso suono dell'organetto che abbiamo appena ascoltato. E non
costituisce un finale o il compiersi di una storia. Balducci ci dice sempre
tutto quello che gli preme, fino in fondo. A un certo punto tace, ma potrebbe
continuare perché l'ultima testimonianza in favore di quanto ha detto è al di
là dell'ultima battuta o delle possibili suggestioni dell'avvenimento scenico.
Ne
La nuova isola lo scontro o, meglio, il confronto tra ragione e inconscio è
evidente ma non ha soluzione (come si dice alle volte troppo superficialmente).
L'interesse della commedia è di avere indicato lo sgomento interno a una
situazione che ci comprende tutti nelle nostre contraddizioni drammatiche e
nelle nostre cieche difese. Nelle quali agonizza un pensiero tormentato, e
temuto, di libertà. Il rimanere sospeso di fronte alle conclusioni indica
l'allarme provocato dal prevalere della macchina più o meno mitica che sembra
dirigere il destino degli uomini che sempre di più diventano elementi di un
ingranaggio.”
(Roberto Rebora -
Rivista Italiana di drammaturgia –
1976)
"... Impegno che trova riscontro ne LA NUOVA ISOLA (DEI PINGUINI), ove si realizza, per poco perché contrastata dagli dèi, l’utopia egualitaria di San Mael, che vuole tutti gli uomini-pinguini in parità di diritti e doveri."
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
Rappresentazione a séguito dell'assegnazione del "Premio Riccone - ATER", nel 1973.
Locandina della rappresentazione da parte del "GRUPPO DI RICERCA TEATRALE" di Varese, al Teatro del Vecchio Verziere di Milano, nel febbraio 1976.
Un gioco di scatole cinesi, ognuna delle quali, aprendosi, ne contiene un’altra, fino a trovare nell’ultima la verità: una piccola, amara verità di solitudine e di innocenza.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
Monologo (1 donna)
Un povero diavolo cerca nell’illusionismo un’affermazione sociale e un’occasione per riconquistare la moglie. Questa circostanza favorevole gli si presenta nel corso di un allucinante spettacolo del quale egli è, suo malgrado, il protagonista. Entusiasmo e disperazione si succedono a breve distanza; finalmente il surreale intervento del padre defunto riuscirà a fargli raggiungere lo scopo.
Durata: atto unico
Genere: ironico - brillante
10 personaggi (9 uomini e 1 donna)
Tradotta in ceco
Rappresentata nel 1980 al Teatro Sistina di Roma, per la regìa di Daniele Danza e l'interpretazione di Stefano Satta Flores
Trasmessa
dalla Televisione italiana (Rai), da Telemontecarlo, e dalla Tv nazionale
cecoslovacca.
Due improbabili cantastorie alle prese con l’Orestea. L’azione si svolge ai nostri giorni e la vicenda nel suo sviluppo rispecchia il nostro modo di pensare e la nostra morale. Ma non mancano i punti di contatto che ci portano a riflettere sul mito di Elettra, fondamentale per la nostra storia e la nostra cultura.
Genere: Dramma
Durata: Due tempi
Personaggi: 9 (5 uomini e 4 donne)
Il teatro della vita:
Un uomo e una donna si
incontrano casualmente: non si sa chi siano, da dove vengano, né dove siano
diretti. I due protagonisti si gettano addosso l’un l’altra accuse e sospetti
in un “labirinto” di supposizioni, prima abilmente costruite e poi
meticolosamente smontate da essi stessi. Chi sono realmente? come si sono
svolti veramente i fatti? Tutto lo svolgimento della commedia è teso alla ricerca
di una probabile/improbabile verità. Non riusciranno mai a raggiungere una
qualche certezza: fra loro sussisteranno sempre dubbi e sospetti. Unica
consapevolezza, la disperazione dell’esistere.
Genere: drammatico
2 personaggi (un uomo e una donna)
Rappresentata a Fondi per il Festival
del Teatro Italiano Contemporaneo
Rappresentata al Teatro Filodrammatici
di Milano
Trasmessa dalla Radio greca
Pubblicata su “Ridotto”
Ha scritto “il Giornale” di Milano: “…E’ un vero e proprio triller psicologico, ricco di tensione e di emozionanti sorprese…”
(La scelta - Il naufragio - Superiorità dell'attore - Delirio all'ufficio postale)
Naufraghi e naufragi, reali e simbolici.
1° minim'atto - La scelta
Sta accadendo un avvenimento inspiegabile nella sua natura e nel suo sviluppo, ma qualcuno non si rassegna all’attesa ed effettua una scelta precisa nel buio più profondo. E’ un atto di coraggio o di sfacciato opportunismo?
2 personaggi (uomo - donna)
2° minim'atto - Il naufragio
Il testo si sviluppa attraverso alcuni colpi di scena, proprio come accade nei lavori a più personaggi. La vicenda narrata non vuole soltanto intrattenere l’uditorio, ma ha un’ambizione più alta: quella di svolgere - nei limiti di un divertimento sempre presente - anche una critica di costume. E’ una certa mentalità da ricchi sfaccendati che viene presa di mira, insieme con la loro convinzione che fra i privilegi di cui godono, ci sia anche il diritto alla spregiudicatezza. Nessuno sfoggio di moralismo, però, nessuna pesantezza didascalica, nessun lancio di messaggi: tutto è trattato con leggerezza, all’insegna del buonumore.
Monologo (1 personaggio femminile)
Rappresentata al Teatro Zazie di Milano
Rappresentata al
Castello di Padenghe sul
3° minim'atto - Superiorità dell'attore
A tutti la vita offre talvolta situazioni incresciose da affrontare, ma solo alcuni, grazie al mestiere che svolgono, hanno la forza e la spregiudicatezza necessarie per superarle. In questi casi si può giustamente parlare di una vera e propria superiorità.
Monologo (1 personaggio maschile)
Rappresentata a Roma da Steano Zanoli, produzione Teatro di Roma
Rappresentata al
Castello di Padenghe sul
Rappresentata al teatro della Gloria (Firenze)
4° minim'atto - Delirio all'ufficio postale
La storia racconta con
divertita e bonaria satira dei sogni, delle illusioni, ma soprattutto delle
frustrazioni di chi è costretto a svolgere un lavoro anonimo e ripetitivo.
Accanto a personaggi della nostra realtà quotidiana appaiono figure irreali
evocate da una fantasia esasperata. Uno squallido ufficio postale diventa anche
palcoscenico sul quale si eseguono numeri di cabaret ed esibizioni canore. Il
rullo compressore dell’esistenza passa insomma su individui comuni,
schiacciando illusioni e speranze. Lo spettacolo nell’insieme è ricco di
movimento e di trovate, cui fa da legame un solido filo di risate spontanee.
2 personaggi (uomo - donna)
Genere: tragicomico
da 2 a 9 personaggi a scelta (da uno a
sei uomini e da una a sei donne)
Durata: due tempi
Genere: ironico
7 personaggi (5 uomini e 2
donne)
Il testo cerca di scendere alle radici della comicità teatrale, quella che non si accontenta delle battute più o meno salaci, più o meno brucianti, ma si propone di muovere il riso puntando sull’assurdità dei personaggi e delle situazioni. Qui si affronta con ironia un anomalo rapporto di coppia, dove la fantasia e l’immaginazione giocano un ruolo fondamentale che riesce a riscattare la vicenda, elevando il protagonista dalla ridicola posizione di marito ingannato, a un piano di purezza e di innocenza. La vita insomma non è brutta per chi riesce a evadere e ad appoggiarsi su un’illusione che, all’occorrenza, può anche trasformarsi in un alibi.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
5 personaggi (2 uomini e 3 donne)
Rappresentata al Teatro d'Alpiaz di Montecampione (Bs)
I personaggi
I personaggi della storia:
E’ possibile impadronirsi di un personaggio della storia e farlo proprio, vivergli assieme, entrargli dentro? O non è meglio, forse, creare il proprio personaggio e tirare avanti con lui, rassegnandosi alla sua modestia e alle sue limitazioni? Sullo sfondo ci sono i piani avventurosi di un professore di storia-Napoleone Bonaparte, dello Zar Alessandro I-aiuto fornaio e di Proserpina, una devota di San Giorgio.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
4 Personaggi: (2 uomini e 2 donne)
“E’ una commedia scritta su un delicato filone ironico-lirico.”
Caio Cesare, l'imperatore romano soprannominato Caligola, è stato un pazzo sanguinario, come ci è stato consegnato dalla storia, oppure un filosofo che ha alimentato una sorta di lucida follia assolutamente inedita per l'epoca? Di contribuire a questo dibattito si occupa l'azione di "Caio Cesare, detto Caligola".
Durata: due tempi
Genere: drammatico
10 personaggi (9 uomini e 1 donna, ma può essere interpretato da un numero minimo di 7 attori: 6 uomini ed 1 donna)
Dopo più di due
secoli è doveroso parlare di un autore teatrale un po’ dimenticato perché
oscurato, forse, dalla fama poetica del fratello.
Giovanni
Pindemonte rivive con le sue avventure, i suoi sforzi per un rinnovamento del
teatro, la sua passione politica, e, perché no, con le sue debolezze amorose
che rivelano un senso di umanità che lo avvicina al nostro sentire.
Durata: due parti
Genere: drammatico
12 personaggi (9 uomini e 3 donne)
Jean-Jacques Rousseau alla Bastiglia, undici anni prima della rivoluzione che avrebbe sconvolto la Francia e il mondo intero.
Non come un comune condannato, però: Jean-Jacques Rousseau è diventato un uomo famoso che il potere - nella sua miopia reazionaria - non ha il coraggio di perseguitare, ma trova più comodo tollerare, non riuscendo a rendersi ben conto delle conseguenze che il pensiero del filosofo sta per provocare negli animi.
Per la classe dirigente, dunque, Jean-Jacques Rousseau rappresenta un solo pericolo: quello di rendere noti i rapporti che ha avuto con personaggi in vista, nel libro di memorie che ha l'intenzione di pubblicare. La scoperta di questo piano potrebbe provocare nel filosofo uno stato di grave delusione, ma, per fortuna, l'incontro con alcuni giovani, suoi naturali seguaci che porteranno avanti le sue idee, puntualizzerà l'importanza e l'utilità delle dottrine che per tutta la vita ha predicato.
Nessuno è in grado di prevedere quello che sta per accadere, ma ci sono nell'aria immateriali segni premonitori la cui impossibile eco può giungere soltanto a menti illuminate e a privilegiate coscienze.
Personaggi: otto uomini, due donne e quattro figuranti, ma il lavoro può essere interpretato da un minimo di sei uomini ed una donna.
... e quelli del teatro:
La vicenda del Don Giovanni tradizionale (il "Burlador de Sevilla") sempre alla ricerca di nuove avventure, ma con precise coscienza e ragione del proprio operato, accanto a un moderno Don Giovanni che ha sostituito la conquista delle donne con la conquista di industrie, banche, imprese diverse. Ma come il Don Giovanni della tradizione rappresenta un pericolo per la società del suo tempo, così il Don Giovanni moderno, nel momento in cui il suo operato entra in contrasto con le leggi della finanza, costituisce un ostacolo da eliminare. Sono queste le cause dell'identica fine che accomuna ancora una volta i due personaggi. Nel dramma le estreme vicende della turbinosa vita di Don Giovanni Tenorio si alternano a corrispettivi fatti che accadono nella nostra epoca. Mister Johann è un magnate dell'industria che ama gli affari e la carriera con lo stesso ardore spregiudicato con cui Don Giovanni conquista le sue innumerevoli donne, e cerca sempre di dominare e di distruggere finanziariamente gli uomini d'affari in cui gli è dato di imbattersi. Per il potere assoluto è disposto a tutto. Ma il piano non riesce fino in fondo: Mister Johann, come Don Giovanni ucciso da nobili al servizio del re Alfonso di Castiglia, morirà per mano di sicari del suo trust.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
11 personaggi (9 uomini e 2 donne)
Premio dell’Istituto del Dramma
Italiano (1967)
Pubblicata da “Il dramma”, da “Italian Theatre Review” e da Serarcangeli Editore, a cura della Società Italiana Autori Drammatici
Trasmessa dalla RAI
Tradotta in
inglese,
da Hugh Barty-King,
in
francese e
in ceco.
Nel DON GIOVANNI AL ROGO, Balducci porta avanti il suo discorso umanistico, sia pure in chiave metaforica, in cui la difesa dell’uomo, del suo essere più profondo, quindi della sua “sensibilità” si sposa all’impegno del drammaturgo “politico” nel più ampio senso della parola.
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
Ruggero Jacobbi: “Alcune scene del ‘Don Giovanni al rogo’ sono tra le migliori del teatro italiano del nostro tempo. Tutto l’insieme è di una singolare novità di concezione e di un’alta dignità letteraria”
Una giovane cameriera assunta al castello di Elsinor si innamora perdutamente del principe Amleto. E’ un amore senza speranza (il principe non si accorge neppure di lei), tuttavia ciò che avviene al castello è visto e filtrato attraverso il sentimento della ragazza.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
11 personaggi (7 uomini e 4 donne)
Premio "Luigi Antonelli – 1998"
Fantasticando su un personaggio di Luigi Pirandello (Zi’ Dima, l’interprete de “La Giara”) che si muove in un’altra avventura nella quale riesce ad aiutare due giovani che si vogliono bene, così come, nel suo mestiere, riesce a collegare le due parti di un vaso che s’è rotto. E tutto si svolge sull’aia di una cascina, sotto lo sguardo di una luna incredibilmente grande e luminosa.
Durata: atto unico
Genere: realistico
5 personaggi (3 uomini e 2 donne)
Premio
Pirandello-Brecht project – New York
La società
Quella drammatica in cui viviamo:
Un fallito attentato ad un uomo politico scatena in lui una serie di riflessioni: quelle sul suo passato di impegno che gli ha fatto trascurare la moglie e la figlia. Come rimediare al senso di solitudine che lo attanaglia? Il protagonista cerca una via d’uscita, ma tornare indietro è impossibile e deve sopportare la sua condanna, adesso che anche il successo conquistato gli sembra cosa trascurabile.
Genere: dramma
Durata: due tempi
Personaggi: 8 (5 uomini e 3 donne). Il lavoro può essere interpretato da un numero minimo di 4 uomini ed una donna.
Pubblicata da Serarcangeli Editore per conto della Società Italiana degli Autori Drammatici (S.I.A.D.)
Uno sciopero prolungato mette in ginocchio l’economia di un piccolo stato. Per farlo cessare si ricorre a metodi brutali e disumani. Che cosa deve fare l’osservatore straniero calato all’improvviso in questo dramma? Accettare l’accaduto e far finta di niente, oppure ribellarsi? Il protagonista ascolta la voce della propria coscienza e sceglie la via più pericolosa, ma la sola che gli permetta di sentirsi ancora un uomo.
Durata: due parti e tre quadri
Genere: drammatico
5 personaggi (4 uomini e 1 donna)
Una sordida ed inquietante storia di sopraffazione, subita da due coppie di amici, viene da ciascuno dei quattro recepita e gestita in modo diverso. Come diverso per tutti noi è, nella realtà, il modo di affrontare il fenomeno mafioso.
Durata: due tempi.
Genere: drammatico
4 personaggi (2 uomini e 2 donne)
Premio Giuseppe Fava - Catania, 1991
Un giorno qualunque di un qualunque Marcello Rossi, un giornalista sempre in conflitto con la sua coscienza per il lavoro che svolge in un giornale contrario alle sue idee. E' colpevole oppure vittima?
Anno 1970
Durata: due tempi
Genere: drammatico
5
personaggi (4 uomini - una donna)
Pubblicata su “Ridotto”
Facciamo un’ipotesi: la Rivoluzione Francese scoppia ai nostri giorni e coinvolge alcuni rappresentanti dell’alta borghesia. L’azione si svolge in una cantina-prigione dove vengono condotti gli arrestati e dove avviene di tutto: dal proposito di sopprimere chi è pronto a confessare, all’amore sbocciato fra due giovani. La vicenda sembra avviata verso una soluzione pacifica, quando giunge la notizia agghiacciante: al potere è arrivato Robespierre con il quale si dovranno fare i conti.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
12 personaggi (10 uomini e 2 donne)
Due uomini su una barca di fronte all’infinito naturale e a quello delle loro coscienze. L’uomo, però, non è abituato ai grandi spazi dentro e fuori di lui: ogni profondità lo atterrisce e lo condiziona.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
2 personaggi (uomini)
Premio Pirandello (Agrigento)
Pubblicata su “Ridotto”
Eroi che escono dalla leggenda e si confrontano con l’odierna realtà. Il loro giudizio sulla nostra epoca è estremamente negativo. Non ci sono attenuanti che possano servire a mitigare il destino del nostro mondo, che si avvia verso un fatale annientamento.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
6 personaggi (5 uomini e una donna)
... la sua immagine tragicomica:
Un caso di "triangolo coniugale" in una famiglia di leoni che vive in un giardino zoologico. La situazione fa scaturire riflessioni e similitudini brillanti, ma anche amare, con il mondo degli umani.
Durata: due tempi
Genere: ironico-satirico
13 Personaggi: (10 uomini e 3 donne)
Festa in casa del sindaco: la figlia si è sposata con il figlio di un industriale del paese. I due sposi si preparano a partire per il viaggio di nozze, attorniati da parenti ed amici. Ma l'attenzione di tutti si sposta sulla piazza sottostante dove si sta radunando una folla che agita strani, sconcertanti cartelli. Che cosa vuole quella gente? contro chi si leva quella silenziosa, ma preoccupante protesta?
Premio Pozzale 1950
Pubblicata su "Filmcritica" (1961) e su "Nuovo Teatro Italiano"
Trasmessa dalla RAI
Anno 1949
Durata: Atto unico
Genere: drammatico
Personaggi: 14 (10 uomini e 4 donne)
"In questo atto unico, la presenza di un'invisibile massa di lavoratori all'esterno di un palazzo dove i rappresentanti delle classi dominanti continuano la loro vita inutile tragicamente crudele, è resa con una bellissima forza teatrale, tanto che l'opera può essere senza nessuna esitazione consigliata agli editori per la pubblicazione e alle compagnie per la rappresentazione."
E’ la vita di uno scapolo diviso tra il puro amore per l’innocente fidanzata, e la travolgente passione per la sensuale amante. A quale delle due donne rinunciare? e come effettuare la scelta, se si tratta di sentimenti così diversi? Il nostro Ugo compie sinceri sforzi per uscire dal pasticcio, ma le difficoltà sono tante: è inutile nasconderlo; specialmente quando la fidanzata e l’amante si scambiano le parti, o quando i due ruoli rischiano addirittura di riunirsi in una nuova arrivata.
Durata: due tempi
Genere: ironico - brillante
6 personaggi (1 uomo e 5 donne, che possono ridursi ad una sola)
Rappresentata in Germania nel 2005 dal "Teatro in cerca" di Würzburg. Regìa di Wilsy Hofmann Theophilo
Come potremmo definire Mario, il protagonista, un autentico disadattato, un eterno insoddisfatto, un inguaribile pessimista? Forse andrebbero bene tutte e tre le definizioni, e magari qualcun’altra. In realtà Mario si sente escluso da una vita normale e fallisce tutti i tentativi compiuti per rimediare a questa carenza. Ciò nonostante la sua esistenza non si svolge nella solitudine, ma è ricca di esperienze interessanti affrontate con lucida consapevolezza.
Genere: ironico - satirico
Durata:
due tempi
Personaggi: 6 uomini e 4 donne,
che possono ridursi a due uomini ed una donna.
Due giovani balordi, con tutto l’accessorio del loro linguaggio triviale, parlano dei loro furti e della loro vita, mentre architettano un grave progetto di stupro, dal quale uno dei due uscirà piuttosto malconcio.
Genere: comico -
realistico
2 personaggi (uomini)
Camera di Motel, l’ambiente dove di solito avvengono incontri di coppie di amanti, il più delle volte clandestini. E’ il luogo dove ha particolarmente sede l’adulterio, e le “istruzioni per l’uso” sono ironicamente quelle che si possono fornire per cavarsela in simili situazioni. Ecco Ottavio che arriva in anticipo per attendere l’amata, e che già pregusta le gioie che proverà tra poco nelle sue braccia. Bisogna che l’ambiente sia il più possibile tranquillo ed accogliente perché l’incontro, oltre che di due corpi, sia anche di due spiriti. Ma quante non sono mai le circostanze sfavorevoli in una situazione del genere! Ottavio cerca in ogni modo di fronteggiare gli eventi e, ogni volta che crede di essere giunto in porto si trova di fronte un nuovo ostacolo: tutto sembra congiurare perché il desiderato amplesso non possa avere luogo. Non mancano le rivelazioni né i colpi di scena e nemmeno un inaspettato intervento che potrebbe preludere un’eccitante avventura. Ma il destino è implacabile e ad Ottavio non resta che rassegnarsi al fallimento o accontentarsi del poco che ancora rimane sulla strada della seduzione.
Durata: atto unico.
Genere: comico-satirico
4 personaggi (2 uomini e 2 donne)
Due operai e un'impiegata vengono assunti da un'azienda "fantasma": quale lavoro devono svolgere? per quanto tempo? dove? tutti interrogativi apparentemente senza risposta, se non si entra in un'altra dimensione del pensiero, se non ci si apre a nuovi orizzonti dei sentimenti. Allora può anche accadere che questi ultimi riservino qualche sorprendente regalo.
Durata: Atto unico
Personaggi: 3 (2 uomini ed una donna)
Ripensando alla celebre favola, si cerca di dare una ragione al fatto che un numeroso gruppo di ragazzi abbia ceduto alla musica del magico pifferaio.
Nello stesso tempo, ecco venir fuori il finale della storia. Inaspettato, anche se logico, ma soprattutto, fedele all’ironia satirica che caratterizza l’intera vicenda.
Durata: atto
unico
Genere: ironico-satirico
7
personaggi (6 uomini e 1 donna); 2 agenti, che non parlano
O anche in:
Spettacoli completi e atti unici
Spettacoli completi
Drammatici:
La vicenda del Don Giovanni tradizionale (il "Burlador de Sevilla") sempre alla ricerca di nuove avventure, ma con precise coscienza e ragione del proprio operato, accanto a un moderno Don Giovanni che ha sostituito la conquista delle donne con la conquista di industrie, banche, imprese diverse. Ma come il Don Giovanni della tradizione rappresenta un pericolo per la società del suo tempo, così il Don Giovanni moderno, nel momento in cui il suo operato entra in contrasto con le leggi della finanza, costituisce un ostacolo da eliminare. Sono queste le cause dell'identica fine che accomuna ancora una volta i due personaggi. Nel dramma le estreme vicende della turbinosa vita di Don Giovanni Tenorio si alternano a corrispettivi fatti che accadono nella nostra epoca. Mister Johann è un magnate dell'industria che ama gli affari e la carriera con lo stesso ardore spregiudicato con cui Don Giovanni conquista le sue innumerevoli donne, e cerca sempre di dominare e di distruggere finanziariamente gli uomini d'affari in cui gli è dato di imbattersi. Per il potere assoluto è disposto a tutto. Ma il piano non riesce fino in fondo: Mister Johann, come Don Giovanni ucciso da nobili al servizio del re Alfonso di Castiglia, morirà per mano di sicari del suo trust.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
11 personaggi (9 uomini e 2 donne)
Premio dell’Istituto del Dramma
Italiano (1967)
Pubblicata da “Il dramma”, da “Italian Theatre Review” e da Serarcangeli Editore, a cura della Società Italiana Autori Drammatici
Trasmessa dalla RAI
Tradotta in
inglese,
da Hugh Barty-King,
in
francese e
in ceco.
Nel DON GIOVANNI AL ROGO, Balducci porta avanti il suo discorso umanistico, sia pure in chiave metaforica, in cui la difesa dell’uomo, del suo essere più profondo, quindi della sua “sensibilità” si sposa all’impegno del drammaturgo “politico” nel più ampio senso della parola.
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
Ruggero Jacobbi: “Alcune scene del ‘Don Giovanni al rogo’ sono tra le migliori del teatro italiano del nostro tempo. Tutto l’insieme è di una singolare novità di concezione e di un’alta dignità letteraria”
Un episodio di odio e di violenza che cresce ed
esplode sulla terrazza di un fortino, in un paese invaso da truppe straniere.
La ragnatela del complotto si avvolge lentamente intorno a un uomo, vittima e
carnefice insieme, fino a soffocarlo con il suo stesso terrore.
8 personaggi (2 attori e
6 figuranti)
Rappresentata a Roma dal Teatro
Italiano Moderno (regìa di Ruggero Jacobbi)
Pubblicata da Serarcangeli Editore, a
cura della Società Italiana Autori Drammatici
Trasmessa dalla Televisione della
Svizzera Italiana
Trasmessa dalla Radio iugoslava
Trasmessa dalla RAI (interpreti: Glauco Mauri e Osvaldo Ruggeri)
Hanno scritto:
In UN CIELO DI CAVALLETTE abbiamo a che fare con una dichiarazione di guerra alla guerra, un’aperta e coraggiosa, per il tempo, denuncia allo sfruttamento neocolonialista.
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
“Balducci ha al suo attivo una produzione non priva di qualità e continuità di ispirazione.“
(Giorgio Prosperi, su Il Tempo, per “Un cielo di cavallette“)
Un uomo e una donna si
incontrano casualmente: non si sa chi siano, da dove vengano, né dove siano
diretti. I due protagonisti si gettano addosso l’un l’altra accuse e sospetti
in un “labirinto” di supposizioni, prima abilmente costruite e poi
meticolosamente smontate da essi stessi. Chi sono realmente? come si sono
svolti veramente i fatti? Tutto lo svolgimento della commedia è teso alla ricerca
di una probabile/improbabile verità. Non riusciranno mai a raggiungere una
qualche certezza: fra loro sussisteranno sempre dubbi e sospetti. Unica
consapevolezza, la disperazione dell’esistere.
Genere: drammatico
2 personaggi (un uomo e una donna)
Rappresentata a Fondi per il Festival
del Teatro Italiano Contemporaneo
Rappresentata al Teatro Filodrammatici
di Milano
Trasmessa dalla Radio greca
Pubblicata su “Ridotto”
Ha scritto “il Giornale” di Milano: “…E’ un vero e proprio triller psicologico, ricco di tensione e di emozionanti sorprese…”
Una giovane cameriera assunta al castello di Elsinor si innamora perdutamente del principe Amleto. E’ un amore senza speranza (il principe non si accorge neppure di lei), tuttavia ciò che avviene al castello è visto e filtrato attraverso il sentimento della ragazza.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
11 personaggi (7 uomini e 4 donne)
Premio "Luigi Antonelli – 1998"
Uno sciopero prolungato mette in ginocchio l’economia di un piccolo stato. Per farlo cessare si ricorre a metodi brutali e disumani. Che cosa deve fare l’osservatore straniero calato all’improvviso in questo dramma? Accettare l’accaduto e far finta di niente, oppure ribellarsi? Il protagonista ascolta la voce della propria coscienza e sceglie la via più pericolosa, ma la sola che gli permetta di sentirsi ancora un uomo.
Durata: due parti e tre quadri
Genere: drammatico
5 personaggi (4 uomini e 1 donna)
Facciamo un’ipotesi: la Rivoluzione Francese scoppia ai nostri giorni e coinvolge alcuni rappresentanti dell’alta borghesia. L’azione si svolge in una cantina-prigione dove vengono condotti gli arrestati e dove avviene di tutto: dal proposito di sopprimere chi è pronto a confessare, all’amore sbocciato fra due giovani. La vicenda sembra avviata verso una soluzione pacifica, quando giunge la notizia agghiacciante: al potere è arrivato Robespierre con il quale si dovranno fare i conti.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
12 personaggi (10 uomini e 2 donne)
Caio Cesare, l'imperatore romano soprannominato Caligola, è stato un pazzo sanguinario, come ci è stato consegnato dalla storia, oppure un filosofo che ha alimentato una sorta di lucida follia assolutamente inedita per l'epoca? Di contribuire a questo dibattito si occupa l'azione di "Caio Cesare, detto Caligola".
Durata: due tempi
Genere: drammatico
10 personaggi (9 uomini e 1 donna, ma può essere interpretato da un numero minimo di 7 attori: 6 uomini ed 1 donna)
Un fallito attentato ad un uomo politico scatena in lui una serie di riflessioni: quelle sul suo passato di impegno che gli ha fatto trascurare la moglie e la figlia. Come rimediare al senso di solitudine che lo attanaglia? Il protagonista cerca una via d’uscita, ma tornare indietro è impossibile e deve sopportare la sua condanna, adesso che anche il successo conquistato gli sembra cosa trascurabile.
Genere: dramma
Durata: due tempi
Personaggi: 8 (5 uomini e 3 donne). Il lavoro può essere interpretato da un numero minimo di 4 uomini ed una donna.
Pubblicata da Serarcangeli Editore per conto della Società Italiana degli Autori Drammatici (S.I.A.D.)
Una sordida ed inquietante storia di sopraffazione, subita da due coppie di amici, viene da ciascuno dei quattro recepita e gestita in modo diverso. Come diverso per tutti noi è, nella realtà, il modo di affrontare il fenomeno mafioso.
Durata: due tempi.
Genere: drammatico
4 personaggi (2 uomini e 2 donne)
Premio Giuseppe Fava - Catania, 1991
Un giorno qualunque di un qualunque Marcello Rossi, un giornalista sempre in conflitto con la sua coscienza per il lavoro che svolge in un giornale contrario alle sue idee. E' colpevole oppure vittima?
Anno 1970
Durata: due tempi
Genere: drammatico
5
personaggi (4 uomini - una donna)
Pubblicata su “Ridotto”
Due improbabili cantastorie alle prese con l’Orestea. L’azione si svolge ai nostri giorni e la vicenda nel suo sviluppo rispecchia il nostro modo di pensare e la nostra morale. Ma non mancano i punti di contatto che ci portano a riflettere sul mito di Elettra, fondamentale per la nostra storia e la nostra cultura.
Genere: Dramma
Durata: Due tempi
Personaggi: 9 (5 uomini e 4 donne)
E' veramente un caso difficile da risolvere quello di un capitano dell'esercito che, nel corso di un conflitto armato, decide di disertare. Un problema di coscienza condotto sull'onda di un dibattito vivo e spietato, arricchito da vicende insospettabili. La soluzione che viene trovata è in grado di aprire un orizzonte di speranza per tutti.
Durata: due
tempi
Genere:
drammatico
5 personaggi (4 uomini ed una donna)
Un gruppo di attori ingaggiati per portare uno spettacolo di varietà a soldati impegnati in operazioni di guerra, di fronte alle atrocità alle quali assiste, si domanda se il loro mestiere abbia ancora una funzione in questo mondo lacerato.
Forse il rifiuto del testo di evasione che avrebbero dovuto rappresentare, e la scelta di recitare uno spettacolo pacifista e anticonformista, potrebbe essere la soluzione.
Non si sa se l’esperimento sia destinato a riuscire, comunque si tratta di una positiva presa di coscienza degli attori che scoprono all’improvviso, in questo impegno, la loro dignità umana.
Durata: due tempi
Genere: drammatico
8 personaggi (5 uomini e 3 donne)
Rappresentata:
– nel 1969 al Teatro Sangenesio di Roma dalla Compagnia dell’Atto (interpreti: Carmen Scarpitta, Roberto Herlitzka, Renato Campese), regìa di Luigi Tani;
– nel 1977 al Teatro Arsenale di Milano dalla Compagnia del Teatro Verticale, regìa di Daniele Abbado.
Dopo più di due
secoli è doveroso parlare di un autore teatrale un po’ dimenticato perché
oscurato, forse, dalla fama poetica del fratello.
Giovanni
Pindemonte rivive con le sue avventure, i suoi sforzi per un rinnovamento del
teatro, la sua passione politica, e, perché no, con le sue debolezze amorose
che rivelano un senso di umanità che lo avvicina al nostro sentire.
Durata: due parti
Genere: drammatico
12 personaggi (9 uomini e 3 donne)
Jean-Jacques Rousseau alla Bastiglia, undici anni prima della rivoluzione che avrebbe sconvolto la Francia e il mondo intero.
Non come un comune condannato, però: Jean-Jacques Rousseau è diventato un uomo famoso che il potere - nella sua miopia reazionaria - non ha il coraggio di perseguitare, ma trova più comodo tollerare, non riuscendo a rendersi ben conto delle conseguenze che il pensiero del filosofo sta per provocare negli animi.
Per la classe dirigente, dunque, Jean-Jacques Rousseau rappresenta un solo pericolo: quello di rendere noti i rapporti che ha avuto con personaggi in vista, nel libro di memorie che ha l'intenzione di pubblicare. La scoperta di questo piano potrebbe provocare nel filosofo uno stato di grave delusione, ma, per fortuna, l'incontro con alcuni giovani, suoi naturali seguaci che porteranno avanti le sue idee, puntualizzerà l'importanza e l'utilità delle dottrine che per tutta la vita ha predicato.
Nessuno è in grado di prevedere quello che sta per accadere, ma ci sono nell'aria immateriali segni premonitori la cui impossibile eco può giungere soltanto a menti illuminate e a privilegiate coscienze.
Personaggi: otto uomini, due donne e quattro figuranti, ma il lavoro può essere interpretato da un minimo di sei uomini ed una donna.
Ironico - satirici:
Breve
sinossi
Due compagnie di ventura stanno per scontrarsi in battaglia, quando i soldati delle due bande scoprono di essere reciprocamente legati da fraterna amicizia, per un precedente fatto d’armi cui hanno partecipato da alleati. Lo scontro quindi non è più possibile, anche se i rispettivi generali, per ragioni diverse, si affannano perché lo scontro ci sia. Ma la pace trionfa, nonostante i trucchi messi in atto per accendere gli animi ed aizzare l’una contro l’altra le due parti. La sconfitta tocca proprio ai due generali: il buonsenso, l’amicizia e l’amore, almeno per il momento sono i soli vincitori.
Svolgimento della commedia
L'azione si svolge all'epoca delle compagnie di ventura in un medioevo non precisato.
Due formazioni di questo genere, composte da mercenari, stanno per scontrarsi: la prima è stata ingaggiata dal feudatario del castello di Boslavo che ha deciso di non pagare più le tasse al re dal quale dipende, mentre la seconda, al soldo del re, dovrebbe espugnare il castello per ricondurre il ribelle ai suoi doveri.
Atto primo
Accampamento della compagnia assediante: le due ordinanze del generale comandante conversano fra loro: la prima ordinanza racconta al collega meravigliato di un'avventura che ha avuto con una ragazza dei dintorni, ma il racconto è interrotto dall'entrata in scena del generale e del suo aiutante di battaglia, il marchese Von Hauser, giovane di importante casata, più interessato al gioco dei dadi che alle attività guerresche. Infatti, nella notte appena trascorsa, in cui avrebbe dovuto uscire in perlustrazione con una pattuglia intorno al castello, ha giocato a dadi il suo incarico, riuscendo a scaricare l'impegno sulle spalle di Salardier, un ufficiale della compagnia.
Ecco appunto Salardier che viene a riferire della sua missione: è stupito e preoccupato perché la pattuglia che comandava, trovandosi al cospetto dei nemici, invece di aggredirli, è andata ad abbracciarli. In più, il suo ordine di arrestare i soldati della pattuglia, al rientro al campo, non è stato eseguito. Insomma, il castello di Boslavo è difeso dalle truppe di Gutierrez, una formazione che in un recente passato ha aiutato la loro compagnia. Fra i soldati dei due schieramenti si è creata in quell'occasione una solida amicizia per cui adesso non intendono darsi battaglia. Ma il generale non si impressiona per questo: sa ben lui come spingere i soldati al combattimento, infiammandoli con un discorso. Adunata delle truppe: il comandante parla e la compagnia si mette in marcia verso il castello. Il generale è entusiasta e controlla da lontano l'azione. Ma cosa succede intorno al castello di Boslavo? gli assediati non impugnano le armi, ma hanno allestito una lunga tavola per banchettare, inoltre hanno alzato un albero della cuccagna come per una festa popolare.
Atto secondo
La ragazza conosciuta dalla prima ordinanza viene all'accampamento per chiedere al generale un permesso per recarsi al castello: deve andare da sua madre che si trova laggiù. Il generale l'interroga e la costringe a confessare che vuole andare dal fidanzato e non dalla madre. La ragazza l'accontenta senza capire il perché: ma il perché lo sa il generale; è sua intenzione portare un'offesa nel campo nemico, proprio per provocare uno scontro armato. Se la ragazza riceverà offesa dai suoi soldati, che cosa succederà quando al castello lo verranno a sapere? Il piano, però, fallisce perché i suoi soldati non se la sentono di recare offesa a una ragazza che forse sta a cuore a un loro amico al castello. C'è però la possibilità di convincere la vivandiera della compagnia ad accusare i soldati di Gutierrez di averla violentata: questo fatto accenderebbe sicuramente gli animi dei suoi soldati, che vorrebbero di sicuro vendicarsi. La vivandiera è disposta a recitare, entra nel bosco e torna piangente e con il vestito stracciato. Il generale fa adunare la sua compagnia per mostrare a tutti il misfatto e provocare lo sdegno di tutti: - Chi ti ha ridotto in questo stato? - le chiede fra l'indignazione generale. La vivandiera si asciuga le lacrime e punta il dito verso il marchese Von Hauser che sta arrivando: - E' stato lui!
Atto terzo
E' in scena la marchesa Von Hauser, amante del re e madre dell'aiutante di battaglia del generale, accompagnata da due dame: è venuta a trovare il figlio. Il generale scambia le tre donne per quelle che il re gli aveva promesso per intrattenere i soldati e ordina che siano messe a disposizione della truppa. Intanto al campo c'è un altro arrivo: è Gutierrez, il comandante nemico che supplica il suo amico generale di attaccare battaglia e di sconfiggerlo. Si trova in una situazione disperata: la sera prima ha perso al gioco le paghe dei suoi soldati che oggi stesso reclameranno il loro compenso. Se venisse sconfitto, invece, nessuno gli chiederebbe conto dei denari che, in quel caso, si presumerebbero caduti nelle mani dei vincitori. Arriva un ufficiale della compagnia a dire che le tre donne si rifiutano ai soldati; il generale ride e consiglia di aumentare il prezzo. Intanto al campo giunge addirittura il re che, preoccupato per la scomparsa della marchesa, ha voluto seguirla. Ordina al generale di avvertire la donna che è arrivata con le sue dame. Il generale si rende conto dell'equivoco in cui è caduto e, disperato, per crearsi almeno qualche merito agli occhi del re, mette le mani su Gutierrez: -Abbiamo catturato il generale nemico- dice. -Rimettetelo in libertà- risponde il re -la guerra è finita: il marchese di Boslavo ha fatto atto di sottomissione.
Il generale è soddisfatto di potersi sottrarre all'autorità del re, anche perché la marchesa Von Hauser, prima di andarsene, gli ha giurato un'atroce vendetta. Gutierrez invece è distrutto perché non sa come nascondere l'ammanco nella cassa. -Dovevi pensarci prima di giocare a carte con uno sconosciuto- gli dice il generale. -Non ho giocato a carte- risponde Gutierrez -ma a dadi. -A dadi?!- esclama il generale -allora io conosco il tuo vincitore.- Il marchese Von Hauser, che viene subito convocato, non è disposto a restituire la vincita, ma, come si addice a un gentiluomo, accetta di concedere una rivincita. Farà fede il generale con la cassa della sua compagnia. Gutierrez perde ancora: Von Hauser è ora padrone delle due casse. Intanto un sordo rumore allarma i due comandanti. -Che cos'è?- domanda il generale. -E' il rumore di un esercito in marcia- risponde Von Hauser -l'esercito di Gutierrez. Infatti, poco fa ho fatto un salto al castello e ho fatto spargere la voce che Gutierrez era fuggito con i denari delle paghe e che si trovava qui, sotto la vostra protezione, generale. All'inizio del bosco ci sono due cavalli a vostra disposizione.- I due non hanno altra scelta che tagliare la corda.
Von Hauser si autonomina generale, riunisce le due compagnie e dà ordine di pagare le truppe. Intanto sulla scena irrompono la prima ordinanza del generale con la ragazza che aveva conosciuto. La ragazza finge di essere infastidita dal militare: - Cacciatelo dalla compagnia - chiede a Von Hauser, lasciandogli capire che poi sarà generosa con lui. Von Hauser manda la ragazza ad aspettarlo nella sua tenda e firma il foglio di congedo.
E' sera e le operazioni di pagamento sono finite. Von Hauser va nella sua tenda, ma la ragazza non c'è. All'alba le compagnie riunite si mettono in marcia verso un nuovo impegno bellico. La prima ordinanza sventola il suo foglio di congedo mentre stringe a sé la ragazza: l'amore ha vinto.
Durata: tre atti
Genere: comico - satirico
Personaggi: 15 (10 uomini e 5 donne)
Pubblicata da:
- “Sipario”, 1960.
- “Sufler” (“Il suggeritore”, rivista di teatro russa), 1990.
Trasmessa dalla RAI
Tradotta in inglese da Hugh Barty - King, e in russo da Lev Verscinin.
Rappresentata da:
- Teatro Stabile di Trieste, 1960 (con Leonardo Cortese, Omero Antonutti, Carlo Bagno, Pina Cei, Carlo Montini), regìa di Sergio Velitti, scene e costumi di Dario Fo.
- Minack Theatre – Portcurno (Inghilterra), 1966.
- Teatro dei Satiri – Roma, 1967.
Ha scritto la critica:
"Balducci ravviva con linguaggio pungente e acerbo l'immagine di un mondo militaresco che per natura dovrebbe essere eroico e invece mostra le sue proprie miserie con atteggiamenti millantatori ... ha dato una figurazione di tipi ben coloriti e un dialogo vivo e leggero, aderente al carattere particolare della rappresentazione. L'esecuzione è stata fortemente ritmata, svelta e serrata con la regìa di Sergio Velitti ... le scene e i costumi di Dario Fo hanno inquadrato con magnifico rilievo di colori, di taglio e di forme i tre atti di Alfredo Balducci, fervidamente e ripetutamente applaudito insieme al regista e agli interpreti.” (V.T. - "Il Piccolo" - Trieste)
"La commedia di Balducci è divertente e di notevole impegno, essa ci intrattiene con fine umorismo: la fresca invenzione, il dialogo scorrevole, vivace, spassoso, i personaggi caricaturali dànno ai tre atti un andamento estremamente divertente, con un ritmo comico che la regìa di Sergio Velitti ha giustamente sottolineato … a questo punto ci accorgiamo che il riassunto della trama non rende (né poteva rendere) tutto lo spirito della commedia di Balducci, l'arguzia delle battute, l'efficacia delle trovate, il senso della sua gustosa polemica contro il militarismo, contro la guerra e i suoi profittatori ... un grande successo. Dobbiamo dire che, attribuendo al Teatro Stabile di Trieste tutto il merito per avere rappresentato questa commedia di Balducci, ci auguriamo che possa essere presto rappresentata anche in altre città ed anche stampata.” ("l'Unità" - Roma)
"L'autore ha posto un tema e ha svolto una storia teatralmente valida, confezionata con mestiere, ricca di colpi di scena. Le scene spiritose e allusive e i costumi sono di Dario Fo, la regìa di Sergio Velitti. Da queste componenti: autore, attori, scenografo, regista è nato uno spettacolo saporoso di gusto e di significati ... Vivissimo successo.” ("Il Giorno" - Milano)
"Balducci ha condiviso gli applausi che il pubblico ha indirizzato agli interpreti del suo lavoro. Applausi che meritatamente erano rivolti all'autore chiamato al proscenio: "I dadi e l'archibugio" è infatti un buon testo, ricco di inventiva, di trovate di buon gusto e -anche- di una raggiunta padronanza di linguaggio teatrale...” (G.B. - "Il Gazzettino" - Venezia)
"La commedia possiede un pregio indubbio, non facile e non frequente, che subito si avverte alla lettura o all'ascolto: lo stile. La commedia è raccolta, appunto in grazia del suo stile, intorno a un'intenzione satirica che non vuole e non può essere rappresentata che da se stessa, cioè dalle parole che la rivelano ... il sapore della commedia è affidato in modo quasi determinante alla felicità del dialogo sottile ed educato…” (Roberto Rebora - "Sipario")
“ ... la commedia ci appare complessivamente ottima, argutamente dialogata e teatralmente colorita. Un testo senza dubbio importante che pone subito Balducci tra i nostri commediografi di più sottile e raffinato estro satiro. Il pubblico ha dimostrato di intuire l'umorismo garbato e intelligente della commedia ed ha applaudito con calore l'autore e gli interpreti...” (Sol. - "il Messaggero Veneto")
Balducci ha raggiunto i suoi risultati migliori nei suoi primi due testi, I dadi e l'archibugio (1960) e L'equipaggio della Zattera (1962), di un antimilitarismo sottile e divertito, mai insidiato dal didascalismo."
Giovanni Antonucci – Storia del teatro italiano del novecento
Ne "I dadi e l'archibugio" e "L'equipaggio della Zattera", Balducci raggiunge forse i suoi risultati più convincenti per l'eleganza del dialogo, la robustezza della scrittura drammaturgica e la puntuale pregnanza e attualità dei temi.
Luigi Lunari – Cento trame del teatro italiano – Rizzoli Editore
Breve sinossi
Una strana famiglia prende alloggio alla "Zattera", un albergo al confine fra due stati. E' la famiglia di Cobby, un piccolo mercante di armi sempre in cerca di una guerricciola, un colpo di stato, una rivoluzioncella per piazzare la sua merce. Solo che, quando sparano i fucili, non si sa mai che cosa può succedere: le armi possono servire anche a chi è deciso a fare pulizia. Allora può capitare di assistere al crollo improvviso di ingiustizie, soprusi, disonestà. Di assistere al "naufragio" del male, insomma, nel vero senso della parola.
Svolgimento della commedia
Primo tempo
Nel lussuoso albergo «La Zattera» costruito, per ragioni di eccentricità e di sicurezza, sulle acque di un fiume, capita un giorno una strana famiglia. La compongono Cobby (il marito: irascibile e intrattabile, soggetto a violente crisi di avarizia che gli fanno perdere la conoscenza nei momenti in cui ciò può essergli utile), Flor (la moglie: casalinga borghese, docile e tranquilla, distaccata e imperturbabile anche nei momenti più drammatici), la figlia Leo con l'aspirante fidanzato Maxì, cui Cobby non ha ancora dato il proprio beneplacito, in attesa di chiare e valide prove della sua attitudine a portare avanti l'attività che Cobby stesso esercita: il commercio delle armi. La scelta dell'albergo in mezzo al fiume non è stata casuale: il fiume fa da confine a due staterelli l'uno retto da un governatore, l'altro da un presidente, che producono ambedue ferro e legname, e che la logica della concorrenza sta per scagliare in guerra l'uno contro l'altro. Cobby che ha maturato una prodigiosa abilità nel fiutare le situazioni favorevoli alla vendita delle armi: guerre, attentati o rivoluzioni che siano, ha scelto «La Zattera» perché lì può incontrare i capi militari e politici dei due campi. E in effetti, ecco che Maxì viene spinto all'attacco di un generale, che potrebbe acquistare la merce che Cobby ha provveduto ad accumulare in zona, e che attende di essere impiegata al più presto. Il tentativo di Maxì è però maldestro e rischia di fallire miseramente, quando interviene Cobby, che mette bruscamente da parte l'aspirante genero, e fa pieno sfoggio della propria abilità di venditore. Il generale è interessato alle armi: ha messo in piedi, sia pure ancora solo sulla carta, un piccolo esercito mercenario, che deve appunto essere armato, e che poi sarà posto al servizio del miglior offerente tra i due staterelli alle soglie del conflitto. Ma il progetto del generale si infrange contro una notizia sconvolgente: il figlio del governatore dello stato A sposa la figlia del presidente dello stato B, e le nozze faranno scoppiare la pace! Il generale però ha le idee chiare: «Non mi direte che un matrimonio possa risolvere la faccenda e mandare a monte ogni piano. Non sono i figli dei governatori a decidere la pace o la guerra, e neppure i loro genitori: sono i contrasti economici tra i due paesi che decidono...». Ma il generale non è stato ancora informato di tutto: c'è un’altra goccia che può far traboccare il vaso: «Che cosa? C'è di peggio? Stamani è stato firmato un cartello intemazionale del ferro e del legname? Questa sì che è veramente la rovina!»
Secondo tempo
Ma la ragion di stato non prevale sulla forza dell'amore. Vikin, il figlio del governatore, non ama la figlia del presidente rivale, si è innamorato di una cantante d'opera, e per sfuggire alle nozze volute dal padre organizza una finta rivoluzione, con l'aiuto sia dei suoi colleghi allievi dell'accademia militare, che dei fans della sua amata, membri dell' «Associazione amici del melodramma». Tutto, in effetti, sembra filare alla perfezione: all'ora prestabilita alcuni colpi di fucile dànno il via all'operazione. I clienti dell'albergo, al corrente di ciò che sta succedendo, gioiscono o restano indifferenti. Ma gli spari crescono di intensita, e si prolungano ben al di là del tempo stabilito: comincia a diffondersi un certo allarme. Il generale vorrebbe rendersi conto della situazione, tenta di uscire dall'albergo, ma ne viene ricacciato dentro a fucilate. È il segretario della cantante, che arriva trafelato dalla città, a dare la notizia: l'insurrezione è scoppiata davvero. Mentre cresce la preoccupazione tra gli ospiti della «Zattera», Cobby sorride sotto i baffi: neanche stavolta il suo buon naso per gli affari lo ha tradito. Ma ecco un altro arrivo: è nientemeno che il governatore in persona, che raggiunge l'albergo a nuoto, dopo che un mortaio ha colpito la lancia con la quale stava cercando di tornare in patria, dopo l'inutile incontro con il presidente. Per reprimere l'insurrezione e riconquistare il potere, ha bisogno degli armamenti di Cobby; al quale, tra l'altro, aveva già fatto ricorso trent'anni prima, per le armi con le quali aveva vinto la sua rivoluzione. «Vedete -commenta Cobby- i vantaggi di una spesa fatta bene al momento opportuno?» Ma non è di questo che il governatore ha bisogno di essere convinto: i suoi soli dubbi riguardano il danaro con cui pagare le armi. Dove trovarlo, dal momento che le casse statali sono rigorosamente vuote? Il governatore, trepidante, si consulta col proprio ministro degli interni: «Useremo i fondi stanziati per i lavori pubblici». «Non esistono stanziamenti per i lavori pubblici» risponde il ministro. Ma malgrado la situazione sia questa anche per tutti gli altri settori della pubblica finanza, l'accordo con Cobby va in porto. Il governatore pagherà una volta riconquistato il potere e riportato l'ordine nel paese. Ma come far arrivare, agli arsenali di Cobby, l'ordine di consegnare le armi agli uomini del governatore, dato che «La Zattera» è completamente circondata dagli insorti, e tutte le comunicazioni sono interrotte? Cobby sorride, compiaciuto e sicuro di sé: apre la borsa a soffietto che non lo abbandona mai, e ne tira fuori un piccione viaggiatore, alle cui zampette viene legato il messaggio. Il piccione spicca il volo, ma va poco lontano: un colpo di fucile lo abbatte. Nello sgomento generale, Cobby ha un motivo di stupefazione in più. Nello sparo ha riconosciuto la «voce» di uno dei suoi fucili, e si chiede angosciato come è possibile che le sue armi siano già in circolazione. All'interrogativo risponde Maxì, che confessa impaurito e tremante di essere stato lui a vendere la merce. «E a chi l'avete venduta?» chiede preoccupato il governatore. «Ai vostri uomini, naturalmente!» «Allora è in corso il contrattacco!» si rallegra il governatore. E Cobby quasi non crede alle proprie orecchie: «Hai venduto la merce?... Ma è meraviglioso! E non mi dicevi nulla?». Ma la figlia Leo scoppia in singhiozzi: «Perdonaci, pa'... Non ti abbiamo detto nulla perché avevamo deciso di fuggire con quei danari». «Allora Maxi mi voleva truffare?» esclama Cobby sorpreso e ammirato: «E io che l'avevo sottovalutato e non volevo dargli mia figlia! Sposala anche domani, te lo meriti!». Ma improvviso lo coglie un piccolo dubbio: ha venduto a contanti? «No, Cobby» risponde Maxì: «Però ho un regolare mandato di pagamento». E porge al suocero uno stampato governativo, con timbri, bolli, firme... ma con una piccola clausola aggiunta in calce, che dice: «... il pagamento del presente mandato sarà effettuato a vista, in qualsiasi momento, nella nuova residenza del governatore... all'inferno».
Le
armi dunque sono in mano agli insorti. Esasperato, Cobby si scaglia su Maxì per
avere almeno la soddisfazione di strangolarlo... quando una forte scossa, come
per un terremoto, fa tremare i muri e fa barcollare le persone. «La Zattera» è
stata sganciata dalla riva ed ora va alla deriva, trascinata dalla corrente.
Sulle opposte sponde del fiume, folle di uomini armate di pertiche sono ben
decisi ad impedire all'albergo di toccar terra. E il fiume è un grande tubo di
scarico che serve ad espellere dai due paesi gli affaristi e gli avventurieri
che si sono rifugiati su «La Zattera». Cobby è rimasto solo nel suo furore
impotente, tra la paura, le speranze, la disperazione dei suoi compagni
d'avventura. La moglie vorrebbe confortarlo, ma egli rifiuta ogni conforto. Ad
un ultimo tentativo di lei, egli risponde con un colpo di bastone sul tavolo...
che fa partire un registratore su cui è un nastro inciso dalla cantante. In
drastico e grottesco contrasto con la disperata situazione de «La Zattera» che
va alla deriva, si diffonde nella sala un lezioso coretto, che potrebbe
appartenere a un'operina settecentesca: le parole invitano a superare lo
sconforto dell'animo e le contrarietà della vita, poiché a trionfare è sempre
l'Amore, che alla fine vince ogni cosa.
Durata: due tempi
Genere: comico - satirico
15 personaggi (12 uomini e
3 donne)
Rappresentata da: (1962) Compagnia del Piccolo Teatro di Milano (interpreti: Enzo Tarascio, Pina Cei, Mimmo Craig, Carlo Cataneo, Luigi Pistilli, Narcisa Bonati, Relda Ridoni, Luigi Montini). Regìa di Virginio Puecher
Pubblicata su: "Il Dramma" (1962)
Trasmessa dalla RAI
Hanno
scritto:
La commedia è piacevole e divertente, è carica di satira e di humor e offre il piacere di riscontrare la presenza di un commediografo notevolmente abile nell'indicare il succo dei personaggi. Nel complesso è uno spettacolo di ottimo gusto e di beffa cordiale. Molti gli applausi.
Eligio Possenti - “il Corriere della Sera”:
Qui l'autore comico c'è ed è
in possesso di uno strumento espressivo di prim'ordine, pronto ad essere usato
per maggiori impegni. Osi e rischi. Un divertito successo, con applausi a scena
aperta e numerose chiamate alla fine, anche all'autore.
Carlo Terron – "il
Corriere Lombardo"
La commedia di Balducci si snoda brillantemente con un vivo gusto della caricatura, una serie di personaggi di stampo operettistico, assai ben collocati nella loro voluta convenzionalità e soprattutto un dialogo vivacissimo, di molto mestiere e di intelligente comicità. Ecco un autore francamente comico. Esito assai lieto con molti applausi all'autore.
Roberto De Monticelli – "il Giorno"
Tra pace e guerra una zattera alla deriva
Alfredo Balducci, il secondo autore prescelto dal Piccolo Teatro per la sua «rassegna italiana» al Teatro dell’Arte, colse tempo fa un bel successo con una commedia di vena tra ironica e farsesca, I dadi e l’archibugio, in cui erano le premesse d’un mondo e d’un linguaggio assai personali. La formula – se così si può dire – a cui è arrivato Balducci, cioè la mescolanza di elementi grotteschi su un fondo di polemica sociale, è assai moderna e ha vari antecedenti nella commedia europea, ma non troppi in Italia. E questa stessa formula ritorna, in modi asciutti e rapidi, anzi a volte addirittura schematici, nel suo nuovo lavoro andato in scena iersera, L’equipaggio della «Zattera».
Cobby, il gran vecchio, anzi il sinistro vegliardo è il deus ex machina dell’azione. Chi è costui? Un trafficante d’armi, che di tale attività ha fatto uno scopo di vita, un’arte sottile, un piacere demoniaco. Accanto a lui si muovono la moglie Flor, complice della sua oscura rivalsa contro il mondo, la figlia Leo e il suo fidanzato Maxì, innocuo apprendista stregone.
Capita, la strana comitiva, in un paese dilaniato dalla guerra civile. Ma non guerra fra popolo oppresso e governo oppressore; guerra fra due forme d’oppressione, di ricatto, d’imbroglio. E il loro giuoco potrebbe, dovrebbe riuscire, con l’aiuto d’alcuni loschi militari da operetta. Sennonché il terzo incomodo, l’imprevisto, il popolo insomma si sveglia e manda all’aria i loro piani.
Qui l’ambientazione si fa simbolica: infatti la commedia si svolge nella «Zattera», che è un albergo galleggiante, non ci vuol nulla a tagliare gli ormeggi e mandarla alla deriva. Così potessimo tutti noi liberarci di coloro che mantengono in vita le ingiustizie del mondo: riunirli su un barcone e spedirli via, in balia delle acque.
A questa trama principale (fitta, del resto, di tipi e tipetti minori) si aggiunge la buffa storia del figlio del governatore del paese immaginario. Costui, Vikin, è un cospiratore da burla, e dei suoi compagni di congiura – e dello stile di tale congiura – Balducci si serve per farsi beffe, assai garbatamente, di certi intellettuali pseudorivoluzionari. Vikin è innamorato d’una cantante d’opera, che si porta dietro il suo «pappa», e che viene travolta anch’essa nella rovina del paese, nel naufragio della zattera, non senza prima aver congruamente delirato in duetti e gorgheggi.
Situazioni minute ed esilaranti riempiono, popolano la breve e veloce commedia, i cui significati vanno al di là dell’apparenza burlesca e che rivela in Balducci una comprensione acuta del giuoco dialettico del mondo in cui viviamo oltre a qualità tecniche, di struttura teatrale, tutt’altro che disprezzabili.
Virginio Puecher l’ha messo in scena con una inventiva continua, scintillante, e a volte addirittura congestionata. E’ una regìa di forza, una regìa che non lascia margini.
Tra gli interpreti si distinguono il Tarascio, comico e potente Cobby, la Cei, la Ridoni, la Bonati e i molti tipi disegnati con estrosa comicità dal Craig e dal Bartolucci, dal Cannas e dal Cataneo, dal Varisco, dal Pistilli e dal Montini, dal Buttarelli, da tutti.
La commedia, che ha per sfondo scenografico una serie d’ingrandimenti da foto liberty di Ugo Mulas, è stata vivamente applaudita da un folto pubblico. La «rassegna italiana» è in marcia.
Da: “MASCHERE ALLA RIBALTA – Cinque anni di cronache teatrali 1961 – 1965” di Ruggero Jacobbi – Bulzoni Editore
Alfredo Balducci (Livorno, 1920), si è dedicato con continuità alla scrittura drammatica, ma appartiene alla generazione che più ha pagato nell'immediato dopoguerra l'ondata di esterofilia (o anche -più positivamente- la necessità di aggiornamento culturale) con cui il teatro e il pubblico italiano reagirono al periodo dell'autarchia fascista. Scrittore socialmente impegnato, di acuta osservazione e di vasti interessi, la sua opera si può dividere in due filoni: un filone drammatico («Don Giovanni al rogo», «Un cielo di cavallette»), ed un filone satirico-ironico («I dadi e l'archibugio», e questo «L'equipaggio della Zattera»), in cui raggiunge forse i suoi risultati più convincenti per l'eleganza del dialogo, la robustezza della scrittura drammaturgica e la puntuale pregnanza e attualità dei temi. Apprezzato dalla critica, vincitore di numerosissimi premi e concorsi, Balducci raggiunse però raramente per le ragioni suddette i grandi palcoscenici. Una felice eccezione riguarda appunto «L'equipaggio della Zattera» sarcastica denuncia del militarismo e del mondo dei commercianti d'armi, che il Piccolo Teatro di Milano rappresentò nel 1962, con la regìa di Virginio Puecher, nell'ambito di una Rassegna del Teatro Italiano voluta e curata dall'autore di questa nota.”
Luigi Lunari - “Cento trame del Teatro Italiano”, Biblioteca Universale Rizzoli, 1993
Balducci ha raggiunto i suoi risultati migliori nei suoi primi due testi, I dadi e l'archibugio (1960) e L'equipaggio della Zattera (1962), di un antimilitarismo sottile e divertito, mai insidiato dal didascalismo.
Giovanni Antonucci – Storia del teatro italiano del novecento
Un caso di "triangolo coniugale" in una famiglia di leoni che vive in un giardino zoologico. La situazione fa scaturire riflessioni e similitudini brillanti, ma anche amare, con il mondo degli umani.
Durata: due tempi
Genere: ironico-satirico
13 Personaggi: (10 uomini e 3 donne)
Una scalcagnata compagnia di provincia ottiene finalmente un ingaggio a Milano, ma arriva allo scoppio delle Cinque Giornate, e deve subirne tutte le relative vicissitudini.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
5 personaggi (3 uomini e 2 donne)
Premio Anticoli Corrado
Rappresentata al Teatro Filodrammatici
di Milano
Rappresentata alla Casa del Teatro di Montevideo (Uruguay)
Trasmessa dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana
Pubblicata su “Ridotto”
Pubblicata su Novi Prolog, in
serbocroato
Ha scritto Renato Palazzi sul “Corriere della sera”: “ … astutamente costruita con tutti i suoi effetti al posto giusto, con una sua robustezza romanzesca…“
Tre attori girovaghi raccontano – partendo da un’idea di Anatole France – la storia di un santo miope che, avendo battezzato dei pinguini scambiandoli per uomini, deve sottostare a tutti i guai che il suo errore ha provocato sulla terra e nel regno celeste.
Durata: due tempi.
Genere: comico-satirico
3 personaggi (2 uomini e 1 donna)
Premio Riccione 1973
Rappresentata a Roma dalla Compagnia del Teatro San Genesio
Rappresentata dal Nuevo Teatro di
Montevideo (Uruguay)
Pubblicata su “Sipario”
Tradotta in spagnolo, romeno e russo
Pubblicata su “Sipario”
Hanno scritto:
“Onorata dal Premio Riccione di quest’anno, la
commedia di Balducci dimostra alla prova scenica di essere sicuramente
meritevole del riconoscimento. Tre attori girovaghi provano sulla pubblica
piazza una sorta di sacra rappresentazione in onore di un “beato”, il cui rito
di canonizzazione viene celebrato in una vicina chiesa: i tre poveracci,
insomma, si ripromettono i favori dei fedeli che tra poco usciranno dalla
funzione. Nella loro ignoranza, ma forti tuttavia di istinto dialettico, i
comici devono mettere insieme un canovaccio agiografico: il “beato” di cui si
parla fece un curioso miracolo, convertì in uomini certi pinguini che aveva
battezzato tra il lusco e il brusco. Ma quale insegnamento offrire alle
mansuete bestie? Come organizzare la loro società? Di ragionamento in
ragionamento, i frastornati attori scoprono che la pacifica convivenza
comunitaria dei pinguini andrebbe purtroppo “civilizzata” con una struttura
sociale che prevede servi e padroni, potenti e nullatenenti, ricchi e poveri:
insomma il “beato” avrebbe combinato un bel guaio se delle creature sinora
innocenti e felici dovranno scontare la loro “promozione” ad esseri umani con
le delizie dell’ingiustizia istituzionalizzata. Le stesse scelte della Chiesa
(dato che dell’operato di un suo membro illustre si tratta) non risultano
all’analisi dei comici, come dettate dal precetto evangelico dell’eguaglianza.
Questo è il senso dell’apologo di Alfredo Balducci:
ma al di là dei significati fin troppo trasparenti, la commedia conta molti
altri pregi. Intanto il disegno dei tre girovaghi popolarescamente (ma, in
realtà, con buona finezza filologica) impegnati in una miscellanea di dialetti
che offrono al dialogo una presa assai efficace e che rendono “colta”
un’indagine sociopolitica apparentemente balbettata a livello di analfabetismo.
Ne risulta un autentico vigore polemico, velenoso e candido insieme.”
(Ghigo De Chiara su “l’Avanti” - 19 dicembre 1973)
“Sebbene il nome di Alfredo Balducci non sia ancora noto al grande pubblico. si può affermare senza tema di smentite, che sia una delle poche voci nuove, degne di attenzione, che si sono affacciate alta ribalta della scena drammatica.
Non per i premi ricevuti (ormai divenuti una specie
di manifestazione che nulla ha da spartire con la cultura: "Diamo a tutti
un cavallo a dondolo" era il titolo di un soggetto cinematografico scritto
da un umorista purtroppo dimenticato), ma per la qualità dei lavori andati in
scena negli ultimi dieci anni, fra i quali spiccano "L'equipaggio della
Zattera", "I dadi e l'archibugio" e "Un cielo di
cavallette". La nuova commedia intitolata:
"La nuova isola", messa in
scena con lodevole coraggio da Luigi Tani al San Genesio, uno dei rari teatri
capitolini che porti avanti un suo discorso intelligente e differenziato,
cercando di reperire un pubblico diverso, nuovo, dal solito che affolla i
teatri della zona centrale, conferma puntualmente le sue capacità inventive,
che uniscono una notevole dose di fantasia ad una mordente carica polemica,
ravvivate dall'apporto d'una solida cultura. Mai pero fine a se stessa,
d'impianto estetizzante, perché inserita nel vivo d'una costruzione tesa a
restituire la complessa temperie morale di un tempo che troppi amano definire
minore, scaduto, mentre al contrario mostra di cercare affannosamente e
dolorosamente una soluzione ai problemi che l'affliggono. In fondo nella sua
commedia che vuole essere insieme favola, apologo e parabola, quello che più
attrae e persuade nella singolare avventura di San Mael, che, travolto dal suo
fervore e dalla sua svagatezza, si affatica a battezzare i pinguini, scatenando
perplessità e interrogativi di natura teologica inquietanti, è la curvatura
attualistica che traspare dietro l'apparenza del divertimento, del gioco
clownesco realizzato con un gusto ed una misura sorprendenti, in cui si
alternano scene d'una sanguigna concretezza, ad altre d'una surreale levità.”
("Il Giornale d’Italia" – 8 gennaio 1974)
“…
Il maggior segno di tale disillusione è possibile avvertirlo nella commedia
La
nuova isola (del 1972, uno dei suoi risultati più significativi) dove si nota
un ardente passaggio dall'esattezza dimostrativa alla manifestazione drammatica
suggerita con una ipotesi poetica che sfiora l'irrazionalità. Ma è, lo dico
ancora, irrazionalità come strumento di ricerca della coscienza individuale
nelle dimensioni della realtà concreta. Nella quale Balducci mostra una
capacità nuova, una capacità che sembra una conclusione (anche se provvisoria)
e consiste in una cauta presenza dell'inconscio da rilevare -non è una
contraddizione- nei segni concreti dell'esperienza, appoggiata costantemente a
un'idea dell'uomo, che qui, ne
La nuova isola, assume gli aspetti e i contorni
di un mito. Derivata da “L'isola dei pinguini” di Anatole France, più che altro
come suggerimento, utile a uno svolgimento del tutto autonomo (quasi contrario
nelle conclusioni e nel tono intimo della vicenda dei pinguini resi liberi e
responsabili dal miracolo di Mael, santo e visionario frate che fonda tra loro
una comunità nell'isola), vediamo nell'ipotesi scenica di Balducci non tanto
l'applicazione della tecnica del «teatro nel teatro» quanto il manifestarsi
naturale dei tre protagonisti (guitti girovaghi, due uomini e una donna) che
cercano -e non trovano- la corrispondenza che il teatro dovrebbe dare alla loro
espressione. Il teatro, mi pare, inteso come luogo dal quale si cerca un
rapporto. Che qui viene doppiamente eluso, nel cuore della stessa rappresentazione
in primo luogo, e poi dal mondo che dovrebbe accoglierla. Un mondo che è là,
dietro le quinte o il fondale, ed esclude in un costante silenzio astrattamente
drammatico ogni possibilità di contatto. Non è possibile credere alla comunità
dei pinguini resi coscienti dal miracolo di Mael attraverso il battesimo, una
coscienza fatta di contraddizioni e di impacci negli stessi comici-missionari
che la sostengono, accaniti nelle loro patetiche figurazioni di un riscatto
umano originario, e disperati (o meglio, irrazionalmente sbalorditi) di fronte
al mondo che rifiuta di ascoltarli per sospetto o per egoismo. Quel mondo crede
di difendersi e invece si distrugge negandosi ogni possibilità di evoluzione o,
meglio, di giustizia. Perché la giustizia si paga, per raggiungerla occorre
cedere l'ingiustizia che ci fa forti. La rappresentazione fantastica, libera e
svincolata da ogni sottomissione, anche celeste (un mondo celeste del tutto
concretizzato nel testo fedelmente laico di Balducci) dove si celebra l'ingenua
fiducia nella verità nelle figurazioni mitiche del santo Mael che dà coscienza
alla bestia primordiale raffigurata nei pinguini (bestia primordiale ma, anche
e di più, il nostro eterno egoismo che sempre ricomincia e si ritrova pronto ad
ogni viltà o prepotenza, vivo nella cieca conservazione dei privilegi), mostra
la realtà dell'uomo che, se badiamo bene, non regge all'idea di libertà. La
sordità ottusa della difesa di un mondo che non ammette l'esistenza di altri
uomini e di altri pensieri, la sentiamo tragicamente e comicamente operare
contro l'impotenza dei guitti che recitano la prova dello spettacolo della
libertà dei pinguini-emblemi davanti alla porta chiusa di una chiesa che
dovrebbe aprirsi alla fine di una funzione che sta svolgendosi nel suo interno.
I patetici guitti che girano per le contrade inseguendo le loro stesse parole,
istintivamente legati alla ricerca di una comunicazione-verità (come san Mael
che cerca l'innocenza originaria nei pinguini), saranno una volta di più delusi
nella loro grottesca fiducia. Durante la prova si crea, pur tra ironie,
dispetti, impacciate polemiche, andirivieni di sai frateschi e di aureole
angeliche, esplicite presenze di elementari dimensioni (e finzioni) teatrali,
si crea -dicevo- la necessaria condizione che deve portare inesorabilmente al
punto d'arrivo. Alla comunicazione, cioè, che non avverrà o avverrà a rovescio.
Tra la vita effettiva dei guitti, la loro rappresentazione, confessione e
inconscia pretesa d'urto e di allarme, la vita del mondo dietro la porta chiusa
della chiesa (e più avanti, all'infinito), non si produce nulla. Rimane,
drammaticamente, il senso di una generale responsabilità evitata, di un
problema non voluto affrontare, ricacciato nel silenzio. La porta non si
aprirà, i fedeli usciranno dall'altra parte, non sapranno neppure forse di
avere tradito un'immagine assoluta dell'uomo, la possibilità di ritrovarsi su
questa terra. I guitti vivono la loro vita individuale condizionata, diciamo,
dall'ordine egoistico del mondo, mentre la loro rappresentazione di San Mael e
della comunità dei pinguini non riesce a svolgersi che come prova. La porta
della chiesa che avrebbe dovuto aprirsi per permettere al popolo la conoscenza
di una giustizia possibile (in teatro... ma è proprio il teatro il luogo delle
rivelazioni) non si apre. Il popolo non è venuto dalla parte dei tre guitti
missionari. Il vecchio attore vagabondo che impersona il santo Mael esce dalla
sua parte, torna nei limiti della propria esperienza umana, impreca contro il
sacrestano che non è stato ai patti e non ha aperta la porta dalla parte
giusta. «Dov'è quel figlio di puttana?! … quel sacrista maledetto, dov'è che lo
voglio strozzare?... non c'è rimasto più nessuno là dentro... questa doveva
essere l'unica porta per uscire e invece è stata l'unica che ha chiuso
all'ultimo momento... Lo voglio tra le mani quel vigliacco!... dove s'è
nascosto? a chi la raccontiamo adesso la storia di Mael?... bastardo
maledetto... non ha voluto che la gente venisse dalla nostra parte!». L'altro
attore (nella vita è il figlio del primo, nello spettacolo è il discepolo di Mael) risponde con le seguenti parole: «Pa'... non vengono mai da questa
parte... sempre da un'altra uscita, non lo sai?... nessuno che viene da questa
parte... verso di noi... mai! Non l'hai ancora capito?... ma la vita, allora,
non ti ha insegnato nulla?... alla tua età?!... oh povero pa' che non ha capito
niente... povero Pa'!». Sono le ultime parole della commedia. E c'è una didascalia finale che
val la pena di trascrivere perché suggerisce un commento. Eccola. «Strappa un
accordo sull'organetto, un suono che non è di chiusura e che rimane sospeso,
incompiuto, sul silenzio». Non è una chiusura né un tentativo di suggestione.
Sospeso, incompiuto, non sono parole indicanti un'estenuazione sentimentale o
un abbandono emotivo. Sono invece precisazioni oggettive, come lo è in un certo
senso lo stesso suono dell'organetto che abbiamo appena ascoltato. E non
costituisce un finale o il compiersi di una storia. Balducci ci dice sempre
tutto quello che gli preme, fino in fondo. A un certo punto tace, ma potrebbe
continuare perché l'ultima testimonianza in favore di quanto ha detto è al di
là dell'ultima battuta o delle possibili suggestioni dell'avvenimento scenico.
Ne
La nuova isola lo scontro o, meglio, il confronto tra ragione e inconscio è
evidente ma non ha soluzione (come si dice alle volte troppo superficialmente).
L'interesse della commedia è di avere indicato lo sgomento interno a una
situazione che ci comprende tutti nelle nostre contraddizioni drammatiche e
nelle nostre cieche difese. Nelle quali agonizza un pensiero tormentato, e
temuto, di libertà. Il rimanere sospeso di fronte alle conclusioni indica
l'allarme provocato dal prevalere della macchina più o meno mitica che sembra
dirigere il destino degli uomini che sempre di più diventano elementi di un
ingranaggio.”
(Roberto Rebora -
Rivista Italiana di drammaturgia –
1976)
"... Impegno che trova riscontro ne LA NUOVA ISOLA (DEI PINGUINI), ove si realizza, per poco perché contrastata dagli dèi, l’utopia egualitaria di San Mael, che vuole tutti gli uomini-pinguini in parità di diritti e doveri."
Enciclopedia del teatro italiano del dopoguerra (Edizioni S.I.A.E. – I.D.I.)
Rappresentazione a séguito dell'assegnazione del "Premio Riccone - ATER", nel 1973.
Locandina della rappresentazione da parte del "GRUPPO DI RICERCA TEATRALE" di Varese, al Teatro del Vecchio Verziere di Milano, nel febbraio 1976.
E’ possibile impadronirsi di un personaggio della storia e farlo proprio, vivergli assieme, entrargli dentro? O non è meglio, forse, creare il proprio personaggio e tirare avanti con lui, rassegnandosi alla sua modestia e alle sue limitazioni? Sullo sfondo ci sono i piani avventurosi di un professore di storia-Napoleone Bonaparte, dello Zar Alessandro I-aiuto fornaio e di Proserpina, una devota di San Giorgio.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
4 Personaggi: (2 uomini e 2 donne)
“E’ una commedia scritta su un delicato filone ironico-lirico.”
E’ la vita di uno scapolo diviso tra il puro amore per l’innocente fidanzata, e la travolgente passione per la sensuale amante. A quale delle due donne rinunciare? e come effettuare la scelta, se si tratta di sentimenti così diversi? Il nostro Ugo compie sinceri sforzi per uscire dal pasticcio, ma le difficoltà sono tante: è inutile nasconderlo; specialmente quando la fidanzata e l’amante si scambiano le parti, o quando i due ruoli rischiano addirittura di riunirsi in una nuova arrivata.
Durata: due tempi
Genere: ironico - brillante
6 personaggi (1 uomo e 5 donne, che possono ridursi ad una sola)
Rappresentata in Germania nel 2005 dal "Teatro in cerca" di Würzburg. Regìa di Wilsy Hofmann Theophilo
(La scelta - Il naufragio - Superiorità dell'attore - Delirio all'ufficio postale)
Naufraghi e naufragi, reali e simbolici.
1° minim'atto - La scelta
Sta accadendo un avvenimento inspiegabile nella sua natura e nel suo sviluppo, ma qualcuno non si rassegna all’attesa ed effettua una scelta precisa nel buio più profondo. E’ un atto di coraggio o di sfacciato opportunismo?
2 personaggi (uomo - donna)
2° minim'atto - Il naufragio
Il testo si sviluppa attraverso alcuni colpi di scena, proprio come accade nei lavori a più personaggi. La vicenda narrata non vuole soltanto intrattenere l’uditorio, ma ha un’ambizione più alta: quella di svolgere - nei limiti di un divertimento sempre presente - anche una critica di costume. E’ una certa mentalità da ricchi sfaccendati che viene presa di mira, insieme con la loro convinzione che fra i privilegi di cui godono, ci sia anche il diritto alla spregiudicatezza. Nessuno sfoggio di moralismo, però, nessuna pesantezza didascalica, nessun lancio di messaggi: tutto è trattato con leggerezza, all’insegna del buonumore.
Monologo (1 personaggio femminile)
Rappresentata al Teatro Zazie di Milano
Rappresentata al
Castello di Padenghe sul
3° minim'atto - Superiorità dell'attore
A tutti la vita offre talvolta situazioni incresciose da affrontare, ma solo alcuni, grazie al mestiere che svolgono, hanno la forza e la spregiudicatezza necessarie per superarle. In questi casi si può giustamente parlare di una vera e propria superiorità.
Monologo (1 personaggio maschile)
Rappresentata a Roma da Steano Zanoli, produzione Teatro di Roma
Rappresentata al
Castello di Padenghe sul
Rappresentata al teatro della Gloria (Firenze)
4° minim'atto - Delirio all'ufficio postale
La storia racconta con
divertita e bonaria satira dei sogni, delle illusioni, ma soprattutto delle
frustrazioni di chi è costretto a svolgere un lavoro anonimo e ripetitivo.
Accanto a personaggi della nostra realtà quotidiana appaiono figure irreali
evocate da una fantasia esasperata. Uno squallido ufficio postale diventa anche
palcoscenico sul quale si eseguono numeri di cabaret ed esibizioni canore. Il
rullo compressore dell’esistenza passa insomma su individui comuni,
schiacciando illusioni e speranze. Lo spettacolo nell’insieme è ricco di
movimento e di trovate, cui fa da legame un solido filo di risate spontanee.
2 personaggi (uomo - donna)
Genere: tragicomico
da 2 a 9 personaggi a scelta (da uno a
sei uomini e da una a sei donne)
Come potremmo definire Mario, il protagonista, un autentico disadattato, un eterno insoddisfatto, un inguaribile pessimista? Forse andrebbero bene tutte e tre le definizioni, e magari qualcun’altra. In realtà Mario si sente escluso da una vita normale e fallisce tutti i tentativi compiuti per rimediare a questa carenza. Ciò nonostante la sua esistenza non si svolge nella solitudine, ma è ricca di esperienze interessanti affrontate con lucida consapevolezza.
Genere: ironico - satirico
Durata:
due tempi
Personaggi: 6 uomini e 4 donne,
che possono ridursi a due uomini ed una donna.
Il testo cerca di scendere alle radici della comicità teatrale, quella che non si accontenta delle battute più o meno salaci, più o meno brucianti, ma si propone di muovere il riso puntando sull’assurdità dei personaggi e delle situazioni. Qui si affronta con ironia un anomalo rapporto di coppia, dove la fantasia e l’immaginazione giocano un ruolo fondamentale che riesce a riscattare la vicenda, elevando il protagonista dalla ridicola posizione di marito ingannato, a un piano di purezza e di innocenza. La vita insomma non è brutta per chi riesce a evadere e ad appoggiarsi su un’illusione che, all’occorrenza, può anche trasformarsi in un alibi.
Durata: due tempi
Genere: comico-ironico
5 personaggi (2 uomini e 3 donne)
Rappresentata al Teatro d'Alpiaz di Montecampione (Bs)
Durata: due tempi
Genere: ironico
7 personaggi (5 uomini e 2
donne)
Atti unici
Drammatici:
Due uomini su una barca di fronte all’infinito naturale e a quello delle loro coscienze. L’uomo, però, non è abituato ai grandi spazi dentro e fuori di lui: ogni profondità lo atterrisce e lo condiziona.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
2 personaggi (uomini)
Premio Pirandello (Agrigento)
Pubblicata su “Ridotto”
Fantasticando su un personaggio di Luigi Pirandello (Zi’ Dima, l’interprete de “La Giara”) che si muove in un’altra avventura nella quale riesce ad aiutare due giovani che si vogliono bene, così come, nel suo mestiere, riesce a collegare le due parti di un vaso che s’è rotto. E tutto si svolge sull’aia di una cascina, sotto lo sguardo di una luna incredibilmente grande e luminosa.
Durata: atto unico
Genere: realistico
5 personaggi (3 uomini e 2 donne)
Premio
Pirandello-Brecht project – New York
Due giovani balordi, con tutto l’accessorio del loro linguaggio triviale, parlano dei loro furti e della loro vita, mentre architettano un grave progetto di stupro, dal quale uno dei due uscirà piuttosto malconcio.
Genere: comico -
realistico
2 personaggi (uomini)
Eroi che escono dalla leggenda e si confrontano con l’odierna realtà. Il loro giudizio sulla nostra epoca è estremamente negativo. Non ci sono attenuanti che possano servire a mitigare il destino del nostro mondo, che si avvia verso un fatale annientamento.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
6 personaggi (5 uomini e una donna)
Ironico - satirici:
Festa in casa del sindaco: la figlia si è sposata con il figlio di un industriale del paese. I due sposi si preparano a partire per il viaggio di nozze, attorniati da parenti ed amici. Ma l'attenzione di tutti si sposta sulla piazza sottostante dove si sta radunando una folla che agita strani, sconcertanti cartelli. Che cosa vuole quella gente? contro chi si leva quella silenziosa, ma preoccupante protesta?
Premio Pozzale 1950
Pubblicata su "Filmcritica" (1961) e su "Nuovo Teatro Italiano"
Trasmessa dalla RAI
Anno 1949
Durata: Atto unico
Genere: drammatico
Personaggi: 14 (10 uomini e 4 donne)
"In questo atto unico, la presenza di un'invisibile massa di lavoratori all'esterno di un palazzo dove i rappresentanti delle classi dominanti continuano la loro vita inutile tragicamente crudele, è resa con una bellissima forza teatrale, tanto che l'opera può essere senza nessuna esitazione consigliata agli editori per la pubblicazione e alle compagnie per la rappresentazione."
Un povero diavolo cerca nell’illusionismo un’affermazione sociale e un’occasione per riconquistare la moglie. Questa circostanza favorevole gli si presenta nel corso di un allucinante spettacolo del quale egli è, suo malgrado, il protagonista. Entusiasmo e disperazione si succedono a breve distanza; finalmente il surreale intervento del padre defunto riuscirà a fargli raggiungere lo scopo.
Durata: atto unico
Genere: ironico - brillante
10 personaggi (9 uomini e 1 donna)
Tradotta in ceco
Rappresentata nel 1980 al Teatro Sistina di Roma, per la regìa di Daniele Danza e l'interpretazione di Stefano Satta Flores
Trasmessa
dalla Televisione italiana (Rai), da Telemontecarlo, e dalla Tv nazionale
cecoslovacca.
Un gioco di scatole cinesi, ognuna delle quali, aprendosi, ne contiene un’altra, fino a trovare nell’ultima la verità: una piccola, amara verità di solitudine e di innocenza.
Durata: atto unico
Genere: drammatico
Monologo (1 donna)
Camera di Motel, l’ambiente dove di solito avvengono incontri di coppie di amanti, il più delle volte clandestini. E’ il luogo dove ha particolarmente sede l’adulterio, e le “istruzioni per l’uso” sono ironicamente quelle che si possono fornire per cavarsela in simili situazioni. Ecco Ottavio che arriva in anticipo per attendere l’amata, e che già pregusta le gioie che proverà tra poco nelle sue braccia. Bisogna che l’ambiente sia il più possibile tranquillo ed accogliente perché l’incontro, oltre che di due corpi, sia anche di due spiriti. Ma quante non sono mai le circostanze sfavorevoli in una situazione del genere! Ottavio cerca in ogni modo di fronteggiare gli eventi e, ogni volta che crede di essere giunto in porto si trova di fronte un nuovo ostacolo: tutto sembra congiurare perché il desiderato amplesso non possa avere luogo. Non mancano le rivelazioni né i colpi di scena e nemmeno un inaspettato intervento che potrebbe preludere un’eccitante avventura. Ma il destino è implacabile e ad Ottavio non resta che rassegnarsi al fallimento o accontentarsi del poco che ancora rimane sulla strada della seduzione.
Durata: atto unico.
Genere: comico-satirico
4 personaggi (2 uomini e 2 donne)
Due operai e un'impiegata vengono assunti da un'azienda "fantasma": quale lavoro devono svolgere? per quanto tempo? dove? tutti interrogativi apparentemente senza risposta, se non si entra in un'altra dimensione del pensiero, se non ci si apre a nuovi orizzonti dei sentimenti. Allora può anche accadere che questi ultimi riservino qualche sorprendente regalo.
Durata: Atto unico
Personaggi: 3 (2 uomini ed una donna)
Ripensando alla celebre favola, si cerca di dare una ragione al fatto che un numeroso gruppo di ragazzi abbia ceduto alla musica del magico pifferaio.
Nello stesso tempo, ecco venir fuori il finale della storia. Inaspettato, anche se logico, ma soprattutto, fedele all’ironia satirica che caratterizza l’intera vicenda.
Durata: atto
unico
Genere: ironico-satirico
7
personaggi (6 uomini e 1 donna); 2 agenti, che non parlano
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